Clara Campoamor difese il suffragio femminile di fronte al suo stesso partito nel famoso discorso nelle Cortes il primo ottobre del 1931 |
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sabato 1 ottobre 2011
Ottantesimo anniversario del suffragio femminile spagnolo.
giovedì 29 settembre 2011
Il trattamento giornalistico della violenza di genere .
Crimine passionale, spazio domestico e i diritti fondamentali delle donne.
da María Isabel Menéndez Menéndez
I
media sono un elemento chiave nella formazione dell'opinione pubblica,
creano modelli e offrono forme comportamentali: oggi le persone
costruiscono la loro specifica percezione del mondo dalle informazioni
provenienti dai mass-media.
Tuttavia, le donne appaiono
ancora con modelli stereotipati e relegate in uno spazio marginale,
escluso dalla informazione prestigiosa, prestando poca attenzione alla
problematica considerata tradizionalmente come femminile. In altre
parole, non sono presenti nelle agende dei mass-media e non vengono
considerate come audience.
I media della comunicazione, per
nascondere le notizie sulle aggressioni alle donne utilizzano pregiudizi
e valutazioni paternalistiche, presentando gli eventi come fatti
isolati e non come parte della violenza generalizzata e accettata dalla
società. Non si mette mai in discussione la struttura sociale come
veicolo di questa patologia né l'aggressore come prodotto di questa
struttura.
Questa divisione è particolarmente importante perché è
l'argomento adottato per giustificare la tolleranza sociale del
maltrattamento delle donne, e che queste aggressioni sono fatti privati
da risolvere all'interno della casa.
Questa specifica
forma di violenza di genere è riconosciuta in Spagna laddove
all'articolo 153 del Codice Penale si fa riferimento all'abituale abuso,
articolo che, tuttavia, è poco utilizzato data la difficoltà di
dimostrare detta abitudine per le vittime e anche in tutti i casi, per
l'assenza di informatizzazione delle denunce, dell'inesistenza di un
registro statistico o di una Procura speciale per i casi di abuso.
Va
tenuto presente, che oltre agli abusi esiste una violenza di genere
basata sulla costruzione culturale che condanna le donne e giustifica
gli uomini violenti. Questa cultura rafforzata dai detti popolari è
riprodotta dai media, soprattutto da parte degli opinionisti. Le persone
che creano correnti di opinione sulle pagine dei giornali sovente
banalizzano il problema o si permettono il lusso di dichiarare che si
esagera quando si parla della violenza di genere.
Il cliché più
impiegato è quello di incolpare la vittima sollevando dalla
responsabilità gli aggressori. La ricerca della giustificazione degli
atti violenti è una costante nella maggior parte degli articoli
d'opinione, inclusa la informazione giornalistica.
Analisi delle caratteristiche degli articoli sulla violenza di genere:
- Motivi inprecisati come cause delle aggressioni.
- Contraddizione tra il titolo della notizia e il corpo della stessa.
- Stereotipi e pre-giudizi che giustificano le aggressioni e normalizzano il comportamento violento maschile.
- Utilizzazione di luoghi comuni e affermazioni di detti popolari.
- Minimizzazione dell'aggressione e incidenza della cosiddetta " relazione d'amore" come causa delle lesioni.
Molte
notizie insistono sulla presentazione dell'aggressione come un fatto
isolato, come se fosse una logica conseguenza della passione amorosa di
alcuni soggetti e non come un attacco ai diritti fondamentali delle
vittime; attacco che è parte di un continum di violenza che subiscono le
donne a tutti i livelli sociali. Gli aggressori, nella maggior parte
dei casi,né sono persone che vivono in ambiti marginali, né sono esseri
patologici.
La violenza sessuale è messa a tacere nella
nostra società il che ci rende complici di un'ideologia che vede la
donna come essere inferiore e subordinato. Mentre la definizione di
mascolinità continua a fondarsi sulla forza fisica, il dominio e il
disprezzo della/per la donna e gli abusi sessuali concepiti ancora come
una prova di forza e di potenza.
(traduzione di Anita Lia Di Peri Silviano)
martedì 27 settembre 2011
Femminicidio in Guatemala : Cronologia dell'impunità
di Mercedes Hernandez
Maria Isabel Veliz Franco
di 15 anni fu rapita e assassinata nel dicembre del 2001.Il suo corpo
martoriato da stupri e torture multipli venne abbandonato in un terreno.
Questo non è un caso isolato. Rientra tra i cinquemila casi di
femminicidi commessi in meno di un decennio in Guatemala,un paese nel
quale l'impunità raggiunge il tasso del 98% secondo la Commissione
Internazionale contro l'Impunità in Guatemala.
Questa
realtà solitamente taciuta e occultata nel panorama della violenza
quotidiana, rivela l'enorme misoginia e capacità operativa degli
assassini che hanno la sicurezza di non essere sottoposti a giudizio o
di essere puniti.
Tuttavia sempre più, grazie alle voci di centinaia di attivist* una domanda comincia a porsi: perché
questi uomini si organizzano per torturare e uccidere donne nella forma
più spietata possibile per poi esporre i loro corpi in determinate
zone?
Le risposte cominciano ad esserci in
seguito alle analisi cronologiche determinate da due punti essenziali:
il primo è descritto dal termine stesso di femminicidio che la sua
autora Marcela Lagarde definisce come " una frattura dello Stato di diritto che favorisce l'impunità".
Il
secondo punto è che qualsiasi sistema ideologico-autoritario e
patriarcale necessita di imporre i suoi principi come verità
indiscutibili.
Secondo Walda Barrios, accademica ed attivista per i diritti delle donne in Guatemala, tradizionalmente, la maggior parte delle donne sono state considerate proprietà di un uomo,
padre, marito, fratello, fidanzato, autorità religiosa o qualunque uomo
al quale è stata delegata la sua tutela. Questi guardiani sono
legittimati socialmente e -in alcune occasioni - legalmente a decidere
sul comportamento produttivo e ri-produttivo, sull'accesso sessuale e ad
altri ruoli di controllo sulle donne che considerano di loro proprietà.
Questo senso di proprietà ha fatto sì che in tutto il mondo " la casa è il luogo più pericoloso per le donne",
perché a porte chiuse si decide sulla sua vita e sulla sua morte. Negli
ultimi anni la violenza contro le donne è stata utilizzata come arma di
terrore dai gruppi criminali per intimidire la popolazione.
Sui
corpi delle donne si sono sugellati patti di sangue e si sono mandati
molteplici messaggi ai gruppi avversari e agli abitanti dei territori
contesi.
In questi casi il legame tra gli aggressosri e
le loro vittime era inesistente (...) Storicamente questi crimini e il
loro utilizzo come strategia di guerra hanno un importante precedente
nel conflitto armato interno che ha devastato il Guatemala per
quarant'anni,dove fu proprio lo Stato che definì le donne come un nemico
interno.
Sui corpi delle donne indigene venne firmato il discorso dei gruppi di potere, si stabilì la sconfitta e il genocidio del popolo Maya,ordinato dalle più alte cariche dello Stato. Il passato non è svincolato dal presente.
Malgrado
gli allarmanti dati di oggi, i femminicidi sono stati una costante in
Guatemala. L'oggettivizzazione dei corpi delle donne è stata la regola e non l'eccezione storica,
come afferma l'antropologa Marcela Gereda : " Prima i loro corpi sono
stati invasi e ingravidati dalla pelle bianca ed europea. Poi furono
trasportati in camion come bestiame e sfruttati per tagliare il caffé
nella grandi cascine (...) Negli anni ottanta i loro corpi furono in
molti casi, massacrati, bruciati o fatti sparire dall'esercito".
Come spiega Caterina Mackinnon - non c'è mai stato un tempo di pace per le donne.
Al patriarcato centroamericano pre-colombiano hanno fatto seguito le
forme di subordinazione fondate sulla dominazione razziale imposta
dall'invasione spagnola.
Durante il conflitto armato interno le
forze dello Stato usarono la violenza sessuale come una pratica di
sterminio individuale e collettivo. Come in altri genocidi, la
violenza sessuale divenne prassi ricorrente per sottomettere i popoli e
forze avversarie mediante il corpo delle donne con la complicità della
leadership del Governo.
La
ricerca Breaking the Silence( Rompendo il silenzio) del 2006, del
Consorzio Actoras de cambio ( Agenti del cambiamento) rilevò che in
molte comunità i soldati violentarono le sopravvissute dopo il massacro
degli uomini, mentre in altre, le donne furono violentate e torturate
pubblicamente davanti ai familiari e alla popolazione, prima di essere
assassinate. Nelle comunità dove gli uomini erano fuggiti o erano stati
uccisi, alcune vedove e orfani rimasero per anni come schiave sessuali
dei comandanti dell'Esercito e delle Pattuglie di Autodifesa Civile
(PAC) " Essi non solo arrivarono,ma istallarono degli avamposti e a noi
vedove, perché avevano ucciso o giustiziato i nostri mariti, ci
costrinsero a preparargli da mangiare. Siamo state messe in gruppi con
turni per preparare il pranzo e dopo aver assolto a tutto ciò che
ordinavano ci hanno violentate una ad una" ( Testimonianza di una delle
sopravvissute dinnanzi al Tribunale della Coscienza contro la violenza
sessuale durante il conflitto armato. Marzo, 2010).
La violenza
sessuale fu una pratica di massa, sistematica e pianificata dentro la
strategia contro-insurrezione dello Stato, diretta in modo particolare
contro la popolazione indigena durante la politica della terra bruciata
(1982-1983). Secondo la Commissione del Chiarimento Storico (CEH) il 99% delle vittime furono donne e di esse l'88,7% erano maya.
Sui
loro corpi furono praticati ogni tipo di umiliazioni sessuali destinate
"ad alzare il morale della truppa". Come ha rilevato Kate Doyle nella
sua analisi sill'Operazione Sofia,un'offensiva militare dell'esercito
guatemalteco nell'Area Ixil (formata da tre Comuni, Nebai, Cotzal e
Chajul nel dipartimento di Quiché) tra luglio e agosto del 1982, con
l'obiettivo di sterminare gli/le indigeni/ne considerati sovversivi : "
le operazioni dei soldati sul campo furono una conseguenza diretta degli
ordini degli ufficiali superiori che quelli eseguirono molto
accuratamente..." Nelle conclusioni della Corte di Coscienza si legge
"La violenza sessuale fu commessa in combinazione con altri gravissimi
delitti, come il genocidio e altri crimini contro i doveri di umanità"
Si tratta di fatti imputabili direttamente allo Stato ,
perché furono commessi da funzionari o dipendenti pubblici e da
organismi statali, militari e civili ai quali si delegò di fatto e di
diritto, il potere di agire in suo nome.
Tuttavia, la violenza
sessuale è stata una politica di Stato che la maggior parte delle
analisi ha minimizzato e travisato come una pratica isolata commessa da
ufficiali militari in cerca di piacere.
Dopo trentasei
anni di conflitto armato che ha causato oltre 200.000 vittime e che
generato la diaspora di più di mezzo milione di persone, arrivò la firma
tanto attesa degli accordi di pace nel 1996. Purtroppo i carnefici hanno beneficiato di norme giuridiche e sociali che possono essere considerate il punto finale che ha permesso che neanche uno degli autori intellettuali o materiali di questi delitti siano stato processato o punito.
Le vecchie forme di femminicidio sono alimentate da nuove modalità e motivazioni.
Se
nel passato la capacità produttiva delle donne fu sfruttata nei
latifondi dei coloni e dei criollos(?) insediatisi in Guatemala, oggi
non lo è meno per gli eredi di questi, né per i nuovi offerenti di
lavoro nelle fabbriche e domestico, dove le donne sono pezzi
intercambiabili e corpi ai quali si può accedere sessualmente con
facilità, sempre sostituibili e con caratteristiche simili. Allo stesso
tempo l'economia criminale trasforma le donne in prodotti vendibili,
così come le si usano per manodopera a basso costo. Migliaia di donne
sono trasformate ogni anno in merce del mercato della prostituzione, in
esattore delle tasse di guerra stabilite dalle bande,in corriere della
droga,in uteri produttori di bambini/ne per l'adozione(la maggior parte
illegale), in tratta, così come fornitrici dei propri e altrui organi.
Attualmente
queste corporazioni nazionali ed internazionali sono formate da gruppi
della criminalità organizzata, da certi settori dell'oligarchia
tradizionale guatemalteca, dalla polizia e dell'esercito,compresi alcuni
membri dei partiti politici. I corpi delle donne sono distrutti
ed esibiti come un meccanismo di dialogo tra i destinatari - diretti e
indiretti - delle zone in contesa, messaggi letali carichi di
misoginia dimostrata dall'autore o dagli autori di questi crimini contro
le donne. Torture che sono iniziate in forma pubblica durante il
conflitto armato e che non terminavano con la morte,perché si proibiva
di seppellire i cadaveri, esibendoli a tutta la comunità e oggi pratiche
utilizzate nelle stesse forme dalle bande ed altri gruppi criminali.
Oggi i ricavi ottenuti mediante il terrorismo sessuale sono la conquista del territorio,la
sconfitta morale del nemico attraverso la depositaria dell'onore della
famiglia o del gruppo, il dialogo e la coesione delle fratrie
criminali,mediante i patti di sangue con i quali si uccidono donne
giovani e lavoratrici e le donne che hanno il coraggio di uscire di casa
ed occupare lo spazio pubblico, donne come Maria Isabel sono
sacrificate tutti i giorni. Il silenzio e l'impunità percorrono i tempi
come guardiani dello status quo.
La trasmissione e il
dominio della conoscenza sui loro corpi e sulla loro sessualità sono
state storicamente negate alle donne con l'imposizione del silenzio come
garanzia del non sapere (Consorcio Actoras del cambio, 2010).
(...)
Per questa ragione, rompere il silenzio è estremamente pericoloso per
lo status quo, dato che come sostiene Ana Carcedo: "può sovvertire il
rapporto di dipendenza che pianifica la sottomissione e l'obbedienza al
potere supremo".
L'impunità fomentata dallo
Stato,utilizzando il silenzio e l'occultamento di informazioni
essenziali per l'approccio e il trattamento del femminicidio rimane una
costante.
Non ci sono informazioni attendibili,neanche sulla
quantità di donne assassinate ogni anno. Secondo l'esperta Hilda Morales
direttora dell'Ufficio Assistenza alla Vittime del Ministero Pubblico :
" c'è irresponsabilità dello Stato nel fornire dati statistici affidabili"
(...)
Carlos
Castresana, ex direttore della Commissione Internazionale contro
l'Impunità in Guatemala (CICIG) dichiarò nel suo intervento davanti al
Tribunale della Coscienza: " L'impunità è un invito alla ripetizione dei reati. I
crimini che non si puniscono sono crimini che prima o poi si ripetono
(...) Con i crimini del conflitto armato succede la stessa cosa. Se le
persone che hanno commesso questi abusi durante il conflitto armato non
sono stati puniti sono liberi e continuano con gli abusi".
Politica femminicida: istituzionalizzare la misoginia per atto od omissione.
...
Nell'informazione occultata dallo Stato del Guatemala si nasconde un
sottotesto comuni a molti paesi, che rivela che l'egemonia del potere
maschile si sta sgretolando perché le donne occupano ogni volta di più e
in modi diversi, lo spazio pubblico.
Secondo Giovanna Lemus,
directora del Grupo Guatemalteco de Mujeres: " Queste resistenze statali
sono evidenti quando esiste un rifiuto diretto a porre l'eguaglianza di
genere come uno degli elementi centrali del programma politico" Questo
programma incompiuto, volontariamente pendente, istituzionalizza la
misoginia nei settori del potere.
(...)
La
violenza contro le donne aumenta in scenari dove lo Stato è debole. In
Guatemala una delle grandi cause di questo declino risiede nella
privatizzazione. Molte delle obbligazioni statali sono state spostate,
tacitamente o esplicitamente e formalmente ad individui e gruppi di
persone estranei ai settori ufficiali. Come spiega Naomi Klein,con gli attacchi strutturali si sono eliminati o limitati determinate funzioni, adempiute storicamente dagli Stati, tra queste possedere il monopolio della violenza e la protezionere dei suoi membri.
Una buona parte di funzionari statali, allo stesso tempo, costituiscono
una risosrsa integrata nello Stato al servizio dei gruppi criminali
privati. "La polizia nazionale civile è considerata oggi la principale
fonte delle violazioni dei diritti umani" ( Yakin Erturk, 2006).
La
privatizzazione funge anche da scudo ai femminicidi quando permette che
vengano messi a tacere - con ciò li depoliticizzandoli - e
trasformandoli in crimini sessuali. Questo spostamento delle funzioni
statali ha contribuito a creare l'emergenza e la proliferazione delle
mafie e del mercato privato della sicurezza nazionale.
A
questa privatizzazione si unisce il cerchio dei familiari delle vittime e
della società in generale, che si aspettano che si parli il meno
possibile delle vessazioni sessuali e preferiscono mantenere questa
informazione nella più stretta intimità per evitare una sanzione sociale
che continua ad infierire sulla vittima anche dopo la sua morte.
"
Niente è più difficile quanto parlare della violenza commessa su una
figlia. Solo la sua assenza e l'impunità della sua morte sono un dolore
più grande", ha dichiarato Rosa Franco, madre di Maria Isabel.
Le
politiche femminicide consentono il collasso istituzionale dove lo
Stato è responsabile per i crimini misogini : per azione, quando i suoi
agenti eseguono femminicidi e per omissione quando non si implementano
politiche di prevenzione, punizione ed eliminazione della violenza
contro le donne. La politica femminicida è rinuncia costante alla volontà di verità e di obiettività che devono guidare le indagini.
Porre
fine all'impunità generata dalle politiche femminicide richiede lo
smantellamento dei meccanismi del silenzio: devono aprirsi dibattiti
circa l'utilizzo del corpo delle donne, ciò che Rita Segato ha definito "
il linguaggio del femminicidio" o che Victoria Sanford definisce come
le minacce dirette ad un individuo o ad un gruppo mediante i corpi delle
donne nel loro ambiente.
Per combattere
l'impunità del femminicidio è necessario capire che la violenza
esercitata sul corpo delle donne "soprattutto nelle zone di guerra non è
violenza sessuale, ma violenza mediante mezzi sessuali.
Julia
Monàrrez che si dedica ad analizzare i femminicidi da oltre dieci anni,
afferma: " Per capire come nascono i femminicidi è indispensabile
comprendere come funziona la politica della sessualità nel sistema
patriarcale" i quali sono meccanismi che generano queste forme
sessualizzate di aggressione, che devono essere deprivatizzate per
svelare le identità delle fazioni che dominano le giurisdizioni in
contesa, la cui superiorità si afferma mediante la combinazione dei
crimini di lesa umanità con l'uccisione di bambine e donne - che come
Maria Isabel - sono state utilizzate per inviare un messaggio che, dopo
nove anni, la giustizia guatemalteca non riesce ancora a decifrare,né
tanto meno punire chi lo ha emesso attraverso la distruzione del corpo
di Isabel e del suo femminicidio.
(traduzione di Anita Lia Di Peri Silviano)
domenica 25 settembre 2011
Mettere in dubbio il genere
di Regina Martínez
Il termine genere racchiude una serie di caratteristiche e norme di comportamento associati al maschile e femminile.
"Non
nasciamo donne, lo diventiamo" Queste parole di Simon de Beauvoir (Il
secondo sesso, 1949) immaginiamo furono un cruciale affronto al
determinismo che cercava di giustificare la disguaglianza sulla base
delle differenze fisiche.
...
Più paziente,più
sensibile, più dedita alla cura.Le caratteristiche associate alla
femminilità cercano di giustificare la diseguaglianza esistente e i
ruoli che la società ci assegna. Ma la realtà è in funzione del momento
storico, del contesto culturale e della classe sociale che hanno creato
diverse aspettative e situazioni.
Marx diceva
che le idee dominanti nella società sono le idee della classe
dominante. Mentre alla fine del XIX e parte del XX secolo si imponeva il
ruolo della donna come " angelo del focolare" (pura, credente,
delicata, innocente) le lavoratrici venivano sfruttate in condizioni
abominevoli...
Attualmente gli sforzi e le ossessioni per ottenere
un corpo perfetto tormenta molte donne, risponde più alla
mercificazione ( cosmetica, pornografia, moda) del corpo e al cliché
della donna ricca ( quella che si presenta come un bene in più per suo
marito) che agli interessi delle donne comuni. Sojouner Truth, schiava
afroamericana abolizionista, lo illustrava brillantemente: " Gli uomini
affermano che la donna ha bisogno di aiuto per salire su un'auto.
Nessuno mi ha aiutata a salire su una macchina, che forse non sono
donna? Guardate le mie braccia! Ho arato e piantato e raccolto la
vendemmia e non c'è uomo che possa superarmi in questo, che forse non
sono una donna? [...]”.
Gli stereotipi di genere si
trasformano in una prigione: un uomo sensibile è debole , una donna
aggressiva non è femminile. Però succede che si mescolino con
l'orientamento sessuale e una donna "poco femminile" si percepisce come
lesbica, mentre un uomo "molto mascolino" rientra nell'eterosessualità.
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Come
si è più volte ribadito né la sessualità né il genere sono concetti
fissi, ma dipendono dalla cultura e dal momento storico.
Infatti
il termine omosessuale nacque in un momento molto specifico in Occidente
e in altre culture troviamo differenti tipologie della combinazione
sesso-genere. Per esempio i berdache di alcune società
nativi americani nascono uomini, si vestono da donna, hanno uno status
di tutto rispetto e un ruolo spirituale nella società e si sposano con
uomini non berdache, che a loro volta non sono considerati "gay".
Pertanto
se tralasciamo un poco di vederci come ombelico dell'occidente, ci
accorgeremo che neppure le classificazioni che includono
l'eterosessualità, omosessualità e bisessualità sono universali. Nè lo è
l'ossessione alla medicalizzazione di quelle persone intersessuali che
alla nascita si pensa non abbiano quelle caratteristiche fisiche che
definiscono una donna o un uomo e si interviene chirurgicamente con
perdita del piacere e l'affettazione identitaria che comporta.
Anche
coloro che non soddisfano gli stereotipi eteronormativi, vengono
stereotipati. Il capitalismo quando non può schiacciare le differenze o
il dissenso cerca di assorbili a suo vantaggio.
Dopo la
liberazione sessuale degli anni '60, si produce la sessualizzazione
brutale della donna sotto il neoliberismo; dopo le vittorie del
movimento LGBT irrompe in seguito la cosiddetta 'valuta' rosa.
Le lotte hanno fatto avanzare moltissimo, ma non possiamo fermarci perché il sistema cerca di fagocitarci costantemente.
Auto-designazione
Negli
anni '90 arriva una nuova visione che mette in dubbio i precetti dei
due movimenti sociali cruciali per la questione sessuale.
In primo luogo la messa in discussione del femminismo della differenza,
che assumendo le caratteristiche del femminile, favorisce la
identificazione della donna come classe o genere separato dall'uomo, ma
allo stesso tempo come un tutt'uno omogeneo che lascia fuori i non
occidentali e i transessuali.
Dall'altra parte questa nuova
visione sfida anche la prospettiva dei gruppi LGBT che guidano
movimenti separatisti per l'identità accettando implicitamente che
essere omosessuali sia qualcosa di atipico.
La teoria Queer rivoluziona
il panorama, sfidando la nozione di sessualità come qualcosa di rigido e
incasellato. Come spiega Judith Butler (fiosofa e docente americana):
"Queer
è un ternime che mira ad evitare di dover presentare la carta
d'identità prima di entrare ad una riunione […], è un argomento contro
una certa normatività".
Non esiste una classificazione valida,tutte le identità sociali sono egualmente anomale.
Per
coloro che utilizzano il marxismo come strumento analitico di lotta,
quest'analisi è condivisibile: i confini tra le identità sessuali sono
una mera costruzione sociale. Il rifiuto ad essere etichettato e
stigmatizzato è altamente rivoluzionario perché evita almeno
concettualmente la segregazione. Tuttavia risiede qui uno dei problemi.
Gran parte di questa teoria (queer) nasce dal post strutturalismo e dal
post-modernismo, che nega l'esistenza della classe lavoratrice e rileva
il linguaggio e la politica, come strutture del potere contemporaneo,
senza offrire una spiegazione dell'origine e della oppressione sessuale e
di genere. D'altra parte con la semplicità tipica delle
generalizzazioni, dato che vi sono collettivi e movimenti più radicali e
anticapitalisti , la strategia di lotta parte dall'auto-designazione,
dai cambiamenti nello stile di vita e dagli eventi culturali.
La
de-costruzione del genere presuppone la possibilità di costruire un
movimento unitario nella più ricca diversità. E questa unità si ottiene a
partire dalla lotta anticapitalista, dato che il sistema perseguita
quelle tendenze e sessualità che non soddisfano la riproduzione a buon
mercato e garantita della classe operaia promossa dalla famiglia
nucleare, che come hanno detto molti attivisti prima di essere un rito
ultracattolico è radioattiva.
(traduzione di Anita Lia Di Peri Silviano)