venerdì 27 luglio 2012

Lorna Simpson : Easy for Who to Say, 1989

"Il mio nuovo modo di nominare le parole.

Il linguaggio dei dispositivi che dobbiamo smontare e demitizzare nella sua presunta neutralità di nominare, non è più che una egemonica e sottile classificazione social-generica e sessuale".

Lorna Simpson,
Fotografa afro-americana. Le sue opere più importanti combinano le immagini con le fotografie. Mentre le immagini appaiono semplici, il testo cerca di far confrontare spesso lo spettatore con il razzismo ( e sessismo) di fondo, ancora presente nella cultura americana.

                                                                      


                                                          

domenica 22 luglio 2012

La Solitudine e la Desolazione

da  Marcela Lagarde

Ci è stato insegnato ad avere paura della libertà;ad avere paura di decidere,ad avere paura della solitudine. La paura della solitudine è uno dei primi ostacoli nella costruzione dell'autonomia, perché da molto piccole e per tutta la vita ci hanno formato nel sentimento dell'abbandono;perché ci hanno rese fortemente dipendenti dagli altri e ci hanno fatto sentire che la solitudine è negativa, attorno alla quale sono stati costruiti tutti i tipi di miti. Questa costruzione è rafforzata dalle seguenti espressioni : "Hai intenzione di restare da sola?" "Perché siete sole ragazze?"Anche se molte donne vanno insieme.

La costruzione della relazione tra i generi ha molte implicazioni, una delle quali è che le donne non sono fatte per restare da sole senza uomini, ma che la tranquillità delle donne dipende dalla presenza degli uomini, anche quando sono solo un ricordo.

Questa capacità costruita sulle donne di crearci feticci,di conservare ricordi materiali degli uomini per non sentirci sole, fa parte di ciò che dobbiamo smantellare. Una chiave per porre in essere questo processo è quella di distinguere tra solitudine e desolazione.

Essere desolate è il risultato di una perdita che sentiamo irreparabile. E, nel caso di molte donne, la desolazione segue ogni volta che si rimane sole, quando qualcuno non arriva o arriva troppo tardi.Possiamo sentire la desolazione in ogni momento.

Un'altra componente della desolazione, che fa parte della cultura di genere è la fantastica educazione per la speranza. Alla desolazione si accompagna la speranza : la speranza di incontrare qualcuno che ci tolga la sensazione di desolazione.

La solitudine può essere definita come il tempo,il luogo, lo stato, dove non ci sono altri che fungono da intermediari con noi stesse. La solitudine è uno spazio necessario per esercitare i diritti autonomi della persona e per avere esperienze nelle quali non partecipano direttamente gli altri.

Per affrontare la paura della solitudine dobbiamo riparare alla desolazione nelle donne e l'unica riparazione possibile è mettere il nostro Io al centro e trasformare la solitudine in uno stato di benessere della persona.

Per costruire l'autonomia abbiamo bisogno di solitudine, eliminando in pratica i molteplici meccanismi che le donne pongono in essere per non rimanere sole. Richiede moltissima disciplina non correre a vedere l'amica, nel momento in cui ci sentiamo sole. Il bisogno del contatto personale in uno stato di vitale dipendenza è una necessità di attaccamento. Nel caso delle donne,per stabilire una connessione di fusione con gli altri,c'è bisogno di entrare in contatto reale, materiale, simbolico, visivo, auditivo o di altro tipo.

L'autonomia passa per tagliare questi cordoni ombelicali e per raggiungere questo obiettivo è necessario sviluppare la disciplina di non alzare il telefono quando si ha ansia, paura o gioia,perché non si sa cosa fare con questi sentimenti, perché ci hanno insegnato che vivere la gioia è dirlo a qualcuno, anziché goderla. Per le donne il piacere esiste solo quando è condiviso perché l'Io non legittima l'esperienza, perché l'Io non esiste.

Per tutto questo abbiamo bisogno di fare una serie di cambiamenti pratici nella vita quotidiana. Costruiamo l'autonomia quando abbandoniamo vincoli di fusione con gli altri; quando la solitudine è quel luogo dove passano così interessanti da farci pensare. Pensare in solitudine è un'attività intellettuale diversa che pensare di fronte agli altri.

Un'altra cosa che si fa in solitudine e che fonda la modernità è il dubitare. Quando pensiamo davanti agli altri, il pensiero è impegnato nella difesa delle nostre idee,quando lo facciamo in solitudine, possiamo dubitare.

Se non dubitiamo non possiamo essere autonome perché abiamo un pensiero dogmatico. Per essere indipendenti abbiamo bisogno di sviluppare il pensiero critico, aperto, flessibile, in movimento,che non cerca di costruire verità e ciò significa fare una rivoluzione intellettuale nelle donne.

Non c'è autonomia senza rivoluzionare il modo di pensare e il contenuto dei pensieri. Se ci vogliamo sole unicamente per pensare agli altri, continueremo a fare ciò che sappiamo fare meglio: evocare, ricordare, creare stati di nostalgia. Il grande regista sovietico Andrej Tarkovskij nel suo film "Nostalgia", parla del dolore della perdita, del passato, di ciò che non si ha più.

Noi donne siamo esperte in nostalgia e come parte della cultura romantica è diventato un attributo del genere delle donne.

Ricordare è un'esperienza di vita, il problema sorge quando in solitudine usiamo questo spazio solamente per portare gli altri nel nostro presente, al centro, nostalgicamente. Si tratta quindi di fare della solitudine uno spazio di sviluppo del proprio pensiero,dell'affettività, dell'erotismo e sessualità proprie.

Nella soggettività delle donne, l'onnipotenza, l'impotenza e la paura agiscono come dighe che impediscono di sviluppare l'autonomia soggettiva.
L'autonomia richiede di trasformare la solitudine in uno stato piacevole, di gioia, di creatività, con possibilità di pensiero, di dubbio,di meditazione, di riflessione. Si tratta di fare della solitudine un luogo nel quale è possibile rompere il dialogo soggettivo interiore con gli altri e nel quale realizziamo fantasie di autonomia, di protagonismo, ma di dipendenza  e dove si dice tutto ciò che non si fa nella realtà, perché è un dialogo discorsivo.

Bisogna rompere questo dialogo interiore perché diventa un sostituto dell'azione; perché è una fuga dove non c'è realizzazione vicaria della persona, perché lo fa nella fantasia e non in pratica e la persona è contenta pensando che ha risolto tutto, ma non ha le risorse reali, né le sviluppa per uscire dalla vita soggettiva intrapsichica al mondo delle relazioni sociali, che è dove si vive l'autonomia.

Dobbiamo annullare il monologo interiore. Dobbiamo smettere di funzionare con le fantasie tipo: " lo dico, mi dice, lo faccio". Piuttosto bisogna pensare : "io sono qui, che penso, che voglio, dove, come, quando e perché" che sono domande vitali dell'esistenza.

La solitudine è un imperativo metodologico per costruire l'autonomia. Senza solitudine non solo ci fermeremo precocemente, ma non svilupperemo le capacità dell'Io. La solitudine può essere vissuta come metodologia, come un processo di vita. Avere momenti temporali di solitudine nella vita quotidiana, momenti di isolamento in relazione agli altri è fondamentale e necessita disciplina per isolarsi sistematicamente in un processo di ricerca dello stato di solitudine.
Guardata come uno stato dell'essere - la solitudine ontologica - è un dato di fatto presente nella nostra vita da quando nasciamo. In realtà, nella nascita c'è un processo di autonomia, che al tempo stesso, diventa immediatamente un processo di dipendenza. Si comprende quindi, che la costruzione di genere nella donna annulla qualcosa che alla nascita è parte del processo di vita.

Al crescere  dipendenti, attraverso il processo di abbandono che si costruisce nelle donne, ci crea un bisogno irrimediabile di attaccamento agli altri.

Il trattamento sociale nella vita quotidiana delle donne è stato costruito per impedire la solitudine. Il trattamento che ideologicamente si dà alla solitudine e la costruzione di genere vanificano l'esperienza positiva della solitudine come parte dell'esperienza umana delle donne. Diventare soggetti significa supporre che siamo davvero sole: sole nelle vita, sole nell'esistenza.  E per assumere questo significa abbandonare la richiesta di essere accompagnate nell'esistenza; abbandonare di esortare gli altri affinché stiano e vivano con noi.

Una richiesta tipicamente femminile è che ci "accompagnino" ma è un ordine di accompagnamento di qualcuno che è debole, infantile, vulnerabile, incapace di sopportare la sua solitudine.
Nella costruzione dell'autonomia si tratta di riconoscere che siamo sole e di costruire la separazione e la distanza tra sé e gli altri.

Marcela Lagarde, antropologa, femminista messicana

mujer palabra.

 (traduzione di Lia Di Peri)