domenica 19 luglio 2015

La lucrosa industria del turismo sessuale. Reportage.









“ Diamo tanto per scontato che la prostituzione sia inevitabile, se non addirittura indifferente dal punto di vista di genere, che siamo incapaci di fare un’analisi culturale dell’istituzione e quindi di vedere i suoi effetti sulla riproduzione dei ruoli. Quando si parla di prostituzione, l'industria ha ottenuto di renderci insensibili." Beatriz Gimeno.


Il turismo sessuale è diventato una categoria di viaggi contemporanei, allo stesso livello del turismo culturale, rurale o da spiaggia. Il termine è stato forgiato per assegnare nome a una realtà in cui milioni di persone viaggiatrici hanno relazioni sessuali pagate nei luoghi di destinazione.
Nel nostro sforzo per costruire realtà con il linguaggio, alla prostituzione turistica abbiamo dato l’etichetta d’industria, una delle cinque più redditizie delle attività illegali e criminali. Un albo d'oro che condivide con la tratta di esseri umani – inseparabile dal turismo sessuale - del narcotraffico, delle armi e della prostituzione. E rimane in una posizione di forza, semplicemente perché prospera in luoghi o con persone che non considerano un reato, lo sfruttamento sessuale.
A livello globale questo tipo di turismo vittimizza milioni di esseri umani registrando un fatturato annuo di 30.000 milioni di dollari (27 milioni di euro). La catena di supermercati Walmart guida la classifica della rivista Fortune delle 550 aziende statunitensi più importanti. Nel 2014, ha gestito 16.363 mila dollari di profitti.

“Il turismo sessuale replica ruoli fondati sulla disuguaglianza”.

In larga misura. L'industria ha bisogno di prodotti, in questo caso, in forma di persone o altri esseri viventi. Il turismo di massa, che non ha nulla a che vedere con le vacanze dei ricchi romani fuori dalle loro città o con il Gran Tour del Rinascimento, divora tutto ciò che incontra nel suo cammino, principalmente donne e bambin* con poche o nessuna risorsa. La globalizzazione della povertà ha trascinato verso questa nuova forma di colonizzazione, come la definisce l’economista Carmen Reinhart.  In questo contesto, "le donne della periferia diventano il bene ultimo (risorsa vergine), che può essere oggetto di commercio senza scrupoli”.  In termini di ruoli, si sottolinea anche la seguente teoria: il Terzo Mondo è psicologicamente forzato al ruolo femminile della schiavitù, di essere penetrato da denaro, contro la sua volontà, mentre il Primo Mondo, che cerca solo la soddisfazione, adotta il ruolo maschile. Gli Stati Uniti sono il più grande consumatore sessuale fuori dai suoi confini. Essendo uno dei principali commerci senza frontiere che sopravvive anche per la diversificazione e interpretazione, diventa qualcosa di molto inafferrabile. I risultati degli studi, però sono definitivi: dal turismo sessuale arrivano lo sfruttamento dei bambini e il traffico di esseri umani. E, poiché, è un consumo massiccio, richiede una disposizione massiccia di prodotti.

"E’ facile tracciare un profilo del turista sessuale”.

No, nessuno vuole essere definito come tale. Gli esperti comprendono questo tipo di persone in almeno due classi, chi arriva in un certo paese e luogo, al fine di mantenere queste relazioni sessuali - avendo canali d’informazione - e coloro che lo fanno occasionalmente. Se durante un viaggio, un uomo d'affari ha pagato un contratto sessuale, è un turista sessuale? Se una donna in un posto turistico lavora, ma riceve compensi regolari da turisti stranieri, è nell’industria del turismo sessuale? Disegnare un profilo non è facile. C'è diversità in termini di nazionalità, genere, età, status socio-economico o etnia. In questo settore, però, risulta pertinente il proverbio "l'occasione fa il ladro", probabilmente perché il turismo sessuale non è visto come un sintomo di prostituzione.  Anche se, ancora una volta di più, i dati ci mostrano che il mercato internazionale della prostituzione replica il percorso del turismo sessuale. Questo aggiunge un nuovo elemento di complessità quando si cercano definizioni, perché in molte occasioni sono le persone impegnate nel turismo sessuale, che hanno viaggiato a questo scopo.
I fattori psicologici che descrivono il comportamento di molti turisti, nel senso di cambiamenti di coscienza associati alle diversità, sono comparati da alcuni esperti, come l’antropologo Nelson Graburn, coni rituali. Più di 600 milioni di persone si spostano ogni anno per sfuggire a una vita definita, per trovare momenti di riposo, di evasione e di libertà. Ma sia in forma tradizionale – pagamento organizzato - o informale, mediante regali o altri benefici, lo scenario è quello della prostituzione, sia la persona prostituita destinataria o no della compensazione. E’ vero che ci sono mille e più interpretazioni o categorizzazioni del perché esista e, a volte, di come combatterla, ma la realtà è che esiste la tratta di persone e che la povertà alimenta questa industria. Dato che questo non è un articolo sulla prostituzione, non ci espandiamo sulla parola magica "consenso". Solo una frase interessante. Lo scorso aprile, la Danimarca ha vietato la zoofilia rendendo più dura la legge che, i difensori degli animali, riteneva promuovesse il turismo sessuale con animali. Il ministro danese dell'Agricoltura, Dan Jorgensen ha rilevato che la legislazione precedente era inadeguata, affermando che “ E’ difficile provare che un animale soffra quando una persona ha un rapporto con lui ed è per questo che dobbiamo dare all’animale, il beneficio del dubbio”. Un beneficio del dubbio che non è dato alle vittime del turismo sessuale. Al contrario, gli effetti della disuguaglianza e gli stereotipi inventano un immaginario compiacente in cui le vittime sono etichettate come persone promiscue.
Seguendo la pista della pubblicità, a volte senza mascheramento, sulle destinazioni sessuali, si riproduce il modello di donna passiva, sottomessa e compiacente. Il linguaggio turistico riflette un’ideologia patriarcale, concentra sulle norme etero-sessuali, come rilevano Nigel Pritchard e Annete Morgan.  Generalmente si replica lo sfruttamento sessuale di donne del sud da parte di uomini del nord: un’impronta dei rapporti di potere internazionali. Modelli sessisti che si riproducono nel nuovo turismo sessuale musulmano. La stampa indiana ha recentemente pubblicato un reportage su un sudanese che ha lasciato la moglie e i due figli a Khartoum per trascorrere un mese di vacanza in India. Per fare questo, ha acquistato una minore del paese, anche se la transazione con i suoi genitori aveva la copertura legale che dà la religione musulmana quando permette matrimoni di tempo molto limitati per disporre sessualmente di una donna e non essere mal visto.



“ Questa industria è solo per gli uomini”
No di certo. Chi non ricorda la splendida Charlotte Rampling nel film di Laurent Cantet, Verso il Sud. L'attrice inglese interpreta una cinquantenne che trascorre le vacanze sulle spiagge di Haiti con il giovane amante locale di diciotto anni. Scene che molte altre donne mature – si registra  la cifra di 600.0000 – riproducono in paesi africani come il Senegal e Kenya o nel Mar dei Caraibi Cuba e Giamaica.  Questi viaggiatori sessuali mantengono ufficialmente rapporti sessuali con saltimpankis, beach boys, bumsters, ratitutes, sanky pankies, eufemismi per indicare i giovani che esercitano la prostituzione.  Le cosiddette sugar mama in Kenia cedono agli stereotipi dei racconti di fiabe dell’infanzia e vestono l’estremo commercio dell’ozio con il bel vestito di un’ avventura sentimentale.  E questo è un altro modo per visualizzare la disuguale costruzione sociale in cui le donne non osano, sono riluttanti a svolgere ufficialmente il ruolo di sfruttatore e padrone del potere, assegnato agli uomini. Anche se i conti di questa grande industria confermano che le donne contribuiscono a renderla più forte, esse sono per la maggior parte dall’altro lato. Il 98% delle vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale sono donne e ragazze. La Thailandia riceve 9 milioni di visitatori ogni anno, tra il 60% e il 70% sono uomini; quattro su dieci viaggiano da soli.

“Il sesso con i minori è la grande linea rossa”.

Non è così chiaro, regna l'impunità. Se la prostituzione degli adulti è materia di dibattiti e discussioni molto infuocate, quella dei minori è universalmente condannata. Non esiste una definizione giuridica del turismo sessuale, ma esistono norme che puniscono l’abuso infantile. Attraverso questi piccoli corpi si è potuto di spingere a stabilire una forma di regolazione giuridica e di polizia, sviluppando persino le leggi di applicazione extraterritoriale. Più di due milioni di bambini e bambine sono incorporat* ogni anno alla ruota dello sfruttamento sessuale. L'entrata dei turisti in Cambogia è aumentato in un anno del 65%, provocando un forte aumento dello sfruttamento dei bambini. Durante la Coppa del mondo in Sudafrica, nel 2010, la prostituzione infantile è aumentata del 30%. E in Germania, nel 2006, uno studio legò in modo chiaro lo sfruttamento sessuale dei minori, con l'aumento del consumo di alcol. L'UNICEF denuncia che il 30% dei bambini tra i 12 e i 18 anni in Kenya sono coinvolti nell'industria del turismo sessuale. Ma la reale portata di questa piaga non è disponibile. La ricerca sul traffico di bambini raramente distingue tra le vittime con destinazione sessuale e destinazione economica. Inoltre, neppure i rapporti disponibili distinguono tra le donne e i bambini, tra bambine e bambini o tra bambini e adolescenti.
Se in qualche paradiso thailandese, un turista normale ha dubbi circa l'età della persona locale che accompagna un uomo bianco, maturo, normalmente distoglie lo sguardo. In Thailandia pesa molto la tradizione locale di consumo di prostituzione.
Il governo del Paraguay ha presentato lo scorso mese una campagna contro il turismo sessuale minorile che sfoggeranno molti tassisti di Asunción, la capitale. Nelle loro auto porteranno cartellini per far prendere coscienza su questo problema e un numero di telefono per segnalare al funzionario pubblico, i casi di sfruttamento minorile. L'impunità è quindi il terreno fertile perché i pedofili (e non) agiscano in tutto il mondo. Il traffico di bambini e bambine sequestrat* o comprat* dai magnaccia alimentano queste grandi sacche di prostituzione minorile. Questo sfruttamento non distingue tra paesi sviluppati e non, è punito dal Diritto Internazionale e si hanno leggi specifiche in 130 paesi. L' International Air Transport Association (IATA) e l'Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO) hanno unito le forze per proteggere i bambini, mentre diversi paesi occidentali hanno adottato leggi per punire questo comportamento dei loro cittadini, anche quando avviene al di fuori dei propri confini. Ma è tutta carta straccia se le aziende turistiche e i loro dipendenti non promuovono la tolleranza zero nei confronti dell’abuso dei minori. I dipendenti di alberghi, bar, discoteche, taxi, reception, sicurezza, tutti loro sono testimoni quotidiani di questi crimini.  Sovente, il turismo sessuale non è sufficientemente condannato.
Inutile dire che, negli Stati con scarsi muscoli democratici, la protezione contro questi abusi non è nelle loro agende. In questi casi, le forze di sicurezza sono parte della rete di sfruttamento, che agisce in molte occasioni alla luce del sole e sotto gli occhi di tutti. Pertanto, non si muove totalmente in clandestinità, comprese le iniziative come quelle del Parlamento ugandese, che nonostante abbia approvato una legge per criminalizzare il turismo sessuale e la pedofilia ha avuto corto raggio.   La stessa sorte ha il codice etico dell’UNICEF in materia di turismo.
Se la pressione per porre fine all'abuso sui minori raccoglie consensi internazionali, il turismo sessuale con adulti vive in un limbo. Ci sono azioni che hanno avuto successo, ma è difficile conciliar leggi, costumi, disuguaglianze e interessi. Ad esempio, nel 2003, un’ONG ha contribuito alla chiusura di Video Travel, un organizzatore di turismo sessuale con base a Haiti e ha sostenuto l'adozione di una legge regionale che vieta dette attività su questa isola. Le visite del sesso e Internet hanno generato nuovi flussi verso le zone contrassegnate dalla bandiera sessuale. Va notato che questo tipo di turismo si è impiantato anche nell’ambito dell’Unione Europea. I pullman all’entrata di alcuni locali sono la fotografia che anche il Nord esiste. Forse, per diffondersi qui, si preferisce direttamente l’etichetta di prostituzione quando, a essere rigorosi, è turismo sessuale, poiché il consumatore si sposta oltre il loro luogo di residenza con un obiettivo chiaro.

"Questo tipo di turismo serve a risollevare l'economia”.
E’ una mezza verità letale. Il rebus è semplice. Che cosa succede a un paese la cui popolazione, bambini e adolescenti giovani sono prodotti a basso costo? Inutilizzare questo segmento di popolazione non fa altro che condannare il paese a essere poveri per sempre. In Thailandia o l'India, dove lo sfruttamento è dilagante, la popolazione minorile che si ammala dopo mesi o anni di prostituzione, l'abbandona nelle strade senza alcuna protezione. Contagiati dall’AIDS o qualsiasi malattia a trasmissione sessuale, gravidanze, invalidità per la violenza subita o malattie psichiche. E, ovviamente, la loro distruzione come individui e l'accumulo di conseguenze psicologiche gravi e irreversibili. Le conseguenze personali diventano famigliari e, poi, della comunità come osceni vasi comunicanti condannando il paese a essere un emarginato. Forse questo panorama non è sufficiente per le analisi che benedicono le risorse portate dal turismo sessuale e la presunta salvezza economica, che esso rappresenta nelle aree povere ad alta densità turistica.
Nei paesi asiatici come la Thailandia, l'Indonesia e la Malesia la prostituzione contribuisce in modo significativo al PIL (tra il 2% e il 14%). In una perversa spirale, la creazione di queste divise agisce come un muro di contenimento contro i mezzi di repressione destinati alla clientela. La riconversione di questa industria in altra sostenibile e rispettosa dei diritti umani sembrerebbe una chimera. La teoria della scelta razionale, il quadro teorico in cui esseri razionali misurano costo e beneficio, spesso prevale quando qualcuno si dispone a misurare la realtà del turismo sessuale.  Il benessere collettivo, quello del paese, supera qualsiasi sofferenza, secondo questa teoria. Ovviamente.



(traduzione a cura di Lia Di Peri)