lunedì 16 luglio 2012

Il modello androcentrico

L'androcentrismo è un sistema che è collegato e derivato dalle pratiche di forme di dominio di alcuni popoli sugli altri.

Intervista ad Amparo Moreno Sardá*

Signora Moreno potrebbe definire cos'è l'androcentrismo e in cosa è diverso dal patriarcato?

Io preferisco parlare sempre di androcentrismo e non di patriarcato. L'androcentrismo è un sistema collegato e derivato dalle pratiche  di forme di dominio di alcuni popoli sugli altri. I popoli che esercitano un dominio su altri popoli, hanno necessità di gerarchizzarsi internamente, per poter porre in essere, questa stessa formulazione in tutte le relazioni.Quindi, l'androcentrismo legittima questo sistema di gerarchizzazione che articola il sessismo, l'età,l'etnocentrismo e il classismo.




E cos'è  "l'archetipo virile" questo concetto da Lei sviluppato, che struttura la maggior parte delle sue ricerche?

L'archetipo virile sarebbe il modello costruito per costruire maschi adulti, di classi e popoli dominanti.Inizialmente, la sua prima prassi è quella di  essere come guerrieri che dominano il mondo, che dominano altri popoli.Devono essere trasformati in guerrieri in grado di uccidere altre persone e per saccheggiare altri popoli, con lo scopo di portare tutto ciò che accumulano nei luoghi di origine, cose di cui godranno più tardi con le donne e i bambini del proprio popolo. Così, l'archetipo del virile è collegato all'accesso degli uomini,dei popoli dominanti, all'Esercito. Quando queste società diventano più complesse, c'è una divisione più specializzata del lavoro e, in più, della guerra, questi maschi gestiranno la politica, il mercato e altre forme di dominio come il proprio pensiero accademico. Questo è un archetipo storicamente definito per la costruzione di maschi. E' ciò che fino a pochi anni ha si insegnava  ai ragazzi quando gli veniva detto " Andrai militare e diventerai un uomo" Il che significava che prima di allora non lo era,almeno non con determinate caratteristiche e che l'addestramento militare gli sarebbe servito per trasformarsi in ciò che doveva essere. Quando per accedere al governo, oltre l'addestramento militare,c'è bisogno di istruzione alfabetica, accademica, compreso il dominio economico,questo modello si adatta ai nuovi tipi di bisogni e, proprio per essere un modello, può essere assunto da qualunque donna  o uomo, di qualsiasi colore di pelle , razza o provenienza. Basta che si  sia seguito  questo modello di istruzione proprio della scena pubblica e della possibilità di vivere con le risorse dei popoli dominanti, cioè dei popoli che vivono del saccheggio della ricchezza di altri popoli.

Lei pensa che i mezzi di comunicazione rafforzino, trasmettino e perpetuino l'archetipo virile? Come?

I media sono costruzioni di rappresentazioni simboliche della realtà, così come la Chiesa o le Scienze Sociali. Sono sistemi per costruire spiegazioni sul mondo che si realizzano, impostando e trattando le persone in determinati modi. Il modello di cui stiamo parlando non è permanente, inamovibile,o statico, ma viene modificato e adattato perché la logica del dominio e la necessità di espandersi dei popoli dominanti costringe sistematicamente il popolo che pratica la dominazione a trasformarsi, pena la perdita della sua capacità egemonica.  Fin dall'inizio,per estendere il controllo territoriale deve anche aumentare il numero di persone e il consenso tra la gente di differenti condizioni.
I mass media obbediscono ad una cultura di massa e ad una democrazia di massa. Ciò significa che,se  prima il potere era gestito dalle minoranze, per tutto il XX secolo,nelle società occidentali sono state inserite maggioranze fino ad allora escluse. I media, oltre che ad inscenare il modello puramente androcentrico, si rivolgono al maschile, fabbricando anche modelli rivolti alle donne e uomini di diverse età e condizioni. Si tratta di modelli che si occupano di questi processi di mobilità, di promozione di spazi privilegiati per le persone, ad esempio, la migrazione dalle campagne alle città,passando da una classe senza risorse ad una classe media e benestante e da dentro casa a fuori casa. Ci sono un certo numero di processi di mobilità e di modelli comportamentali più pluralisti, più vari, anche nei media, facendo appello non solo alla razionalità, ma anche sentimenti. Analizzare i mezzi di comunicazione costringe a re-impiantare un pensiero così restrittivo com'è il pensiero androcentrico.

C'è un archetipo femminile?  Se sì, come e attraverso quali meccanismi si perpetua?
 
Esiste un archetipo femminile o, meglio, più archetipi femminili,che ho studiato poco e mi piacerebbe studiare meglio. Ma sappiamo che tra le donne c'è una classificazione fondamentale tra quelle considerate "legittima" e "l'altra". In questa classificazione la "legittima" è la donna legata alla gestione della proprietà, agli interessi delle famiglie che hanno proprietà e che è rappresentata nella nostra cultura, dall'archetipo della donna-madre che, in più, nella sua massima espressione è una vergine. Chiaramente c'è un archetipo di madre-vergine che non è un modello semplicemente contingente, ma che, dal mio punto di vista,assume il  modello diffuso e la responsabilità di educare i figli e le figlie, affinché perpetuino il sistema di dominio e dell'accumulazione della ricchezza;che controlla le relazioni coniugali, per a sua volta, controllare questo sistema; che si dà caratteristiche proprie, come può essere questa idea di verginità pur essendo madre, che è una cosa tremenda. Questo modello si  costruisce mostrando negativamente quelle donne che non accettano questi parametri,ma, soprattutto, non dispongono di risorse economiche. Queste saranno "l'altra"e così nella nostra cultura c'è anche una tradizione che distingue i figli legittimi, cioè, concepiti in conformità con la legge, e quelli che sono definiti come figli naturali, che sono i figli de"l'altra", gli esclusi dalla eredità del patrimonio (anche se questa legge è cambiata, culturalmente è prevalente). Io penso che  siano questi  i modelli di donna  riprodotti dai mass-media.Penso che siano i modelli in cui le donne delle classi dominanti hanno avuto un interesse a partecipare,che hanno difeso e perpetuato. E su questa tematica il femminismo ha da fare una revisione del pensiero, perché a volte parla di un solo modello di donna, con delle tinture vittimistiche molto nascoste.

A suo parere, le politiche di parità sono utili per trasformare le relazioni di uomini e donne negli spazi nei quali si  svolge la vita delle persone? Mi riferisco alle sfere domestiche, pubbliche e private.

E' chiaro che porre sul tavolo la necessità che ci sia più eguaglianza, direi più equità, nelle relazioni sociali,può trasformare la realtà sociale, ma a volte le definizioni hanno dei limiti. Anche se questo non si confessa, questi limiti fanno si,che certi progressi si fermino a beneficio solo di certi gruppi e questi sono le limitazioni e contraddizioni nelle quali cadiamo.Le politiche di uguaglianza possono aiutare, sempreché non finiamo col trasformare queste proposte di uguaglianza,  dei diritti e di equità in qualcosa di restrittivo che colpisce solo poche classi, caste o gruppi che sono poi, coloro che ne beneficiano a scapito de "l'altro".Pertanto, per avere davvero una società egualitaria - anche se è una parola che non mi piace perché il più egualitario che esiste è un esercito uniformato e, quindi, non si  parla di uguaglianza, ma di equità, di giustizia sociale - per questo ribadisco che abbiamo bisogno di rivedere soprattutto, i nostri progetti etnocentrici e classisti e da qui, dimostrare che non c'è necessità di questa gerarchizzazione interna. Concentrarci solo sul tema della donna mi sembra un errore del femminismo delle classi medie, che beneficiano dello status quo, ma che non portano ad un cambiamento reale e che può essere ridotto ad un femminismo molto conservatore.

Come pensa si debba intervenire sulla cittadinanza,affinché la società sia più equa?


(...) Io credo che sia assolutamente indispensabile aprire la possibilità della partecipazione per il controllo democratico degli attuali sistemi di potere. Dal Laboratorio che abbiamo chiamato di Giornalismo e Comunicazione per la Cittadinanza Plurale, stiamo lavorando su come possiamo sviluppare strumenti per partecipare a questo controllo democratico  e tirare fuori il meglio da ogni persona, non soltanto ciò che abbiamo appreso circa i parametri per dominare l'altro, ma anche i parametri per comprenderci, per convivere e per attuare in concreto forme di equità, di giustizia sociale e relazioni di conoscenza.

Infine, come docente di giornalismo, cosa ritiene debba cambiare nella Comunicazione in generale e nei Media di comunicazione, in particolare,affinché la percezione degli uomini e delle donne sia più equa, equilibrata e giusta?

Per quello che sto facendo e da  quello che vedo, la prima cosa che dovrebbe cambiare è il paradigma androcentrico che sta portando attualmente ad una forma di comunicazione e della conoscenza verticale, restrittiva, gerarchizzata, escludente e che si riproduce in alcune attività di genere, perché a volte, dallo stesso  genere non si mettono discussione tutti questi pregiudizi. Quindi penso che è indispensabile sostituire il paradigma verticale,restrittivo ed escludente e sostituirlo con uno orizzontale che ci permetta pensare la pluralità da diverse prospettive e avere forme di comunicazione cooperative, diffuse territorialmente.Tutto questo è possibile ed è esattamente ciò che propongono le attuali tecnologie. La tecnologia dell'informazione e della comunicazione ci sollecitano a cambiare questo paradigma, il problema è che le istituzioni  puramente androcentriche, come il mondo accademico e dei mass media, in particolare del giornalismo considerato più grave, persistono in uno schema che ha più a che fare con il XIX secolo o con la prima metà del XX piuttosto che il XXI secolo. Ci stiamo lavorando, di fatto stiamo sviluppando e applicando strumenti in Internet per cambiare questo paradigma.

*Amparo Moreno Sardá  è professora emerita di Storia della Comunicazione  del Dipartimento di Giornalismo e Scienze della Comunicazione presso l'Università Autonoma di Barcellona e direttora del Laboratorio di Giornalismo e Comunicazione per la cittadinanza plurale. La critica all' androcentrismo del pensiero accademico e del giornalismo l'ha portato all'utilizzo di risorse digitali per costruire spiegazioni non androcentriche,pluraliste, posizionate, distribuite territorialmente, in Rete e in forme cooperativistiche


(traduzione di Lia Di Peri)


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