lunedì 21 marzo 2016

Il privilegio bianco e la coscienza critica (una risposta a Barbijaputa).

Helios F. Garcés


Immagine di un momento delle umiliazione delle donne rom



In primo luogo, vorrei rilevare che questa critica all’articolo “ Solo razzismo”, pubblicato da Barbijaputa nel blog Zona Critica de eldiario.es è costruito con sincero rispetto e riconoscimento. Dato il clima generale di odio machista, riteniamo che il suo lavoro riveli come i femminismi siano assolutamente essenziali. Pertanto, ci sembra importante esprimere il nostro pieno sostegno all’ondata di insulti e minacce che lei e altri attivist* ricevono ogni giorno solo perché scavano nei domini del patriarcato e rivelano la natura costitutiva e strutturale di machismo, sia nella dimensione macro e micro.
Così questa risposta nasce con un’intenzione dialogante, non di accanimento contro l’autrice ma critica nei confronti della sinistra bianca spagnola, in generale. Anche se l'articolo è firmato da me, la prospettiva che lo illumina, nasce dalla difesa di ciò che si potrebbe denominare ‘ rinascita kaló’ nello Stato spagnolo, per il quale spesso, parlerò da un plurale collettivo e non dal singolare.  E 'proprio il motivo per cui, data la sua influenza nell'universo virtuale, ci appare necessario stabilire un dialogo critico dal suo ultimo articolo, scritto dopo i vergognosi eventi accaduti a Madrid il 15 marzo.
Li ricordiamo.  Due studenti di giornalismo presso l'UAM hanno girato un video nel quale si può vedere dettagliatamente l’orribile spettacolo. Poco prima della partita di calcio tra PSV Eindhoven e l’Atlético Madrid, alcune gitane rumene, chiedono l’elemosina alle decine di tifosi olandesi riuniti sulle terrazze di Plaza Mayor. Con risposta, i fan, tra urla di disprezzo e risate, hanno iniziato a lanciare una raffica di centesimi, davanti allo sguardo passivo dei cittadini di Madrid presenti. Poi, i tifosi, hanno fatto dei grandi girotondi, circondando le gitane rumene. In cambio di monete hanno chiesto che ballassero, facessero flessioni, s’inginocchiassero. In un crescendo di brutalità hanno bruciato i biglietti che offrivano, facendoli cadere su di esse per divertirsi, mentre le donne spintonandosi tra di loro si buttavano disperatamente a raccoglierli.  Il video pubblicato su You Tube non ha registrato tutto ciò che è successo.
Un professore intervistato da El Pais nella stessa piazza ha dichiarato quanto segue: “Il colmo è stato quando hanno lanciato pezzi di pane."  Per 'aggiustare’ la situazione, la polizia ha deciso di portare via le donne rom altrove, cioè, si sono liberati del problema: esse.
Barbijaputa, nel suo articolo "Solo razzismo”, sottolinea l'idea che qualificare i fatti in base alla loro dimensione razzista è una riduzione ingenua delle cause per le quali ciò è successo. La ragione è che il razzismo, secondo la sua interpretazione, ha giocato un ruolo marginale nelle umiliazioni.
L’autrice scrive come se fosse facile articolare il complesso (e strutturalmente reso invisibile) dibattito sul razzismo, che dall’esperienza delle comunità razzializzate è semplicemente incredibile. Allo stesso modo, gestisce, dal nostro punto di vista, un concetto di ‘razzismo’ estremamente convenzionale, che non si è lasciato contaminare dalle solide e importanti prospettive critiche costruite dalle comunità umane colpite da esso.
Potremmo essere d’accordo con il senso del suo articolo, se sentissimo che ciò che vuole denunciare è il modo parziale e riduzionista con cui procedono la maggior parte delle letture: un modo semplicistico, superficiale e ipocrita per identificare il razzismo.  Non è però a queste problematiche che Barbijaputa si riferisce.
Citiamo le sue parole: " 'razzista' non è nemmeno il primo nome che meritano i summenzionati, perché la realtà è che non hanno bruciato i biglietti perché essi non erano zingari ed esse lo erano”.
Non è la prima volta che incontriamo la militanza non gitana, supponendo che sia facile chiamare il razzismo anti-rom per nome e abbiamo trascorso il tempo, spiegando che tale illusione è un segno inequivocabile di etnocentrismo naturalizzato.
Decolonizzare la coscienza critica, inizia riconoscendo qual è la nostra situazione nella mappa delle identità razziali imposte dall’arcaica e persistente dimensione colonialista del potere moderno. Da allora siamo in grado di capire che la nostra prospettiva è condizionata dalla nostra esperienza e, quindi, spuntano alcuni privilegi etnici ai quali possiamo rinunciare se riusciamo a esplicitarli, poiché essere bianco – come direbbe Houria Bouteldja – è un modo di pensare, non quindi una pigmentazione della pelle.
Le comunità rom hanno tradizionalmente rappresentato il contrappunto interno all’ordine auspicabile nelle società europee: sono state storicamente associate con la delinquenza e marginalità; di fatto, sono state viste come parte inseparabile e costitutiva del sottoproletariato, anche dalla stessa sinistra. Come ha scritto lo stesso Marx, il 'sottoproletariato' (lumpen) è "il partito delle bagasce lazzaroni e degli zingari […] sono nemici del proletariato così come la Reazione [...] Quando il proletariato trionferà dovrà schiacciarli”. Questo è il motivo per cui il disprezzo di classe esibito dai giovani olandesi -citati da Barbijaputa - trova il suo punto di intersezione con la razza / etnia, che aiuta a spiegare il posto che i Rom occupano nella maggioranza dell'immaginario europeo.

La bianchezza delle gerarchie razziali.

Negare che una parte essenziale del disprezzo mostrato dai tifosi dello PSV contro le gitane rumene ha a che fare con il razzismo strutturale anti-rom, è sbiancare ciò che è successo e sprecare una grande opportunità.
I media tradizionali raramente si fanno eco della situazione di allarme sociale che soffre il popolo rom in tutto il continente, chiamando le cose con il loro nome. L’indignazione mediatica è ipocrita, perché presenta i fatti come se costituissero un’abominevole eccezione.
Il popolo rom rappresenta la comunità razzializzata più numerosa e antica d’Europa e se gli /le attivist* non gitani (Gadje), non imparano a guardare dalla situazione terribile in cui si trova una desolante percentuale dello stesso popolo, perderanno l’opportunità di sintonizzare la loro analisi delle patologie del potere all'interno del continente.
Il razzismo anti-rom non è un semplice pacchetto di pregiudizi e argomenti diffusi; si tratta di un’ideologia istituzionalizzata antica come gli Stati-nazione che permea le relazioni sociali e sfocia nella disumanizzazione naturalizzata dei Rom in carne ed ossa.
 Sotto questo schema , l'eccezione consiste nel trattare il popolo gitano come esseri umani.  In conformità a ciò, se i tifosi olandesi hanno disprezzato la dignità delle donne rom di Plaza Mayor è perché il terreno di coltura che rende le persone rom individui subumani è preparato in tutto il continente e non è mai stata messa in discussione con la necessaria volontà politica.
Il modo in cui l’autrice dell’articolo discute su ciò che è successo, ci ricorda il frequente atteggiamento marxista imperante nella sinistra mascolinizzata: alla rapidità con la quale da questa trincea è solita smantellare il presunto carattere inoffensivo della critica contro il machismo o il razzismo. Per loro, ciò che è veramente in gioco è la “oggettiva e scientifica” oppressione di classe.
Le femministe decoloniali ci hanno istruiti facendoci vedere che i principali difensori di questa prospettiva sono uomini bianchi cisgender, che per proteggersi dalla critica femminista decoloniale, stanno proteggendo i loro privilegi in qualità di osservatori della realtà da quello che Amaia Pérez Orozco chiama "egemonia critica". È la sensibilità politica dei femminismi che ci può aiutare a superare lo strabismo etnocentrico, questo strabismo che non percepisce la dimensione strutturale del razzismo e i suoi punti di intersezione con il classismo e il sessismo.

Classismo / razzismo / sessismo

“ Hanno bruciato i biglietti per puro e duro classismo, dichiarando il loro odio verso le indigenti per il solo fatto di esserlo, che percepivano ovviamente come esseri inferiori. E le hanno fatto ballare per dura e pura misoginia , senza alcun timore di una reazione aggressiva per tale umiliazione. Le donne, si sa, davanti all’aggressione raramente rispondono con più aggressione. Questo un tifoso dello PSV, come qualsiasi altro, lo sa bene”
In effetti, le gerarchie di classe e di sesso / genere erano presenti e sono stati parte essenziali dell’orribile spettacolo. Tuttavia, Barbijaputa si dimentica un fattore essenziale: l'importante ruolo dello antiziganismo / romofobia naturalizzato nelle società europee. I linciaggi e le umiliazioni alle popolazioni rom rappresentano una costante in tutta l'Europa di oggi e si deve solo andare ai rapporti di Amnesty International o all’ European Roma Rigths Center per cominciare a rendersene conto.
Se la nostra volontà è capire bene la vera dimensione di quello che è successo è importante ricordare quale canzone i tifosi olandesi hanno dedicato alle donne rom “ Non attraversate le frontiere!” E 'evidente che quei giovani olandesi considerano la Spagna come parte della loro casa e lo è nel loro immaginario tanto che le donne rom non ne sono parte. Non importa che le gitane fossero europee e che i Rom vivano in Europa dalla sua creazione, ciò che conta è che esse non debbano attraversare la “frontiera”. Quale frontiera? La frontiera delimitata dall’arcaico razzismo che la porta di sotto la linea dell’umano. Così la polizia, fedele ai canoni di detta frontiera ha risolto il problema espellendo le gitane dal luogo nel quale erano umiliate. Si tratta di una vecchia e costante strategia europea che si sta facendo più esplicita nella sua gestione della cosiddetta 'crisi dei rifugiati'.
La nostra autrice assicura che il fatto che le donne umiliate fossero rom costituisce l’ultimo fattore importante in ciò che è accaduto : “ Probabilmente il fatto di essere gitane è stato, di fatto, l’ultimo motivo e non il primo o qualcuno pensa che se fossero state donne indigenti bianche, gli aggressori avrebbero dimostrato rispetto?”
Noi pensiamo che la domanda sia semplicistica e racchiuda un privilegio inconscio: il privilegio naturalizzato di essere una persona bianca in Europa. Chiunque la cui origine etnica la leghi a una comunità razzializzata sa perfettamente quale sia la risposta alla domanda di Barbijaputa.  Ovviamente, no: se le donne fossero state indigenti bianche, i tifosi non si sarebbero trasformati improvvisamente in compagni solidali.
Quale elemento di riflessione illumina tale domanda? Tuttavia, il fatto che fossero 'visibilmente' zingare ha avuto un peso straordinario, essenziale e schiacciante in ciò che è accaduto.
Una donna gitana e povera soffre e resiste alla gerarchia sessuale, alla gerarchia di classe e alla gerarchia razziale, quindi, il fatto di indicare l’importanza principale del razzismo, non comporta negare le altre gerarchie coinvolte. Saremmo stati d’accordo in un riesame dei fatti, se si fosse tenuto conto delle gerarchie sessuali e di classe presenti in essi. Ma non possiamo esserlo, se le implicazioni ci portano a uno dei classici errori del manuale dell’etnocentrismo : sottovalutare la colonialità del potere. Non saremo noi ad affermare che la misoginia ha giocato un ruolo minore in ciò che è successo. Ciò che invece dichiariamo è che non c’è nulla di meglio di lasciarsi inebriare dal femminismo de coloniale che si attiene alle intersezioni di razza, sesso e classe senza creare una gerarchia epistemologica intorno a queste: classica tendenza invece di quelle identità razziale privilegiate che non affrontano il razzismo.


(traduzione a cura di Lia Di Peri)