giovedì 29 novembre 2012

DE-scrivere il patriarcato: il mito della passività


La tematica della violenza contro le donne, che si tratti di stupro o di femminicidio, contiene in sé stessa il concetto di “vittima/carnefice”. Binomio classico dal punto di vista psicologico: dove c’è vittima c’è carnefice, e dove c’è carnefice, c’è vittima. Il gioco delle parti è conosciuto e chiaro. La povera, debole, indifesa donna che soccombe di fronte alla cieca violenza del carnefice, impersonificato da colui che avrebbe dovuto “difenderla” e “accudirla”.

Cerchiamo di analizzare questo rapporto, dal punto di vista psicologico, per capirne le implicazioni, e per tentare di trarne indicazioni utili al suo superamento.


La donna, nella società patriarcale, è vittima designata. Non ha diritti, perché non ha autonomia. Non ha autonomia, perché non possiede indipendenza economica e psicologica. Madre e moglie, questo deve essere, e SOLO in nome di questo, può, eventualmente, richiedere il rispetto. E, al massimo, può chiedere di essere “accudita”, “difesa”. Come persona non se ne parla, infatti la società patriarcale non prevede per la donna lo status di “persona”, al massimo di madre, rispettabile come tale, e moglie, un po’ meno rispettabile, poi c’è sempre l’alternativa della “puttana” ossia di quella che non è né madre né moglie, quella non ha diritto al rispetto.

Proviamo a ribaltare il concetto: la donna ha diritto al rispetto in quanto PERSONA,  persona con una sua propria individualità, un suo progetto di vita, una realtà personale che richiede il rispetto a prescindere. 

Questo fa paura. Il patriarcato non l’accetta, la donna non è persona, è moglie, e deve essere rispettata in quanto tale, è madre, e deve essere rispettata in quanto tale, ma non è PERSONA e in quanto tale non deve essere rispettata, per cui, se una donna non rispetta il suo ruolo, e pretende di essere persona, può, anzi deve essere violata, violentata, picchiata, uccisa
.
La donna non è passiva, è soggetto attivo della propria vita e della società. La donna non è specie protetta come i panda del wwf.

La donna è persona, è soggetto sociale e politico, e la violenza contro di lei è VIOLENZA POLITICA contro la sua individualità di persona.
Il patriarcato ha la capacità di inglobare e vanificare, attraverso la mistificazione, ogni legittima aspirazione delle donne. La donna come vittima, e l’autoidentificazione delle donne stesse come vittime, fa il gioco del patriarcato.
Siamo noi stesse a doverci allontanare dal concetto di noi stesse come vittime, come “anello debole” della società, e a reclamare il rispetto che ci è dovuto come persone.

Porre l'accento sul concetto di persona e non di vittima, consente di smascherare ed impedire tutte quelle politiche securitarie, sessiste e razziste, poste in essere in questi anni, dagli enti ed organismi statali (ronde, bus rosa, ecc..). 
Politiche pubbliche che, ancora una volta, delegittimano e squalificano le donne, le rinchiudono nel cerchio vizioso di esseri vulnerabili, di fatto, continuando a inferiorizzarle, discriminarle a svalutarle come soggetti e come cittadine. Inoltre, la violenza fisica, il femminicidio sono le forme più estreme della violenza di genere che subiscono le donne in casa, sul lavoro, in tutti gli ambiti e settori della loro vita quotidiana. La struttura patriarcale e capitalista con le sue politiche dei tagli alle risorse, privatizzazioni dei servizi pubblici, flessibilità del mercato del lavoro, leggi razziste sull'immigrazione, intensifica la marginalizzazione delle donne creando e/o mantenendo una dipendenza economica e sociale, impedendo di liberarsi da situazioni di grave conflittualità relazionale. Essere riconosciute persone ci fa soggetti di diritti e non esseri vulnerabili, bisognose di tutori. Per questo contro il binomio carnefice-vittima diciamo basta ad un sistema che si fonda sulla diseguaglianza, sulla discriminazione, sullo sfruttamento; diciamo basta ad un maschilismo protezionista, che perpetua la violenza contro le donne, che sostenta le strutture sociali androcentriche. 
Noi donne non vogliamo più sbarre protettive che servono per il controllo dei nostri corpi e per il dominio patriarcale-capitalista.

La violenza contro la donna nasce dalla paura della liberazione della donna.

Ma è dalla liberazione dal bisogno, dai mandati e privilegi patriarcali, dall'amore per noi stesse, che possiamo porre fine alle discriminazioni, alla violenza e all'odio di genere.
Il dualismo “vittima – carnefice” è un rapporto a doppia via: la vittima si fa vittima e lascia spazio al carnefice, il carnefice approfitta e accontenta la vittima. Basta con questa mistificazione.
Il rapporto vittima carnefice si basa sul senso di colpa della vittima, che, se è vittima, in fondo è colpa sua.
Già, perché la “vittima” è tale in quanto non accetta il suo destino, perché cerca di autodeterminare la sua vita, perché rifiuta, perché dice NO.
Non è certo un caso che la stragrande maggioranza dei femminicidi avvenga nella coppia, e che la violenza venga scatenata dal rifiuto della donna di continuare la relazione. La donna che fa una scelta di indipendenza, che rifiuta la “protezione”, che si ribella al possesso, deve pagare con la vita.
E’ la liberazione che fa scatenare la bestiale reazione del patriarcato,  che non permette deroghe alla sua sopraffazione.
Ma è il ricatto psicologico alla base di tutto, ed esso comincia molto prima che si consumi la violenza vera e propria. Comincia con l’idea che la donna, in nome di un “amore” che assomiglia più al bisogno che alla libertà, debba “sacrificarsi” per “meritare” tale “amore”.
L’”angelo del focolare” subisce ed è grata dell’attenzione dell’uomo, che attraverso tale attenzione le conferisce dignità.
Lo stereotipo della “zitella” è il più chiaro di questi meccanismi. La zitella è colei che non si è “meritata” l’attenzione e la “protezione” di un uomo!
Ma questa “protezione” non è scontata, si può perdere in qualsiasi momento, basta dar segni di insofferenza e manifestare il desiderio di camminare da sola. La protezione-gabbia, diventa violenza cieca.

La “vittima” designata ha paura. 
Paura di perdere l’”amore” dell’uomo, paura di perdere lo status che le conferisce rispetto. Paura del mondo esterno che è vissuto come estraneo e sconosciuto, non alla sua portata.
Scrive l'antropologa, Paola Tabet:
Lo statuto e il valore più o meno coincidono nel trattamento che ne fanno le società. Un rapporto di potere? Se una persona – o meglio una classe intera di persone – non ha diritto alla propria sessualità, se fin dalla nascita è destinata a entrare in un rapporto dove dipenderà da un’altra persona e in cambio del mantenimento e di una posizione di legittimità sociale dovrà dare servizi sessuali, domestici e riproduttivi, quando questa persona per di più entrerà in questo rapporto in maniera non contrattuale, ossia per essere chiari, quando questi servizi non sono oggetto di un contratto che ne definisca la misura – essi dunque non sono assolutamente quantificati – quando per di più vi è, e vi è stato in passato, la possibilità, spesso messa in atto, di costringere per mezzo della violenza questa persona a dare questi servizi, penso si possa parlare senza alcuna esitazione di un rapporto di potere. Ma il rapporto di potere è alla base dell’intera organizzazione della società. E il rapporto di potere vale anche per le forme non legittime, anche se queste si possono manifestare come forme di resistenza.
Per il momento dobbiamo constatare che il servizio sessuale delle donne per gli uomini è un fatto ovvio e indiscutibile. ( "Rapporti sociali tra i sessi e rapporti di potere" - Paola Tabet, Libera Università delle donne)

BASTA
La violenza contro le donne nasce dalla paura. NOI NON ABBIAMO PAURA.
Noi vogliamo ribaltare il rapporto patriarcale, e dire a gran voce: NON ABBIAMO BISOGNO DI VOI!!!!!!!
Solo dalla liberazione dal bisogno, dalla scelta di liberazione, dalla consapevolezza della propria individualità e dall’AMORE per NOI STESSE, nasce la rivoluzione.
Il senso di colpa, cattolico, clericale e patriarcale, ci vuole eterne vittime, bisognose di aiuto. NO GRAZIE!!!!!!!

NON ABBIAMO BISOGNO DI AIUTO, ma di rispetto, lo esigiamo, lo pretendiamo, ce lo prenderemo comunque, che vi piaccia o no.

domenica 25 novembre 2012

La violenza di genere e l'amore romantico

Coral Herrera Gómez spiega perché  il romanticismo è il meccanismo culturale più potente per perpetuare il patriarcato

Coral Herrera Gómez


L'amore romantico è lo strumento più potente per controllare e soggiogare le donne, soprattutto nei paesi in cui sono cittadine a pieno titolo e dove non sono legalmente di proprietà di nessuno.

Molti sanno che combinare la gentilezza con l'abuso nei confronti di una donna serve a distruggere la sua autostima ed a provocare la sua dipendenza, quindi utilizzano il binomio abuso- affetto per farle innamorare perdutamente, così da poterle dominare.

Un esempio di ciò è Kaliman, un magnaccia messicano che spiega come riesce a far prostituire le sue donne: sceglie le più povere e bisognose, preferibilmente quelle che desiderano uscire dall'inferno domestico nel quale vivono o quelle che hanno un urgente bisogno d'amore, perché sono socialmente isolate. I magnaccia seguono la sua guida alla perfezione: prima le colmano di attenzioni e regali per due mesi,facendo credere che sono la donna della sua vita e che avrà sempre denaro disponibile e soddisfare i suoi bisogni e capricci. Poi,la mette in un bordello perché " le facciano terapia " le ragazze; se si rifiuta, calci, se si arrabbia, meglio lasciare che le passi. Mai chiederle scusa. E' necessario che soffra fino a quando il suo orgoglio si sgretoli e,inginocchiandosi, accetti la sconfitta.
Il macho deve mantenersi fermo, mostrare il suo disprezzo,andar via nei momenti di estrema rabbia e non avere pietà per le lacrime di sua moglie. Questa tecnica gli garantisce che esse cedano ai suoi desideri e lavorino per lui in strada o nei postriboli; la maggior parte di esse non ha dove andare e li seguono, una volta provato il lusso, non vogliono ritornare alla povertà.

Questo racconto dell'orrore è molto comune nel mondo. Non solamente protettori e sfruttatori, ma anche molti mariti e fidanzati trattano le donne come vacche selvagge da addomesticare, affinché siano fedeli, sottomesse e obbedienti. Molti continuano a credere che le donne nascono per servire o per amare gli uomini. Ed anche molte donne continuano a crederlo.

"Per amore", noi donne ci aggrappiamo a maltrattamenti,abusi e sfruttamento.
"Per amore" ci uniamo a tipi orrendi che all'inizio sembrano principi azzurri, ma poi ci truffano, si approfittano di noi o vivono a nostre spese. "Per amore" sopportiamo insulti, violenza,disprezzo. Siamo in grado di umiliarci "per amore", mentre dimostriamo la nostra intensa capacità di amare.
"Per amore, ci sacrifichiamo,ci annulliamo,perdiamo la nostra libertà, perdiamo i nostri contatti sociali ed affettivi.
"Per amore" abbandoniamo i nostri sogni ed obiettivi; "per amore" rivaleggiamo con altre donne e ci inimichiamo per sempre; " per amore" abbandoniamo tutto...

Questo "amore" quando ci lega, ci rende vere donne, ci nobilita, ci fa sentire pure,dà senso alla nostra vita,ci dà uno status, ci eleva al di sopra dei mortali.
Questo "amore" non è solo amore: è anche la salvezza. Le principesse delle favole non lavorano : sono mantenute dal principe. Nella nostra società, che ti amino è sinonimo di successo sociale: che un uomo ti scelga, ti dia valore, ti renda madre, ti faccia signora.


Questo "amore" ci intrappola in assurde contraddizioni" dovrei lasciarlo, però non posso perché lo amo/perché col tempo cambierà/perché è quello che è".
E' un "amore" basato sulla conquista e seduzione e in una serie di miti che ci schiavizzano,come quello " l'amore può tutto" o " una volta che hai incontrato l'anima gemella sarà per sempre".
Questo "amore" promette molto, ma ci riempie di frustrazione, ci incatena ad esseri ai quali diamo potere su di noi, ci sottomette a ruoli tradizionali e ci punisce quando non ci adeguiamo ai canoni stabiliti per noi.

Questo "amore"ci trasforma anche in esseri dipendenti ed egoisti,perché usiamo strategie per ottenere ciò che vogliamo,perché ci viene insegnato che si dà per ricevere e perché ci aspettiamo che l'altro " abbandoni il mondo" così come facciamo noi. E' tanto l'"amore" che sentiamo  che ci trasformiamo in esseri spiacevoli che vomitano giornalmente accuse e rivendicazioni. Se qualcuno non ci ama come amiamo noi, questo "amore" ci rende vittime e ricattatrici ( "io che do tutto per te).

Questo "amore" ci porta agli inferi quando non siamo ricambiate o quando siamo infedeli o quando ci abbandonano: perché quando ce ne rendiamo conto siamo sole  al mondo, lontane da amiche  e amici, parenti o vicini, in attesa di un tizio che crede di avere il diritto di decidere per noi.

Quindi, questo "amore" non è amore. E' dipendenza, bisogno, paura della solitudine, masochismo: è un'utopia collettiva, ma non è amore.

Amiamo in modo patriarcale: il romanticismo patriarcale è un meccanismo culturale per perpetuare il patriarcato molto più potente delle leggi: la diseguaglianza si annidia nei nostri cuori. Amiamo dal concetto di proprietà privata e dalla base di diseguaglianza tra uomini e donne. La nostra cultura idealizzal'amore femminile come amore incondizionato, disinteressato, dedicato, sottomesso e soggiogato. Alle donne si insegna ad aspettare ed amare un uomo con la stessa devozione con cui si ama Dio o aspettiamo Gesù Cristo.

A noi donne ci insegnano ad amare la libertà dell'uomo, non la nostra. Le grandi figure della politica, dell'economia, della scienza e l'arte sono sempre stati uomini. Ammiriamo gli uomini e li amiamo nella misura in cui essi sono potenti; le donne private delle risorse economiche e proprietà hanno bisogno degli uomini per sopravvivere. La diseguaglianza economica di genere ci porta alla dipendenza economica e affettiva. Gli uomini ricchi ci sembrano attraenti perché posseggono denaro ed opportunità e perché ci hanno insegnato da piccole che la salvezza consiste nel trovare un uomo. Non ci hanno insegnato a lottare per l'uguaglianza, perché abbiamo gli stessi diritti,ma ad essere belle e ad avere qualcuno che ci mantenga, ci voglia e ci protegga,anche se ciò significa rimanere senza amicizie, anche se significa unirsi ad un uomo violento,cattivo, egoista o sanguinario.
Un esempio chiaro lo troviamo nei capi mafiosi: hanno tutte le donne che vogliono, tutte le macchine, la droga e la tecnologia che vogliono,hanno tutto il potere di attirare le ragazze sole e senza risorse e opportunità.


Questa disuguaglianza strutturale che esiste tra uomini e donne,si perpetua attraverso la cultura e l'economia. Se potessimo godere delle stesse risorse economiche e potessimo allevare i nostri bambini in comunità, condividendo le risorse,non avremmo relazioni basate sulla necessità; io credo che ameremmo con molta più libertà, senza interessi economici di mezzo. Si ridurebbe drasticamente il numero di adolescenti povere che credono che rimanendo incinte si assicurano l'amore del macho o, quantomeno,un assegno alimentare per venti anni della loro vita.

Agli uomini gli si insegna ad amare dalla diseguaglianza. La prima cosa che imparano è che quando una donna si sposa con te è "tua moglie", qualcosa come è "tuo marito", ma peggio.
I maschi hanno due opzioni: o si lasciano amare dall'alto ( maschi alfa) o si inginocchiano di fronte all'amata in segno di resa ( calabrache). Gli uomini sembramo mantenersi tranquilli mentre sono amati, dato che la tradizione gli insegna che non devono dare troppa importanza all'amore nelle loro vite, né lasciare che le donne invadano tutti i loro spazi,né esprimere in pubblico i loro affetti.


Questo contenimento crolla quando la moglie decide di separarsi e iniziare un percorso da sola. Siccome la nostra cultura vive il divorzio come un trauma,gli strumenti a disposizione degli uomini sono pochi: possono rassegnarsi, deprimersi,autodistruggersi( alcuni si suicidano,altri si aggrovigliano in qualche lotta mortale,o vanno a tutta velocità in direzione contraria)o reagire con violenza contro la donna che dicono di amare.
Così è quando entra in gioco la maledetta questione dell'"onore",l'esempio massimo della doppia morale. Per gli uomini tradizionalisti, la virilità e l'orgoglio sono al di sopra qualsiasi obiettivo: si può vivere senza amore, ma non senza onore.
Milioni di donne muoiono ogni giorno per "crimini d'onore", per mano dei loro mariti, padri, fratelli, amanti o per suicidio ( costrette dalle stesse famiglie).
I motivi: parlare con un altro uomo,essere violentata o volere divorziare. Una sola voce può uccidere qualsiasi donna. Queste donne non possono intraprendere una vita propria fuori dalla comunità: non hanno soldi, né diritti, non sono libere, né possono lavorare fuori casa. Non c'è modo di fuggire.

Le donne che si godono i diritti,tuttavia, rimangono intrappolate nelle loro relazioni matrimoniali o sentimentali. Donne povere ed analfabete, donne ricche e colte: la dipendenza emotiva femminile non distingue tra classi sociali,etnie, religioni,età od orientamento sessuale. Sono tante  in tutto il pianeta, le donne che si sottomettono alla tirannia della " sopportazione per amore".

L'amore romantico è in questo senso, uno strumento di controllo sociale ed anche un anestetico. Lo vendono come un'utopia raggiungibile, ma mentre ci incamminiamo verso di lui,cercando la relazione perfetta che ci renda felici, scopriamo che il modo migliore  per relazionarsi è perdere la propria libertà e rinunciare a tutto,al fine di garantire l'armonia coniugale .

In questa presunta armonia, gli uomini tradizionalisti vogliono donne tranquille che li amino senza perdere nulla ( o molto poco).  Le donne,quanto più sentono deteriorata la loro autostima, più si vittimizzano  e più dipendono. Di conseguenza,per la maggior parte è difficile comprendere che il vero amore non ha nulla da spartire con la sottomissione,con il sacrificio, con la sopportazione.
La coppia è il pilastro fondamentale della nostra società. Per questo,il mondo finanziario, la Chiesa, le banche, penalizzano i/le single e promuovono il matrimonio eterosessuale; quando l'amore finisce o si rompe,lo viviamo come un fallimento e come un trauma. Ci disperiamo completamente: non sappiamo separare le nostre strade,non sappiamo trattare  chi vuole allontanarsi da noi o ha incontrato un'altra/tro. Non sappiamo come gestire le emozioni: per questo è tanto frequente il crocevia di minacce, insulti rimproveri,accuse e vendette tra i coniugi.

Così che molte donne sono punite, maltrattate e uccise quando decidono di separarsi e re-iniziare la loro vita. Il numero degli uomini che non possegono gli strumenti per affrontare una separazione è molto più grande: da bambini imparano che devono essere loro i Re e che i conflitti si risolvono con la violenza. Se non lo imparano in casa,lo imparano attraverso la televisione : i loro eroi si fanno giustizia con la violenza, imponendo la loro autorità.I loro eroi non piangono, a meno che non raggiungono il loro obiettivo (come vincere una coppa di calcio o sterminare gli androidi).

Ciò che ci insegnano nei film, racconti, romanzi, serie televisive è che le ragazze degli eroi li aspettano con pazienza,li adorano, se ne prendono cura e sono disponibili a consegnarsi all'amore, quando quelli avranno tempo. Le ragazze della pubblicità offrono i loro corpi come merce; le brave ragazze dei film offrono il loro amore come premio per il coraggio maschile. Le brave ragazze non abbandonano iloro sposi. Le cattive ragazze che si credono le padrone dei loro corpi e sessualità, che si credono padrone delle loro vite o che si ribellano,ricevono sempre il giusto castigo ( carcere, malattie, ostracismo sociale o la morte).
Le cattive ragazze non vengono odiate solo dagli uomini, ma anche dalle brave donne,perché destabilizzano l'ordine "armonioso"delle cose,quando prendono decisioni e rompono i lacci.
I mezzi di comunicazione ci presentano spesso i casi di violenza contro le donne, come crimini passionali e giustificano le uccisioni o la tortura con espressioni di questo tipo: " non era una persona molto normale", "era ubriaco" " lei stava con un altro" " egli quando l'ha saputo è andato fuori di testa" se l'ha uccisa sarà stato perché " qualcosa aveva fatto". La colpa, quindi, ricade su di lei, mentre la vittima è lui. Lei ha sbagliato e merita di essere punita, egli ha il diritto di vendicarsi per calmare il suo dolore e ricostruire il suo orgoglio.


La violenza è un elemento strutturale delle nostre società diseguali, pe cui è necessario che l'amore non si confonda con il possesso, così come la guerra con gli "aiuti umanitari".In un mondo in cui si usa la forza per imporre mandati e controllare le persone, dove si esalta la vendetta come meccanismo per la gestione del dolore, dove si utilizza la punizione per correggere le deviazioni e la pena di morte per confortare gli addolorati è sempre più necessario che impariamo a volerci bene.

E' fondamentale capire che l'amore si deve basare sul 'buon trattamento'e l'uguaglianza. Ma non soltanto verso il coniuge,ma nei confronti dell'intera società. E' essenziale stabilire relazioni egualitarie, nelle quali le differenze servano ad arricchirci reciprocamente, non per sottomettere gli uni agli altri. E' fondamentale anche potenziare le donne per non vivere assoggettate all'amore, così come è essenziale insegnare agli uomini a gestire le proprie emozioni, perché possano controllare la loro ira,la loro impotenza,la loro rabbia,la loro paura e perché capiscano che le donne non sono oggetti di proprietà, ma compagne di vita.
Inoltre, dobbiamo proteggere i/le bambin* che soffrono  in casa, la violenza machista, perché devono sopportare l'umiliazione e le lacrime della loro eroina, la mamma, perché devono sopportare le urla,le botte e la paura, perché vivono nel terrore, perché si fanno orfani,perché il loro mondo è un inferno.
E' urgente porre fine al terrorismo machista: in Spagna ha ucciso più persone che il terrorismo dell'ETA. Tuttavia,la gente si indigna più per il secondo, scende in strada per protestare contro la violenza,per la cura delle vittime. Il terrorismo di genere si considera invece una questione personale, che colpisce alcune donne, per questo molta gente che sente le grida di aiuto non reagisce,non denuncia,non interviene.
Guardando le cifre ci rendiamo conto che il personale è politico ed economico: la crisi accentua il terrore, perché molte non possono impiantare la separazione e il divorzio è per le coppie che possono permetterselo economicamente. Una prova di ciò è che adesso si denunciano meno casi e spesso le donne si tirano indietro; con le tasse giudiziali approvate in Spagna, le donne più umili non si separano né denunciano: appellarsi alla giustizia è un fatto da ricche.

E' urgente lavorare sugli uomini (prevenzione e trattamento) e proteggere le donne e i/le suoi figli e figlie. Bisogna emancipare le donne, ma dobbiamo lavorare anche con gli uomini, altrimenti la lotta sarà vana. E' necessario promuovere politiche pubbliche che abbiano una prospettiva di genere completa ed è necessario che i media contribuiscano a generare un rifiuto nei confronti di questa forma di terrorismo installato in tutte le case del mondo.
E' necessario un cambiamento sociale e culturale, economico e sentimentale. L'amore non può basarsi sulla proprietà privata e la violenza non può essere uno strumento per risolvere i problemi. Le leggi contro la violenza di genere sono molto importanti,ma devono essere accompagnate da un cambiamento nelle nostre strutture emotive e sentimentali. Perché ciò sia possibile dobbiamo cambiare la nostra cultura e promuovere altri modelli amorosi che non si basino sulle lotte di potere per dominarci o sottometterci. Altri modelli femminili e maschili che non si fondano sulla fragilità delle une e sulla brutalità degli altri.
Dobbiamo imparare a rompere con i miti, a sbarazzarci dei mandati di genere,a dialogare,a godere della gente che ci accompagna nel cammino, a unirci e separarci in libertà, a trattarci con rispetto e tenerezza, ad assorbire le perdite e costruire buone relazioni. Dobbiamo rompere i cerchi del dolore che ereditiamo e riproduciamo inconsciamente e dobbiamo liberare le donne e gli uomini e coloro  che non sono né l'una né l'altro, dal peso delle gerarchie, della tirannia dei ruoli e dalla violenza.
Dobbiamo lavorare molto perché l'amore si espanda e l'uguaglianza una realtà, ma al di là dei discorsi.
Perciò questo testo è dedicato a tutte le donne e gli uomini che lottano contro la violenza di genere in tutte le parti del mondo: gruppi di donne contra la violenza, gruppi di auto-riflessione maschile, autore /autori che indagano e scrivono su questo fenomeno, artiste che lavorano per visibilizzare questa piaga sociale, politiche/tici che lavorano per promuovere l'uguaglianza, attiviste che scendono in strada a condannare la violenza, maestre/professor* che svolgono un lavoro di sensibilizzazione nelle loro aule,ciber-femministe che raccolgono firme per visibilizzare i femminicidi e promuovere leggi, i/le leader che lavorano nelle comunità per eliminare l'abuso e la discriminazione delle donne.
Il modo migliore per combattere la violenza è porre fine alla diseguaglianza e al machismo: analizzando, visibilizzando, decostruendo,denunciando e apprendendo insieme.

Pikara magazine

(traduzione di Lia Di Peri)