lunedì 1 agosto 2011

Palestina: un appello di Indigenous and Women of Color Feminists

 Vincenza Perilli

Dal sito Free Palestine riprendiamo (con un po' di ritardo è vero, ma può servire come promemoria per quante/i non lo avevano ancora visto), la traduzione di un appello di Indigenous and Women of Color Feminists, un gruppo di undici donne "studiose, attiviste e artiste" (ovvero Rabab Abdulhadi, Ayoka Chenzira, Angela Y. Davis, Gina Dent, Melissa Garcia,Anna Romina Guevarra, Beverly Guy-Sheftall, Premilla Nadasen, Barbara Ransby, Chandra Talpade Mohanty e Waziyatawin). In questo appello, che invitano a leggere e far circolare, affermano ("come donne indigene, donne nere, donne dalla schiavitù e donne dell’immigrazione postcoloniale coinvolte in vari percorsi di lotta"), la loro "affinità con il crescente movimento internazionale per la liberazione della Palestina".



Indigenous and Women of Color feminists sostengono la campagna BDS


Dopo essere state testimoni dell’apartheid in cui vive il popolo palestine, Indigenous and Women of Color feminists sostengono la campagna BDS.
Quello che segue è un comunicato scritto da un gruppo di 11 femministe indigene, nere, donne dalla schiavitù e donne dell’immigrazione postcoloniale da poco ritornate dalla Palestina dove si sostiene la campagna di BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) e si spiegano le motivazioni del loro viaggio in Palestina.

Giustizia per la Palestina: Una chiamata all’azione da Indigenous and Women of Color feminists[1]
[1] Abbiamo lasciato volutamente i termini in inglese perché la traduzione italiana è limitante per la rappresentazione e la visibilità delle donne che hanno partecipato al viaggio e che sono, appunto, donne indigene, donne nere, donne dalla schiavitù e donne dell’immigrazione postcoloniale.
Una delegazione di 11 studiose, attiviste e artiste hanno visitato i territori occupati della Palestina dal 14 al 23 giugno. Come donne indigene, donne nere, donne dalla schiavitù e donne dell’immigrazione postcoloniale coinvolte in vari percorsi di lotta abbiamo cercato di affermare la nostra affinità con il crescente movimento internazionale per la liberazione della Palestina.  Abbiamo voluto vedere di persona le condizioni nelle quali la popolazione palestinese è costretta a vivere e lottare e ora possiamo, con sicurezza, chiamare le politiche del governo israeliano, un progetto di apartheid e di pulizia etnica. Ognuna di noi – incluso quei membri della nostra delegazione che sono cresciute in Jim Crow South, nell’apartheid del Sud Africa,  e nelle riserve indiane negli USA – è rimasta scioccata da ciò che ha visto. In questo comunicato descriviamo alcune delle nostre esperienze e mandiamo questo urgente appello a tutte e tutti coloro che condividono il nostro impegno per la giustizia razziale, l’uguaglianza e la libertà.

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