giovedì 25 agosto 2016

L'amicizia e la biografia semplificata che offre Facebook sono false versioni.

Intervista a Vicente Serrano, filosofo e saggista cileno. 





Vicente Serrano, filosofo e saggista cileno, vincitore del Premio Anagrama de Ensayo per la sua opera La herida de Spinoza. Felicidad y política en la vida posmoderna (La ferita di Spinoza. Felicità e politica nella vita post-moderna), ha recentemente pubblicato un libro sul ruolo delle reti sociali, volutamente intitolato Frodebook. Ciò che la rete sociale fa con le nostre vite (Plaza y Valdés Editores). Il protagonismo acquisito dai social network, in breve tempo, obbliga a riflettere sul ruolo che esse svolgono nella nostra vita quotidiana .1 Di fronte agli innegabili vantaggi offerti da molti ordini della nostra esistenza, essi contengono anche rischi indubbi per le possibilità che apre per il controllo e manipolazione delle persone, in particolare delle più giovani. Tutto questo, però, è risaputo, così come l'ambiente virtuale è diventato un macchinario sofisticato di appropriazione del nostro tempo e attenzione, allontanando il pensiero in gran parte calmo, profondo e concentrato. Tuttavia, in Frodebook, Vicente Serrano va oltre e ci avverte che dietro l'apparente innocenza e ingenuità di questi dispositive incontriamo un artefatto che potrebbe essere chiamato, biopolitico, poiché è in grado di incidere sulla nostra intimità, affettività e identità personale, trasformandole profondamente.

Santiago Álvarez Cantalapiedra (SAC): 1.500 milioni di utenti di Facebook,qual è la chiave  del  successo di questa rete? Come si caratterizza e si distingue dalle altre reti sociali? Quale particolare elemento la definisce che noi non dovremmo ignorare?

Vicente Serrano (VS):  Le cifre che lei cita è superiore al numero di seguaci della maggior parte delle religioni.  E’ superata solo dal cristianesimo, se uniamo le diverse chiese che lo compongono, di cui la Chiesa cattolica ha 1.400 milioni di fedeli in Facebook. Naturalmente, questo social network è uno strumento di comunicazione nell'era digitale e di capitalismo globalizzato, però questo dato comparativo rivela la chiave del suo successo, proprio perché, come le religioni, influenza la vita emotiva nel campo dei sentimenti e, inoltre, stabilisce una comunità. Ciò la differenzia da altre reti in cui la dimensione emozionale è meno marcata. Come ho detto, però, questo è un fatto in un momento di mutazione del capitalismo globale e questa comunità alla quale gli affetti si rivolgono è a sua volta un grande strumento che permette alla pubblicità di accedere a quella dimensione di intimità che è la stessa sulla quale operano le religioni. Questo incrocio tra la pubblicità, l'affettività e la sensazione di libertà, spiega questo successo. Nel libro uso il termine "grande fabbrica di affettività”perché, in effetti, tramite Facebook la vita affettiva si trasforma in ricchezza, una ricchezza che viene prodotta dal tempo e dalla vita emotiva degli utenti.

SAC: Se il valore dell’amicizia è quello che mette al centro questo social network, di quale tipo di amicizia stiamo parlando?


 VS: Ovviamente non è  il concetto di amicizia nel senso stretto del legame emotivo disinteressato che è sempre stato considerato uno degli elementi più preziosi della vita umana. Prima sapevamo tutti che avevamo amici, conoscenti, colleghi, vicini di casa, ecc, e all'interno degli amici c’erano gradi, il più vicino e il più intimo, mai per definizione potevano essere molti, perché l’amicizia è qualcosa di delicato e molto prezioso, difficile da curare e richiede tempo. Nel caso di Facebook è un'amicizia nel senso più lato, che spinge alla accumulazione degli amici. E anche se ammette vari gradi, la verità è che in Facebook l’idea di amicizia  si applica ugualmente a tutti ed è stato verso quegli elementi positivi,falsamente positivi, definiti dalla pubblicità, motivo per cui questa ultima non ammetterà il  “Non mi piace”.
Nel suo concetto di amicizia vi ricade tutto: dagli interessi professionali  fino alle vere amicizie reali, attraverso l'elemento di promozione e propaganda che lo trasforma nello strumento pubblicitario  di cui parlavo. Così, l’amicizia corre il rischio di confondersi in un semplice specchio legato ad una tendenza narcisistica della società. Se questo è un problema, in generale, diventa più preoccupante in determinate fasce di età. I più giovani, già nativi digitali, corrono il rischio di non conoscere un altro concetto di amicizia da quella promossa  in Facebook. E che io la considero una distorsione molto pericolosa.
SAC: Lei nota nel suo libro che, gli utenti nel pubblicare la propria biografia, si aspettano soprattutto approvazione. Affermare ciò che ci piace, come forma di individualità e cercare in essa, il riconoscimento altro è poco più di una necessità che sperimentiamo costantemente come esseri umani. Non è Facebook, apparentemente,un efficace  strumento di soddisfacimento di questa necessità umana?

VS:  Nei dodici anni di vita di Facebook è apparso chiaro che costituisce un formidabile e indubbio modo di comunicazione, una vetrina in cui l’approvazione mediante il “Mi piace” ha acquisito un peso determinante nel senso della rete.  E 'ovvio che gli esseri umani hanno bisogno ella approvazione degli altri ma questo si articola dalle nostre azioni ed è altrettanto ovvio che non tutti sono ugualmente degne di approvazione. Il problema è quando l'approvazione diventa fine a se stessa. E’ qui che la vita si trasforma in pubblicità ma lo scopo della pubblicità è vendere un prodotto, non interagire con gli amici. Nella misura in cui l'utente interiorizza questo modello, l'identità virtuale che si costruisce tende al narcisismo e allo esibizionismo riflettendosi sullo schermo attraverso l’approvazione. Naturalmente stiamo parlando di una tendenza dominante. Non tutti gli utenti sono collegati allo stesso modo, ma penso alla maggior parte.

SAC: Quali altri aspetti comporta Facebook?

VS: Oltre alla distorsione dell’amicizia e della biografia trasformate entrambe in un modello accumulativo proprio dell’attività imprenditoriale,penso che, l’altro aspetto più interessante, sia il fatto che l’utente è produttore di ricchezza anche se, spesso,inconsapevole. Non è certo un lavoratore d’uso perché non percepisce un salario. In realtà gli viene detto che riceve un servizio gratuito e per sempre. L’utente, però, investe il suo tempo e fornisce la privacy per produrre ricchezza per gli altri.
SAC: Dov'è la frode?

VS: La frode – in senso non giuridico -  sta proprio nel produrre  sotto l’apparenza di un servizio che dicono gratis e che lo sarà per sempre. La promessa di libertà e di comunicazione, certamente molto reale, porta per così dire una piccola lettera,che sono i termini di un contratto con il quale cedi l’uso della tua vita privata,per produrre con essa. Ugualmente mi appare fraudolenta l’incidenza sulla amicizia e la biografia che si articola da questo dispositivo. L’amicizia e la biografia semplificate che il social network offre sono versioni false di ciò che è la nostra biografia e di ciò che sono le relazioni di amicizia mediate entrambe da una struttura che le sottomette al moto accumulatore.
SAC: Non è un esempio di ciò che il capitalismo ci offre continuamente?

VS: Senza dubbio. E in molti modi. Da una parte, mediante questo contratto, l’utente si trasforma in produttore inconsapevole che porta la sua vita affettiva nel processo produttivo.
Il capitalismo si fa affettivo nel senso letterale, il che fa emergere una nuova merce e un nuovo rapporto di produzione propria dell'era digitale e della informazione. Da altra parte, però,questa identità articolata mediante la costante tensione verso le adesioni, converte l’affettività e la propria biografia in una sorta di un'attività aziendale che tratta di se stessi. Uso nel mio libro un’altra metafora, che è il conto corrente. L’account di Facebook ha la stessa struttura, solo che si deposita senza denaro ma con i sentimenti e gli eventi della vita di ciascuno. Ma come per il conto corrente decisiva è la tendenza cumulativa che definisce il capitalismo e,che ora,tende a farsi interiorità.
SAC: Potrebbe estendere un po' la sua affermazione che siamo di fronte ad un dispositivo biopolitico?

VS: Ha molto a che fare con quel internalizzazione e con la produzione. Il termine bio-politica è stato utilizzato da Foucault per definire un modo di intendere il potere che non è quello di fare morire e lasciar vivere, come nel caso del sovrano classico che decide sulla morte e lascia vivere il resto. Foucault lo rovescia e parla di lasciare morire e fare vivere,cioè,di produrre vita. Ci sono state interpretazioni di ciò che egli intendeva dire con questo, autori che lo hanno interpretato soprattutto in chiave biologicista, come Giorgio Agamben e Roberto Esposito. Ma la verità è che Foucault lo ha legato al liberalismo economico. In uno dei suoi corsi finali negli anni ’80 del secolo scorso dal titolo "La nascita della biopolitica", parlava della tendenza del liberalismo di fare diventare ognuno imprenditore di se stesso.
La mia lettura è che Facebook esprime questo in modo chiaro mediante la “produzione” di queste biografie distorte di coloro sopra citati. La produzione di vita intesa come produzione di biografie e segnate da questo principio accumulativo interiorizzato come ho citato prima. E’ un modo di “governare” milioni di vite ma che passa inosservato in quanto tale,che è vissuto come un’applicazione di libertà. Questa situazione è ciò che Foucault chiamava la ironia del dispositivo, che nel dominarci ci fa credere che siamo più liberi. Egli lo ha applicato a metà degli anni ’70 del secolo scorso al discorso sulla sessualità ma penso che sia perfettamente estendibile al discorso sulle nuove forme di comunicazione che noi chiamiamo social network, in particolare Facebook.
SAC: Siamo destinati a vivere l'affettività mediata da queste nuove realtà? Cosa si può fare: affidare tutto alla scelta della persona concentrandosi sulla sua educazione sentimentale o è legittimo pensare che, data la natura e gli effetti di questi dispositivi, abbiamo bisogno di regolare consapevolmente questa " macchina degli affetti"?

VS: E 'chiaro che non si può tornare indietro con le tecnologie e con tutto quello che presuppone la rivoluzione digitale. C’è da pensare, però, che questo è solo un nuovo salto nel complesso processo della modernità. In altre opere, come in Sognando Mostri o La ferita Spinoza, ho sostenuto che il mondo moderno ha installato in modo crescente un certo ordine affettivo, dando la priorità a una gerarchia di affetti connessi all'accumulazione,alla inquietudine, alla volontà di potere,alla ansia costante che corrisponde allo sguardo moderno.
[…] Io non credo che il problema siano le macchine, perché dai dispositivi è possibile articolare altri tipi di affetti, come evidenziato da più artisti digitali. Si consideri per esempio un artista come Bill Viola, che dalle nuove tecnologie recupera l'universo delle passioni ...
 La questione è di sapere che sotto e dietro ogni macchina e ogni clic è presente un affetto e saperlo riconoscere. Ciò che ha impiantato Frodebook è proprio il modo in cui questa dimensione passa inosservata e, che questa rete in particolare, ha posto una struttura e un ordine affettivo come dispositivo biopolitico. L'obiettivo del mio libro è quello di portarlo alla luce.

SAC: I social network evolvono, cambiano e passano di moda, lo abbiamo visto con Twitter Come crede che si evolverà Facebook? Quale futuro si aspetta? Quale futuro vorrebbe?
VS: C’è stato chi ha annunciato la fine di Facebook. E 'difficile fare previsioni, ma è ovvio che ogni volta c’è sempre più reticenza a raccogliere determinati contenuti, soprattutto quelli più intimi e affettivi. Facebook va mostrando sempre di più il suo volto più commerciale e professionale. Se si conferma questa tendenza siamo al principio della fine, perché la sua forza è stata l’impatto sulla affettività che, a sua volta, ha alimentato la dimensione pubblicitaria. Ora, il territorio conquistato da Facebook- questa integrazione della sfera affettiva nella pubblicità – lo erediteranno altri dispositivi non ho alcun dubbio. Come non ho dubbi che il pensiero critico e la ricerca estetica ed etica continueranno a combattere per ri-pensare la nostra relazione con le macchine e con noi stessi, come abbiamo fatto nel corso della storia.

Intervista elaborata da Santiago Álvarez Cantalapiedra direttore di FUHEM Ecosocial
Traduzione di Lia Di Peri


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