martedì 27 settembre 2011

Femminicidio in Guatemala : Cronologia dell'impunità

di Mercedes Hernandez

Maria Isabel Veliz Franco di 15 anni fu rapita e assassinata nel dicembre del 2001.Il suo corpo martoriato da stupri e torture multipli venne abbandonato in un terreno.
Questo non è un caso isolato. Rientra tra i cinquemila casi di femminicidi commessi in meno di un decennio in Guatemala,un paese nel quale l'impunità raggiunge il tasso del  98% secondo la Commissione Internazionale contro l'Impunità in Guatemala.

Questa realtà solitamente taciuta e occultata nel panorama della violenza quotidiana, rivela l'enorme misoginia e capacità operativa degli assassini che hanno la sicurezza di non essere sottoposti a giudizio o di essere puniti.

Tuttavia sempre più, grazie alle voci di centinaia di attivist* una domanda comincia a porsi: perché questi uomini si organizzano per torturare e uccidere donne nella forma più spietata possibile per poi esporre i loro corpi in determinate zone?

Le risposte cominciano ad esserci in seguito alle analisi cronologiche determinate da due punti essenziali: il primo è descritto dal termine stesso di femminicidio che la sua autora Marcela Lagarde definisce come " una frattura dello Stato di diritto che favorisce l'impunità".
Il secondo punto è che qualsiasi sistema ideologico-autoritario e patriarcale necessita di imporre i suoi principi come verità indiscutibili.

Secondo Walda Barrios, accademica ed attivista per i diritti delle donne in Guatemala, tradizionalmente, la maggior parte delle donne sono state considerate proprietà di un uomo, padre, marito, fratello, fidanzato, autorità religiosa o qualunque uomo al quale è stata delegata la sua tutela. Questi guardiani sono legittimati socialmente e -in alcune occasioni - legalmente a decidere sul comportamento produttivo e ri-produttivo, sull'accesso sessuale e ad altri ruoli di controllo sulle donne che considerano di loro proprietà.

Questo senso di proprietà ha fatto sì che in tutto il mondo " la casa è il luogo più pericoloso per le donne", perché a porte chiuse si decide sulla sua vita e sulla sua morte. Negli ultimi anni la violenza contro le donne è stata utilizzata come arma di terrore dai gruppi criminali per intimidire la popolazione.
Sui corpi delle donne si sono sugellati patti di sangue e si sono mandati molteplici messaggi ai gruppi avversari e agli abitanti dei territori contesi.
In questi casi il legame tra gli aggressosri e le loro vittime era inesistente (...) Storicamente questi crimini e il loro utilizzo come strategia di guerra hanno un importante precedente nel conflitto armato interno che ha devastato il Guatemala per quarant'anni,dove fu proprio lo Stato che definì le donne come un nemico interno.
Sui corpi delle donne indigene venne firmato il discorso dei gruppi di potere, si stabilì la sconfitta e il genocidio del popolo Maya,ordinato dalle più alte cariche dello Stato. Il passato non è svincolato dal presente.

Malgrado gli allarmanti dati di oggi, i femminicidi sono stati una costante in Guatemala. L'oggettivizzazione dei corpi delle donne è stata la regola e non l'eccezione storica, come afferma l'antropologa Marcela Gereda : " Prima i loro corpi sono stati invasi e ingravidati dalla pelle bianca ed europea. Poi furono trasportati in camion come bestiame e sfruttati per tagliare il caffé nella grandi cascine (...) Negli anni ottanta i loro corpi furono in molti casi, massacrati, bruciati o fatti sparire dall'esercito".
Come spiega  Caterina Mackinnon - non c'è mai  stato un tempo di pace per le donne. Al patriarcato centroamericano pre-colombiano hanno fatto seguito le forme di subordinazione fondate sulla dominazione razziale imposta dall'invasione spagnola.
Durante il conflitto armato interno le forze dello Stato usarono la violenza sessuale come una pratica di sterminio individuale e collettivo. Come in altri genocidi, la violenza sessuale divenne prassi  ricorrente per sottomettere i popoli e forze avversarie mediante il corpo delle donne con la complicità della leadership  del Governo.

La ricerca Breaking the Silence( Rompendo il silenzio) del 2006, del Consorzio Actoras de cambio ( Agenti del cambiamento) rilevò che in molte comunità i soldati violentarono le sopravvissute dopo il massacro degli uomini, mentre in altre, le donne furono violentate e torturate pubblicamente davanti ai familiari e alla popolazione, prima di essere assassinate. Nelle comunità dove gli uomini erano fuggiti o erano stati uccisi, alcune vedove e orfani rimasero per anni come schiave sessuali dei comandanti dell'Esercito e delle Pattuglie di Autodifesa Civile (PAC) " Essi non solo arrivarono,ma istallarono degli avamposti e a noi vedove, perché avevano ucciso o giustiziato i nostri mariti, ci costrinsero a preparargli da mangiare. Siamo state messe in gruppi con turni per preparare il pranzo e dopo aver assolto a tutto ciò che ordinavano ci hanno violentate una ad una" ( Testimonianza di una delle sopravvissute dinnanzi al Tribunale della Coscienza contro la violenza sessuale durante il conflitto armato. Marzo, 2010).
La violenza sessuale fu una pratica di massa, sistematica e pianificata dentro la strategia contro-insurrezione dello Stato, diretta in modo particolare contro la popolazione indigena durante la politica della terra bruciata (1982-1983). Secondo la Commissione del Chiarimento Storico (CEH) il 99% delle vittime furono donne e di esse l'88,7% erano maya.

Sui loro corpi furono praticati ogni tipo di umiliazioni sessuali destinate "ad alzare il morale della truppa". Come ha rilevato Kate Doyle nella sua analisi sill'Operazione Sofia,un'offensiva militare dell'esercito guatemalteco nell'Area Ixil (formata da tre Comuni, Nebai, Cotzal e Chajul nel dipartimento di Quiché) tra luglio e agosto del 1982, con l'obiettivo di sterminare gli/le indigeni/ne considerati sovversivi : " le operazioni dei soldati sul campo furono una conseguenza diretta degli ordini degli ufficiali superiori che quelli eseguirono molto accuratamente..." Nelle conclusioni della Corte di Coscienza si legge "La violenza sessuale fu commessa in combinazione con altri gravissimi delitti, come il genocidio e altri crimini contro i doveri di umanità"
Si tratta di fatti imputabili direttamente allo Stato , perché furono commessi da funzionari o dipendenti pubblici e da organismi statali, militari e civili ai quali si delegò di fatto e di diritto, il potere di agire in suo nome.
Tuttavia, la violenza sessuale è stata una politica di Stato che la maggior parte delle analisi ha minimizzato e travisato come una pratica isolata commessa da ufficiali militari in cerca di piacere.

Dopo trentasei anni di conflitto armato che ha causato oltre 200.000 vittime e che generato la diaspora di più di mezzo milione di persone, arrivò la firma tanto attesa degli accordi di pace nel 1996. Purtroppo i carnefici hanno beneficiato di norme giuridiche e sociali che possono essere considerate il punto finale che ha permesso che neanche uno degli autori intellettuali o materiali di questi delitti siano stato processato o punito.


Le vecchie forme di femminicidio sono alimentate da nuove modalità e motivazioni.


Se nel passato la capacità produttiva delle donne fu sfruttata nei latifondi dei coloni e dei criollos(?) insediatisi in Guatemala, oggi non lo è meno per gli eredi di questi, né per i nuovi offerenti di lavoro nelle fabbriche e domestico, dove le donne sono pezzi intercambiabili e corpi ai quali si può accedere sessualmente con facilità, sempre sostituibili e con caratteristiche simili. Allo stesso tempo l'economia criminale trasforma le donne in prodotti vendibili, così come le si usano per manodopera a basso costo. Migliaia di donne sono trasformate ogni anno in merce del mercato della prostituzione, in esattore delle tasse di guerra stabilite dalle bande,in corriere della droga,in uteri produttori di bambini/ne per l'adozione(la maggior parte illegale), in tratta, così come fornitrici dei propri e altrui organi.
Attualmente queste corporazioni nazionali ed internazionali sono formate da gruppi della criminalità organizzata, da certi settori dell'oligarchia tradizionale guatemalteca, dalla polizia e dell'esercito,compresi alcuni membri dei partiti politici. I corpi delle donne sono distrutti ed esibiti come un meccanismo di dialogo tra i destinatari - diretti e indiretti - delle zone in contesa, messaggi letali carichi di misoginia dimostrata dall'autore o dagli autori di questi crimini contro le donne. Torture che sono iniziate in forma pubblica durante il conflitto armato e che non terminavano con la morte,perché si proibiva di seppellire i cadaveri, esibendoli a tutta la comunità e oggi pratiche utilizzate  nelle stesse forme dalle bande ed altri gruppi criminali.
Oggi i ricavi ottenuti mediante il terrorismo sessuale sono la conquista del territorio,la sconfitta morale del nemico attraverso la depositaria dell'onore della famiglia o del gruppo, il dialogo e la coesione delle fratrie criminali,mediante i patti di sangue con i quali si uccidono  donne giovani e lavoratrici e le donne che hanno il coraggio di uscire di casa ed occupare lo spazio pubblico, donne come Maria Isabel sono sacrificate tutti i giorni. Il silenzio e l'impunità percorrono i tempi come guardiani dello status quo.

La trasmissione e il dominio della conoscenza sui loro corpi e sulla loro sessualità sono state storicamente negate alle donne con l'imposizione del silenzio come garanzia del non sapere (Consorcio Actoras del cambio, 2010).
(...) Per questa ragione, rompere il silenzio è estremamente pericoloso per lo status quo, dato che come sostiene Ana Carcedo: "può sovvertire il rapporto di dipendenza che pianifica la sottomissione e l'obbedienza al potere supremo".

L'impunità fomentata dallo Stato,utilizzando il silenzio e l'occultamento di informazioni essenziali per l'approccio e il trattamento del femminicidio rimane una costante.
Non ci sono informazioni attendibili,neanche sulla quantità di donne assassinate ogni anno. Secondo l'esperta Hilda Morales direttora dell'Ufficio Assistenza alla Vittime del Ministero Pubblico : " c'è irresponsabilità dello Stato nel  fornire dati statistici affidabili"
 (...)
Carlos Castresana, ex direttore della Commissione Internazionale contro l'Impunità in Guatemala (CICIG) dichiarò nel suo intervento davanti al Tribunale della Coscienza: " L'impunità è un invito alla ripetizione dei reati. I crimini che non si puniscono sono crimini che prima o poi si ripetono (...)  Con i crimini del conflitto armato succede la stessa cosa. Se le persone che hanno commesso questi abusi durante il conflitto armato non sono stati puniti sono liberi e continuano con gli abusi".

Politica femminicida: istituzionalizzare la misoginia per atto od omissione.

... Nell'informazione occultata dallo Stato del Guatemala si nasconde un sottotesto comuni a molti paesi, che rivela che l'egemonia del potere maschile si sta sgretolando perché le donne occupano ogni volta di più e in modi diversi, lo spazio pubblico.
Secondo Giovanna Lemus, directora del Grupo Guatemalteco de Mujeres: " Queste resistenze statali sono evidenti quando esiste un rifiuto diretto a porre l'eguaglianza di genere come uno degli elementi centrali del programma politico" Questo programma incompiuto, volontariamente pendente, istituzionalizza la misoginia nei settori del potere.


(...)

La violenza contro le donne aumenta in scenari dove lo Stato è debole. In Guatemala una delle grandi cause di questo declino risiede nella privatizzazione. Molte delle obbligazioni statali sono state spostate, tacitamente o esplicitamente e formalmente ad individui e gruppi di persone estranei ai settori ufficiali. Come spiega Naomi Klein,con gli attacchi strutturali si sono eliminati o limitati determinate funzioni, adempiute storicamente dagli Stati, tra queste possedere il monopolio della violenza  e la protezionere dei suoi membri. Una buona parte di funzionari statali, allo stesso tempo, costituiscono una risosrsa integrata nello Stato al servizio dei gruppi criminali privati. "La polizia nazionale civile è considerata oggi la principale fonte delle violazioni dei diritti umani" ( Yakin Erturk, 2006).
La privatizzazione funge anche da scudo ai femminicidi quando permette che vengano messi a tacere - con ciò li depoliticizzandoli - e trasformandoli in crimini sessuali.   Questo spostamento delle funzioni statali ha contribuito a creare l'emergenza e la proliferazione delle mafie e del mercato privato della sicurezza nazionale.

A questa privatizzazione si unisce il cerchio dei familiari delle vittime e della società in generale, che si aspettano che si parli il meno possibile delle vessazioni sessuali e preferiscono mantenere questa informazione nella più stretta intimità per evitare una sanzione sociale che continua ad infierire sulla vittima anche dopo la sua morte.

" Niente è più difficile quanto parlare della violenza commessa su una figlia. Solo la sua assenza e l'impunità della sua morte sono un dolore più grande", ha dichiarato Rosa Franco, madre di Maria Isabel.

Le politiche femminicide consentono il collasso istituzionale dove lo Stato è responsabile per i crimini misogini : per azione, quando i suoi agenti eseguono femminicidi e per omissione quando non si implementano politiche di prevenzione, punizione ed eliminazione della violenza contro le donne. La politica femminicida  è rinuncia costante alla volontà di verità e di obiettività che devono guidare le indagini.
Porre fine all'impunità generata dalle politiche femminicide richiede lo smantellamento dei meccanismi del silenzio: devono aprirsi dibattiti circa l'utilizzo del corpo delle donne, ciò che Rita Segato ha definito " il linguaggio del femminicidio" o che Victoria Sanford definisce come le minacce dirette ad un individuo o ad un gruppo mediante i corpi delle donne nel loro ambiente.

Per combattere l'impunità del femminicidio è necessario capire che la violenza esercitata sul corpo delle donne "soprattutto nelle zone di guerra non è violenza sessuale, ma violenza mediante mezzi sessuali.
Julia Monàrrez che si dedica ad analizzare i femminicidi da oltre dieci anni, afferma: " Per capire come nascono i femminicidi è indispensabile comprendere come funziona la politica della sessualità nel sistema patriarcale" i quali sono meccanismi che generano queste forme sessualizzate di aggressione, che devono essere deprivatizzate per svelare le identità delle fazioni che dominano le giurisdizioni in contesa, la cui superiorità si afferma mediante la combinazione dei crimini di lesa umanità con l'uccisione di bambine e donne - che come Maria Isabel  - sono state utilizzate per inviare un messaggio che, dopo nove anni, la giustizia guatemalteca non riesce ancora a decifrare,né tanto meno punire chi lo ha emesso attraverso la distruzione del corpo di Isabel e del suo femminicidio.


(traduzione di Anita Lia Di Peri Silviano)


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