venerdì 4 novembre 2011

La maglietta

Marcelo Brodsky

Articolo su un desaparecido dell'ESMA

L'immagine non ha fine. L'immagine che avevo ricostruito, il ritratto di mio fratello dalle sue  spalle, detenuto  all'ESMA risultò essere incompleta.
Durante la visita con Victor Basterra* nell'aula n.12 dove si svolgeva il processo del caso ESMA, Victor rivendicò il suo diritto di rivedere la documentazione che egli stesso aveva fornito.
La prima documentazione che vedemmo mostrava solo fotocopie. Chiedemmo gli originali. Apparvero. E c'era la foto, completa. Dalle spalle fino a giù verso la vita. E si vedeva la maglietta. Una pezza strappata, irregolare. Una camicetta piccola, spiegazzata, avvolgeva un corpo adolescente dopo una seduta di tortura. Le spalle giovani sono attraversate da strisce di stoffa.
Impotenza e bellezza  allo stesso tempo, della giovinezza sospesa tra pezzi di stoffa dopo il pestaggio. Il volto un pò spaventato, ma ancora integro.
La fotografia si espande,aggiunge informazioni. Mostra piccoli dettagli irrilevanti come reali. Permette di intravedere i passaggi oscuri che portano alla parete dove realizzi i suoni delle corde ai piedi, i ceppi... (un'altra foto mostra i segni sui polsi delle corde da ormeggio, su una giovane donna, sorella di qualche altro).
Il leggero cappotto che dà la camicetta veste il corpo dolorante, lo segna. Non è un corpo nudo. Ricorda un altro pezzo di stoffa  di un altro torturato sulla croce. E i fazzoletti. Bianchi in luoghi diversi, frammenti.
Mi hanno raccontato che faceva ginnastica in cella, uno spazio quanto quello di una stalla per alleviare maiali, con le pareti di appena un metro di altezza. Un piccolo posto rettangolare, le dimensioni di un tappetino,che si riusciva a malapena a non colpire la testa. Proprio lì hanno fatto del loro meglio per parlarsi.
Aveva solo un materasso di gommapiuma e coperte: senza lenzuolo o fogli. Il minimo indispensabile che si dà ad uno schiavo per sopravvivere e non morire di freddo, perché gli incontri dovevano continuare...
Mi sono piaciute sempre le magliette. Quando dormo ne metto sempre una, ma è piuttosto una camicia. Quella è  diversa, è la classica, quella della periferia, del macellaio che chiede sangue.
In alto è presumibilmente sporca, con il suo odore incollato,con le sue pieghe, con le sue ombre e le sue ombrosità nella fotografia attaccata al corpo di mio fratello ancora in vita.
Una cosa chiesero i nove a Victor un giorno che riuscirono a riunirsi grazie alla complicità di una guardia "buona", uscendo la loro testa dal buco di quei tuguri: " Che ne sarà di noi". Silenzio. Victor non lo sapeva, non poteva né voleva immaginare ciò che sarebbe stato.
Era riuscito a cambiare rango: ora era un fotografo. Era necessario per  fare qualcosa di più che  possedere una semplice macchinetta...

" Non portarlo di sopra, Victor" Questo gli dissero i nove nel buio.
Non portarlo su.


Kaos en la red

(traduzione di Anita Lia Di Peri Silviano)

* Victor Basterra è stato un detenuto -desaparecido All'ESMA, sopravvissuto grazi al suo lavoro di fotografo- grafico utile per falsificare i documenti. Poco prima del suo rilascio riuscì a rubare dei negativi  che avrebbero dovuto essere bruciati di tutte le persone scomparse all'ESMA.  Quasi cento negativi che sono serviti come prove e , soprattutto, per la memoria collettiva.




(traduzione di Anita Lia Di Peri Silviano)

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