sabato 14 gennaio 2012

Discriminate ed invisibili : la salute lavorativa delle donne in Europa

L'Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) e l'Istituto Sindacale Europeo ( ETUI) concordano nell'incorporare la prospettiva di genere nelle ricerche sanitarie sul lavoro, nelle valutazioni dei rischi e nelle politiche preventive. L'ETUI rileva inoltre l'esistenza di un modello discriminatorio nel riconoscimento delle malattie professionali.

L'occupazione femminile nell'Unione Europea è arrivata nel 2010 al 58% delle donne tra i 15 e i 64 anni contro il 70% tra gli uomini - secondo Eurostat. Siamo di fronte ad un meracato del lavoro chiaramente discriminatorio. La segregazione lavorativa per settori è un fatto: nel 2008 il 61% delle donne lavorava in sei settori (sanità, pubblica amministrazione, commercio al dettaglio,servizi alle imprese,istruzione e alberghi-ristorazione). la discriminazione salariale-guadagnare meno svolgendo lo stesso lavoro degli uomini- colpisce il 18% di queste donne. E la divisione dei compiti domestici  è altrettanto discriminatoria: in tutti i paesi europei, le donne dedicano più tempo al lavoro domestico non retribuito.Il pregiudizio di genere nel lavoro domestico è così importante che anche se gli uomini lavorano più ore fuori casa, se sommiamo il lavoro retribuito e quello non retribuito, le donne europee lavorano in media,30 minuti in più al giorno, rispetto agli uomini.

Esposizione a rischi

Ma in quali condizioni lavorano le donne e come sono colpite nella salute? La risposta non è facile, dato che né le valutazioni dei rischi né le statistiche ufficiali incorporano un'analisi  differenziata per sesso;tuttavia ci sono dei dati per affermare che esistono esposizioni che necessitano un trattamento differenziato.
Per esempio, quando EU-OSHA esamina gli infortuni sul lavoro con una prospettiva di genere, osserva che seguono modelli differenti: mentre negli uomini gli infortuni sono più numerosi, ma diminuiscono con l'età, nelle donne si mantengono stabili nelle differenti fasce di età. EU-OSHA raccoglie uno studio esplorativo di Eurostat che rileva che gli infortuni più comuni tra le donne sono gli scivoloni, le inciampate e cadute (29%) e si rammarica che Eurostat non calcola gli infortuni lavorativi verificatisi nella pubblica amministrazione, nell'istruzione e nel settore salute, perché in questi settori si concentra più del 45% delle donne occupate in Europa.
In quanto all'esposizione a rischi  ergonomici, sia l'EU-OSHA che l'ETUI sollevano la necessità di incorporare nuovi criteri di valutazione, che permettano di riflettere problematiche tipicamente femminili come l'esposizione a vibrazioni nell'industria manufatturiera che colpisce il 30% delle donne occupate, la realizzazione di movimenti ripetitivi o del sollevamento di persone (attività di cura e di assistenza sanitaria). Per esempio, nel caso del sollevamento di carichi, molto più uomini ( 43%) che donne ( 25%) debbono spostare carichi pesanti nel lavoro. Tuttavia, quando si tratta di sollevare o spostare persone, la prevalenza del rischio è molto più elevata nelle donne (11%) che negli uomini ( 5,8%).
La diseguale distribuzione per sesso delle malattie professionaliriconosciute,incluse nel rapporto dell'ETUI,indica la necessità di politiche di prevenzione con una prospettiva di genere.Per esempio,il tunnel carpiano è fondamentalmente una lesione femminile: il 67% delle persone che ne soffrono sono donne,la tendinite del gomito e la tenosinovite della mano e del polso - un'infiammazione del tendine e del tessuto che lo ricopre - sono inoltre prevalenti più nelle donne che negli uomini.

Nell'esposizione al rumore, secondo l'EU-OSHA,si dovrebbero rivedere i criteri di valutazione. Anche se l'esposizione al rumore nell'industria colpisce massicciamente gli uomini,in occupazioni come l'insegnamento, la ristorazione, i call center o i reparti del pronto soccorso,le donne sono esposte ad elevati livelli i rumore che provocano ronzio alle orecchie e disturbi nella voce per la necessità di aumentarla. Livelli di rumore medio ed alto sono legati alle malattie circolatorie e allo stress lavorativo.

In termini di esposizione ai rischi psico-sociali,i rapporti provenienti da diversi paesi situano le donne come un gruppo particolarmente esposto. Per esempio, uno studio realizzato in Germania ha dimostrato che le donne sono più esposte (67,4%)degli uomini (59,2%) ad alte esigenze psicologiche come quello di fare due lavori contemporaneamente. D'altra parte, un recente rapporto dell'ISTAS, con un campione rappresentativo della popolazione attiva impiegata in Spagna,dimostra che le donne sono in una situazione peggiore rispetto agli uomini -tra i 7 e i 5 punti percentuali di differenza - nell'esposizione alle alte esigenze cognitive (attività complesse) e basse possibilità di sviluppo. Lo stesso lavoro ha dimostrato un pregiudizio di genere in quanto alla necessità di nascondere le emozioni: il 44% delle donne sono costrette a nascondere le proprie emozioni sul lavoro rispetto al 36,7% degli uomini.

EU- OSHA ritiene che l'esposizione delle donne a sostanze pericolose continua ad essere uno dei campi che richiedono uno sforzo maggiore di visibilità dei rischi: " Sappiamo che le donne sono la maggioranza  nei settori che sono in contatto  con sostanze infettive e chimiche nocive per la salute,ma queste esposizioni sono state spesso trascurate".
Il rapporto EU-OSHA raccoglie una tabella completa che collega  sostanze pericolose  con settori, circostanze di esposizione e attività. Ci sono settori dove la maggior parte dei lavoratori sono donne, che sono particolarmente esposte a rischi chimici come l'industria del lavaggio,tintoria,industria ortoprotesica, arti grafiche, laboratori, parrucchierie, sanità o manifattura tessile. Esistono anche studi che indicano che la metabolizzazione delle sostanze chimiche sia differente negli uomini e nelle donne e quest'ultime siano più colpite a basse dosi di esposizione.

Meno segnalazioni e minor riconoscimento.

Sul riconoscimento delle malattie professionali continua una visione chiaramente maschile, viene constatato tanto dal rapporto dell'EU-OSHA quanto dalla ricerca realizzata dall'ETUI dei diversi paesi. Nel 2007, tra le malattie lavorative riconosciute in Europa, un 38% colpivano la donna e un 62% l'uomo,il che sugnifica che c'è una differenza tra i sessi di 24 punti percentuali secondo l'Eurostat. Si tratta di un problema di segnalazioni o di riconoscimento? Dal rapporto dell'ETUI si evince che si tratta di entrambi le cose, ma con diversi modelli nei differenti paesi.

Davanti all'impossibilità di disporre di dati aggregati per l'Europa che permettano di comparare segnalazioni e riconoscimento delle malattie professionali, la relazione di Daniela Tieves per l'ETUI ricorre alle nalisi dei diversi paesi.

In Germania, per esempio,si osservano grandi differenze tra le malattie professionali segnalate per gli uomini e le malattie professionali segnalate per le donne, sempre a favore degli uomini. In Danimarca succede il contrario: le donne segnalano più malattie che gli uomini. Tuttavia,in entrambi i paesi le malattie segnalate dagli uomini sono più riconosciute rispetto a quelle segnalate dalle donne.

Tra i paesi presi in esame vi è uno solo che riconosce in egual misura le malattie segnalate dagli uomini e quelle segnalate dalle donne, ed è l'Italia, dove ad entrambi i sessi viene riconosciuta circa il 30% delle malattie segnalate, ma in questo caso le differenze nella segnalazione sono più notevoli: gli uomini segnalano tre volte più delle donne.

Un'analisi più dettagliata di queste differenze suggerisce che il problema del riconoscimento ha a che fare con il tipo di malattie che si segnalano: per esempio, le perdite dell'udito, segnalate più dagli uomini vengono riconosciute di più che le malattie della pelle segnalate dalle donne.
Secondo ETUI,ciò che sta accadendoè che il sistema di riconoscimento e compensazione delle malattie è stato concepito in un epoca nella quale la partecipazione dei sessi nel mercato del lavoro era molto diseguale e si tratta di un sistema malfunzionante per entrambi i sessi - si riconoscono molto meno malattie di quelle segnalate - ma in misura maggiore per le donne.

amecopress.net

(traduzione di Lia Di Peri)







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