martedì 6 agosto 2013

Le parti di me che mi hanno spaventato

Ottimo articolo scritto da uomo antipatriarcale sulle dinamiche intersezionali del machismo, la sua influenza sui movimenti alternativi e le difficoltà per il raggiungimento di  una nuova e più consapevole  mascolinità. Un riconoscimento delle teorie e prassi femministe. 
Chris Crass






Prima Parte: Come posso essere machista, se sono un anarchico?

Sono un machista?  Mi sono chiesto, gelando. Mi sono sempre comportato normalmente con le donne e non sono stato il classico macho prepotente, né misogino.
Come posso essere allora un machista se sono un anarchico? Non posso evitare di stare sulla difensiva, nervoso. Ho sempre creduto nella lotta per una società migliore, facevo parte degli oppressi. Gli oppressori erano i capitalisti, no? Erano coloro che guadagnavano dall’ingiustizia. Quando mi posi queste domande era il 1993 avevo diciannove anni più quattro di attività politica sulle spalle.

Nilou, accarezzandomi la mano, cercò di spiegarmi con pazienza “ Non sto dicendo che sei cattivo, dico soltanto che hai atteggiamenti sessisti. Ci sono comportamenti che sono chiaramente sessisti, ma a volte il machismo non è così evidente, è più sottile viene fuori nei piccoli dettagli. Spesso m’interrompi quando parlo, presti più attenzione quando interviene un uomo, che quando parla una donna. L’altro giorno, quando stavamo prendendo un caffè con Mike, vi siete comportati come se io fossi invisibile, come se fossi lì solo per contemplarvi. Un paio di volte ho cercato di intervenire nella conversazione, non ci avete fatto caso, avete continuato, come se non fosse successo nulla. Quando vi riunite anche in pochi, vi ascoltate solo tra di voi, se c’è una donna, non le prestate nessuna attenzione. Per molto tempo ho creduto che fosse un mio problema, che se non partecipavo era perché non avevo nulla d’interessante o utile da dire. Mi sono resa conto dopo, che succedeva anche alle altre donne del gruppo, che era un sentire comune. Non ti sto dicendo che la colpa di tutto è tua, però giochi un ruolo importante in questo gruppo, così che sei parte di questa dinamica”.
Questa conversazione cambiò la mia vita, ancora oggi affronto la sfida che mi ha segnato e quest’articolo è parte di questo processo. L’ho scritto rivolgendomi agli uomini bianchi, di classe media, con idee politiche di sinistra e che sono coinvolti in qualche modo nei movimenti sociali. Voglio trattare il machismo dalla mia esperienza di sfidare il sessismo dal punto di vista emotivo e psicologico. Ho scelto quest’approccio, perché voglio mettere in discussione la dimensione personale di questi temi, perché sono convinto che sia il modo più efficace di lavoro con altri uomini, contro il sessismo e anche perché molte compagne ci chiedono di non trascurare questi aspetti.
Quest’articolo si basa sul lavoro di donne, soprattutto di donne nere e latine, che scrivono e lavorano contro il patriarcato nella società e il machismo nei movimenti sociali. Il lavoro di Barbara Smith, Gloria Anzaldua, Ella Baker, Elizabeth’Betita' Martinez, Bell Hooks e di molte altre, ci offre la base delle idee, visioni e strategie per il lavoro che gli uomini bianchi dovrebbero fare per vincere il machismo.
Ogni giorno ci sono sempre più uomini all'interno dei movimenti alternativi che lottano contro la supremazia maschile. Molti di noi riconoscono che il patriarcato esiste, che grazie a questo abbiamo privilegi, che il sessismo mina le fondamenta stesse dei nostri movimenti e che le donne, le trans e le persone queer, l’hanno detto chiaramente più volte “Gli uomini devono fare qualcosa su questi problemi, dovete parlarvi tra di voi, mettervi reciprocamente in discussione e decidere come si combatte il machismo” Ci sono molti uomini bianchi nei movimenti sociali, che si rendono conto che la società è sessista, compresi i movimenti cui partecipano, però non riconoscono il proprio coinvolgimento personale in questa situazione.

 Un anno dopo la conversazione con Nilou, ero seduto in silenzio in un gruppo di discussione di uomini. Non sapevamo che dire. Eravamo spaventati, nervosi, tesi e non facevamo nessuno sforzo per creare un ambiente favorevole per la discussione sul sessismo. Le compagne avevano proposto di passare una giornata a parlare di machismo in gruppo separato di uomini e donne. Noi uomini ci chiedevamo “ Di cosa stanno parlando le donne?” Quando i due gruppi alla fine si riunirono, la discussione subito prese una piega molto tesa, le donne difendevano se stesse e il modo di comprendere le loro esperienze. Mi sentivo malissimo, completamente perso e senza la minima idea di come andare avanti.
Mia madre che aveva seguito parte della discussione, chiese se poteva intervenire. “ State parlando di questioni enormi e molto difficili". “Sono contenta di vedere persone della vostra età, affrontare seriamente questi problemi, dimostra che credete davvero nelle cose per le quali state lottando. Questa conversazione non può concludersi in un giorno.”.
Era chiaro: lottare contro il machismo comportava più sforzi, che imparare a guardare le donne anche durante le discussioni di gruppo. Gli sforzi per combattere un sistema di potere che opera a livello economico, sociale, culturale e psicologico e che la mia presunta superiorità come uomo, così bene interiorizzata non era altro che la punta di un iceberg dello sfruttamento e dell’oppressione.

Parte II: A quale classe storica appartieni?

Essendo un uomo bianco della media borghesia, ho sentito molte volte questa domanda, nei sette anni che ho frequentato gli Studi di Genere e Studi Etnici. Nel Corso di Storia delle Donne Nere, qualcuno ha cercato di aiutarmi a capire dove dovevo andare.
Ho capito molto bene il perché di quella domanda e che non si riferiva solo alla classe universitaria, bensì a quella sociale dentro un sistema  patriarcale, etero sessista e capitalistica, molto impegnata a mantenere un forte controllo sociale. Ho studiato per quattro anni all’Università Comunitaria e per altri tre all’Università di Stato di San Francisco. La maggior parte delle/dei miei/mie insegnanti erano donne e persone nere e latine. Erano cresciute in comunità segregate, dove le persone di diverse etnie non si mescolavano e avevano avuto pochi modelli di riferimento (professori o esempi autorevoli) che non fossero bianchi.
Studiare in un ambiente dove la maggioranza delle persone non erano bianche, ha avuto anche un grande impatto su di me, perché ero per  la prima volta in tutta la mia vita, minoranza, di razza e di genere. Capì improvvisamente che le questioni razziali e di genere, non erano un problema tra tutti gli altri, ma aspetti centrali del modo di intendere e concepire il mondo.
Sono cresciuto credendo di essere un individuo che percorre il suo cammino in modo lineare e progressivo, senza un passato alle spalle. La storia era per me un insieme di fatti e date interessanti, ma senza alcun collegamento chiaro alla mia vita. Ero una persona nel mio mondo. Poi cominciai a imparare che essere bianco, maschio, di classe media, senza disabilità fisiche, comunemente eterosessuale e cittadino degli Stati Uniti, non solo significava avere privilegi, ma che mi dava anche un passato. Io sono parte di una categoria sociale – bianca, maschile, eterosessuale, di classe media, gruppo creato e modellato dalla storia, - che sono considerate lo standard della “normalità”, dalla quale tutti gli altri sono giudicati. All’immagine che avevo della mia identità individuale, si aggiunse l’immagine delle navi di schiavi/ave delle comunità native rase al suolo e bruciate, di famiglie distrutte, di violenza sulle donne, di uomini bianchi di classi dominanti, che usano gli uomini bianchi poveri, per colonizzare le donne bianche, i non bianchi/che e la Terra.
Ricordo che stavo seduto in una classe di Storia della Donna Afroamericana, uno delle due uniche persone bianche e unico uomo, tra quindici donne nere. Stavamo studiando la schiavitù, Ida B. Wells e la sua campagna contro le violenze sistematiche sulle africane schiavizzate dal padrone bianco, milioni di stupri sanciti e protetti dalla legge, come le centinaia di uomini neri linciati con la scusa di proteggere le donne bianche dai violentatori neri. Mi sentì depresso, la storia nelle lacrime dei miei occhi e la nausea allo stomaco. Chi furono quegli uomini bianchi, che sentivano su se stessi? Avevo paura e vergogna di alzare gli occhi sulle donne nere del mio corso. “ Anche se esiste una mescolanza di razze per amore – disse la docente – il nostro popolo possiede tante diverse sfumature di nero, a causa di generazioni e generazioni di violenza istituzionalizzata”. Chi sono e cosa sento su me stesso?

Parte III: Questa è la mia lotta

Non ho idea di quale ruolo nella rivoluzione potrebbe giocare gli uomini bianchi eterosessuali, perché sono la base e il corpo del sistema di potere reazionario”.
- Robin Morgan, nell'introduzione a "Sorellanza è Potente".

A volte ho periodi di odio verso me stesso, mi sento colpevole, ho paura. Quando questo accade, so e sento che ho un ruolo da svolgere nella lotta per la liberazione e so anche per esperienza, che posso fare molte cose utili, però non posso evitare di chiedermi “ mi sto ingannando?”

Mi hanno insegnato che avevo diritto a tutto. Che sarei potuto andare dove volevo e fare ciò che desideravo e che in qualunque posto avrei avuto valore e sarei stato necessario. Il patriarcato e l’eterosessualità mi hanno insegnato in modo sottile e talvolta brutale, che avevo diritto al corpo delle donne, a prendermi i miei spazi ed esprimere le mie opinioni e idee, ogni volta che volevo, senza tenere conto degli@ altr@. Questo è un processo di socializzazione molto differente dalla maggior parte delle persone in questa società che sono costrette a rimanere in silenzio, a nascondere o celare chi sono, a non dimenticare mai che dovrebbero dire grazie per il solo fatto di esistere. Penso che sia sano imparare a condividere spazio e potere, e lavorare con gli altri per trovare il ruolo che si può realizzare. Ciò che non è sano ed è raro è che i privilegiati per sesso parlino di questo tema e si sostengono a vicenda in questo processo di liberazione.

Laura Close, un’attivista di Students for Unity en Portland, parla su questo tema nel suo saggio “ Uomini in movimento” incoraggiando quelli dei movimenti a unirsi contro il sessismo. Io sapevo che aveva ragione, ma la semplice idea di farlo mi rendeva nervoso.  Avevo un sacco di amici con i privilegi di genere, però mi terrorizzava impegnarmi politicamente e scoprirmi per spiegare i miei problemi nella lotta contro il sessismo. Ero capace di denunciare pubblicamente il patriarcato e tentare di convincere gli altri uomini di tanto in tanto, ma ero davvero capace di essere onesto, riguardo al mio sessismo, di collegare l’analisi e la pratica politica con le mie emozioni e processi psicologici di essere vulnerabile? Un momento, vulnerabile di cosa? Nel Corso degli Studi di genere ho forse affermato di stare contro il patriarcato, il razzismo, il capitalismo? Ricordo che il livello di consapevolezza tra i miei compagni dell’Università sul femminismo era talmente basso, che il semplice fatto, di leggere un libro femminista e dire ogni tanto “ riconosco che il sessismo esiste”, mi poneva già più avanti di loro.
Trovo molto più facile fare dichiarazioni contro il patriarcato in classe, nelle riunioni politiche e nei miei scritti, che praticare la politica femminista, in relazione ai miei amici, famiglia, compagne.

Questa non è una confessione per essere perdonato. E’ una lotta continua per essere sincero circa le profonde influenze del patriarcato nella mia personalità. Il patriarcato mi perseguita. Sono pieno di dubbi,se un giorno sarò in grado di amare sinceramente e in modo sano. Sulla mia capacità di connettermi con me stesso, per potermi aprire e condividere. Posso vedere le cicatrici del patriarcato su ciascuna delle persone con le quali ho relazioni e quando mi sforzo di osservare e prendo tempo per pensarci, mi riempio di rabbia e tristezza. Bell Hooks nel suo libro "Tutto sull’Amore", afferma che l’amore è impossibile quando c’è una volontà di dominio. Posso amare veramente? Voglio credere di sì. Che sia possibile attraverso pratiche politiche per gli uomini bianchi, in opposizione al patriarcato.
Credo che sia nella lotta contro l’oppressione, nella pratica dei nostri impegni, che esprimiamo e realizziamo le nostre qualità umane più preziose. Ci sono momenti, esperienze e situazioni in cui vedo che ci scontriamo col patriarcato che dimostra quanto siamo abili. Credo che sia un lavoro di una vita e parte della lotta per riscattare le nostre vite.
In questa lotta ci rendiamo conto, che di fronte a questi sistemi di oppressione tanto potenti, la nostra capacità di amare, la nostra passione, creatività, dignità e il nostro potere crescono. Possiamo farcela..

Epilogo :  Lavorare perché questa lotta sia concreta ed efficace.


Anche se bisogna lavorare su temi emotivi e psicologici molto forti, ci sono infiniti passi concreti che si possono fare per la lotta contro il machismo.  La domanda per me più importante riguarda le condizioni necessarie per prendere sul serio questa lotta, renderla prioritaria, darle seguito. Oltre a parlare con gli uomini del tema, è anche importante che ci sosteniamo l'uno con gli altri, perché tutti compiano la parte che gli tocca. Ci sono molti temi emozionali complessi ed è importante aiutarsi, per non perdere e continuare ad andare avanti. Ci si può chiedere, per esempio, come stiamo sostenendo l'uguaglianza delle donne, che cosa stiamo facendo per condividere la responsabilità e il potere nelle nostre organizzazioni, come stiamo migliorando la nostra apertura alle donne, affinché ci dicano ciò che pensano del nostro lavoro, ecc.

Analizzare e contrastare i nostri privilegi è necessario, ma non è sufficiente. La cooperazione tra gli uomini per superare il dominio maschile è una delle tante strategie necessarie per sviluppare un movimento di liberazione della donna, multirazziale, antirazzista, femminista, di liberazione homo e transessuale, dalla classe lavoratrice e anticapitalista, per la liberazione collettiva. Sappiamo che il sessismo funziona come una barriera contro la costruzione di questo movimento. La domanda è cosa faremo per evitarlo, perché il processo cresca dentro di noi e con esso la nostra capacità di amare se stessi e gli altri.

Ricordatevi che il cambiamento sociale è un processo e la nostra trasformazione e liberazione è profondamente collegata con la trasformazione e liberazione sociale.
La vita è molto complessa e piena di contraddizioni. L’intenzione di quest’articolo è di interferire con le forme di dominio che feriscono i nostri movimenti e ci fanno male come persone.
I ragazzi bianchi hanno molto da fare, ma è anche un lavoro appassionante se crediamo veramente all’uguaglianza, e vogliamo raggiungerla. Le forme quotidiane di dominio sono il collante dei sistemi gerarchici. La lotta contro il capitalismo, il razzismo, il patriarcato, l’etero-sessimo e lo Stato sono anche la lotta per la liberazione collettiva.

Nessuno è libero fin quando non lo saranno tutti e tutte.


el contrast.org

(libera traduzione di Lia Di Peri)

3 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
  2. non ho capito molto di ciò che scrivi, soprattutto con chi ce l'hai.

    RispondiElimina
  3. Qui, si censura qualunque approccio offensivo a questo blog. La lotta al machismo, razzismo e sessismo è lotta storica. Le giustificazioni dei maschilisti è solo retorica. Inoltre, rivendicate la libertà d'espressione solo per voi, mentre catalogate come indottrinate o "cagnolini" coloro che assumono una prospettiva di genere. Non c'è nulla da aggiungere, perché i post scelti non sono casuali. Siamo disponibili a qualsiasi confronto che sia arricchente, non a quelli che rimandino al periodo più oscuro della storia della caccia alle streghe.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.