venerdì 1 novembre 2013

La prostituzione e gli uomini.


Enrique Javier Diez




La prostituzione non è il “mestiere” più antico del mondo, lo sfruttamento, la schiavitù e la violenza di genere sono le forme più antiche, che gli uomini hanno inventato per sottomettere e mantenere le donne alla nostra disposizione sessuale.
Quando si parla di prostituzione, si occulta, si protegge e si minimizza il ruolo dei clienti. Tuttavia è essenziale comprendere il punto di partenza di questa situazione: “Se non esistesse la domanda, non vi sarebbe l’offerta”. Ossia, siamo noi uomini, come classe, che manteniamo e perpetuiamo la sottomissione a questa violenza di genere, sostenendo questo "mestiere" e favorendo la socializzazione delle nuove generazioni all’" uso ".
La prostituzione si giustifica, in quanto, realtà sociale “inevitabile”, naturale e immutabile. Gli uomini di destra preferiscono che rimanga nascosta, per conservare la loro doppia morale. Quelli di sinistra, vogliono la sua legalizzazione, rivendicando la difesa dei diritti delle lavoratrici e “ per liberare il resto degli esseri umani dal giogo della morale retrograda". Entrambi gli approcci aggirano i meccanismi che stanno alla base del potere patriarcale.
Gli studi che si dedicano al tema, solitamente, ignorano questi meccanismi e agli stessi prostituenti è difficile accettare di rappresentarsi come tali. Questo rifiuto di affrontare un esame critico degli utenti della prostituzione, che sono il più importante anello del sistema di prostituzione, non è altro che una difesa tacita delle pratiche e privilegi sessuali maschili. Perciò è molto importante analizzare le ragioni che spieghino perché in una società più aperta e libera come quella spagnola dopo la fase della dittatura franchista, ci sono ancora molti uomini e giovani che si rivolgono a relazioni di prostituzione con donne o altri uomini.
Perché gli uomini si rivolgono alla prostituzione?
Maggior parte degli studi di approfondimento e di ricerca sul tema arriva a una medesima conclusione: " Un numero crescente di uomini cerca le prostitute più per dominare, che per godere sessualmente. Nelle relazioni sociali e personali sperimentano una perdita di potere e di mascolinità tradizionale e non riescono a creare rapporti di reciproco rispetto con le donne con le quali si relazionano. Sono questi gli uomini che cercano la compagnia delle prostitute, perché quello che cercano in realtà è un’esperienza di dominio e di controllo totale” [1].
Sembra come se una grande parte dell'umanità, gli uomini che si rivolgono alla prostituzione, abbia un serio problema con la propria sessualità, non essendo in grado di stabilire un rapporto di parità con le donne (più della metà del genere umano) convinti che debbano stare a loro servizio. Come se ogni volta che le donne ottengono sempre maggiori quote di uguaglianza e di diritti, questi uomini non fossero capaci di adattarsi a un rapporto di uguaglianza e ricorressero, sempre più spesso, a relazioni commerciali, con le quali pagando, ottengono di essere al centro dell’attenzione, tornando alla fase infantile d’intenso egocentrismo e di una relazione, che non comporta nessun “carico” di responsabilità, di cura, di attenzione, rispetto o equivalenza.
Una seconda importante conclusione degli studi nazionali è che la Spagna è uno dei paesi dove il “consumo” della prostituzione è il meno screditato. (…) Sembra, infatti, che ci sia un consenso sociale, non tacito ma esplicito, nel mantenere costanti strategie e forme per “alleviare” la responsabilità di coloro che iniziano, mantengono e rafforzano questa pratica.

Educare all’uguaglianza in un mondo dove la prostituzione è una professione.

Questo consenso sociale influisce nel processo di socializzazione dei bambini e dei giovani nell'uso della sessualità prostituzionale. Se a ciò aggiungiamo l’ordinamento della prostituzione come professione, creeremo delle aspettative di socializzazione, dove le ragazze imparano che la prostituzione possa essere una possibile nicchia lavorativa e i bambini apprendono che le loro compagne possono essere comprate per soddisfare i loro desideri sessuali.
I bambini che si “socializzano” in un contesto dove la prostituzione è regolata come professione, per cui è approvata socialmente ed è promossa e pubblicizzata – in una società di consumi è essenziale – impareranno che le donne sono o possono essere “oggetti” a loro disposizione, che i loro corpi e la loro sessualità si può comprare, che non sono limiti al loro uso, che possono usare anche la violenza o la forza su di esse, perché disporranno di spazi, dove avranno tutti i diritti se potranno pagarli. Per questo è profondamente contraddittorio parlare e difendere l’uguaglianza tra uomini e donne nel processo educativo dei bambini e bambine e sostenere contemporaneamente la regolamentazione della prostituzione.
Conclusione

Se vogliamo costruire realmente una società egualitaria, dobbiamo concentrarci sui mezzi di sradicamento della domanda, attraverso la denuncia, il perseguimento e la punibilità del cliente e del magnaccia. La Svezia penalizza gli uomini che comprano donne o bambini per il commercio sessuale, con la reclusione fino a sei mesi o con un’ammenda, perché definisce il crimine come " violenza retribuita ". In nessun caso si dirige contro le donne, né pretende la loro punibilità o sanzione, perché la prostituzione è considerata un aspetto della violenza maschile contro le donne, i bambini e le bambine.
Il cambiamento passa attraverso un sistema economico equo e sostenibile che integri l’uguaglianza per entrambi i sessi, per combattere le mafie e non promuovere i modelli Eurovegas. Per trasformare la mentalità di questi uomini, non solo con le multe, ma con l’educazione e sensibilizzazione nei media: affinché i diritti delle donne, smettano di essere considerati diritti di seconda classe e siano parte dei diritti umani.
Si dice che la prostituzione è sempre esistita. Anche le guerre, le torture, la schiavitù infantile. Ciò però non è prova di legittimità né di validità. Abbiamo il dovere di immaginare un mondo senza prostituzione, così come abbiamo imparato a immaginare un mondo senza schiavitù, senza apartheid, senza violenza di genere, senza infanticidio, né mutilazioni genitali femminili.
Non possiamo rinunciare all’utopia di trasformare la società e di educare alla uguaglianza.

* Enrique Javier Díez Gutiérrez è Professore di Scienza della Formazione dell'Università di León . Specialista in organizzazione educativa sta ora sviluppando il suo insegnamento e ricerca nel campo dell’istruzione interculturale, di genere della politica educativa.

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