mercoledì 5 giugno 2013

Bisogna dirlo che la vittima è una prostituta ed africana?

di June Fernandez


                        





Un maestro di arti marziali ha ridotto in coma una sex worker migrante a Bilbao. June Fernández afferma la necessità che il giornalismo precisi in che modo i rapporti di potere intervengono nelle aggressioni sessiste.


Un uomo ha picchiato una donna a Bilbao lasciandola in coma. Inoltre, la polizia ha anche trovato i resti del corpo di un'altra donna nella palestra da lui diretta. La stampa racconta anche che l'uomo ha confessato di aver ucciso la scorsa settimana un'altra donna. Due giornali hanno trattato il caso in modo diverso, El Correo e Naiz richiamano entrambi l'attenzione sul fatto he l'aggressore è un maestro di arti marziali. Tuttavia, mentre El Correo ha dettagliato che la donna in coma è una prostituta di origine africana, Naiz ha scelto di ignorare entrambi i dati. Ho la sensazione che l'ha fatto non perché non li conoscesse, ma perché probabilmente chi ha scritto il pezzo, ha considerato che l'unico dato rilevante, che spiega l'aggressione, è che la vittima fosse una donna.
Un mio amico mi ha esposto la sua preoccupazione circa i dati pubblicati (che la donna fosse una prostituta e africana)spostando l'attenzione dalla natura di aggressione machista, favorendo di fatto il sensazionalismo. Gli ho risposto che ero favorevole a quei dati, come un modo per inquadrarli in una determinata relazione di potere. Ho anche detto che,contrariamente alla tendenza di ridurre la violenza di genere agli omicidi di donne nel contesto di coppia, mi sembrava positivo parlare di violenza machista in altri contesti.

Per chiarire le idee ho aperto il dibattito sulla mia bacheca di Facebook. Pubblico con il loro consenso alcune opinioni che riassumono per grandi linee ciò che espongo in questo articolo:

Ander Izaguirre: Si, il fatto di essere migrante e prostituta presuppone una maggiore possibilità di essere aggredita, di essere più vulnerabile,quindi, bisogna spiegarlo. Dobbiamo richiamare l'attenzione su questo fatto.
Carmen Romero Bachiller: Credo che la questione sia di chiarire ciò che è invisibile. Perché si dice che sia una prostituta e nera e non si dice che il maestro di arti marziali ha nazionalità spagnola ed è bianco? Il fatto che la vittima è identificata come prostituta e  nera la disumanizza in qualche modo e attenua il suo status di vittima? Di contro,come si costruisce la "umanità"del professore di arti marziali? Forse, potrebbe influenzare la categorizzazione, ma assumendocene la responsabilità, cioè,  il modo in cui il fatto che sia nera e prostituta si interseca con il fatto di essere donna e con il minor valore datole da una società razzista e sessista.
Joana Garcia Grenzner: In questo caso sia le origini che la professione sono rilevanti,perché spiegano la loro maggiore vulnerabilità alla violenza machista: per le  barriere della legge sull'immigrazione, da un lato, per la stigmatizzazione e impotenza che vivono molte prostitute.  E questi fattori dovrebbero essere affrontati in qualche modo nel testo. Altra cosa sarebbe stata nel caso che l'aggressore fosse stato migrante, perché si sarebbe implicitamente relazionato il suo status di migrante con la predisposizione al machismo. come generalmente si fa passare...

Come scrive Ander, il ruolo del giornalismo è quello di spiegare al pubblico ciò che sta accadendo e perché. Pertanto, non si tratta solo di informare sui crimini machisti, ma di portare dati e riflessioni che consentano alle persone di capire perché la violenza contro le donne è un poblema sociale - strutturale. Un elemento chiave per spiegare la violenza sono i rapporti di potere. Spesso si raffigurano gli aggressori come esseri con impulsi incontrollabili che uccidono o violentano in un momento di raptus. Ma, come dice un altro commento, se la violenza non ha nulla a che vedere con questi rapporti di potere,il maestro Shaolin avrebbe potuto prendersela con qualunque cliente che non aveva pagato la retta mensile della palestra.E 'una coincidenza che, per quello che ne sappiamo - abbia scelto come vittime le donne, che in più sono migranti ed esercitano una professione che è stigmatizzata? Come dice Carmen, la verità è che le vite di queste donne, in una società sessista, classista e razzista, sono meno rilevanti, valgono meno.

Nello stesso modo in cui importa che le vittime fossero donne, migranti, nere e prostitute,importa che l'aggressore sia uomo, autoctono, bianco e imprenditore. Nello stesso modo per cui  tutte le donne siamo a rischio della violenza machista, ma elementi come le origini o il colore della pelle significano maggiore vulnerabilità ed impotenza; dobbiamo ricordare che non esiste un profilo dell'aggressore (contro il pregiudizio che si tratti di  migranti tossici o pazzi), però  una certa posizione sociale può accentuare  il disprezzo nei confronti di persone che considera inferiori e li porrà in una condizione vantaggiosa nel procedimento giudiziario.

Che significa tutto ciò?  Che media come El Correo non ci spiegano queste cose, ma che la messa a fuoco -  come è successo  nel caso di Diego Yllanes, assassino di Nagore Laffage o nel caso dell'atleta Pistorius, si riduce a " com'è possibile che un uomo perbene si riveli essere un assassino". Quando ci poniamo questa domanda dimenticando il machismo (rinforzato dal razzismo o dal classismo), le risposte spesso portano a rafforzare i pregiudizi e persino a giustificare l'aggressore. Nel caso di Yllanes, ci viene detto che Nagore minacciava di distruggere la sua carriera e il povero psichiatra era spaventato e ha reagito facendola fuori. Nei talk show si parlò che Pistorius talvolta era complessato per la sua disabilità. Quando i media non riescono a trovare una spiegazione così peregrina escono il jolly:  l'infermità mentale o la psicopatia, così come nel caso di Jose Bretón," il mostro delle Quemadillas”

L'articolo de El Correo inizia con questa frase: " Nulla sembrava indicare che Juan Carlos Aguilar potesse essere qualcosa di più, che un rispettato  maestro shaolín”. E conclude: Ora dobbiamo trovare il motivo che ha portato questo monaco guerriero, che dichiarò qualche tempo prima di praticare la castità, ad ammanettare una prostituta in una palestra, nella quale a quanto pare conservava resti umani. Risulta chiaro  che, a un certo punto,egli ha  deviato dal sentiero radioso del monaco guerriero ".

E' essenziale che i/le giornalisti/ste rivedano i propri pregiudizi. Ho parlato da poco come attivista di SOS Razzismo, con una redattrice che mi ha chiesto, in linea con questo caso, della situazione delle donne migranti dedite alla prostituzione. Era molto interessata a parlare di mafie. A me sembra che oggi si debba parlare dei machisti autoctoni. Non è stata la mafia nigeriana a ridurre quella donna in fin di vita. Non sono sole le mafie le uniche responsabili che una donna nera, migrante e prostituta sia il facile bersaglio di aggressioni.

Oggi la violenza machista fa notizia.Questo è un notevole progresso. Ma l'unico modo affinché il pubblico capisca perché un omicidio di una donna per mano di un uomo è un fenomeno differente da quello di un uomo ucciso da una donna è quello di  relazionare i crimini machisti ad altre forme di diseguaglianza di genere,discriminazione e violenza sessista. Mostrare che sono le piccole aggressioni machiste quotidiane che passano inosservate,quando non addirittura normalizzate e favorite, che spiegano che viviamo in una società nella quale assistiamo ad uno stilicidio incessante di donne assassinate dagli uomini. Non mi meraviglia che si parli di "piaga"della violenza di genere,come se fosse una epidemia che abbiamo avuto la sfortuna di subire, ma della quale non conosciamo il motivo per cui è apparsa, né come si diffonde, né tanto  meno come sradicarla.
Nel compito  di spiegare la violenza machista è importante assumere una prospettiva intersezionale. La parola d'ordine secondo la quale l'unica cosa importante è che gli aggressori siano uomini e le vittime donne, non aiuta a comprendere i rapporti di potere che intervengono. Dire solo che era "una donna" invisibilizza le situazioni che vivono "le altre", quelle che vengono escluse dal soggetto singolare "donna": le nere, le migranti, le sex-workers, le lavoratrici domestiche,le anziani, le transessuali.
E se la paura di dire che la vittima esercitava la prostituzione ed era africana risiede nel fatto che possa essere percepita come una "delle altre" e, pertanto, provocare meno empatia, indignazione, mobilitazione sociale,allora abbiamo un'altra sfida : fare un giornalismo che denunci l'esistenza di cittadine di prima e seconda categoria(e anche le persone alle quali viene negato lo status di cittadin*). Che parli della realtà delle donne in situazioni di esclusione sociale, senza però che le si riduca a povere vittime, ma rappresentandole come soggetti di diritti. Un giornalismo che invece di impegnarsi ad umanizzare gli aggressori, dia volto e voce alla vittime.
... Quando le vittime della violenza saranno importanti così come altri tipi di vittime nel nostro paese, quando i giornali  prenderanno sul serio il loro ruolo nella costruzione di una società libera dal sessismo, così come si sono coinvolti contro il terrorismo, forse la fine della violenza machista sarà più vicina. 

pikara magazine.

(libera traduzione di Lia Di Peri)