giovedì 6 dicembre 2012

Le prigioniere palestinesi in Israele partoriscono in catene.

     
Le donne palestinesi detenute in Israele ricevono un trattamento disumano, le vengono negate le cure mediche,la rappresentanza legale e sono costrette a vivere in condizioni miserabili, comnpresa la condivisione della cella con topi e scarafaggi. La violazione dei diritti e le condizioni che trovano le donne palestinesi nelle carceri israeliane richiedono l'assunzione di una prospettiva di genere, secondo il Comitato delle Nazioni Unite per l'eliminazione della discriminazione contro le donne (CEDAW).

Trentasette donne palestinesi rimangono  oggi nelle carceri israeliane, per un totale di 7.500 detenuti,soprattutto per motivi politici,per lo più membri del Consiglio Legislativo Palestinese. Circa 10.000 donne sono state arrestate o detenute nelle carceri e nei centri di detenzione israeliani dal 1967, su più di 700.000 prigionieri palestinesi.

Fabrizia Falcione,responsabile dei diritti umani delle donne per il Fondo di sviluppo delle Nazioni Unite per le donne (UNIFEM), ha dichiarato che è fondamentale rivelare il volto umano dietro questa violazione del diritto internazionale e del diritto umanitario internazionale,per trattare la difficile situazione dei prigionieri politici palestinesi, tra cui donne e bambini.
Un'intervista a Vienna di  Mehru Jaffer, dell'Inter Press Service (IPS), alla funzionaria, pubblicata in  The Electronic Intifada in data 11 marzo 2011, fu la 18.ma notizia più censurata salvata quest'anno da Project Censored.

Il lavoro della Falcione prevede la fornitura di assistenza legale e di rappresentanza per le donne in carcere, il sostegno psico-sociale alle famiglie dei prigionieri e la preparazione per il rilascio e il reinserimento dei detenuti nella famiglia e nella società. 
L'assoluta urgenza di affrontare specificamente i diritti delle donne detenute è stata sollevata da Falcione, nella settimana dell'intervista, nel corso di un convegno internazionale incentrato sulla situazione dei prigionieri politici palestinesi nelle carceri israeliane, nella prima riunione di questo genere organizzata dalle Nazioni Unite.


 


                                

Fabrizia Falcione: "E una brutta situazione quella sofferta dalle donne e bambini palestinesi nei centri di detenzione israeliani. In termini numerici,le palestinesi prigioniere  politiche  e detenute nelle carceri israeliane sono meno rispetto alle centinaia di migliaia di palestinesi maschi prigionieri politici. Tuttavia, la loro situazione come recluse è peggiore di quella degli uomini. "
"La situazione, la condizione e le violazioni che le donne affrontano carceri israeliane debba essere affrontata da una prospettiva di genere. Attualmente il numero di donne detenute è molto meno rispetto a prima, ma le donne e le ragazze continuano ad essere arrestate, i loro bisogni particolari continuano a essere trascurati e  i loro diritti violati".

"Tra i problemi fisici e psicologici affrontati dalle donne detenute - ha dichiarato la funzionaria dell'Onu -  vi sono  la negligenza medica e la mancanza di servizi medici specializzati nella prevenzione e nel trattamento delle malattie delle donne. Attualmente le prigioniere sono detenute principalmente in due carceri israeliani, a Hasharon e Damon, che si trovano al di fuori dei territori occupati (Cisgiordania e Striscia di Gaza) in violazione dell'articolo 76 della Quarta Convenzione di Ginevra.

"Ex prigioniere palestinesi di entrambe le carceri e parenti delle donne attualmente in carcere dicono che le celle sono infestate dagli insetti, in particolare scarafaggi e roditori.Un ex detenuta rilasciato all'inizio di quest'anno, ha detto: 'E' difficile descrivere la cella, non posso. E' come una tomba sotterranea ... Ci sono così tanti insetti nella cella, le coperte che coprono i materassi sono umide ed emanano un odore terribile.Le acque di scarico straripano. Riuscivo a malapena a fare le mie abluzioni per pregare. '
Al di là della salute in generale,non c'è supporto ginecologico. Le donne necessitano di cure mediche regolarmente, che è il loro diritto durante il parto,come riconosciuto dalla CEDAW [Comitato per l'eliminazione della discriminazione contro le donne]. La stragrande maggioranza delle donne prigioniere politiche palestinesi nelle carceri israeliane soffrono di vari problemi di salute. "


- E 'vero che le donne incinte sono incatenate durante il travaglio?

- E 'vero. Le donne incinte sono incatenate durante il parto e anche dopo. Vi è una totale mancanza di cure mediche, in particolare durante il parto. Le donne si lamentano che i bambini nati qui sono presi dopo due anni. Nelle carceri israeliane, i diritti delle donne detenute palestinesi sono riconosciuti, ma non rispettati.

"Le donne portano il peso delle violazioni dei loro diritti culturali e religiosi.Una ex prigioniera ha detto: " Mi hanno tolto il jilbab e mi hanno dato l'uniforme marrone  delle detenute a manica corta. Avevo chiesto una camicia a manica lunga da indossare sotto la divisa. Ma si sono rfiutati. Mi hanno trasferita in celle tra guardie  di sesso maschile con una uniforme a maniche corte... ciò che mi ha fatto male sono stati gli insulti scagliati contro di me".
"La privacy delle donne è violata e le guardie -maschi entrano nelle celle senza nessuna considerazione per le norme religiose. I prigionieri vengono contati quattro volte al giorno, anche la mattina presto e vengono inflitte punizioni se le donne dormono o non rispondono immediatamente.
L'aspetto più preoccupante è la violazione dei diritti di visita familiare. Le visite dei parenti ai prigionieri sono permesse, in teoria, due volte al mese, ma sono drasticamente diminuite in ragione del fatto che le carceri sono al di fuori del territorio palestinese occupato.

" Una visita di andata e ritorno significa un viaggio di 10 ore, non solo a causa della distanza geografica, ma anche per i controlli al movimento dei palestinesi in Israele. Se le famiglie sono in grado di fare il viaggio, è consentita  una visita di a 30 minuti, parlando attraverso una divisione vetro spesso che impedisce qualsiasi contatto fisico, anche tra madre e figlio. Questo influenza il benessere, non solamente della madre, ma anche dei bambini.La rottura delle relazioni familiari e sociali risulta grave per lo stato psicologico delle donne.

"- Qual è esattamente il reato di queste donne?
"- Molte donne sono in carcere senza processo per l'appartenenza ad organizzazioni vietate da parte di Israele, con il pretesto di proteggere la sicurezza nazionale dello Stato. Nella prigione di Neve Terza,le prigioniere politiche palestinesi rimangono in custodia cautelare in attesa di un processo, nella sezione femminile assegnata a persone che hanno commesso reati penali, in violazione dell'articolo 85 delle minime regole delle Nazioni di trattamento dei prigionieri, che enuncia: " Gli accusati devono tenersi separati dai prigionieri condannati".  
"Ciò permette che i prigionieri israeliani minaccino ed umilino le donne palestinesi mediante abusi verbali e fisici. Alle prigioniere e detenuti palestinesi è fatto impedimento di usare nelle strutture penitenziarie oggetti come penne, materiale di lettura e di svago".




  





Cubadebate


(traduzione di Lia Di Peri)






     






giovedì 29 novembre 2012

DE-scrivere il patriarcato: il mito della passività


La tematica della violenza contro le donne, che si tratti di stupro o di femminicidio, contiene in sé stessa il concetto di “vittima/carnefice”. Binomio classico dal punto di vista psicologico: dove c’è vittima c’è carnefice, e dove c’è carnefice, c’è vittima. Il gioco delle parti è conosciuto e chiaro. La povera, debole, indifesa donna che soccombe di fronte alla cieca violenza del carnefice, impersonificato da colui che avrebbe dovuto “difenderla” e “accudirla”.

Cerchiamo di analizzare questo rapporto, dal punto di vista psicologico, per capirne le implicazioni, e per tentare di trarne indicazioni utili al suo superamento.


La donna, nella società patriarcale, è vittima designata. Non ha diritti, perché non ha autonomia. Non ha autonomia, perché non possiede indipendenza economica e psicologica. Madre e moglie, questo deve essere, e SOLO in nome di questo, può, eventualmente, richiedere il rispetto. E, al massimo, può chiedere di essere “accudita”, “difesa”. Come persona non se ne parla, infatti la società patriarcale non prevede per la donna lo status di “persona”, al massimo di madre, rispettabile come tale, e moglie, un po’ meno rispettabile, poi c’è sempre l’alternativa della “puttana” ossia di quella che non è né madre né moglie, quella non ha diritto al rispetto.

Proviamo a ribaltare il concetto: la donna ha diritto al rispetto in quanto PERSONA,  persona con una sua propria individualità, un suo progetto di vita, una realtà personale che richiede il rispetto a prescindere. 

Questo fa paura. Il patriarcato non l’accetta, la donna non è persona, è moglie, e deve essere rispettata in quanto tale, è madre, e deve essere rispettata in quanto tale, ma non è PERSONA e in quanto tale non deve essere rispettata, per cui, se una donna non rispetta il suo ruolo, e pretende di essere persona, può, anzi deve essere violata, violentata, picchiata, uccisa
.
La donna non è passiva, è soggetto attivo della propria vita e della società. La donna non è specie protetta come i panda del wwf.

La donna è persona, è soggetto sociale e politico, e la violenza contro di lei è VIOLENZA POLITICA contro la sua individualità di persona.
Il patriarcato ha la capacità di inglobare e vanificare, attraverso la mistificazione, ogni legittima aspirazione delle donne. La donna come vittima, e l’autoidentificazione delle donne stesse come vittime, fa il gioco del patriarcato.
Siamo noi stesse a doverci allontanare dal concetto di noi stesse come vittime, come “anello debole” della società, e a reclamare il rispetto che ci è dovuto come persone.

Porre l'accento sul concetto di persona e non di vittima, consente di smascherare ed impedire tutte quelle politiche securitarie, sessiste e razziste, poste in essere in questi anni, dagli enti ed organismi statali (ronde, bus rosa, ecc..). 
Politiche pubbliche che, ancora una volta, delegittimano e squalificano le donne, le rinchiudono nel cerchio vizioso di esseri vulnerabili, di fatto, continuando a inferiorizzarle, discriminarle a svalutarle come soggetti e come cittadine. Inoltre, la violenza fisica, il femminicidio sono le forme più estreme della violenza di genere che subiscono le donne in casa, sul lavoro, in tutti gli ambiti e settori della loro vita quotidiana. La struttura patriarcale e capitalista con le sue politiche dei tagli alle risorse, privatizzazioni dei servizi pubblici, flessibilità del mercato del lavoro, leggi razziste sull'immigrazione, intensifica la marginalizzazione delle donne creando e/o mantenendo una dipendenza economica e sociale, impedendo di liberarsi da situazioni di grave conflittualità relazionale. Essere riconosciute persone ci fa soggetti di diritti e non esseri vulnerabili, bisognose di tutori. Per questo contro il binomio carnefice-vittima diciamo basta ad un sistema che si fonda sulla diseguaglianza, sulla discriminazione, sullo sfruttamento; diciamo basta ad un maschilismo protezionista, che perpetua la violenza contro le donne, che sostenta le strutture sociali androcentriche. 
Noi donne non vogliamo più sbarre protettive che servono per il controllo dei nostri corpi e per il dominio patriarcale-capitalista.

La violenza contro la donna nasce dalla paura della liberazione della donna.

Ma è dalla liberazione dal bisogno, dai mandati e privilegi patriarcali, dall'amore per noi stesse, che possiamo porre fine alle discriminazioni, alla violenza e all'odio di genere.
Il dualismo “vittima – carnefice” è un rapporto a doppia via: la vittima si fa vittima e lascia spazio al carnefice, il carnefice approfitta e accontenta la vittima. Basta con questa mistificazione.
Il rapporto vittima carnefice si basa sul senso di colpa della vittima, che, se è vittima, in fondo è colpa sua.
Già, perché la “vittima” è tale in quanto non accetta il suo destino, perché cerca di autodeterminare la sua vita, perché rifiuta, perché dice NO.
Non è certo un caso che la stragrande maggioranza dei femminicidi avvenga nella coppia, e che la violenza venga scatenata dal rifiuto della donna di continuare la relazione. La donna che fa una scelta di indipendenza, che rifiuta la “protezione”, che si ribella al possesso, deve pagare con la vita.
E’ la liberazione che fa scatenare la bestiale reazione del patriarcato,  che non permette deroghe alla sua sopraffazione.
Ma è il ricatto psicologico alla base di tutto, ed esso comincia molto prima che si consumi la violenza vera e propria. Comincia con l’idea che la donna, in nome di un “amore” che assomiglia più al bisogno che alla libertà, debba “sacrificarsi” per “meritare” tale “amore”.
L’”angelo del focolare” subisce ed è grata dell’attenzione dell’uomo, che attraverso tale attenzione le conferisce dignità.
Lo stereotipo della “zitella” è il più chiaro di questi meccanismi. La zitella è colei che non si è “meritata” l’attenzione e la “protezione” di un uomo!
Ma questa “protezione” non è scontata, si può perdere in qualsiasi momento, basta dar segni di insofferenza e manifestare il desiderio di camminare da sola. La protezione-gabbia, diventa violenza cieca.

La “vittima” designata ha paura. 
Paura di perdere l’”amore” dell’uomo, paura di perdere lo status che le conferisce rispetto. Paura del mondo esterno che è vissuto come estraneo e sconosciuto, non alla sua portata.
Scrive l'antropologa, Paola Tabet:
Lo statuto e il valore più o meno coincidono nel trattamento che ne fanno le società. Un rapporto di potere? Se una persona – o meglio una classe intera di persone – non ha diritto alla propria sessualità, se fin dalla nascita è destinata a entrare in un rapporto dove dipenderà da un’altra persona e in cambio del mantenimento e di una posizione di legittimità sociale dovrà dare servizi sessuali, domestici e riproduttivi, quando questa persona per di più entrerà in questo rapporto in maniera non contrattuale, ossia per essere chiari, quando questi servizi non sono oggetto di un contratto che ne definisca la misura – essi dunque non sono assolutamente quantificati – quando per di più vi è, e vi è stato in passato, la possibilità, spesso messa in atto, di costringere per mezzo della violenza questa persona a dare questi servizi, penso si possa parlare senza alcuna esitazione di un rapporto di potere. Ma il rapporto di potere è alla base dell’intera organizzazione della società. E il rapporto di potere vale anche per le forme non legittime, anche se queste si possono manifestare come forme di resistenza.
Per il momento dobbiamo constatare che il servizio sessuale delle donne per gli uomini è un fatto ovvio e indiscutibile. ( "Rapporti sociali tra i sessi e rapporti di potere" - Paola Tabet, Libera Università delle donne)

BASTA
La violenza contro le donne nasce dalla paura. NOI NON ABBIAMO PAURA.
Noi vogliamo ribaltare il rapporto patriarcale, e dire a gran voce: NON ABBIAMO BISOGNO DI VOI!!!!!!!
Solo dalla liberazione dal bisogno, dalla scelta di liberazione, dalla consapevolezza della propria individualità e dall’AMORE per NOI STESSE, nasce la rivoluzione.
Il senso di colpa, cattolico, clericale e patriarcale, ci vuole eterne vittime, bisognose di aiuto. NO GRAZIE!!!!!!!

NON ABBIAMO BISOGNO DI AIUTO, ma di rispetto, lo esigiamo, lo pretendiamo, ce lo prenderemo comunque, che vi piaccia o no.

domenica 25 novembre 2012

La violenza di genere e l'amore romantico

Coral Herrera Gómez spiega perché  il romanticismo è il meccanismo culturale più potente per perpetuare il patriarcato

Coral Herrera Gómez


L'amore romantico è lo strumento più potente per controllare e soggiogare le donne, soprattutto nei paesi in cui sono cittadine a pieno titolo e dove non sono legalmente di proprietà di nessuno.

Molti sanno che combinare la gentilezza con l'abuso nei confronti di una donna serve a distruggere la sua autostima ed a provocare la sua dipendenza, quindi utilizzano il binomio abuso- affetto per farle innamorare perdutamente, così da poterle dominare.

Un esempio di ciò è Kaliman, un magnaccia messicano che spiega come riesce a far prostituire le sue donne: sceglie le più povere e bisognose, preferibilmente quelle che desiderano uscire dall'inferno domestico nel quale vivono o quelle che hanno un urgente bisogno d'amore, perché sono socialmente isolate. I magnaccia seguono la sua guida alla perfezione: prima le colmano di attenzioni e regali per due mesi,facendo credere che sono la donna della sua vita e che avrà sempre denaro disponibile e soddisfare i suoi bisogni e capricci. Poi,la mette in un bordello perché " le facciano terapia " le ragazze; se si rifiuta, calci, se si arrabbia, meglio lasciare che le passi. Mai chiederle scusa. E' necessario che soffra fino a quando il suo orgoglio si sgretoli e,inginocchiandosi, accetti la sconfitta.
Il macho deve mantenersi fermo, mostrare il suo disprezzo,andar via nei momenti di estrema rabbia e non avere pietà per le lacrime di sua moglie. Questa tecnica gli garantisce che esse cedano ai suoi desideri e lavorino per lui in strada o nei postriboli; la maggior parte di esse non ha dove andare e li seguono, una volta provato il lusso, non vogliono ritornare alla povertà.

Questo racconto dell'orrore è molto comune nel mondo. Non solamente protettori e sfruttatori, ma anche molti mariti e fidanzati trattano le donne come vacche selvagge da addomesticare, affinché siano fedeli, sottomesse e obbedienti. Molti continuano a credere che le donne nascono per servire o per amare gli uomini. Ed anche molte donne continuano a crederlo.

"Per amore", noi donne ci aggrappiamo a maltrattamenti,abusi e sfruttamento.
"Per amore" ci uniamo a tipi orrendi che all'inizio sembrano principi azzurri, ma poi ci truffano, si approfittano di noi o vivono a nostre spese. "Per amore" sopportiamo insulti, violenza,disprezzo. Siamo in grado di umiliarci "per amore", mentre dimostriamo la nostra intensa capacità di amare.
"Per amore, ci sacrifichiamo,ci annulliamo,perdiamo la nostra libertà, perdiamo i nostri contatti sociali ed affettivi.
"Per amore" abbandoniamo i nostri sogni ed obiettivi; "per amore" rivaleggiamo con altre donne e ci inimichiamo per sempre; " per amore" abbandoniamo tutto...

Questo "amore" quando ci lega, ci rende vere donne, ci nobilita, ci fa sentire pure,dà senso alla nostra vita,ci dà uno status, ci eleva al di sopra dei mortali.
Questo "amore" non è solo amore: è anche la salvezza. Le principesse delle favole non lavorano : sono mantenute dal principe. Nella nostra società, che ti amino è sinonimo di successo sociale: che un uomo ti scelga, ti dia valore, ti renda madre, ti faccia signora.


Questo "amore" ci intrappola in assurde contraddizioni" dovrei lasciarlo, però non posso perché lo amo/perché col tempo cambierà/perché è quello che è".
E' un "amore" basato sulla conquista e seduzione e in una serie di miti che ci schiavizzano,come quello " l'amore può tutto" o " una volta che hai incontrato l'anima gemella sarà per sempre".
Questo "amore" promette molto, ma ci riempie di frustrazione, ci incatena ad esseri ai quali diamo potere su di noi, ci sottomette a ruoli tradizionali e ci punisce quando non ci adeguiamo ai canoni stabiliti per noi.

Questo "amore"ci trasforma anche in esseri dipendenti ed egoisti,perché usiamo strategie per ottenere ciò che vogliamo,perché ci viene insegnato che si dà per ricevere e perché ci aspettiamo che l'altro " abbandoni il mondo" così come facciamo noi. E' tanto l'"amore" che sentiamo  che ci trasformiamo in esseri spiacevoli che vomitano giornalmente accuse e rivendicazioni. Se qualcuno non ci ama come amiamo noi, questo "amore" ci rende vittime e ricattatrici ( "io che do tutto per te).

Questo "amore" ci porta agli inferi quando non siamo ricambiate o quando siamo infedeli o quando ci abbandonano: perché quando ce ne rendiamo conto siamo sole  al mondo, lontane da amiche  e amici, parenti o vicini, in attesa di un tizio che crede di avere il diritto di decidere per noi.

Quindi, questo "amore" non è amore. E' dipendenza, bisogno, paura della solitudine, masochismo: è un'utopia collettiva, ma non è amore.

Amiamo in modo patriarcale: il romanticismo patriarcale è un meccanismo culturale per perpetuare il patriarcato molto più potente delle leggi: la diseguaglianza si annidia nei nostri cuori. Amiamo dal concetto di proprietà privata e dalla base di diseguaglianza tra uomini e donne. La nostra cultura idealizzal'amore femminile come amore incondizionato, disinteressato, dedicato, sottomesso e soggiogato. Alle donne si insegna ad aspettare ed amare un uomo con la stessa devozione con cui si ama Dio o aspettiamo Gesù Cristo.

A noi donne ci insegnano ad amare la libertà dell'uomo, non la nostra. Le grandi figure della politica, dell'economia, della scienza e l'arte sono sempre stati uomini. Ammiriamo gli uomini e li amiamo nella misura in cui essi sono potenti; le donne private delle risorse economiche e proprietà hanno bisogno degli uomini per sopravvivere. La diseguaglianza economica di genere ci porta alla dipendenza economica e affettiva. Gli uomini ricchi ci sembrano attraenti perché posseggono denaro ed opportunità e perché ci hanno insegnato da piccole che la salvezza consiste nel trovare un uomo. Non ci hanno insegnato a lottare per l'uguaglianza, perché abbiamo gli stessi diritti,ma ad essere belle e ad avere qualcuno che ci mantenga, ci voglia e ci protegga,anche se ciò significa rimanere senza amicizie, anche se significa unirsi ad un uomo violento,cattivo, egoista o sanguinario.
Un esempio chiaro lo troviamo nei capi mafiosi: hanno tutte le donne che vogliono, tutte le macchine, la droga e la tecnologia che vogliono,hanno tutto il potere di attirare le ragazze sole e senza risorse e opportunità.


Questa disuguaglianza strutturale che esiste tra uomini e donne,si perpetua attraverso la cultura e l'economia. Se potessimo godere delle stesse risorse economiche e potessimo allevare i nostri bambini in comunità, condividendo le risorse,non avremmo relazioni basate sulla necessità; io credo che ameremmo con molta più libertà, senza interessi economici di mezzo. Si ridurebbe drasticamente il numero di adolescenti povere che credono che rimanendo incinte si assicurano l'amore del macho o, quantomeno,un assegno alimentare per venti anni della loro vita.

Agli uomini gli si insegna ad amare dalla diseguaglianza. La prima cosa che imparano è che quando una donna si sposa con te è "tua moglie", qualcosa come è "tuo marito", ma peggio.
I maschi hanno due opzioni: o si lasciano amare dall'alto ( maschi alfa) o si inginocchiano di fronte all'amata in segno di resa ( calabrache). Gli uomini sembramo mantenersi tranquilli mentre sono amati, dato che la tradizione gli insegna che non devono dare troppa importanza all'amore nelle loro vite, né lasciare che le donne invadano tutti i loro spazi,né esprimere in pubblico i loro affetti.


Questo contenimento crolla quando la moglie decide di separarsi e iniziare un percorso da sola. Siccome la nostra cultura vive il divorzio come un trauma,gli strumenti a disposizione degli uomini sono pochi: possono rassegnarsi, deprimersi,autodistruggersi( alcuni si suicidano,altri si aggrovigliano in qualche lotta mortale,o vanno a tutta velocità in direzione contraria)o reagire con violenza contro la donna che dicono di amare.
Così è quando entra in gioco la maledetta questione dell'"onore",l'esempio massimo della doppia morale. Per gli uomini tradizionalisti, la virilità e l'orgoglio sono al di sopra qualsiasi obiettivo: si può vivere senza amore, ma non senza onore.
Milioni di donne muoiono ogni giorno per "crimini d'onore", per mano dei loro mariti, padri, fratelli, amanti o per suicidio ( costrette dalle stesse famiglie).
I motivi: parlare con un altro uomo,essere violentata o volere divorziare. Una sola voce può uccidere qualsiasi donna. Queste donne non possono intraprendere una vita propria fuori dalla comunità: non hanno soldi, né diritti, non sono libere, né possono lavorare fuori casa. Non c'è modo di fuggire.

Le donne che si godono i diritti,tuttavia, rimangono intrappolate nelle loro relazioni matrimoniali o sentimentali. Donne povere ed analfabete, donne ricche e colte: la dipendenza emotiva femminile non distingue tra classi sociali,etnie, religioni,età od orientamento sessuale. Sono tante  in tutto il pianeta, le donne che si sottomettono alla tirannia della " sopportazione per amore".

L'amore romantico è in questo senso, uno strumento di controllo sociale ed anche un anestetico. Lo vendono come un'utopia raggiungibile, ma mentre ci incamminiamo verso di lui,cercando la relazione perfetta che ci renda felici, scopriamo che il modo migliore  per relazionarsi è perdere la propria libertà e rinunciare a tutto,al fine di garantire l'armonia coniugale .

In questa presunta armonia, gli uomini tradizionalisti vogliono donne tranquille che li amino senza perdere nulla ( o molto poco).  Le donne,quanto più sentono deteriorata la loro autostima, più si vittimizzano  e più dipendono. Di conseguenza,per la maggior parte è difficile comprendere che il vero amore non ha nulla da spartire con la sottomissione,con il sacrificio, con la sopportazione.
La coppia è il pilastro fondamentale della nostra società. Per questo,il mondo finanziario, la Chiesa, le banche, penalizzano i/le single e promuovono il matrimonio eterosessuale; quando l'amore finisce o si rompe,lo viviamo come un fallimento e come un trauma. Ci disperiamo completamente: non sappiamo separare le nostre strade,non sappiamo trattare  chi vuole allontanarsi da noi o ha incontrato un'altra/tro. Non sappiamo come gestire le emozioni: per questo è tanto frequente il crocevia di minacce, insulti rimproveri,accuse e vendette tra i coniugi.

Così che molte donne sono punite, maltrattate e uccise quando decidono di separarsi e re-iniziare la loro vita. Il numero degli uomini che non possegono gli strumenti per affrontare una separazione è molto più grande: da bambini imparano che devono essere loro i Re e che i conflitti si risolvono con la violenza. Se non lo imparano in casa,lo imparano attraverso la televisione : i loro eroi si fanno giustizia con la violenza, imponendo la loro autorità.I loro eroi non piangono, a meno che non raggiungono il loro obiettivo (come vincere una coppa di calcio o sterminare gli androidi).

Ciò che ci insegnano nei film, racconti, romanzi, serie televisive è che le ragazze degli eroi li aspettano con pazienza,li adorano, se ne prendono cura e sono disponibili a consegnarsi all'amore, quando quelli avranno tempo. Le ragazze della pubblicità offrono i loro corpi come merce; le brave ragazze dei film offrono il loro amore come premio per il coraggio maschile. Le brave ragazze non abbandonano iloro sposi. Le cattive ragazze che si credono le padrone dei loro corpi e sessualità, che si credono padrone delle loro vite o che si ribellano,ricevono sempre il giusto castigo ( carcere, malattie, ostracismo sociale o la morte).
Le cattive ragazze non vengono odiate solo dagli uomini, ma anche dalle brave donne,perché destabilizzano l'ordine "armonioso"delle cose,quando prendono decisioni e rompono i lacci.
I mezzi di comunicazione ci presentano spesso i casi di violenza contro le donne, come crimini passionali e giustificano le uccisioni o la tortura con espressioni di questo tipo: " non era una persona molto normale", "era ubriaco" " lei stava con un altro" " egli quando l'ha saputo è andato fuori di testa" se l'ha uccisa sarà stato perché " qualcosa aveva fatto". La colpa, quindi, ricade su di lei, mentre la vittima è lui. Lei ha sbagliato e merita di essere punita, egli ha il diritto di vendicarsi per calmare il suo dolore e ricostruire il suo orgoglio.


La violenza è un elemento strutturale delle nostre società diseguali, pe cui è necessario che l'amore non si confonda con il possesso, così come la guerra con gli "aiuti umanitari".In un mondo in cui si usa la forza per imporre mandati e controllare le persone, dove si esalta la vendetta come meccanismo per la gestione del dolore, dove si utilizza la punizione per correggere le deviazioni e la pena di morte per confortare gli addolorati è sempre più necessario che impariamo a volerci bene.

E' fondamentale capire che l'amore si deve basare sul 'buon trattamento'e l'uguaglianza. Ma non soltanto verso il coniuge,ma nei confronti dell'intera società. E' essenziale stabilire relazioni egualitarie, nelle quali le differenze servano ad arricchirci reciprocamente, non per sottomettere gli uni agli altri. E' fondamentale anche potenziare le donne per non vivere assoggettate all'amore, così come è essenziale insegnare agli uomini a gestire le proprie emozioni, perché possano controllare la loro ira,la loro impotenza,la loro rabbia,la loro paura e perché capiscano che le donne non sono oggetti di proprietà, ma compagne di vita.
Inoltre, dobbiamo proteggere i/le bambin* che soffrono  in casa, la violenza machista, perché devono sopportare l'umiliazione e le lacrime della loro eroina, la mamma, perché devono sopportare le urla,le botte e la paura, perché vivono nel terrore, perché si fanno orfani,perché il loro mondo è un inferno.
E' urgente porre fine al terrorismo machista: in Spagna ha ucciso più persone che il terrorismo dell'ETA. Tuttavia,la gente si indigna più per il secondo, scende in strada per protestare contro la violenza,per la cura delle vittime. Il terrorismo di genere si considera invece una questione personale, che colpisce alcune donne, per questo molta gente che sente le grida di aiuto non reagisce,non denuncia,non interviene.
Guardando le cifre ci rendiamo conto che il personale è politico ed economico: la crisi accentua il terrore, perché molte non possono impiantare la separazione e il divorzio è per le coppie che possono permetterselo economicamente. Una prova di ciò è che adesso si denunciano meno casi e spesso le donne si tirano indietro; con le tasse giudiziali approvate in Spagna, le donne più umili non si separano né denunciano: appellarsi alla giustizia è un fatto da ricche.

E' urgente lavorare sugli uomini (prevenzione e trattamento) e proteggere le donne e i/le suoi figli e figlie. Bisogna emancipare le donne, ma dobbiamo lavorare anche con gli uomini, altrimenti la lotta sarà vana. E' necessario promuovere politiche pubbliche che abbiano una prospettiva di genere completa ed è necessario che i media contribuiscano a generare un rifiuto nei confronti di questa forma di terrorismo installato in tutte le case del mondo.
E' necessario un cambiamento sociale e culturale, economico e sentimentale. L'amore non può basarsi sulla proprietà privata e la violenza non può essere uno strumento per risolvere i problemi. Le leggi contro la violenza di genere sono molto importanti,ma devono essere accompagnate da un cambiamento nelle nostre strutture emotive e sentimentali. Perché ciò sia possibile dobbiamo cambiare la nostra cultura e promuovere altri modelli amorosi che non si basino sulle lotte di potere per dominarci o sottometterci. Altri modelli femminili e maschili che non si fondano sulla fragilità delle une e sulla brutalità degli altri.
Dobbiamo imparare a rompere con i miti, a sbarazzarci dei mandati di genere,a dialogare,a godere della gente che ci accompagna nel cammino, a unirci e separarci in libertà, a trattarci con rispetto e tenerezza, ad assorbire le perdite e costruire buone relazioni. Dobbiamo rompere i cerchi del dolore che ereditiamo e riproduciamo inconsciamente e dobbiamo liberare le donne e gli uomini e coloro  che non sono né l'una né l'altro, dal peso delle gerarchie, della tirannia dei ruoli e dalla violenza.
Dobbiamo lavorare molto perché l'amore si espanda e l'uguaglianza una realtà, ma al di là dei discorsi.
Perciò questo testo è dedicato a tutte le donne e gli uomini che lottano contro la violenza di genere in tutte le parti del mondo: gruppi di donne contra la violenza, gruppi di auto-riflessione maschile, autore /autori che indagano e scrivono su questo fenomeno, artiste che lavorano per visibilizzare questa piaga sociale, politiche/tici che lavorano per promuovere l'uguaglianza, attiviste che scendono in strada a condannare la violenza, maestre/professor* che svolgono un lavoro di sensibilizzazione nelle loro aule,ciber-femministe che raccolgono firme per visibilizzare i femminicidi e promuovere leggi, i/le leader che lavorano nelle comunità per eliminare l'abuso e la discriminazione delle donne.
Il modo migliore per combattere la violenza è porre fine alla diseguaglianza e al machismo: analizzando, visibilizzando, decostruendo,denunciando e apprendendo insieme.

Pikara magazine

(traduzione di Lia Di Peri)

lunedì 12 novembre 2012

Eliminare la misoginia

A Lima (Perù), gli attacchi contro la sindaca Susana Villarán, offrono lo spunto per una riflessione sull'odio di genere.

di  Rosa Montalvo Reinoso


Negli ultimi tempi siamo stati testimoni del trattamento di alcuni mass-media dei casi in cui erano implicate donne,come ad esempio, quello di Rosario Ponce alla quale sembra non sia stato perdonato di essere sopravvissuta in condizioni talmente dure nelle quali invece è morto il fidanzato. Se l'uomo è morto, come mai lei più"debole" vive, sembra essere la domanda che sta dietro la persecuzione di questa ragazza, che non solo ha rotto gli stereotipi di genere, rimanendo in vita, ma in più, affronta in modo altezzoso e quasi insolente gli assalti della procura, del padre del ragazzo, della gente influenzata dall'incalzare dei Media, da più di un anno e che fa del padre del ragazzo un eroe instancabile e in cerca di giustizia. Recentemente la magistrata María del Rosario Lozada, che secondo le dichiarazioni di Rosario, avrebbe detto che cercherà Ciro, (1)come se fosse suo figlio e con  questa agitazione le attività investigative sarebbero andate in direzione favorevoli al padre,ha aperto una nuova inchiesta, riportando il caso nei Media, da dove non era uscito del tutto.

L'ha uccisa perché aveva invidia del pene, come appare scritto nella sentenza per Abencia Meza, condannata a 30 anni di prigione con l'accusa di aver ucciso la sua compagna,reato che non è stato provato in tutti i suoi aspetti." Si stabilisce un primo movente passionale e si parla di una teoria molto discussa di Sigmund Freud: l'invidia del pene. Si presume che Abencia va in collera e decide di uccidere Alicia Delgado perché ha una relazione con un arpista  (Miguel Salas), perché possiede ciò che lei non ha ( un pene), per questo decide di ucciderla, (2) ha commentato l'avvocato della cantante in uno show televisivo, lasciandoci perplessi davanti a questa affermazione della perizia psicologica,eseguita da professionisti che sembrano vivere in epoca vittoriana.


A trent'anni di prigione è' stata condannata anche Eva Bracamonte per la morte della madre, senza che si sia potuto provare esattamente che aveva commesso il reato. Anche in questo caso, la giudice Carmen Choquehuanca aveva chiesto una perizia psicologica e psichiatrica per determinare il suo comportamento sessuale e se era predisposta a commettere crimini. Lesbofobia, manifestata nei comportamenti di coloro che sono stati incaricati della gestione della giustizia in alcuni casi, una chiara evidenza di misoginia in altri,come  nel caso di Rosario Ponce.

La misoginia, questa espressione di odio per le donne, che le considera inferiori,incapaci, anormali, incomplete, mostruose,sorelle di Pandora e prima ancora delle orripilanti Arpie, è una delle espressioni dell'ideologia patriarcale che nutre la nostra società e che si esprime su molti fronti, quasi senza che si noti,si metta in discussione, si rilevi. La misoginia non è esclusiva degli uomini, ma anche di molte donne. Rimproveri come quelli del congressista  Kenji Fujimori al Presidente fanno il giro e generano risate tra il pubblico: " Assuma la leadership e parli con voce più chiara e maschile"  gli disse in uno dei suoi discorsi al Congresso, sottolineando la visione che ha del femminile, senza autorità per il fatto di essere donna,essendo quindi necessario che si alzi la voce dell'uomo per far valere l'ordine stabilito.

L'ordine di genere è così radicato nella nostra mentalità che è molto difficile sottrarsi alla costruzione del femminile come inferiore e svalutato, perpetuando un ordine gerarchico,ingiusto, pagabile solo con la sofferenza, la violenza, mantenendo la sottomissione e bruciando le donne che mangiano la mela, in nuovi e moderni falò, immagini che fomentano il così vecchio,ma tanto vivo patriarcato.

La misoginia è quella che è dietro la ferrea opposizione all'approvazione del protocollo dell'aborto terapeutico,legale dal 1924 e che secondo il Piano per la Parità di Genere 2012-2017, viene lasciato in sospeso fino al 2017, perché incontra resistenza in diversi settori,la maggior parte dominati dagli uomini, che si arrogano le prerogative di controllare i nostri corpi,come se si trattassero dei loro territori. Misoginia è anche aspettarsi che le donne siano sottomesse, devote, riproduttrici fedeli della specie,assoggettate al potere maschile,schiave devote, figlie di Maria.


Per questo, quando una donna esce fuori dalla norma, cioè quando protesta, vuole rompere con una relazione violenta o partecipa a spazi considerati maschili è esposta a diverse forme di violenza, che vanno dalle aggressioni fino al femminicidio. Così abbiamo che,nel paese,secondo quanto denunciato da differenti organizzazioni di donne, due su cinque donne politiche  sono vittime di molestia e violenza politica. Il Centro della Donna Flora Tristán ha rilevato venti casi di aggressione a donne politiche a livello nazionale. Tra queste, l'assessora Ruth Paz,colpita dal sindaco Guido Ayerbe della provincia di  Cotabambas in Apurimac (3) o  Edita Laguna Zerpa,assessora di San Marcos aggredita da un gruppo di coloni alleati del sindaco congedato negli stessi uffici del Comune.(4)


Questa forma di espressione della violenza di genere,non si manifesta solo fisicamente ma forme più sottili, come obbligare ad esempio le consigliere a pulire i bagni o servire uno spuntino,perché queste sono funzioni da donna, insultarle per abbassare l'autostima, viene denominato molestia politica, che è definita nella legge boliviana come lo "atto o un insieme di atti di pressione,persecuzioni, molestie o minacce, commessi da una persona o gruppo di persone, direttamente o tramite terzi,contro le donne candidate, elette, nominate o nell'esercizio della funzione  pubblica-politica o contro le loro famiglie, al fine di ridurre, sospendere, limitare od ostacolare le funzioni del suo ufficio, di indurla o costringerla a eseguire, contro la loro volontà, un atto o un'omissione nell'esercizio sue funzioni o nell'esercizio dei suoi diritti. "(5)

Negli ultimi avvenimenti a Lima alla richiesta di revoca della sindaca,abbiamo visto gli insulti che le sono stati rivolti, chiaro indizio di misoginia collettiva, che ha la sua massima espressione in un gruppo di Facebook " Anch'io firmo per Q S Largue La Vieja Puta De Susana Villaran”,che per fortuna non ha molti seguaci, però ci serve per tracciare come nel caso delle donne la squalificazione che subiscono non riguarda le loro azioni nella gestione politica, ma le si accusa di essere qualcosa che nella società viene considerato abietto, che si riferisce non solo al sesso per denaro, ma alla mala-femminina. Questa espressione accompagnata in più da "vecchia", termine più usato nella rete dagli anoninmi oppositori, configura immagini che ci riportano a ciò che è indesiderabile socialmente, perché il disprezzo che circonda attualmente le persone anziane è in aumento. Si noti che il termine puttana, come espressione carica di misoginia è quella più comunemente usata contro le donne in politica o se escono fuori dal modello di genere o rivendicano i loro diritti. Sandra Fluke,una studente di Washington fu chiamata puttana dall'annunciatore radiofonico ultraconservatore Rush Limbaugh perché rivendicava la copertura sanitaria per la pillola del giorno dopo.
" E' per te, è per te, Cristina puttana, la puttana che ti ha partorito!" gridavano alla presidente argentina in una manifestazione. Puttana è chiamata anche Hilary Clinton in Rete, come anche Michele Bachelet ed ho l'impressione che nessuna donna politica si salvi da questa s-qualifica.

Nel caso della sindaca Susana Villarán sin dall'inizio del suo mandato è stato oggetto di espressioni misogine e di molestia politica da parte di un gruppo di oppositori che vogliono impedire che il suo governo dimostri ciò che le donne possono fare quando c'è impegno ed onestà. Ovviamente non si tratta di fronte alle donne di nascondere le eventuali incapacità, ma di analizzare come, in questo caso gli attacchi alla sindaca, che hanno raggiunto il culmine con la richiesta di revoca sono parte di un piano di destabilizzazione, che risponde  ad interessi politici ed economici,siano l'espressione della squalifica permanente, l'intenzione di minare il suo potere di decisione, di evitare che possa conquistare spazio politico in futuro e con essa altre donne che vorranno partecipare all'azione politica. Pertanto, questo processo di revoca a Lima non è solo una possibilità di combattere per sconfiggere gli interessi economici e politici, che stanno dietro alla richiesta di revoca del mandato,ma anche a sostenere l'eliminazione della misoginia individuale e collettiva che impera nel paese, nei mass-media,nelle reti sociali, nelle aule giudiziarie, nella Chiesa e nelle nostre case.

Note:
1) http://it.wikinoticia.com/lifestyle/socio-critica/98080-peru-la-morte-di-uno-studente-nelle-ande-divide-media-e-social-network


2)   L'avvocato di Abencia Meza: "Accusano la mia cliente con la teoria dell'invidia del pene" http://peru.com/entretenimiento/tv/abogado-abencia-meza-acusan-mi-client...

3) .http://grupoiniciativaanticorrupcionilo.blogspot.com/2012/02/regidora-fu...


4) http://www.primerapaginaperu.com/article/ancash/6804/1/print/

5) Legge contro la molestia politica alle donne, Assemblea Legislativa Plurinazionale
http://constituyentesoberana.org/3/leyesdecretos/042012/190412_1.pdf



La Ciudad de las Diosas

(traduzione di Lia Di Peri)


sabato 10 novembre 2012

25 Novembre: Campagna contro la Violenza sulle donne su Facebook

Campagna: "Mai più violenza contro le donne" su  Facebook.

L'organizzazione 'Estudios de Género en América Latina' è stata testimone dell'epidemia di violenza contro le donne che si produce quotidianamente su facebook : battute che discriminano le donne, che giustificano gli attacchi alla loro integrità fisica, alla loro dignità, alla loro salute mentale, ai loro diritti sessuali e riproduttivi compreso il rischio per la loro vita. Se iil social network è la rappresentazione stessa della nostra vita quotidiana dei nostri paesi, lo è anche perciò che nel mondo sta accadendo in direzione dell' eliminazione del la violenza contro le donne, chiamando i mezzi di comunicazione ad assumersi l'obbligo sociale e politico di fronte a questa sfida.
Per questo l'Associazione Estudios de Género en América Latina' ha deciso di lanciare in vista del 25 novembre, Giornata Internazionale per l'Eliminazione della Violenza contro le Donne, la Campagna " Mai più violenza contro le donne" su Facebook, il social network più importante del mondo, che ha attualmente una quantità enorme di utenti, soprattutto giovani in età scolare.
... Chiediamo a Facebook di implementare misure di protezione virtuali contro le molestie alle donne, le violenze sessuali, le naturalizzazioni della violenza contro le donne e qualunque pubblicazione che si proponga di riprodurre, naturalizzare o giustificare queste violenze, così come gli atti stessi di violenza contro le donne in questo social-network. Inoltre, chiediamo a Facebook di includere nelle sue politiche di gestione, l'ottica di genere.

Le organizzazioni e le persone che vogliono aderire alla campagna possono farlo: condividendo l'immagine pubblicata nella pagina dei fans, così come apporre la loro firma su::


http://petition.avaaz.org/es/petition/No_mas_Violencia_Contra_las_Mujeres_en_Facebook

domenica 4 novembre 2012

Una scuola di empowerment?

Dialogo tra Elena Simón e  Marcela Lagarde

 

Marcela Lagarde, antropologa femminista ed Elena Simón, analista di genere e scrittora sono state invitate dalla Federación de Asociaciones por la Igualdad de Género Guadalhorce Equilibra (Malaga, Spagna) per discutere sull'empowerment delle donne e le scuole che servono a questo fine.

 Qui di seguito alcune loro riflessioni.

Marcela Lagarde



L'empowerment secondo Marcela Lagarde è il "processo di trasformazione con cui ogni donna, poco a poco o a passi da gigante, non è più un oggetto della storia, della politica,della cultura, né oggetto degli altri e diventa protagonista, soggetto della sua vita. In altre parole, è un processo attraverso il quale ogni donna si potenzia,si qualifica e sviluppa la consapevolezza di avere diritto ad avere diritti, a fidarsi della propria capacità nel raggiungere gli obiettivi. Questo processo è necessario se si tiene conto della continua perdita di potere delle donne e delle difficoltà che incontrano per sentirsi valorizzate e riconosciute".


Elena Simón: Una scuola di empowerment serve per conseguire quell'influenza che manca alle donne nel mondo, tanto nelle piccole, come nelle grandi cerchie. Detto in modo radicale, per sovvertire il patriarcato, per togliergli terreno sotto i piedi,perché la cultura femminista - che è una cultura di giustizia,di equità, di uguaglianza e di libertà - impregni settori sempre più vasti. Una scuola è utile anche perché,per combattere le discriminazioni abbiamo bisogno sia di potenziamento personale, che collettivo.Non si può farlo in solitudine - nonostante a volte,nelle notti insonni e di disperazione, pensiamo a come combattere domani in modo più forte di ieri. Ciò presuppone un eccessivo logoramento individuale, che le scuole di empowerment alleviano, nel trovare metodi congiunti e permettendo di imparare insieme.

Marcela Lagarde: Una scuola di empowerment ha la funzione di insegnare femminismo e promuovere la partecipazione politica e sociale delle donne. Per questo è necessario che le studentesse acquisiscano una coscienza femminista e che siano più presenti nella vita pubblica locale,nelle associazioni di quartiere, della comunità,sport,cultura e, naturalmente, nei partiti politici.

Elena Simón: Negli ultimi anni abbiamo pensato che fosse  essenziale fare numero o essere presenti,ma abbiamo anche continuamente osservato che molte donne, femministe comprese,sono al potere senza potere, come cinghie di trasmissione degli ideali del partito politico alle quali appartengono o affette dalla sindrome di Victoria Kent che consiste, come sappiamo, nel mettere al centro gli interessi degli altri prima dei nostri. In politica ciò significa che il partito viene prima del femminismo e che gli interessi di chi ci facilita l'accesso a posti di responsabilità sono sacri e vengono per primi. Tutte le donne del mondo, tuttavia,sono immerse nel depotenziamento patriarcale. Ci sono molte donne potenziate a livello personale, ma senza potere a livello collettivo.

Sono del parere  che dovrebbero chiamarsi "scuole femministe di empowerment"  perché, in realtà, sono luoghi dove si insegna e si apprende femminismo e,di conseguenza,si incentivano processi di potenziamento. In più non ci sarebbe nessun dubbio al riguardo: parliamo di dove veniamo,dove siamo, ciò a cui aspiriamo,che vogliamo trasformare il mondo e la nostra vita.

e

Elena Simón

Marcela Lagarde: Penso che sia molto bello per il nostro potenziamento, il famoso "mentoring", cioè questa tutoria diretta tra donne, questo insegnamento reciproco che è quasi un'adozione e mediante il quale due donne sono coinvolte.  In diversi giorni della settimana, una accompagna l'altra nella sua vita privata e nella vita pubblica, va ad uan sua riunione universitaria o lavorativa o politica e impara così, dall'altra. Alla fine si riuniscono tutte quelle che hanno fatto questa esperienza e la narrano pubblicamente.
Il mentoring è fondamentale anche per rompere le barriere generazionali, di etnia o nei casi di disabilità.

 Pikara Magazine.

(traduzione di Lia Di Peri)

domenica 28 ottobre 2012

Il Marocco protegge l'Europa dai migranti. Rompendogli ginocchia e caviglie.



Dopo aver tentato senza successo di saltare la recinzione di Melilla diversi migranti, con ferite fresche hanno denunciato che la polizia marocchina ha cercato di rompere loro le ginocchia e le caviglie per " togliergli la voglia di saltare" il muro metallico che separa l'Europa dall'Africa al confine mellilese con il Marocco.

"Hanno sempre colpito,però adesso vogliono romperci le gambe". "Ci picchiano, ci picchiano e ci picchiano.Non parlano,non ti guardano negli occhi, ti colpiscono solamente"  - grida un giovane liberiano  a cui  hanno rotto un dito della mano destra e causato gravi lesioni ad un ginocchio.



 Alba nella frontiera Sud: è  venerdì 26 ottobre, tutto sembra tranquillo. Si distinguono solo due suoni se rimaniamo in silenzio: la chiamata alla preghiera mussulmana del mattino e quello dell'elicottero della Guardia Civile, che sorvola i coseddetti " punti caldi"vicino alla recinzione che separa il Marocco dall'Europa.
Oggi è la Pasqua Grande mussulmana, l'Aid El Kebir. Qui la gente, come da tradizione, si alza  all'alba e viaggia, le famiglie al completo,  al digiuno per le preghiere del mattino prima di preparare il sacrificio dell'agnello e iniziare così tre giorni di festa e di gioia.
Ma non tutti i mussulmani stanno inginocchiati nelle moschee e distesi con gli occhi fissi sul sole del nuovo giorno. Altri rimangono sparsi per le strade che portano al monte Gurugú,in attesa delle ambulanze e dei membri di Medici Senza Frontiere.

"La maggior parte di noi mussulmani sa che giorno è oggi. Ma non abbiamo niente da festeggiare. Siamo ancora vivi, sì. Tuttavia, questa non è vita.Dio non può volere questa vita per nessuno. Ma non  mettiamo di credere in lui. Al-La è buono e misericordioso, Egli ci protegge e lo  benediciamo".
Ieri sera, intorno a 5:30, un gruppo di oltre un centinaio di sub-sahariani, la maggior parte dei quali provenienti da Mali ha cercato di accedere a Melilla superando la doppia recinzione di più di sei metri di altezza, vicino al confine di Barrio Chino ( una delle zone più a sud del perimetro).

Nessuno è riuscito a entrare Melilla, ma i residenti di Altos del Real, il quartiere più vicino a questa parte del recinto- dicono che le urla e le grida di dolore dei giovani subsahariani li hanno fatto  rabbrividire fino ad oltre le sette del mattino.
"E 'stato orribile. Un vero e proprio massacro. I vicini ci hanno chiamati scandalizzati.Siamo venuti appena abbiamo potuto, ma la polizia locale ha impedito il passaggio alla zona. E 'stato terribile. Si sentivano grida e urla che ti mettevano i brividi ", dice José Palazón, segretario e portavoce della Ong Prodein,uno degli attivisti che è stato chiamato " mi hanno svegliato i vicini, con una richiesta di soccorso al cellulare e  si era recato sul luogo  dei fatti, per garantire il rispetto delle leggi ed i diritti umani.



giovedì 25 ottobre 2012

Donne che erano bambine in carcere

Durante la dittatura fanchista la Sezione Femminile sottopose centinaia di bambine a maltrattamenti, percosse, test medici e altre aberrazioni.

Alicia García, Ángela Fernández y Chus Gil fueron internate nel Preventorio de Guadarrama. Foto: David Fernández.

"Nel settembre del 1957, mia sorella, che aveva dieci anni, ed io otto,fummo portate al preventorio (sanatorio) di Guadarrama. I nostri genitori ci portarono lì su consiglio dei capi di mia madre. Le dissero che era un posto molto carino per passare le vacanze" -  ricorda Alicia Garcia Romera.
" Dopo 55 anni  rincontro con tutto questo.Ora so che tutte le ragazze che sono passate per il preventorio di Guadarrama hanno subito le stesse torture "spiega Alice, che da un anno e mezzo ha cominciato ad indagare.  Oggi sono più di 200 le donne che hanno rivelato che da bambine hanno passato da tre a sei mesi nel cosiddetto preventorio di Guadarrama,un edificio situato in montagna, dove erano  sottoposte ad un sistema carcerario  tra maltrattamenti e torture, rimasto in funzione fino al 1975. I cosiddetti sanatori furono creati dal regime franchista come posti dove si "prevenivano le malattie". Si diceva che "il contatto con l'aria fresca delle montagne" impediva il contagio di infezioni alle bambine, in particolare la tubercolosi.

Catturare e rieducare le bambine

" La maggior parte delle bambine erano intercettate nelle scuole da una signorina della Sezione Femminile che dava lezioni alle bambine sul bene che ne proveniva se si andava lì" I militanti  di questa organizzazione franchista reclutavano le piccole con la scusa che, lo Stato, le portava in vacanza. “ Lo facevano passare come una colonia della quale le ragazze potevano goderne. Altre volte i medici lo raccomandavano alle piccole per farle ingrassare ”,spiega Alicia. La sua storia e il resto delle esperienze dielle altre detenute è stata ricostruita grazie alle reti sociali.  Insieme, queste ragazze, oggi adulte hanno messo in comune questa esperienza.

Quando Alicia ha cominciato a cercare informazioni ha scoperto un sito nel quale vi erano già 50 testimonianze come la sua. Chus Gil, ha creato una pagina su  Facebook dove sono circa 200 le donne che raccontano quei terribili giorni della loro infanzia. " Adesso sappiamo che ci furono bambine tra i quattro e i quattordici anni. Ci mettevano in quel enorme recinto e non ne uscivamo più. Neppure, quando i nostri genitori venivano a farci visita,pur essendo in montagna e vicino alla città di Guadarrama. A quel tempo mai andammo in strada". Il soggiorno minimo era di tre mesi, anche se alcune ragazze restarono più a lungo.

Disciplina e ordine

La prima cosa che fecero quando arrivammo fu la "disinfestazione". Ci spogliavano e ci mettevano una polvere in tutto il corpo ed anche in testa, dove ci mettevano uno straccio che dovevamo indossare per due giorni" - racconta l'ex internata "Nude ci mettevano in fila. Molte erano bambine, ma altre erano adolescenti, avevano vergogna e cercavano di coprirsi.Gli accompagnatori ci lavavano una ad una, con un getto di acqua e con uno straccio. Un altro si asciugava con lo stesso asciugamano.Poi, ci vestivano con gli indumenti del preventorio, mentre i nostri scomparivano". Alicia ricorda che erano scene molto tristi e che era vietato parlare.
Conseguenza di questa disciplina, tutti i giorni recitavano il rosario " e dopo le preghiere uscivamo a cantare nel cortile con il viso rivolto al sole. Le bambine eravamo talmente piccole,che non sapevano neanche cosa volesse dire.Passavamo molto tempo fuori al freddo. Ferme con pochi vestiti addosso e con i sandali, mentre le assistenti avevano grandi mantelli". La sorveglianza era costante e non eravamo mai sole " Siamo passate da shock a shock".Quasi ogni giorno ci facevano iniezioni, ma non sappiamo cosa ci hanno iniettato e neppure i nostri genitori".
Tutte queste donne sono alla ricerca di documentazione, ma non compare alcun documento ufficiale sul centro, neppure sulle persone che ci lavoravano. Questo edificio, che si trova nella città di Guadarrama, si è fermato ed è ora un centro per orfani della Guardia Civil, a cui appartiene.

Alicia Garcia assicura che tutte le testimonianze rivelano la stessa cosa: dopo un paio di giorni le ragazze scrivevano ai genitori che le togliessero da lì. Però le lettere venivano censurate dalle assistenti, le qauli dettavano pure ciò che bisognava mettere. Anche le visite erano controllate. " Dovevamo dire che stavamo bene. C'era sempre presente una signorina durante la visita dei genitori e quando questi commentavano qualcosa, essa insisteva nel dire che "cose di ragazza"- dichiara Alicia.

Racconta però che erano piene di lividi:  "ci tiravano i capelli,ci minacciavano,per tutto ci colpivano...in più, dovevamo uscire più ingrassate ed il cibo era terribile. Le bambine che vomitavano hanno dovuto mangiare il loro vomito. Alle altre, più piccole, che pisciavano a letto, le mettevano ortiche nel sedere. Ad una delle più grandi, che insisteva nel volersi lavare da sola,le assistenti la presero per i piedi, le misero la testa nel cesso, ancora e poi ancora".
Alicia conclude "Sappiamo che una volta un uomo fece delle fotografie alle bambine nude sotto la doccia. Stavamo così male... che alcune bambine corsero alle finestre per chiedere aiuto. Alicia e sua sorella furono fortunate. I loro genitori le portarono via dopo due mesi, ma alcune erano così in preda al panico che non raccontavano nulla, perché erano state minacciate.Oggi, alcune di queste donne  uniranno le loro testimonianze nella  causa Argentina che sta giudicando i crimini della dittatura franchista.

Bambini Rubati. Crimini che non hanno prescrizione.

La Corte provinciale di Madrid ha stabilito il 4 ottobre scorso, che il rapimento di bambini è imprescrittibile.  Questa notizia è stata celebrata dalle associazioni interessate al furto dei bambini che chiedono la riapertura di decine di denunce presentate nello Stato spagnolo. Allo stesso tempo, da settembre, il giudice Adolfo Carretero, della corte 47, di Madrid, che istruisce  il caso del presunto rapimento della figlia di Maria Luisa Torres, continua a prendere  dichiarazioni di medici, infermieri ed ex responsabili della Associazione spagnola per la protezione dei Adozione coinvolti nel caso.

Inoltre, il Consiglio di Valencia consegnerà 20.000 euro per quattro anni alla scuola materna di Santa Isabel in quella città,gestita da Suor Juana da oltre 40 anni sospettata di coinvolgimento nel furto dei bambini.
In questa stessa comunità è prevista al più presto l'apertura di tombe di bambini presumibilmente rubati.

Diagonal

(traduzione di Lia Di Peri)

                                     

domenica 14 ottobre 2012

Più di cinque secoli ... la memoria, il linguaggio e le donne di questa Terra.

di Nasreen Amina

12 ottobre. In altri posti la gente si veste con lustrini e pettini nei capelli o fa parate per commemorare il saccheggio e il genocidio della nostra terra e dei nostri antenati, legittimati per falsi motivi di educazione e di evangelizzazione.
Il 12 ottobre in America Latina non c'è molto da festeggiare.

Eduardo Galeano ha scritto: " La scoperta: il 12 ottobre del 1492 l'America scoprì il capitalismo. Cristoforo Colombo, finanziato dai re di Spagna e dei banchieri di Genova,portò la novità alle isole del Mar dei Caraibi. Nel suo diario, l'ammiraglio scrisse 139 volte, la parola oro e 51 volte la parola Dio o Signore. Non poteva affaticare gli occhi col  vedere la lucentezza di quelle spiagge e il 27 novembre profetizzò che tutta la cristianità avrebbe fatto affari con quelle. E in questo non si sbagliò. Colombo credette che Haiti era il Giappone e che Cuba fosse la Cina e credette che gli abitanti di Cina e Giappone fossero indiani dell'India : in questo non sbagliò".













Credo che le donne latinoamericane condividiamo una ricchezza speciale e diversa che costituisce un potenziale di emancipazione a partire dalle nostre identità: la madre terra, alla quale possiamo sempre ritornare, con la quale possiamo sempre collegarci.Questa relazione e la saggezza naturale che ci dà il senso di appartenenza -   in senso geografico, metafisico e spirituale -crea in noi una forza interiore e una spinta alla collaborazione.Anche se appariamo differenti, sangue indigeno scorre nelle nostre vene: siamo tutte figlie del meticciato a seguito della violazione e dell'avidità straniera. Nessuno ha mai parlato della riparazione storica alle donne indigene per i crimini di abuso sessuale e stupro con i quali hanno pagato il prezzo dell'"evangelizzazione, ma è un problema che dovrà prima o poi essere affrontato.

 Questa " Passione tellurica"comune, deve servire per colpire le strutture patriarcali imposte,che ci hanno insegnato ad adorare l'oppressore a disprezzarci, a soffrire a denti stretti, per alzare le nostre voci, recuperare la nostra ancestrale memoria del femminile e il nostro naturale senso di comunità, di essere semplicemente Mapuche ( Gente della Terra) o “Runakuna” (Persona).
Verrà il giorno in cui " avremo  ragazze e donne il cui nome non significherà solamente l'opposto del maschile, ma qualcosa per se stesso. Qualcosa che non faccia pensare al complemento e al limite, ma alla vita e all'esistenza: l'essere umano femminile”.(Rainer María Rilke,Lettara ad un giovane poeta)

Il 12 ottobre : Le donne latinoamericane hanno molte sorelle da visibilizzare, riconoscere e ringraziare.

Mariposa En La Tormenta




(traduzione di Lia Di Peri)

martedì 9 ottobre 2012

Manifesto della 21a Conferenza annuale dell'Associazione Internazionale di Economia Femminista

Il manifesto è stato firmato da 160 economiste femministe di tutto il mondo e stabilisce i punti  chiave di fronte alla crisi complessiva.

Noi,economiste femministe  riunite a Barcellona, ​​in occasione della 21a Conferenza annuale dell'Associazione Internazionale di Economia femministe (IAFFE), considerando che negli ultimi decenni il neoliberismo ha prodotto molteplici crisi in diverse parti del mondo, e che questa crisi globale  si muove dalla periferia al centro è ora colpisce  l'Europa, dichiaramo che:

Le proposte avanzate per l'Eurozona si basano sulla riduzione dei salari, l'erosione dei diritti dei lavoratori e il benessere e risorse sociali, con il pretesto di migliorare la competitività, controllare l'inflazione e ridurre il debito pubblico. Ma in realtà, queste proposte sono un attacco classista diretto ed aggressivo alle condizioni di vita, delle donne, uomini, bambini e bambine.

Rifiutiamo tanto le spiegazioni dominanti attuali della crisi globale,quanto le proposte politiche avanzate per superarla.
 
Rifiutiamo le strategie economiche che continuano la propensione della distribuzione del reddito e la ricchezza a favore del settore finanziario e dei grandi capitali, che privano le persone delle cure necessarie e dei mezzi per condurre una vita sostenibile.

Rifiutiamo un sistema economico che sfrutta il lavoro domestico e di cura non pagato delle donne per sostenere il funzionamento del sistema economico, basandosi su di esse per assorbire i drammatici costi della crisi.

Crediamo che la soluzione alla crisi attuale richieda azioni immediate per controllare i mercati finanziari, ripristinare e ampliare la spesa sociale al fine di garantire le condizioni di vita, stabilire imposte progressive ed attuare una politica monetaria non deflazionistica.

E' urgente anche che il rispetto per l'ambiente e la cura delle persone diventino responsabilità sociale e pubblica.

Noi crediamo che la crisi attuale è il risultato di conflitti strutturali nella riproduzione, distribuzione e riproduzione sociale. La sfida è quella di affrontare questi conflitti in modo da creare una profonda trasformazione, affinché l'economia non  sia al servizio di coloro che si appropriano dei benefici e dei proventi finanziari, ma sia posta al servizio di una vita dignitosa e sostenibile per tutte e tutti.

Seguono firme.

Barcellona, 28 giugno 2012

Rebelion

traduzione di Lia Di Peri