giovedì 25 agosto 2016

L'amicizia e la biografia semplificata che offre Facebook sono false versioni.

Intervista a Vicente Serrano, filosofo e saggista cileno. 





Vicente Serrano, filosofo e saggista cileno, vincitore del Premio Anagrama de Ensayo per la sua opera La herida de Spinoza. Felicidad y política en la vida posmoderna (La ferita di Spinoza. Felicità e politica nella vita post-moderna), ha recentemente pubblicato un libro sul ruolo delle reti sociali, volutamente intitolato Frodebook. Ciò che la rete sociale fa con le nostre vite (Plaza y Valdés Editores). Il protagonismo acquisito dai social network, in breve tempo, obbliga a riflettere sul ruolo che esse svolgono nella nostra vita quotidiana .1 Di fronte agli innegabili vantaggi offerti da molti ordini della nostra esistenza, essi contengono anche rischi indubbi per le possibilità che apre per il controllo e manipolazione delle persone, in particolare delle più giovani. Tutto questo, però, è risaputo, così come l'ambiente virtuale è diventato un macchinario sofisticato di appropriazione del nostro tempo e attenzione, allontanando il pensiero in gran parte calmo, profondo e concentrato. Tuttavia, in Frodebook, Vicente Serrano va oltre e ci avverte che dietro l'apparente innocenza e ingenuità di questi dispositive incontriamo un artefatto che potrebbe essere chiamato, biopolitico, poiché è in grado di incidere sulla nostra intimità, affettività e identità personale, trasformandole profondamente.

Santiago Álvarez Cantalapiedra (SAC): 1.500 milioni di utenti di Facebook,qual è la chiave  del  successo di questa rete? Come si caratterizza e si distingue dalle altre reti sociali? Quale particolare elemento la definisce che noi non dovremmo ignorare?

Vicente Serrano (VS):  Le cifre che lei cita è superiore al numero di seguaci della maggior parte delle religioni.  E’ superata solo dal cristianesimo, se uniamo le diverse chiese che lo compongono, di cui la Chiesa cattolica ha 1.400 milioni di fedeli in Facebook. Naturalmente, questo social network è uno strumento di comunicazione nell'era digitale e di capitalismo globalizzato, però questo dato comparativo rivela la chiave del suo successo, proprio perché, come le religioni, influenza la vita emotiva nel campo dei sentimenti e, inoltre, stabilisce una comunità. Ciò la differenzia da altre reti in cui la dimensione emozionale è meno marcata. Come ho detto, però, questo è un fatto in un momento di mutazione del capitalismo globale e questa comunità alla quale gli affetti si rivolgono è a sua volta un grande strumento che permette alla pubblicità di accedere a quella dimensione di intimità che è la stessa sulla quale operano le religioni. Questo incrocio tra la pubblicità, l'affettività e la sensazione di libertà, spiega questo successo. Nel libro uso il termine "grande fabbrica di affettività”perché, in effetti, tramite Facebook la vita affettiva si trasforma in ricchezza, una ricchezza che viene prodotta dal tempo e dalla vita emotiva degli utenti.

SAC: Se il valore dell’amicizia è quello che mette al centro questo social network, di quale tipo di amicizia stiamo parlando?


 VS: Ovviamente non è  il concetto di amicizia nel senso stretto del legame emotivo disinteressato che è sempre stato considerato uno degli elementi più preziosi della vita umana. Prima sapevamo tutti che avevamo amici, conoscenti, colleghi, vicini di casa, ecc, e all'interno degli amici c’erano gradi, il più vicino e il più intimo, mai per definizione potevano essere molti, perché l’amicizia è qualcosa di delicato e molto prezioso, difficile da curare e richiede tempo. Nel caso di Facebook è un'amicizia nel senso più lato, che spinge alla accumulazione degli amici. E anche se ammette vari gradi, la verità è che in Facebook l’idea di amicizia  si applica ugualmente a tutti ed è stato verso quegli elementi positivi,falsamente positivi, definiti dalla pubblicità, motivo per cui questa ultima non ammetterà il  “Non mi piace”.
Nel suo concetto di amicizia vi ricade tutto: dagli interessi professionali  fino alle vere amicizie reali, attraverso l'elemento di promozione e propaganda che lo trasforma nello strumento pubblicitario  di cui parlavo. Così, l’amicizia corre il rischio di confondersi in un semplice specchio legato ad una tendenza narcisistica della società. Se questo è un problema, in generale, diventa più preoccupante in determinate fasce di età. I più giovani, già nativi digitali, corrono il rischio di non conoscere un altro concetto di amicizia da quella promossa  in Facebook. E che io la considero una distorsione molto pericolosa.
SAC: Lei nota nel suo libro che, gli utenti nel pubblicare la propria biografia, si aspettano soprattutto approvazione. Affermare ciò che ci piace, come forma di individualità e cercare in essa, il riconoscimento altro è poco più di una necessità che sperimentiamo costantemente come esseri umani. Non è Facebook, apparentemente,un efficace  strumento di soddisfacimento di questa necessità umana?

VS:  Nei dodici anni di vita di Facebook è apparso chiaro che costituisce un formidabile e indubbio modo di comunicazione, una vetrina in cui l’approvazione mediante il “Mi piace” ha acquisito un peso determinante nel senso della rete.  E 'ovvio che gli esseri umani hanno bisogno ella approvazione degli altri ma questo si articola dalle nostre azioni ed è altrettanto ovvio che non tutti sono ugualmente degne di approvazione. Il problema è quando l'approvazione diventa fine a se stessa. E’ qui che la vita si trasforma in pubblicità ma lo scopo della pubblicità è vendere un prodotto, non interagire con gli amici. Nella misura in cui l'utente interiorizza questo modello, l'identità virtuale che si costruisce tende al narcisismo e allo esibizionismo riflettendosi sullo schermo attraverso l’approvazione. Naturalmente stiamo parlando di una tendenza dominante. Non tutti gli utenti sono collegati allo stesso modo, ma penso alla maggior parte.

SAC: Quali altri aspetti comporta Facebook?

VS: Oltre alla distorsione dell’amicizia e della biografia trasformate entrambe in un modello accumulativo proprio dell’attività imprenditoriale,penso che, l’altro aspetto più interessante, sia il fatto che l’utente è produttore di ricchezza anche se, spesso,inconsapevole. Non è certo un lavoratore d’uso perché non percepisce un salario. In realtà gli viene detto che riceve un servizio gratuito e per sempre. L’utente, però, investe il suo tempo e fornisce la privacy per produrre ricchezza per gli altri.
SAC: Dov'è la frode?

VS: La frode – in senso non giuridico -  sta proprio nel produrre  sotto l’apparenza di un servizio che dicono gratis e che lo sarà per sempre. La promessa di libertà e di comunicazione, certamente molto reale, porta per così dire una piccola lettera,che sono i termini di un contratto con il quale cedi l’uso della tua vita privata,per produrre con essa. Ugualmente mi appare fraudolenta l’incidenza sulla amicizia e la biografia che si articola da questo dispositivo. L’amicizia e la biografia semplificate che il social network offre sono versioni false di ciò che è la nostra biografia e di ciò che sono le relazioni di amicizia mediate entrambe da una struttura che le sottomette al moto accumulatore.
SAC: Non è un esempio di ciò che il capitalismo ci offre continuamente?

VS: Senza dubbio. E in molti modi. Da una parte, mediante questo contratto, l’utente si trasforma in produttore inconsapevole che porta la sua vita affettiva nel processo produttivo.
Il capitalismo si fa affettivo nel senso letterale, il che fa emergere una nuova merce e un nuovo rapporto di produzione propria dell'era digitale e della informazione. Da altra parte, però,questa identità articolata mediante la costante tensione verso le adesioni, converte l’affettività e la propria biografia in una sorta di un'attività aziendale che tratta di se stessi. Uso nel mio libro un’altra metafora, che è il conto corrente. L’account di Facebook ha la stessa struttura, solo che si deposita senza denaro ma con i sentimenti e gli eventi della vita di ciascuno. Ma come per il conto corrente decisiva è la tendenza cumulativa che definisce il capitalismo e,che ora,tende a farsi interiorità.
SAC: Potrebbe estendere un po' la sua affermazione che siamo di fronte ad un dispositivo biopolitico?

VS: Ha molto a che fare con quel internalizzazione e con la produzione. Il termine bio-politica è stato utilizzato da Foucault per definire un modo di intendere il potere che non è quello di fare morire e lasciar vivere, come nel caso del sovrano classico che decide sulla morte e lascia vivere il resto. Foucault lo rovescia e parla di lasciare morire e fare vivere,cioè,di produrre vita. Ci sono state interpretazioni di ciò che egli intendeva dire con questo, autori che lo hanno interpretato soprattutto in chiave biologicista, come Giorgio Agamben e Roberto Esposito. Ma la verità è che Foucault lo ha legato al liberalismo economico. In uno dei suoi corsi finali negli anni ’80 del secolo scorso dal titolo "La nascita della biopolitica", parlava della tendenza del liberalismo di fare diventare ognuno imprenditore di se stesso.
La mia lettura è che Facebook esprime questo in modo chiaro mediante la “produzione” di queste biografie distorte di coloro sopra citati. La produzione di vita intesa come produzione di biografie e segnate da questo principio accumulativo interiorizzato come ho citato prima. E’ un modo di “governare” milioni di vite ma che passa inosservato in quanto tale,che è vissuto come un’applicazione di libertà. Questa situazione è ciò che Foucault chiamava la ironia del dispositivo, che nel dominarci ci fa credere che siamo più liberi. Egli lo ha applicato a metà degli anni ’70 del secolo scorso al discorso sulla sessualità ma penso che sia perfettamente estendibile al discorso sulle nuove forme di comunicazione che noi chiamiamo social network, in particolare Facebook.
SAC: Siamo destinati a vivere l'affettività mediata da queste nuove realtà? Cosa si può fare: affidare tutto alla scelta della persona concentrandosi sulla sua educazione sentimentale o è legittimo pensare che, data la natura e gli effetti di questi dispositivi, abbiamo bisogno di regolare consapevolmente questa " macchina degli affetti"?

VS: E 'chiaro che non si può tornare indietro con le tecnologie e con tutto quello che presuppone la rivoluzione digitale. C’è da pensare, però, che questo è solo un nuovo salto nel complesso processo della modernità. In altre opere, come in Sognando Mostri o La ferita Spinoza, ho sostenuto che il mondo moderno ha installato in modo crescente un certo ordine affettivo, dando la priorità a una gerarchia di affetti connessi all'accumulazione,alla inquietudine, alla volontà di potere,alla ansia costante che corrisponde allo sguardo moderno.
[…] Io non credo che il problema siano le macchine, perché dai dispositivi è possibile articolare altri tipi di affetti, come evidenziato da più artisti digitali. Si consideri per esempio un artista come Bill Viola, che dalle nuove tecnologie recupera l'universo delle passioni ...
 La questione è di sapere che sotto e dietro ogni macchina e ogni clic è presente un affetto e saperlo riconoscere. Ciò che ha impiantato Frodebook è proprio il modo in cui questa dimensione passa inosservata e, che questa rete in particolare, ha posto una struttura e un ordine affettivo come dispositivo biopolitico. L'obiettivo del mio libro è quello di portarlo alla luce.

SAC: I social network evolvono, cambiano e passano di moda, lo abbiamo visto con Twitter Come crede che si evolverà Facebook? Quale futuro si aspetta? Quale futuro vorrebbe?
VS: C’è stato chi ha annunciato la fine di Facebook. E 'difficile fare previsioni, ma è ovvio che ogni volta c’è sempre più reticenza a raccogliere determinati contenuti, soprattutto quelli più intimi e affettivi. Facebook va mostrando sempre di più il suo volto più commerciale e professionale. Se si conferma questa tendenza siamo al principio della fine, perché la sua forza è stata l’impatto sulla affettività che, a sua volta, ha alimentato la dimensione pubblicitaria. Ora, il territorio conquistato da Facebook- questa integrazione della sfera affettiva nella pubblicità – lo erediteranno altri dispositivi non ho alcun dubbio. Come non ho dubbi che il pensiero critico e la ricerca estetica ed etica continueranno a combattere per ri-pensare la nostra relazione con le macchine e con noi stessi, come abbiamo fatto nel corso della storia.

Intervista elaborata da Santiago Álvarez Cantalapiedra direttore di FUHEM Ecosocial
Traduzione di Lia Di Peri


martedì 23 agosto 2016

Il mito dell’istinto materno e il suo rapporto con il controllo sociale delle donne.

Stefanía Molina







Lo scopo di questo lavoro è di rispondere alla seguente domanda: come interviene il mito dell’istinto materno nel controllo sociale delle donne?  Su questa domanda cercheranno di rispondere diversi autori /autrici che si confronteranno da differenti opinioni e prospettive.
Il pensiero occidentale ha costruito determinati fenomeni sociali come essenze, questo ostacola la possibilità di mettere in discussione le pratiche e i criteri riguardo al genere, alle identità, alle sessualità, etc. La concezione di essenza in una certa misura, rassicura, produce la fantasia di un'esistenza per/alla costruzione dei ruoli e delle parti che i soggetti [1] abitano.
In questo senso, il mito dell'istinto materno consegue (e si inserisce) nelle problematiche attuali come l’aborto, la scelta della non maternità, la maternità sovversiva [2], etc. Se naturalmente le donne nascono con questo istinto, sanno già quale sia il loro destino. Le donne che scelgono la maternità, immediatamente saranno sotto esame, il loro lavoro sarà controllato, e occorrerà essere una buona madre: un paradosso.
È interessante notare che la donna reale è direttamente associata con la maternità. L’espediente del mito si può vedere in quelle donne che decidono di interrompere la gravidanza, uccidono i figli appena nati, ecc. Tutte queste azioni appaiono, tipizzate come criminologiche o anti-giuridiche. Per questo legittimare la scelta della non-maternità è una sfida necessaria.
Il controllo sul corpo e la soggettività delle donne avvengono all'interno di un sistema patriarcale (termine re-significato da Kate Millet)[3].  Diverse istituzioni sociali e tecnologie di potere si incaricano di fabbricare corpi e menti disciplinate. La prima cosa che si associa al pensare in termini di esseri umani è la rappresentazione montata a categorie come donna/uomo. E’ ciò che chiamiamo umanità, facilmente riducibile a una logica binaria prevalente fin dai tempi antichi, che si può vedere riflessa nel discorso sociale che stabilisce l'idea delle buone madri, contrapposte alle cattive madri. Queste ultime, non conformi alle aspettative di genere, così come alla propria realtà.

La maternità come una costruzione culturale. Il genere.

La maternità, come la concepiamo nel XXI secolo, mantiene l'ordine sociale eterosessuale e legittima la “essenza” femminile, che completa le donne. E’ una costruzione culturale multi - determinata che si organizza mediante le regole. Queste si stabiliscono in base alle esigenze dei gruppi sociali e si inquadrano sotto un determinato periodo della sua storia.
Pierre Bourdieu (citato da Scott 2008) afferma che "la divisione del mondo" implica,“ le differenze biologiche e in particolare quelle che si riferiscono alla divisione del lavoro di procreazione e di riproduzione”, opera come “ quelle che sono meglio fondate sulle illusioni collettive”.
Queste storie stabiliscono un controllo differenziale sulle risorse materiali e simboliche, il genere è coinvolto nella progettazione e nella costruzione del potere "è il campo primario entro il quale o attraverso il quale il potere è articolato" (Scott, 2008, p. 68). E 'anche una categoria che media tra la differenza biologica e le relazioni sociali basate sulle differenze percepite tra i sessi.
Il genere come categoria di analisi permette di conoscere complessi processi sociali, spiegando come si strutturano e si esprimano le aree del femminile e del maschile e quali siano i simboli e le caratteristiche che li definiscono e rappresentano come costruzioni culturali opposte e simmetriche. (Quezada 1996, p.21)
Il genere come categoria analitica appare nell'agenda nel ventesimo secolo. Il femminismo che assume questa categoria è stato chiamato della " seconda ondata". E’ emerso negli anni settanta in America Latina, e negli anni sessanta in Europa occidentale e negli Stati Uniti. Nasce in un contesto di lotta politica e culturale a livello internazionale: ribellioni anticoloniali del Terzo Mondo, critica anti-psichiatria, rivolte studentesche, rivendicazioni in tema di etnia, etc.
Mojzuk (s.f) facendo esclusivo riferimento al femminismo e alla maternità, affermerà che:
Oggi, è difficile fare un bilancio preciso delle conseguenze delle rivolte femministe risalenti agli anni '60 e che seguono all’avanzata di Simone de Beauvoir in “Il secondo sesso”. Con Kate Millet, le teorie freudiane furono messe in discussione e le esperienze di vita delle donne smentirono ciò che la psicoanalisi promulgava come caratteristiche essenziali della personalità femminile: la passività, il masochismo, il narcisismo. Molte delle femministe di allora furono bollate come mere "rivendicatrici”, con il carattere deformato per la inadeguata socializzazione e con la loro vera natura femminile repressa (...) Né la abnegazione né il piacere, per il dolore potevano formare nel tempo la immagine della capacità materna (...) Una volta di più, si segnalavano le “ femministe rabbiose” o “virili represse” "(Badinter, 1981) incendiarie di questa digressione. (p.29)
Si fa riferimento alle opere teatrali scritte da Federico García Lorca: “La casa de Bernarda Alba” (1936) y “Yerma” (1934), come esempi che sebbene siano prodotti da un artista in particolare, riflettono le esperienze di diverse donne in relazione alla maternità. Il contesto in cui queste storie si svolgono, è la Spagna, in un momento in cui la società era violenta e il ruolo delle donne secondario. La protagonista della prima opera menzionata , Bernarda (che interpreta il personaggio di una vedova), è un esempio interessante per affrontare la questione della maternità, proprio perché sfida l'istinto materno, la tenerezza naturale delle madri che è apparentemente storica. Yerma da parte sua, è una donna che finisce per essere la nemica di se stessa : il sentimento che la invade è l’angoscia.  Il mandato sociale è che ogni donna sposata dovrebbe essere una madre. Col passare del tempo si sentirà "cattiva" per non raggiungere il suo destino naturale, si sente “secca” ", una parola che allude alla sterilità.
Le donne oggi devono esortarsi a generare autonomia, capire l'importanza delle loro scelte e che sono piacevoli. A questo proposito, le due donne presenti nelle opere di Lorca, sono infestati dai fantasmi della maternità (…) Non si tratta sulle buone o cattive madri ma della mancanza di decisione di queste donne sulle loro vite.

Sviluppo della storia delle donne e della maternità.
Come è noto, la storia rappresenta una visione e il pensiero di coloro che l’hanno scritto , i maschi della classe media che appartengono a popoli dominanti eretti sul modello androcentrico, referente degli spazi pubblici, mentre le donne quelli privati,fermate al margine di tutto il “testo”.
Escluse, messe a tacere, invisibili, le donne sono state ignorate nel settore domestico e privato; anche in campo economico, sociale, politico e culturale. La maggior parte delle volte, immaginate, descritte o raccontate in modo parziale e in generale attraverso un intermediario perché il registro diretto ero subordinato al loro accesso alla scrittura. (Guardia 2005, p.13).
Il ventesimo secolo passa attraverso diversi scenari. I cambiamenti prodotti a livello demografico promuovono l'emergere di politiche nataliste, la maternità è vista come un obbligo, un dovere biologico, le donne sono invitate a partorire e si creano misure repressive che condannano l'aborto e la contraccezione. In relazione agli ultimi decenni del XX secolo, Lagarde (2013) dirà che:
Le trasformazioni del XX secolo rinforzarono per milioni di donne in tutto il mondo, un sincretismo di genere : prendersi cura degli altri in modo tradizionale e, allo stesso tempo, raggiungere il loro sviluppo individuale per unirsi al mondo moderno, attraverso il successo e la concorrenza.
 Il risultato sono milioni di donne tradizionali-moderne. Donne intrappolate in un rapporto impari tra la cura e lo sviluppo. (p. 2).
Il modello (sistema) sesso/genere (concetto coniato da Gayle Rubin) si è incaricato di produrre corpi e soggetti i cui destini parrebbero, essere definiti ontologicamente secondo la etnia, la età, il sesso, la classe sociale, etc. Chiaramente sono state disegnate le categorie sociali per ottenere sottilmente il controllo dei corpi (e le menti). Non si può non tenere in conto la violenza storica e politica con cui si è esercitato il potere, sempre da una logica androcentrica .
Lagarde (2013) in questo senso, dirà che : "Curare è attualmente il verbo più necessario di fronte al neo-liberismo patriarcale e alla globalizzazione iniqua.
” (p.2).
La cultura patriarcale che costruisce il sincretismo di genere fomenta nelle donne la soddisfazione del dovere di curare trasformato nel dover essere a-storico naturale delle donne e, pertanto, proprio desiderio e, allo stesso tempo, la necessità sociale ed economica di partecipare in processi educativi, lavorativi e politici, per sopravvivere nelle società a capitalismo selvaggio. (Lagarde, 2013, p.2)

Le madri responsabili del futuro dell'umanità
Il sistema sesso/genere ha designato le donne al campo della riproduzione biologica. Lo schema sociale e culturale dà alle donne – madri , grandi responsabilità. Il dispositivo [4] che controlla socialmente le madri è lo stesso che vigila l’umanità nel suo insieme. Per controllo sociale si intende:
La capacità del gruppo sociale di ottenere che i propri membri seguano determinati comportamenti e per sanzionare i comportamenti proibiti. Il controllo sociale è l’espressione più diretta del potere del gruppo sui propri membri. Potere e controllo sociale sono termini che si complimentano, perché chi ha il potere sociale, esercita il controllo e viceversa, chi esercita il controllo è colui che ha il potere.  (Robles 1997, p.165)
Il controllo sociale agisce come correttore delle deviazioni che si verificano e come giocatore dello status quo. A questo proposito, Silvana Darré (2013) affermerà che:
Costantemente si rafforza l’idea che la madre è l’unica responsabile delle qualità della sua prole e, per estensione, anche responsabile del futuro della umanità (sia dalla idea della nazione, del futuro della razza, dal canone della salute fisica e mentale, della felicità delle nuove generazioni o dell’ordine sociale in generale). " (P.13)
L'essere umano alla nascita ha bisogno di un altro che lo accudisca, che lo protegga. E’ evidente che un neonato non può crescere né svilupparsi da solo, in principio è assolutamente dipendente. Le madri sono socialmente designate per adempiere a queste funzioni di cura, stabilendo con esse (dall'inizio) una dose importante di colpa: sono responsabili di un individuo piccolo e vulnerabile e questo può generare una carica eccezionale per queste donne. Lagarde (2013) afferma che:
La formula alienante associa alle donne curatrici un’altra chiave politica: la disattenzione per raggiungere la cura.  Cioè, l'uso del tempo principale delle donne, le loro migliori energie vitali siano emotive, erotiche,intellettuali o spirituali e gli investimenti delle loro attività e risorse, i cui destinatari principali sono gli altri. Ecco perché le donne sviluppano una soggettività attenta ai bisogni degli altri, da qui la famosa solidarietà femminile e la abnegazione delle donne.
(p. 2)
Lo ideale del perfetto allevamento, che le tecnologie mediche vendono, così come le riviste, i media e la società nel suo complesso, rendono il problema ancora più colpevolizzante per le donne-madri. Raggiungere questo ideale è praticamente impossibile, per il semplice fatto che trattiamo di esseri umani. Pertanto, le madri si scontrano con una serie di frustrazioni che devono passare per appropriarsi del loro ruolo materno e vedersi come esseri che possono sbagliare, anche se implica una elaborazione del lutto (reazioni affettive di fronte a una perdita) per un ideale.
Dai discorsi popolari e medico-scientifici si trasmettono alle donne- madri determinate prescrizioni, anche prima della nascita dei loro figli. Si prescrive alle madri di stare attente e al servizio del neonato per tutte le 24 ore il giorno (almeno per i primi tre mesi di vita), si inculca l’esclusivo allattamento fino ai sei mesi, come minimo (OMS raccomanda l'allattamento al seno fino a due anni), e in riferimento a questo, "Knibielhler (1993) sostiene che le società occidentali non hanno avuto una risposta chiara circa la natura della madre che allatta; se si tratta di una femmina (appello all'istinto) o di una madre (cultura / affetto) "(Darre 2013, p.80).
Attualmente, tutti i sintomi, risultati e successi che i bambini presentano in vari campi, sono analizzati in relazione al legame con la madre. Tutto questo dà il segnale che le madri appaiono le uniche responsabili del loro futuro e, quindi, del futuro di tutta la umanità. Possono fallire il resto dei collegamenti del piccolo individui ma se c'è una madre "competente", è sufficiente. Come accennato in precedenza, i neonati e i bambini devono essere curati per sopravvivere e stabilire una vita sana, il problema sta nel fatto che siano esclusivamente le madri, le affidatarie di tanto rilevante lavoro, di formazione dei cittadini.


La madre onnipotente

“ Di mamma ce n’è una sola”, “ La mia vecchia è la più grande che ci sia al mondo”, “Io per mia madre darei la vita”, “Mia madre ha lasciato tutto per me”, “Mia madre è un esempio di donna che si è sempre sacrificata per tutti”, “Ho la miglior mamma del mondo”, " Di là dalle nostre differenze, lei è mia madre "-" Una madre vuole sempre il meglio per i suoi figli ", “L’amore di una madre è l’unico davvero incondizionato”, “ A me solo mia madre mi comanda”, “ Mia madre mi ha rovinato la vita”.
Queste frasi sono rappresentative del nostro immaginario sociale e mostrano il luogo di onnipotenza nel quale sono confinate le madri. Si potrebbe pensare e convalidare da qui, la seguente logica di pensiero: a maggior potere maggiore vulnerabilità.
La figura della donna-madre è quasi come qualsiasi farmaco: cura e veleno allo stesso tempo. Cura se la dose è sopportabile, è veleno se supera i limiti di tollerabilità …(Muñoz, 2009, p.7)
Diversi discorsi istituzionali sono responsabili di mantenere viva la nozione della madre onnipotente: la psicoanalisi è una di questi. In alcune delle sue teorie, in particolare nella più ortodossa, ha una marcata tendenza a incolpare le madri della salute, malattia, felicità e infelicità dei suoi figli.
Parafrasando Maud Mannoni, la istituzione psicoanalitica ha prodotto con il significante maternità lo stesso effetto della istituzione psichiatrica con la diagnosi : un abuso di potere basato sulla perversione della conoscenza il cui impatto non si è fermato soltanto nel pensiero degli psicoanalisti ma si è tradotto nei modi del trattamento della soggettività e istruzione delle donne in tante possibili madri . (Muñoz, 2009, p.3)

Discorsi sulla buona e sulla cattiva madre.

Come si può dimostrare, la nostra cultura è attraversata da un pensiero binario che divide,scinde, discrimina e assegna differenti giudizi di valori alle polarità che fabbrica. Così come afferma Héritier (1996): "Dobbiamo considerare le opposizioni binarie come segni culturali e non come portatori di un senso universale. Il significato sta nella esistenza stessa di queste opposizioni, e non il suo contenuto; tale è il linguaggio sociale e del potere "(p.221). L'armatura simbolica del pensiero filosofico e medico greco, che secoli dopo è ancora viva, si può visualizzare con gli esempi di Aristotele, Anassimandro e Ippocrate.
Le voci del sapere hanno perpetuato il ruolo delle donne, attraverso una logica binaria ed escludente. Non basta mettere bambini al mondo, bisogna sapere come fare, essere cioè, una buona madre. Il discorso delle madri negligente, quelle ad esempio, che trascurano i loro figli, li rifiutano, li abbandonano , denota la custodia su tale lavoro. Come si può vedere,mantenere fedeli le guardiane della infanzia non è una cosa semplice, soprattutto perché coinvolge il controllo delle donne come madri. Come esprime Teresa de Lauretis (2000) poiché il genere appare come onnipresente e l’analisi che questo promuove, non è più possibile tornare all'innocenza della biologia o della natura.
Per pensare il valore dato al corpo femminile, si propone di fare riferimento a un dibattito in corso in queste latitudini: la depenalizzazione dell'aborto (in Uruguay l'aborto è stato depenalizzato prima delle dodici settimane di gestazione). E’ prevedibile che in questi assunti filtrino dogma religiosi, le teorie biologiciste (scientifica - egemonica) , etc. Così come dirà Wittig (1978): "Non vi è nulla di astratto nel potere che hanno le scienze e le teorie, il potere di agire in modo materiale e concreto sui  i nostri corpi e le menti, anche se il discorso che le produce sia astratto ” (p.1). Il corpo gestante è della donna e questa è la sua proprietà, quindi deve essere chi ha l'ultima parola (e la prima).

La legittimità della scelta di non essere madre.
Diverse storie sono associate alla maternità, per essere donna. Il corpo chiamato femminile ha significato storicamente un utero da fecondare. Un corpo e una soggettività al servizio dell’altro. E 'noto che molte donne oggi non vogliono avere figli. La maternità non è concepita da loro come un piano di vitale importanza. Si tratta di una questione complessa, le donne stesse generalmente ritengono che uno dei suoi obblighi primari è quello di essere madri.
Inoltre, la maternità obbligatoria produce estrema vulnerabilità nelle donne in relazione ai successi personali,come soggetti desideranti e in grado di produrre (di là di riprodur - si) in ambiti lavorativi, educativi, etc.
Parlare della maternità volontaria è mettere in discussione tutti gli essenzialismi di genere costruiti dalle società patriarcali, che attribuiscono, in particolare, alle donne una capacità “innata” per impegnarsi nella cura degli altri, trascurando la cura per se stesse. Al contrario, ora sappiamo che il desiderio è un costrutto socio-culturale mediato dalla cultura, che agisce in modo specifico sui singoli individui e collettivi umani; vale a dire che, mentre migliaia di uomini disprezzano la funzione nutritizia che comporta la paternità, migliaia di donne sono costretti a sopportare una responsabilità sproporzionata nella cura per le creature che impedisce loro il riconoscimento e l'emergere di altre identità distinte dall’essere madri (Programa Feminista La Corriente, 2011, p.60).
La maternità sovversiva nell’occhio del ciclone
Per maternità  sovversiva(ve) si intende la maternità single per scelta e le maternità lesbiche: maternità che si discostano dai rapporti di dipendenza con gli uomini.
Il conflitto che immediatamente si genera sia nelle maternità lesbiche sia nelle maternità da sole per scelta,è che non sia coinvolto un uomo nella composizione famigliare e si stabilisce da qui, anche una doppia morale, da un lato gli uomini sono essenziali nelle famiglie e, dall’altro,sono giustificati se si distaccano dalla cura dei propri figli.
Se il lesbismo stesso si mostra in varie occasioni invisibile, più complesso è pensare alle maternità lesbiche. Attualmente ci sono diversi metodi di riproduzione assistita, che vengono utilizzati come risorse per procreare. Chiaramente, questi sono "sotto il fuoco", perché interpellano in una certa misura l'ordine della natura, del biologicamente atteso. Dipenderà da chi lo utilizza e con quali bisogni. E 'giustificabile che lo faccia una coppia eterosessuale quando non è possibile la gestazione per diversi motivi; ma se coloro che le usano sono coppie lesbiche sarà differente, così come lo sarebbe se lo facessero le donne che scelgano di sperimentare una maternità in solitudine.
Conclusioni
Il mito dell'istinto materno interviene in modo significativo nel controllo sociale delle donne, producendo soggettività. Le rappresentazioni sociali sulla maternità sono attraversate da istituzioni diverse, come lo Stato, la Chiesa, gli operatori sanitari, gli agenti giuridici.
Mentre questo mito si mantiene vivo, rimane intatta la subordinazione delle donne, negando così loro un'identità al di fuori del ruolo materno. Questo mito impone che ogni donna debba, ha bisogno e desidera essere madre. La maternità mantiene l'ordine sociale – eterosessuale e legittima l’essenza femminile, che completa le donne. La maternità oggi, per molte donne, sembra essere sopra di tutto. In molti casi, ancora associata alla completezza, alla realizzazione personale. Molte donne vedono in un bambino la possibilità di colmare il vuoto, di soddisfare la insoddisfazione. L’ideale del figlio come sinonimo di completezza. Un figlio come il passaporto per  il titolo di brava donna, completa, integrale. E feconda.  (Winocur, 2012, p.49).
I fenomeni della esperienza umana possono comprendersi come socio-storici e culturali, a seconda delle impostazioni e contesti. Sorge così un complesso dilemma perché, abbracciando gli affetti come elementi costitutivi della esperienza, si produce la impossibilità di mettere in discussione ciò che è già stabilito, generando la illusione di un ordine naturale. Non si desidera né si ama in modo indiscriminato. I sentimenti umani sono condizionati dalla cultura :gli individui  sono permeati dal pensiero dominante, e spesso questo è invisibile. I sentimenti vissuti dai soggetti sono intesi come a-storici, a-sociali ed esclusivamente individuale. La maternità, in questo senso, è concepita separatamente dal contesto socio-storico-culturale.
Si pensa che l'amore materno (come fatto istintivo), si manifesti in tutte le donne sin dalla infanzia. Le bambine giocano a essere madri, impiantano atteggiamenti di cura,etc. Per citare un esempio, Suzie, uno dei principali personaggi del cartone animato popolarmente conosciuta "Mafalda" (del disegnatore Quino) viene mostrata come una ragazza che fin da bambina riproduce lo stereotipo della donna tradizionale, desidera sposarsi con un borghese, impegnarsi in faccende domestiche e avere molti figli: uno dei suoi preferiti passatempi è giocare a fare la mamma con Mafalda.
Le donne – madri parrebbero essere le uniche responsabili della umanità, stabilendosi da qui, il nuovo controllo sulle donne. Da loro dipende la felicità – infelicità dei suoi figli,così come la loro salute – malattia, perciò è necessario essere una buona madre, affinché l’ingranaggio della macchina sociale continui a funzionare. Per il sistema patriarcale è redditizio individuare (e produrre) un colpevole, che sia  paradossalmente – allo stesso tempo una vittima. Questo è il posto che in modo inconvertibile è assegnato alle donne. Le donne che non soddisfano una maternità "ottimale" saranno condannati per non essere riuscite a compiere la loro essenziale missione. Non è un dettaglio minore che la formazione di cittadini restano esclusivamente nelle mani delle donne, mentre dovrebbe essere la società nel suo insieme a partecipare ai processi di costruzione della cittadinanza.
Il femminismo ha contribuito notevolmente nella decostruzione del concetto che circola a livello patriarcale della maternità, anche se non è possibile singolarizzare questo movimento (poiché le visioni sulla maternità sono diverse) e sono da sottolineare i suoi notevoli contributi.
Da un lato, quelle posizioni femministe che disarticolano il concetto della brava madre mettendo in discussione l’istinto materno e la maternità come il principale asse della identità femminile. Tuttavia, alcune femministe ricostruiscono il concetto della maternità come una qualità tipica delle donne e un potenziale del femminile.  Tubert (citata da González de Chaves, 1993) afferma che:

 "la teoria femminista, rivelando il carattere costruito della maternità, mostra che l'immaginario sociale sulla stessa è configurato con varie rappresentazioni che identificano la maternità con la femminilità fornendo un ideale comune per tutte le donne "(s.p)
Un altro aspetto è la difficoltà devono affrontare le donne al momento della decisione di abortire o no, che denota l'installazione esistente del mito dell'istinto materno nelle loro soggettività e il controllo sociale che questo comporta. Una delle principali sfide affrontate dalle donne è di prendere decisioni sui loro corpi e le loro vite, slegandosi dal presunto destino biologico.
Far sì che la maternità significhi un possibile divenire per le donne e non un punto di partenza per essere completamente donna è un progetto di emancipazione. Ciò richiede superare la paura di uguaglianza che paralizza molte donne, assumere la nostra parte di male che apre le porte al potere reale  e sbarazzarsi della mistica del potere materno. " (Mojzuk, s.f, p.6).
D’altra parte, è l'eterosessualità che garantisce la riproduzione umana, mentre il mito dell'istinto materno condanna le donne a essere intrappolati in una delle loro principali prigioni. A questo proposito,le maternità lesbiche o la maternità single per scelta, possono presentarsi  come linee interessanti di analisi, poiché la loro indipendenza dagli uomini sembrano produrre madri "artificiali". È vero che la donna reale è associata con la madre, ma la vera madre è legata indissolubilmente all'eterosessualità, alla dipendenza con un uomo; un altro fondamento che dà il modello che la nozione di istinto materno possiede troppo prescrizioni per essere davvero naturale, accrescendo così i sospetti. Ed è in questo senso che tali maternità sono accusate di essere sovversive.
“ Si è costruita una ideologia della maternità che si compone di un insieme di strategie e pratiche discorsive che, nel definire la femminilità, la costruiscono e la limitano , in modo che la donna scompare dopo la sua funzione materna che viene impostata come ideale ". Garay



traduzione di Lia Di Peri