sabato 13 luglio 2013

Quando i misogini sono specialisti in studi di genere

di Raquel Ramìrez  Salgado



                                                                               


Qualche giorno fa ho partecipato a un evento accademico, il cui tema centrale era la presentazione dei lavori di ricerca con prospettiva di genere. Dopo un paio di esposizioni è arrivato sul posto, un accademico che non ha esitato a interrompere e mettere in discussioni in modo aggressivo le relatrici, anche durante il giro di domande e commenti, alzando anche la voce, facendo così uso, senza nessuna esitazione, della sua autorità patriarcale per frenare gli argomenti  di alcune compagne presenti.  Sono consapevole del fatto che gli eventi accademici  servono, per  rendere pubblico un lavoro di ricerca  ed ottenere così critiche e contributi, ma ciò non giustifica l’imposizione con urla  di un punto di vista. La cosa peggiore è che questo studioso ha scritto articoli con "prospettiva di genere", il che lascia pensare che le persone che lavorano con le questioni di genere, non necessariamente abbiano messo in discussione che la misoginia e il sessismo  persistono nella loro soggettività, alterando comportamenti, convinzioni e valutazioni.
Come arrivano i misogini agli studi di genere?  Quali interessi  li motivano a concentrare la loro attenzione in questo campo?  Ho costruito alcune risposte, in base alla mia esperienza accademica e professionale e una modesta analisi di logica neo-liberista basata sull' ossessione di creare vuoti indicatori. Il personaggio di cui sopra non è l'unico che ha eseguito tali pratiche, purtroppo, sono in molti, alcuni hanno anche progetti di ricerca finanziati con denaro pubblico e sostenuti dalle principali università di questo paese. Nonostante si debba riconoscere che il processo di decostruzione della misoginia e del machismo è diverso per ogni persona, ho il sospetto che la maggior parte di questi personaggi non voglia sensibilizzare né eseguire azioni positive per eliminare la diseguaglianza di genere, al contrario, si oppongono alla rinuncia dei loro privilegi di genere e vedono questi studi come un mezzo per ottenere denaro, prestigio e per riaffermare la loro autorità patriarcale. Come posso argomentare tale affermazione? Con le contraddizioni del patriarcato e dei suoi correlati, quali sono il capitalismo e il neo-liberismo.
Da un lato, la lodevole azione politica femminista ha collocato i diritti umani delle donne e delle ragazze nell’agenda pubblica, come un tema prioritario, per il quale gli organismi internazionali hanno creato meccanismi che gli Stati devono implementare, tra questi, incoraggiare la ricerca con prospettiva genere. Ne consegue che le questioni di genere sono un buon affare e che quando emergono, sicuramente, riceveranno  finanziamenti,in più, rappresentano un valore aggiunto al curriculum di qualsiasi accademico, perché questi sarà  considerato un "progressista" e "Solidale". Tuttavia, come ho già detto, questo non significa che questi individui problematizzino la loro misoginia e maschilismo. Come si rapporta questo con l'ossessione neoliberista di creare indicatori? Mi permetto di scrivere la parola “ossessione” perché per il neo-liberismo la cosa importante è vomitare numeri senza senso, vale a dire, non importa che un meccanismo o politica pubblica funzioni con equità, ma che stia nel catalogo dei requisiti per tutti quei paesi che desiderano entrare nei “club” esclusivi patriarcali, come l'OCSE, Unione Europea o ricevere finanziamenti da altri “club” come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale. Ciò che conta è simulare e questo scenario si ripete non solo in ambito accademico, ma in istituti statali o ONG.
Noi  femministe però abbiamo  anche molto da riflettere. Sebbene non siamo detentrici della “verità” né del “ femminostometro” che misura quanto sia femminista una persona, noi abbiamo la responsabilità di prenderci cura delle conoscenze che ci hanno donato le nostre antenate. Ricordo che alla fine di un master sul femminismo all’UNAM, la  docente Norma Blazquez Graf, chiese ai classificati di prendersi cura del femminismo, una proposta filosofica, teorica e politica che è costata molto costruire , quindi forse prima di invitare un misogino a condividere uno spazio femminista, dovremmo considerare se questo sia etico o meno, nella migliore delle ipotesi,  senza  che rischiamo sarebbe una buona idea  evidenziare e far sapere  a questi personaggi che non siamo d'accordo con loro.  Sarebbe sicuramente meraviglioso che evitassimo di chinarci di fronte al potere patriarcale, perché è molto comune lodare gli uomini (misogini o no) che “fanno” studi di genere e invece attacchiamo le nostre compagne e mettiamo in discussione il loro lavoro e la loro fatica, senza addentrarci in questo in modo critico.
Voglio spiegare che lo scopo di quest’articolo non 
è quello di screditare la lotta femminista, al contrario, io sono la prima  a celebrare l'eredità delle nostre antenati grazie alle quali ho potuto considerarmi umana e soggetto di diritti. Ciò che vorrei è che non regalassimo il nostro spazio a quelle persone che vogliono soltanto trarre profitto illegittimo dal femminismo e dagli studi di genere, siano uomini o donne; propongo di condurci con etica femminista evitando alleanze  o sottomissioni  che in definitiva ne accentuano l'oppressione e la disuguaglianza di genere. Infine, ho capito che dobbiamo cercare di influenzare diverse aree, spesso nelle condizioni più ostili e avverse, però, dobbiamo influenzare in modo responsabile, in maniera femminista  favorendo il vero impegno con i diritti umani delle donne e ragazze e non per mantenere i privilegi patriarcali. Sono sicura che nel cammino incontreremo altri e altre che vogliono unirsi per  convinzione, necessità e giustizia.




mujeres net

(libera traduzione di Lia Di Peri)

martedì 9 luglio 2013

Figlie malate del patriarcato






Negli ultimi due anni ho incontrato decine di donne malate. In realtà, le ho incontrate lungo tutta la mia vita, però in questi due anni ho capito qualcosa di più. Io sono una delle tante e dico malata, perch
é la malattia è prodotta dal patriarcato.
Donne ansiose, tristi, con disturbi, che vomitano o stressate, doloranti, depresse, incapaci di creare, che hanno vertigini, malate nel funzionamento quotidiano. Donne che non passano attraverso la vita, ma che vogliono viverla e sentire ogni secondo. Donne la cui sensibilità dice in ogni momento che qualcosa non va, che il nostro Io selvaggio è represso e riceve un'educazione corrotta che lo ammala.
Ci sono donne con differenti disturbi, sicuramente le conoscerete perché siamo tutte disadattate. Quelle la cui sensibilità impedisce di adattarci ad un quotidiano patologico.
Molte vanno in terapia, tutte siamo diagnosticate. Ci mettono diverse etichette e ci danno diversi trattamenti. Tutte riceviamo una spiegazione: problemi familiari, stress lavorativo, partners violenti,madri fagocitanti, infanzia difficile...
Ma questi non sono problemi individuali, ma sono problemi collettivi, problemi che derivano da un sistema, che non soltanto non ci tiene in conto, ma che ci perseguita. Viviamo isolate e non capiamo che ci sono molte come noi, altri corpi ribelli che si contorcono di fronte al sistema.
Il femminismo insegna a vedere come tutto si incastra; a vedere che non siamo persone difettose, ma che si ribellano alla finzione che siamo "felici" nelle dottrine sessiste.
Una mia amica mi ha detto che se smettessimo di vederci come soggetti isolati e riconoscessimo che siamo il risultato di un sistema patriarcale, magari la terapia consisterebbe nel lasciare il Diazepam e cominciare a dotarci di strumenti di lotta sociale. Cominciamo?

.Feministas Acidas.

(libera traduzione di Lia Di Peri)

domenica 7 luglio 2013

Il fascismo e le donne

di Alba Carosio, docente, direttrice del Centro Studi Donne dell'Università Centrale del Venezuela.




                                                                     
Il fascismo ha avuto storicamente origine in Europa nel XX secolo. Ma il fascismo non è specificamente un problema tedesco o europeo,ma esso pone in pericolo le attuali tendenze della società nel suo insieme e, in particolare, canalizza le ataviche paure delle classi medie: la paura del disordine. Utilizza sentimenti di paura e frustrazioni collettiva per esacerbare  attraverso la violenza,la repressione e la propaganda contro un nemico comune reale o immaginario, interno od esterno, che funge da capro espiatorio nei confronti del quale scarica tutta la sua irrazionale aggressività.

Preservare l'ordine è collegato al mantenimento di scale gerarchiche. Come dimostrò Ebenstein: "Nel codice fascista, gli uomini sono superiori alle donne, i soldati ai civili,i membri del partito a coloro che non lo sono, la propria nazione alle altre, i forti ai deboli e i vincitori della guerra ai vinti" (1).
In questa visione il "posto della donna" è fondamentalmente la casa, all'interno della quale deve svolgere il ruolo di riproduttrice della razza, la maternità come dovere patriottico,conformandosi e servendo la famiglia,così come conservandone e trasmettendone i valori culturali.
La sua vita doveva essere confinata alla sfera privata, perché le mancava il talento per la vita pubblica, per la creatività e la sintesi. Per Mussolini, la donna  doveva essere passiva e Hitler dichiarò nel 1942 : "Ho orrore delle donne impegnate in politica e se entrano negli affari militari ciò è insopportabile"

L'attuale fascismo non è un regime politico, ma sociale e civilizzatore; è uno strumento di ordine ancorato ai pregiudizi contro coloro che ritiene sovvertano lo già stabilito e alle credenze che nel mondo accadano cose sfrenate e pericolose. In questo modo di pensare le donne devono mantenere il loro ruolo tradizionale e nella loro sottomissione si mostra l'ordine sessuale come fondamento dell'ordine sociale.  Così il fascismo promuove una corretta femminilita, disciplinata, una donna che adempie al ruolo sociale di educatrice e curatrice senza rivendicare diritti. Il fascismo vuole le donne dotate" per natura" di spirito di sacrificio, modestia e rassegnazione.
Pertanto avvalora il controllo delle attività femminili sia nella sfera produttiva che riproduttiva, perché non c'è nulla di più antifascista della sovranità delle donne sui loro corpi.

Note

William Ebenstein (1910 - 1976) docente di Scienze politiche, austriaco.


Aporrea.org
(libera traduzione di Lia Di Peri)