sabato 8 febbraio 2014

Cose che forse non avete pensato sul caso di Woody Allen.

di Beatriz Gimeno

                                                                         



L'abuso sessuale dei bambini e bambine è un crimine molto più diffuso di quanto sembri. Rimarremmo, forse sconvolti se sapessimo quante donne che conosciamo, hanno ricordi bloccati o dolorosamente consapevoli di un genitore, un nonno, un fratello o amico di famiglia che ha dato baci vicino alla bocca più del normale, di una mano che si è appoggiata distrattamente sulla coscia e da lì accadeva molto di più di ciò che era normale o di episodi diretti, brutali e chiaramente sessuali. O, forse, non si produrrebbe questa sorpresa che io presumo; forse, si sa e non interessa, perché la verità è che il segreto aiuta a ignorarlo e non farlo diventare una preoccupazione sociale, né tantomeno personale. Essendo segreto, continuerà ovviamente a rimanere molto diffuso.
Le persone che hanno subito abuso non lo raccontano perché nessuno le invita a farlo; perché tutta la vita adulta di quella persona, di quella donna, sarà costruita sulla necessità di dimenticare, perché se ne vergogna, perché sa che nessuno le crederà e, che al contrario, la colpevolizzeranno.

Un sistema che si fonda, tra le altre cose, nel privilegio sessuale degli uomini sulle donne e bambini /bambine, occupati a far sì che questi comportamenti fossero ritenuti normali e irrilevanti e quando smisero di essere considerati normali, diventò un segreto mantenuto sotto la chiave della vergogna e della colpa. Della vittima…
Si scopre che gran parte dell'intellighenzia di sinistra è uscita da fretta a difendere Woody Allen, così come furono pronti a difendere Polanski. Esibiscono una presunzione d’innocenza che è selettiva, poiché non l’hanno usata quando, per esempio, si trattava di condannare i sacerdoti che abusavano dei bambini. Non stiamo parlando di condannare giudizialmente. Questo lo farà la legge, ma solo di decidere da che parte stiamo o, almeno, da quale parte, non stiamo.
Si sottolinea molto la necessità di preservare la presunzione d’innocenza, dimenticando che in caso di stupro o abuso sessuale, la presunzione d’innocenza dovrebbe diventare piuttosto presunzione di credibilità della vittima, perché – non dimentichiamolo – questi atteggiamenti si rifugiano molto spesso in un potente sistema di discredito social, legale, famigliare ... di quella. Ci sono voluti anni, tanta ingiustizia e tanto dolore nel concedere credibilità alla donna che denuncia uno stupro. È chiaro che questa credibilità è ancora molto fragile, poiché sembra dipendere dalla qualità dello stupratore. In tutti i casi, ciò che è chiaro è che una donna che denuncia una violenza o abuso sessuale è esposta sempre al dubbio della sua testimonianza e, contro di questo, lo dice anche la legge, non c'è altra scelta, che stabilire la presunzione credibilità.
Difendere enfaticamente la presunzione d’innocenza di Woody Allen, dalle pagine di un quotidiano - quando non si tratti di risolvere un caso giudiziario, ma di essere di fronte a un problema etico – è essere contro la vittima. Chiedere la prova in un crimine in cui, per sua natura (se è un abuso su un minore, la forza è usata raramente) non si può averla, serve solamente a screditare la testimonianza della vittima. E naturalmente non ci sono testimoni.
Questo è un crimine senza testimoni, così che è sempre la parola dell’uno contro di quella dell'altra. Grazie alla lotta delle donne, del femminismo, gradualmente la legge ha ammesso che in questi casi, le accuse sono credibili perché verosimili e perché costa caro denunciare e nessuno lo farebbe liberamente.
Il vecchio argomento che, la ragazza o il ragazzo che denuncia “non distingue tra fantasia e realtà " è stato screditato.  Questa tesi si basa sul concetto che le ragazze sognano le violazioni del padre, perché in realtà sono innamorate di lui. Freud, il grande patriarca, si sforzò tutta la vita nel credere e far credere che i padri non violentavano le loro figlie, in realtà lo immaginavano perché lo desideravano. Così, pacificamente, le violenze non esistono, i padri sono buoni e le bambine delle troiette.
Io non chiedo la pena di morte, né l’ergastolo, neppure per i reati sessuali. Ammetto la possibilità del perdono per tutti i reati, anche per quelli sessuali. Non credo che si dovrebbero mettere gli anziani in prigione per fatti avvenuti molti anni fa, credo nella possibilità di riabilitazione per qualsiasi tipo di reato e, naturalmente, considero anche la possibilità che, a volte, un innocente possa essere condannato, cosa che dovrebbe essere evitata.
Credo, però che il primo dovere di una società di fronte a una denuncia per abuso sessuale infantile sia credere alla vittima e non colpevolizzarla, perché i numeri, l’esperienza, ciò che sappiamo circa la prevalenza di questi crimini, indica che è molto possibile che sia vero. Ci sono molte, moltissime violazioni che non si puniscono che le denunce di falso stupro: è un’incomparabile proporzione.
Non so, ovviamente, se Allen ha violentato o no la sua figliastra. Io, però, credo a lei. Le credo perché penso che la sua testimonianza sia abbastanza verosimile da crederle; le credo perché in un caso di abuso sessuale nell’infanzia c’è da pensare quanto sia difficile una cosa così e che ci siano più casi segreti di quelli denunciati.
Le credo perché è dimostrato che la stragrande maggioranza delle ragazze e delle donne che denunciano abusi dichiarano la verità. Le credo perché di fronte a una persona che racconta una storia così terribile, il difficile è non commuoversi, soprattutto, se non abbiamo alcun motivo per non farlo… se non egli non sia un genio del cinema e lei non è nessuno: solo una donna che afferma di essere stata violentata da un genio del cinema.
Eppure troviamo molti uomini in buona fede e presumibilmente non sessisti, che non conoscono nessuno dei due, che sono molto più propensi a difendere la sua innocenza che la verità di lei. Quando, vedo questi uomini, compagni di altre lotte, sconvolgersi perché una donna senza importanza accusa un uomo importante di abuso sessuale, quando vedo il modo in cui cercano di screditarla, difendendo lui e non sprecano un minuto del loro tempo, né una sola lettera dei loro articoli per difendere la credibilità della vittima o di tante vittime o provare un po’ di empatia per qualcuno che ha forse subito una delle cose peggiori che possano capitare a una bambina/o, ti rendi conto fino a che punto i privilegi sessuali siano interiorizzati e fino a che punto la solidarietà maschile, continui a funzionare.
La cosa peggiore non è mandare in carcere Woody Allen senza prove, non si tratta di questo. Riguarda i privilegi sessuali, riguarda gli uomini che pensano di poter imporre la loro volontà sui bambini e bambine, perché questi non hanno nessun potere e perché hanno imparato che la realizzazione di quel desiderio è quasi un diritto; di uomini che sanno che la bambina non parlerà, perché imparerà molto presto che ciò che le è accaduto è vergogna e colpa sua; di uomini che sanno che se anche parlerà, anni dopo, si dirà che lei è una pazza e molti medici penseranno che, in effetti, sia pazza; riguarda le madri che tentano di aiutare le loro figlie, che scoprono poi ciò che si dice di esse: che si muovono solo per vendetta contro questi uomini e che hanno manipolato questi bambini.
Riguarda il patriarcato. Dell’importanza che la società attribuisce all'abuso sessuale dei bambini, di come siano considerati aggressori e vittime e, pertanto, della credibilità che è data alle loro testimonianze.
Sicuramente lui incontrerà – e già ha incontrato - intellettuali, politici, persone potenti che lo difendono. Continuerà a fare film, lo applaudiranno, continuerà a essere ricco e famoso a fare una bella vita. Lei sarà messa di lato, la chiameranno bugiarda, la screditeranno e scaveranno nella sua famiglia per trovare panni sporchi. Se riuscirà a spuntarla e potrà dimostrare che fu violentata, allora sarà accusata di voler porre fine alla carriera di un genio.
Qualsiasi cosa faccia, lei non suscita nessuna simpatia, perché la percezione è che sarebbe dovuta restare zitta. Sarà anche possibile che lei si pentirà di aver reso pubblica la sua accusa, ma ciò dimostrerà la perversione del sistema e la correlazione tra forze.

Io le credo.


eldiario.es

(traduzione di Lia Di Peri)
                         

martedì 4 febbraio 2014

Come riconoscere se il mio amore è patriarcale.

di Coral Herrera Gómez




" la cosa che più mi preoccupa e come abbassare l'indice di egoismo"



Chiavi per trovare il patriarcato dentro di noi.


-      -  La possessività è patriarcale: le persone non sono nostre, ci accompagnano per un breve periodo lungo il cammino.
Se dimentichiamo che chiunque nasce libero e che gli esseri umani non sono merce; se dimentichiamo che le persone bisogna amarle come gli uccelli che volano liberi e liberamente arrivano alla tua finestra. Rinchiudere gli amabili uccelli e tappargli le ali è una vera crudeltà. Se dimentichiamo tutto questo, mentre cantiamo canzoni di amore patriarcale: “Io sono tua per sempre”, “ Lui è solo mio, il mio amore è tutto per lui.”, “Senza di te non sono niente”.

-     -   Le gerarchie dell’Amore sono patriarcali: dare tutto l'amore a una sola persona è gerarchizzare i sentimenti. Siamo tutti circondati da persone che ci apprezzano e apprezziamo. Abbiamo la famiglia, gli amici e persone con le quali condividiamo interessi. Dimenticare queste reti di amore e vivere per una sola persona è totalmente innaturale. Una persona non può essere la nostra unica ragione di essere felici. Troppa responsabilità. La tua felicità è dentro di te e nel complesso degli affetti che hai costruito. Dire “ sono sola”, quando ci sono tante persone che ti amano, è patriarcale. Gerarchizzare affetti ed emozioni è patriarcale, perché aprendo un po’ i nostri orizzonti affettivi, ci renderemo conto che amare è un fenomeno molto diverso.

-      - Sottomettersi o dominare un’altra persona è patriarcale, perché le relazioni basate sulla logica del padrone-schiavo sono patriarcali. Se si stabiliscono rapporti fondati sulla lotta di potere, si sta riproducendo la dinamica patriarcale delle relazioni sadiche e masochiste. Non mi riferisco alle persone che giocano in camera, ma della gente che gode umiliando o lasciandosi umiliare. Gli strumenti di controllo e di dominio sono sottili e pochi visibili, per questo tante donne, come gli uomini, nell’incontrarsi assumono ruoli opposti e riproducono l’eterna lotta di genere. Esse cercheranno di trattenerli nel calore di casa, essi cercheranno di far rispettare le loro libertà e i loro spazi. Essi cercheranno di trattenerli nel calore di casa, esse difenderanno o loro diritti e le loro libertà; gli uni e le altre cercando di portare sul loro terreno la persona amata, che sicuramente hanno conosciuto libera.

-     -  Pretendere che qualcuno rimanga accanto a noi, nonostante abbia già espresso il suo disamore o il suo rifiuto, è patriarcale. L’amore non si può pretendere, si dà, si riceve, si condivide liberamente. Qualsiasi meccanismo violento per spezzare la volontà altrui è patriarcale: minacce, ricatti, sporche strategie, ecc. Non permettere quindi, che nessuno obblighi a fare niente e stare attenti quando si ha bisogno di qualcosa da qualcuno, perché, senza rendersene conto, ci si comporta male. Fare autocritica per capire se si è una persona con etica amatoria o se si è senza scrupoli nella cerchia dei rapporti sentimentali.

-      -  Comportarsi male con la persona amata è patriarcale, perché le menzogne, i tradimenti, le urla, la violenza, le pretese, l’umiliazione, i ricatti, gli insulti, le minacce, lo abuso, il controllo e la sorveglianza, i continui rimproveri sono patriarcali. Se non si tratta con amore il proprio partner, in un piano di parità e di reciproco affetto, è necessario considerare di dover cambiare e de-patriarcalizzare il modo di relazionarsi. Perché gli abusi sono patriarcali, indipendentemente dalla loro provenienza.

Sopportare gli abusi è patriarcale. Perché siamo in grado di sopportare delle situazioni orribili e crediamo che si faccia “per amore”. La cultura sublima la donna che soffre, la dolorosa, la piagnucolona, perché solo raggiunge grandezza se è sempre maggiore il suo sacrificio. Così che molte adempiono il ruolo delle donne sofferenti senza considerare le conseguenze che questo potrà avere sullo stare bene, sulla psiche, sulle emozioni. Tanto peggio si comportano con noi, più vulnerabili e dipendenti siamo.  E poiché ci hanno insegnato ad aspettare che le cose cambino da sole o che qualcuno venga a salvarci, tardiamo molto a capire che il nostro partner non è una persona buona con noi, anche se davanti agli altri sembra un amore.  Il masochismo è patriarcale e deve essere evitato: sicuramente ci costa accettare che non ci amino o identificare quando il nostro compagno o amante non ci sta trattando bene. Non è facile sapere quando è il momento di finirla con queste situazioni, che lasciano ferite e che si prolungano a volte per tutta la vita, però qualunque momento è buono per rompere le catene che ci imprigionano, ci sminuiscono, ci torturano con romantica sofferenza. Come adesso, per esempio.

-       Essere egoista è patriarcale: stare a pensare sempre a ciò di cui si ha “bisogno”. Il nostro desiderio, i nostri sentimenti a tutto quello che l’altro non ci dà. Stare lì a pretendere. Isolare il partner dalla sua cerchia familiare e reti affettive è patriarcale. Pretendere di rinchiudere il partner nell’ambito domestico è patriarcale. Tenere il partner sempre dipendente da noi è egocentrismo. L’ego ci tende molte trappole patriarcali e si adatta superbamente ai privilegi di genere.

-      La colpevolizzazione è patriarcale. Perché è un’arma che serve a bloccarci e opprimerci. Perché possiamo usarla come arma per opprimere i nostri cari con atti di terribili ricatti. Le donne hanno vissuto immerse nella cultura cristiana della grande colpa e del peccato di Eva, per questo stiamo male per tutto: perché rompiamo con le relazioni che non ci rendono felici, perché lavoriamo e non accudiamo ai bambini, perché non diamo il cento per cento ogni giorno, perché ingrassiamo se non facciamo esercizi, perché decidiamo o perché non decidiamo.  Cerchiamo anche di far sentire in colpa con il vittimismo, l’uomo che ci lascia o la donna che confessa che non ci ama. Se ciò che vogliamo è raggiungere i nostri scopi, pretendendo che l’altra persona soddisfi i nostri desideri, dando dolore, stiamo cadendo nella cultura patriarcale che lega le donne con le sue invisibili catene.

-       La tradizionale divisione dei ruoli è patriarcale: Se si è donne etero che pensano che "tutti gli uomini sono uguali”, se si è donne lesbiche e si dà al partner tutto il potere, se si è gay e si decide di assumere il ruolo di “donna” con il partner, se si è lesbica e si decide di governare il rapporto, se si è un uomo eterosessuale che ha ancora problemi con la sua mascolinità e si fa maschio alfa per non sembrare beta… la divisione dei ruoli avviene non solo nelle coppie eterosessuali, ma in tutti i tipi di coppie. Anche nei gruppi: se alcune persone si riuniscono per celebrare la vita in campagna per mangiare carne arrostita, essi saranno intorno al fuoco, esse faranno l’insalata o puliranno, mentre ciascun gruppo parlerà delle sue cose, essi di calcio, moto, auto, ecc… esse di moda, salute, nutrizione, maternità e figli e pettegolezzi. Questa è la divisione dei ruoli: essendo donna devo parlare di determinati argomenti; per il concetto di femminilità devo fingere di essere fragile e debole; essendo uomo sono obbligato a essere coraggioso o aggressivo. In nome dell'amore, esse assumeranno il ruolo della principessa eletta al trono (sottomessa, compiacente, felice, addomesticata, tranquilla) ed essi si faranno carico dell’ideologia patriarcale mentre costruiscono la loro identità di genere e soffrono per tutti gli obblighi che comporta la mascolinità (apparenze, repressione delle emozioni, rapporti competitivi, contando i fallimenti sportivi, lavorativi e sociali).


Queste sono alcune delle chiavi per analizzare il patriarcato dentro di te e per il tentativo che stiamo facendo di de-patriarcalizzare le emozioni nel seminario on line, che conduco “ "Le signore che smettono di soffrire per amore"
 E’ un esercizio per cercare di capire come riproduciamo le strutture patriarcali nelle nostre relazioni o nel nostro modo di amare.
Dopo l'analisi, la proposta è di parlare e condividere queste chiavi per ripensare collettivamente il Romanticismo patriarcale, capire perché il romantico è politico e perché l'amore romantico è dannoso per l'uguaglianza.

Dopo aver individuato le chiavi romantiche della disuguaglianza, potremo costruire i nostri strumenti per affrontare le scoperte che abbiamo fatto dentro di noi. Dal forum, insieme lanciamo proposte per cercare altri modi di relazionarci, altre forme di amarsi in modo più egualitario e sano.


El Rincòn de Haika


(traduzione di Lia Di Peri)