giovedì 18 aprile 2013

Il femminismo di José Luis Sampedro

 Lidia Falcón, avvocata e scrittice. Leader del Partito Femminista


                                                                                 

                                                                              
José Luis Sampedro non solo era una persona buona, simpatica, gentile e compassionevole,lucido economista, ottimo insegnante, intelligente analista critico della attuale politica e  buon scrittore,ma era anche femminista. Ideologia che non pochi dei suoi esegeti dovrebbero avvalorare, visto che nulla risulta nell'elogio funebre che ho letto.

Ho conosciuto Sampedro in una intervista televisiva condotta da Mercedes Milá, nei giorni in cui questa riuniva personaggi del paese che avrebbero portato cultura ed intelligenza nei dibattiti televisivi e fu un amore a prima vista quel che sentì per lui, perché se lo meritava. Era incredibile in quei nefasti anni Ottanta che un uomo della sua età difendesse con la passione che lo caratterizzava, le idee più avanzate sulla condizione e i diritti della donna. Così è stato per tutta la sua vita.

Fu davvero generoso venire a casa mia, una soffitta nel centro di Madrid,avendo dovuto salire quattro piani a piedi,per fargli un'intervista da pubblicare nel numero dedicato all'amore nella rivista Potere e Libertà del Partito Femminista.  Le sue risposte su tutte le delicate  e importanti questioni circa i sentimenti, la sessualità, le relazioni tra donne e uomini e tra padri e figli furono le più riuscite ed originali tra tutte quelle datemi dai diversi intellettuali intervistati per quel numero. Non solamente perché accettava l'eguaglianza tra una donna ed un uomo, il  diritto della donna ad una sessualità libera e  gioiosa,al controllo delle nascite e all'interruzione della gravidanza non desiderata e rifiutava sdegnosamente il machismo dominante nella maggior parte degli uomini, ma perché era capace di comprendere la sensibilità femminile, le loro speranze e le frustrazioni e dolersi dell'oppressione che pativano le donne nel mondo intero, con una tenerezza che commoveva. Quell'intervista dovrebbe essere studiata nei college e nelle università, come insegnamento agli studenti e docenti,nelle quali tanti intellettuali che oggi mostrano un antifemminismo pecorone e ripetitivo.

Il suo femminismo era accoppiato e intrecciato - come dovrebbe essere - ai suoi principi rivoluzionari. Ricordo la notte  che alcuni fedeli militanti ci riunimmo a Plaza de Colón per esprimere il nostro appoggio all'Esercito Zapatista del Messico che aveva fatto la sua prima apparizione pubblica. Ci parlò, con la sua caratteristica indignazione, del male intrinseco del sistema capitalista. E lo diceva dalla sua esperienza di cinquanta anni di cattedra in economia, dalle sue osservazioni e viaggi in numerosi paesi. E ci mise in guardia " Non aspettatevi niente dal capitalismo! Niente più che sfruttamento, guerra e morte! All'interno del capitalismo non si può chiedere nessuna giustizia, nessuna distribuzione della ricchezza, nessuna pietà per i più deboli". Ed egli che per la sua ascendenza familiare e per le sue relazioni sociali avrebbe potuto ottenere profitti politici, sociali ed economici, così  come tanti personaggi di meno valore godono attualmente, fu sempre fedele alla sua ideologia, difese sempre pubblicamente le sue critiche ad un sistema, benedetto in tutte le cattedre e sedi e mai convenne, né tollerò la menzogna della propaganda ufficiale.

La sua coerenza con i pensieri e gli ideali che difendeva la di-mostrava con il suo comportamento. Quando l'ho incontrato aveva da poco perso la moglie e il profondo dolore che gli causò segnò per tutta la vita. Era stata la sua compagna,amante, amica e parlava di lei come pochi uomini sanno fare della moglie con la quale hanno vissuto per molti anni. Cambiò casa, perché mi confessò non sopportava di continuare nello stesso ambiente nel quale l'aveva avuta vicina, annegato nella solitudine e nella perdita della sua compagna. Mi raccontò come aveva scritto il romanzo La Sonrisa Etrusca, mentre la moglie era ricoverata in ospedale andandola  a trovare  e leggendole ciascun capitolo, di come lei si entusiasmava e commentava. La Sonrisa Etrusca, una deliziosa cronaca della evoluzione dell'uomo elementare e machista verso la comprensione delle questioni femminili ,analizza e critica, meglio di molti saggi,le radici del machismo e i conflitti tra i sessi .Io ho diffuso il suo lavoro tra le compagne femministe e la sua lettura generò adpti e amiche con le quali è rimasto in corrispondenza  fino alla fine della sua vita.

Ma è nella sua opera più originale L'amante lesbica,che si esprime in tutta la sua profondità e trascendenza la complessità dei ruoli sessuali degli esseri umani. E' inaudito che un autore di ottant'anni,nella scagliosa Spagna di sempre,possa pensare e difendere i principi espressi nel romanzo, con la particolarità che chi scrive, lo fa in prima persona,senza che gli importi delle scandalizzate critiche che poteva ricevere dai più reazionari e misogini scrittori che formano la cupola dell'attuale  letteratura spagnola. Ci felicitammo io e Carlos París, quella volta che abbiamo saputo dell'ammirazione che aveva suscitato in tanti lettori e lettrici ed egli, lucidamente ci ricordò che il criterio  delle classi dominanti, compreso quello culturale, non corrisponde a larghi strati del popolo, molte volte più avanzati e rivoluzionari. Sia il movimento femminista,come quello LGBT, dovremmo rendergli  quell'omaggio che con tanta tircheria è stato negato.
Da parte mia, ho reso  il mio umile tributo dedicandogli la mia opera teatrale ¡Vamos a por Todas!ed egli mi ha ringraziato con una lettera che è un gioiello.

José Luis Sampedro si mostrava particolarmente irritato con le regole e i dogma della chiesa cattolica,soprattutto in relazione a divieti, la segregazione e il disprezzo con i quali tratta le donne e lo esprimeva in tutte le  possibili occasioni, nelle conferenze, interviste e programmi televisivi, con una chiarezza e fermezza che non ha la maggior parte degli intellettuali e politici di sinistra del nostro paese, sempre così pusillanimi e melliflui nei loro giudizi sulla Chiesa.

José Luis Sampedro, fino alla fine ha sempre risposto alle mie lettere, sempre letto i miei libri. Di lui conservo come un tesoro l'elogio che mi fece quando lo chiamai la prima volta,per disturbarlo, chiedendogli di partecipare alle azioni che stavo organizzando, non  negandomi nulla,  perché era una persona che aveva sempre ammirato la mia coerenza.

 Ma, l'ammirato e amato per la sua, per il suo coraggio,per la sua lucidità, per la sua indipendenza e per il suo femminismo era lui.

publico.es

(traduzione di Lia Di Peri)

mercoledì 17 aprile 2013

Quelle donne immorali : le femministe

di Mercedes Rodríguez, docente di Psicologia dell'Università di Puerto Rico



                                             
                                                                    





Accusare di immoralità le donne in generale e le femministe in particolare è stato un referente in molte discussioni circa i diritti umani delle donne, nel corso della storia,in ogni tempo e in ogni luogo il mondo.
I paladini della morale politica e religiosa hanno messo in guardia la gente su ciò che chiamano le nostre " agende segrete" e le descrivono pericolose,perverse, promiscue, anti-famiglia,pedofile e "bestialiste" - atti in apparenza immorali.  Non è un caso la "confusione", né l'insulto : bollare di immoralità una persona,un gruppo, una famiglia, è una grave offesa che mira ad annientare la dignità e credibilità di coloro che vengono attaccati. L'insulto  è inoltre pianificato per paralizzare, mettere a tacere ed annullare le azioni.
Dagli anni '70 (per citare il tratto che ho più fresco nella memoria della partecipazione) le femministe sono state attaccate, giudicate, derise, scuoiate e in tanti modi perseguitate e represse per essersi espresse, riunite ed organizzate per denunciare i pregiudizi e le ingiustizie, per difendere il valore supremo della persona e per voler rivendicare i diritti di tutti gli esseri umani e delle umane. Mettendo in prospettiva le lotte sul corpo delle donne, penso all'agenda "delle immoralità"che abbiamo sviluppata e appoggiata nel corso degli ultimi 40 anni. Per grandi linee e senza pretesa di esaustività, nell'"agenda segreta" ho incluso:


- Convalidare le esperienze, le prospettive e le voci delle donne e loro importanza in tutti i settori dello sviluppo umano.

- Spiegare e promuovere nelle università e Centri di studio, così come nella gestione sociale e governativa, l'integrazione della prospettiva di genere: una nuova categoria di analisi, di ricerca, di discussione e di approccio, dalla quale si sono ripensati e trasformati tutti i saperi e le discipline accademiche che formano il modo di intendere la/le storia/e dell'umanità.

- Visibilizzare e denunciare le manifestazioni di discriminazione per ragioni di genere delle strutture patriarcali insieme ai diversi casi di violenza sessuale, collegandole con altre diseguaglianze, come la discriminazione nei confronti dei bambini, degli anziani; la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale che colpisce la vita di lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender, la discriminazione a causa della disabilità, razza, colore, origine, nazionalità o lo status di immigrazione  ...
Promuovere emendamenti alla legislazione per superare le esclusioni nella loro lingua e le disposizioni  e di chiarire e garantire l'inclusione nelle protezioni legali.


- Rivendicare l'uso di un linguaggio non sessista che elimini stereotipi e pregiudizi e proporre modelli che integrino la prospettiva di genere e dei diritti umani nei curricula e pratiche educative, che promuovano il rispetto per il valore e la dignità di tutte le persone e che coinvolgano gli individui e gruppi con l'"impegno" di costruire la pace con giustizia in tutti gli scenari di convivenza.

- Sostenere strategie globali,multidisciplinarie e multisettoriali per la prevenzione della discriminazione e la violenza e per la promozione della pace con giustizia.

- Denunciare la violenza machista e colonialista in tutte le sfere della vita, dal quotidiano allo strutturale esigendo il rispetto delle libertà civili, sociali e politiche e la piena partecipazione delle donne.

- Difendere il diritto alla salute e l'autonomia sessuale delle donne, compresi i loro diritti riproduttivi e il diritto alla pianificazione familiare, con accesso a tutti i servizi necessari prima, durante e dopo la gravidanza, così come il diritto di scegliere  un aborto sicuro e legale, se deciderà di interromperla.

- Denunciare la femminilizzazione della povertà, esigire giustizia salariale  ed economica, sostegno, alloggio, occupazione e opportunità di sviluppoper le capo-famiglia e le sue figlie e i figli.

- Combattere la violenza di genere nei media.

- Promuovere, pubblicare e distribuire materiale educativo (libri,giornali,volantini) su tematiche legate alle questioni di genere per l'orientamento e la formazione delle donne e della comunità.

- Favorire lo sviluppo di sensibilità, atteggiamenti e pratiche militanti delle "donne che aiutano le donne"nella denuncia di discriminazione, di violenza e disuguaglianze di genere e la promozione della benessere  personale  collettivo.


L'"immoralità" femminista oltrepassò i limiti cambiò la privacy e la pace familiare portò alla luce comportamenti come l'incesto e la violenza sessuale, psicologica e fisica nelle relazioni di coppia. Il personale diventò politico rivelando che le regole patriarcali di "casa dolce casa" stavano non solamente nascondendo la violenza ma anche la riproducevano.Si è scoperto che questa "tradizione di famiglia" ereditata, quasi di nascosto, di generazione in generazione provoca danni,spesso irreparabili, nelle famiglie più vulnerabili e,  conseguentemente,di tutto l'intero tessuto sociale.

Grazie alle nostre "immorali" denunce abbiamo messo  sotto accusa la promessa matrimoniale di stare insieme "finché morte non ci separi",sigillata dal rito religioso. Abbiamo rivelato che, per molte donne,questa promessa diventava una reale minaccia di morte per il comportamento, non molto cristiano,dei mariti aggresssori e  ancor peggio,per l'indifferenza delle istituzioni sociali, religiose e giuridiche che,di fronte a segnali letali distolgono lo sguardo alleati del machismo istituzionalizzato nella famiglia tradizionale.
 Nulla è stato nascosto. Tutto ciò che veniva occultato sotto il mantello dell'unità familiare è stato rivelato dalle testmonianze delle donne che trovavano nei progetti femministi la fiducia, il sostegno e la protezione per condividere le verità più intime e dolorose. Gli sguardi femministi si puntarono sulle richieste del rispetto per la vita delle donne, per la loro integrità e dignità, per la pace con giustizia. Di fronte ad un concetto patriarcale dell'amore di coppia e dell'unità familiare dove trovava ampio spazio la violenza, assumemmo una risposta inequivovabile di rifiuto.

Cambiare " il mondo" dal micro-spazio personale e familiare, così come gli spazi collettivi e politici diventò un imperativo della coscienza individuale e collettiva per le donne che  trovavano nel femminismo i fondamenti etici, gli strumenti e la solidarietà per rifiutare la violenza di genere e promuovere la partecipazione delle donne e la pace con giustizia in tutti i settori.
(...)

Mentre il patriarcato difende l'integrità della famiglia ( con la violenza nascosta e banalizzata), il femminismo difende l'integrità della vita delle persone che costituiscono le famiglie.
Mentre il patriarcato vuole delegittimare ed escludere come famiglie quelle persone e coppie che non siano eterosessuali, il femminismo accoglie tutte le diversità e chiama all'amore e rispetto dei diritti umani di tutte le persone.
Mentre il patriarcato squalifica maternità e paternità esercitate responsabilmente e amorevolmente dalle coppie dello stesso sesso, il femminismo dà il benvenuto alla generosità e libertà dell'amore,sia biologico che non, che accoglie, protegge,cura, l'infanzia.
Mentre patriarcato sostiene di essere il custode e guardiano della morale sessuale di comodo che nasconde e la violenza ed esclude, il femminismo la denuncia ed assume l'etica sociale della solidarietà, l'etica della giustizia dell'inclusione e la difesa delle famiglie e di tutti i suoi membri con rispetto e senza violenza.
Ovviamente, le femministe, queste "donne immorali" hanno fatto qualcosa di brutto: hanno sovvertito  il sistema e minacciano di fare la pace con giustizia; inoltre,amano, proteggono, difendono, accompagnano, sostengono,rinnovano e annunciano speranzose  un altro modo di essere, umano e libero... è possibile.
" Brilleremo"...con tutte le diversità, tutte le voci,tutte le vite: siamo tutte e siamo "una donna".
Immoralmente imperdonabili!

80grados





(traduzione di Lia Di Peri)

lunedì 15 aprile 2013

Wounded Knee e la memoria collettiva

Capo Joseph Brings Plenty*
The New York Times

La parola sioux lakota takini significa " morire e tornare", però spesso la si traduce semplicemente come " sopravvivere". E'una parola sacra che è stata per molto tempo associata con il massacro perpetrato dai soldati del Settimo Reggimento di Cavalleria degli Stati Uniti contro un gran numero di uomini,donne e bambini inermi Lakota, nell'inverno del 1890.
Wounded Knee è stata definita l'ultima battaglia della guerra americana contro i popoli nativi. Ma non fu una battaglia, fu un massacro.

Le truppe dell'esercito intercettarono e catturarono un gruppo di centinaia di Lakota sotto la guida di Big Foot, un capo dei Sioux Mnicoujou,mentre si dirigevano alla Riserva di Pine Ridge in cerca di cibo e riparo.Dopo aver passato la notte bevendo,la mattina successiva quando le camicie azzurre stavano disarmando i guerrieri lakota partì un colpo.I soldati aprirono il fuoco con i loro fucili Hotchkiss. Rimasero uccisi, circa 150 Lakota,anche se altre stime parlano di 300 e più.
La nostra lotta per sopravvivere come popolo continua ancora oggi, per preservare non solo la nostra cultura e la nostra lingua, ma anche la nostra storia e la nostra terra. Anche se attualmente vivo ad ovest della Riserva Indiana del Río Cheyenne sono cresciuto a Pine Ridge,con la mia gente Oglala, a pochi chilometri da Wounded Knee. Un membro della mia famiglia è sopravvissuto al massacro, tutti gli altri sono morti.

La carneficina continua a suscitare grande  emozione tra il nostro popolo  - ricordi di corpi assiderati e in forme contorte, di coloro che furono inseguiti e uccisi mentre scappavano e di quelli che fuggirono nel freddo glaciale per le pianure battute dal vento.Queste storie, tramandate dagli antenati vivono in noi.

Una storia che mi ricordo chiaramente, me la raccontò quando avevo 8 anni, un'anziana, la cui madre da piccola sopravvisse al massacro. La madre le raccontò che quando cominciarono a volare proiettili, sua madre l'ha protetta con il proprio corpo. In quel momento un giovane guerriero a cavallo la sollevò tra le su braccia allontanandola dal pericolo. Quando la piccola si voltò indietro, vide la madre cadere con il petto lacerato dai proiettili. Mi disse che sempre  ricordato il sapore salato delle lacrime. L'anziana nativa mi raccontò questo, dopo che avevo preso una saliera. Il sale da sempre era associato alla madre.
Ci sono molte storie come questa. Il potere spirituale di Wounded Knee spiega perché i membri del Movimento dei Nativi Americani tornarono sul posto nel 1973 per richiamare l'attenzione sull'ingiustizia economica e culturale commessa contro i nostri fratelli e le nostre sorelle dei popoli nativi.
Adesso, la nostra eredità è in pericolo di ridursi ad una transazione immobiliare: un altro lotto della nostra terra va al miglior offerente.
Le urla degli assassinati tuttavia riecheggiano tra le colline, le grida che risuonano nei nostri cuori ogni giorno della nostra vita.Ma, forse, saranno soffocate con i bulldozer e con il tintinnio delle monete commerciali.
Wounded Knee è passato dal controllo del popolo Oglala a mani private, attraverso un processo conosciuto come parcellizzazione, che è iniziato alla fine del del XIX secolo, con la quale il governo federale ha diviso la terra tra gli indigeni e ha consegnato altre particelle a soggetti esterni alla comunità. Lo scopo era quello di  trasferire il controllo delle nostre terre collettive ad altre persone e insegnare ai Lakota e ad altri popoli nativi il concetto estraneo di proprietà privata.Per noi, questa misura era semplicemente un'altra forma di furto.Il proprietario del sito di Wounded Knee che detiene il titolo di proprietà del lotto di 40 acri dal 1968, vuole venderlo per 3.9 milioni di dollari. Se gli Oglalas di Pine Ridge non lo compreranno entro il 1° maggio verrà messo all'asta.
La Riserva di Pine Ridge è uno dei luoghi più poveri degli Stati Uniti e gli Oglala sono afflitti da debiti, quindi sarà molto difficile ottenere questa quantità di denaro. Gli anziani giustamente chiedono, perché dovrebbero pagare. Il governo federale dovrebbe comprare questa terra e il presidente Obama dovrebbe ordinare che lo si preservi come monumento nazionale, come ha fatto il mese scorso con cinque siti federali del paese, tra cui uno in Maryland in onore di Harriet Tubman e la Underground Railroad.

Il luogo della strage ha un significato di grande importanza non solo per il popolo Lakota, ma per tutti i popoli nativi e degli abitanti del paese. Wounded Knee deve rimanere un luogo sacro nel quale le voci dei danzatori degli spiriti che da oltre un secolo danzano per il ritorno delle antiche forme di vita, continuino a risuonare tra i pini; nel quale  gli spiriti dei grandi continuino a camminare per le colline.  E nel quale Takini conservi il suo significato: la sopravvivenza della memoria collettiva.

Jefe Joseph Brings Plenty* ex direttore della tribù Sioux, docente di cultura Lakota nella scuola Takini della Riserva Indigena di Rio
Cheyenne.
rebelion.org









(traduzione in italiano di Lia Di Peri)