giovedì 9 febbraio 2012

La violenza simbolica

Come influenza le nostre azioni e i nostri piaceri?

Grupo de Mujeres Ixchel 


 E' noto che le relazioni tra i sessi  - tra i due sessi - sono cambiate nel corso di lunghi e duri tempi della lotta femminista. Ma solo superficialmente.

Questo significa che l'immagine che abbiamo delle nostre relazioni interpersonali, quelle che sperimentiamo ogni giorno,non sono di più che un'immagine. Una bella e abbellita immagine che prendiamo per vera quando in realtà, nella migliore delle ipotesi è parzialmente falsa. Fortunatamente questa deve essere sempre curata, il che rappresenta per noi un vantaggio.

Non si fraintenda: non sto dicendo che le relazioni interpersonali non siano reali, ma ai nostri occhi esse si presentano in modo alterato.
Mi spiego: a titolo semplificativo e per non avventurarmi troppo,affermerò che un'alta percentuale avrà udito  spesso che " le donne abbiamo/hanno conquistato la sfera pubblica". Il valore di verità di questa affermazione è innegabile: ci sono donne che hanno un lavoro retribuito, cioè svolgono compiti e ricevono una somma di denaro in cambio.
La questione alla quale mi riferisco in questo articolo non riguarda  l'ingresso delle donne nella sfera pubblica, ma il modo in cui vi entrano - quelle che lo fanno.

E' strano che, in generale, i posti di lavoro occupati dalle donne siano legati al campo della cura. Così lavori come il mantenimento della casa, l'assistenza agli anziani,l'istruzione o la cura dei bambini e bambine o la salute sono altamente femminilizzati. Perché ciò avviene? Cosa porta le donne a scegliere queste professioni?


Per cercare  di dare modestamente una risposta a queste importanti questioni ricorrerò ad un libro, che vi raccomando, intitolato La dominazione maschile, di Pierre Bordieu, il cui concetto chiave è la violenza simbolica.

La violenza simbolica


Nel mondo, ci dice Bordieu, esiste un ordine di cose stabilito, nel quale ci sono rapporti di dominio che impongono normativamente modi di agire, di essere, di interagire, di sentire, ecc. Ovviamente e come conseguenza di ciò vi sono anche forme non-normative dello stesso o, in altre parole, forme che nascono ai margini del normativo (o regolamento).
 Nel caso della dominazione maschile questa normatività appare ai nostri occhi come accettabile e, quel che è peggio, naturale.Paradossalmente ciò che ha una nascita storica, si mostra come eterno,naturale e, pertanto,necessario e immobile.Così attraverso l'arduo lavoro delle istituzioni (famiglia, stato, chiesa, scuola, ecc.) per neutralizzare la storia e fare che i risultati di questa possano apparire come naturali è il modo in cui le relazioni di dominazione maschile vengono naturalizzate, perdendo la loro storicità. Tutto questo è conseguenza della violenza simbolica.

La violenza simbolica sarebbe quella forza impercettibile a coloro che la subiscono - tale che siamo tutti e tutte, dominati e dominatori e che ci fa sentire, conoscere, riconoscere, comunicare, agire ed essere in un certo modo e non in un altro.
Cosi sia la Donna che l'Uomo - entrambi maiuscolo dato che mi riferisco agli archetipi di ciascuno di essi - si aspettano certe cose e, di conseguenza, altre no. Ecco il percorso simbolico che, avendo come guida detti prototipi irraggiungibili, ostacolerà la vita delle persone, dipendendo queste dagli organi genitali con i quali vengono al mondo.
Questa violenza invisibile marchierà a fuoco una serie di disposizioni negli individui che,anche se molte persone lo credono,non sono assolutamente naturali.

Disposizioni tipicamente femminili sono ad esempio, come prendere un neonato, dal momento che siamo militarmente addestrata durante la nostra infanzia, o chiedere al nostro partner se ha preso la sua pillola, perché sempre se ne dimentica, o se ha mangiato bene durante la sua permanenza fuori casa,perché sei sempre tu che cucini.
Le disposizioni tipicamente maschili sono per esempio, portare le borse della spesa, quando si hanno le mani libere, perchè crede che tu non possa o ti lamenti, che dica " ti aiuto" molto in casa perché presuppone che i compiti domestici siano solo tuoi o le sistematiche dimostrazioni di cortesia o deferenza che spesso ci bloccano l'ingresso della porta cedendoci reciproco e ripetutamente il passo.
Queste disposizioni sono il frutto di questa etera violenza.

Che fare allora davanti alla violenza simbolica?

Come possiamo notare, anche se questa violenza è invisibile la sua manifestazione è onnipresente.
Quali sono le nostre alternative? Ce ne sono? Possiamo uscirne o al contrario è qualcosa di inevitabile di fronte alla quale rimane solamente la rassegnazione?
Non è certamente un compito facile liberarsi di qualcosa che è così radicata in noi,ma che in realtà non lo è.
Ad essere sincera non ho la ricetta contro la violenza simbolica, però credo che iniziare a parlarne sia già un piccolo sovvertimento.
Quello che so lo dice Bordieu a riguardo, che riassume molto brevemente una risposta.
Come già accennato, alcuni risultati storici come il pre-dominio maschile o la divisione sessuale del lavoro hanno subito un processo di "naturalizzazione" mediante la quale si sono trasformati da prodotti contingenti a  qualcosa di naturale, ciò è stato accettato ed è diventato parte delle nostre vite. Questo processo è dato dal sistematico esercizio di una serie di istituzioni correlate (famiglia, Stato, chiesa,scuola, ecc.) per perpetuare questi rapporti di dominio.

 La proposta di Bordieu è quella di invertire questo processo, de-naturalizzando lo storico, vale a dire, che ciò che è stato considerato come naturale non lo è dovendo la sua esistenza a condizioni storiche specifiche. Parallelamente occorerebbe distruggere le istituzioni che hanno portato a questo processo di perpetuazione dello storico. Per questo l'autore auspica una mobilitazione politica e di resistenza di massa da parte delle donne.
Questa rivolta femminista dovrebbe indirizzarsi a fare pressione per le riforme e i cambiamenti politici e giuridici. Resteranno 'sfumati' piccoli gruppi di solidarietà e di sostegno reciproco per lasciare posto a questa ribellione contro la dominazione simbolica che avendo un comune obiettivo darà vita ad altri gruppi di resistenza e di lotta. Questi ultimi, insieme ai gruppi omosessuali in azioni comuni,porranno fine a quelle istituzioni che hanno contribuito, contribuiscono  e contribuiranno - se nulla si farà - ad perpetuare le relazioni di subordinazione di cui siamo vittime.
 Per nostra fortuna, questo ordine che governa il mondo ha perduto il suo falso carattere naturale e con esso la sua indiscutibile permanenza. Sappiamo che non è facile smettere con i rapporti di dominio - ma nessuno ha detto - né a noi né a coloro che ci hanno preceduti nella lotta - che sarebbe stato facile.
 Dobbiamo pertanto, giorno per giorno,dubitare dell'ovvio, sospettare dell'evidente e mettere in discussione sia le nostre azioni che il modo col  quale ci relazioniamo con i generi e, soprattutto, avere speranza.

Una speranza guerriera.

Grupo de Mujeres Ixchel.

(traduzione di Lia Di Peri)























martedì 7 febbraio 2012

Un triste riepilogo

Ciudad Juárez,il doppio crimine contro le donne.



Nel 1983, un decennio prima che questa città acquistasse notorietà internazionale per la storia dei femminicidi e della sparizione delle donne, la società juarense fu scossa dal caso di Cynthia Liliana González Rivero, una bambina sequestrata, violentata e assassinata, con particolare sadismo.


L'ufficio della Procura Generale dello Stato, a capo del quale vi era Toribio Porras Villegas, volle chiudere il caso sbrigativamente ed accusò Lucas Juárez Lozano, operaio edile,del delitto senza che vi fossero prove concrete. Lucas Juárez Lozano fu condannato a 35 anni di carcere sulla base di una sola testimonianza fatta sotto pressione  e tortura.


La stampa e la cittadinanza di Juarez si convinsero che si trattava di un "capro espiatorio". Nel 1986 il governatore del PRI,Fernando Baeza Meléndez ordinò l'indulto per Juárez Lozano. Tra l'opinione pubblica prevalse l'idea che i veri responsabili fossero "diversi giovani", figli di personaggi influenti in politica e in economia di Ciudad Juárez.


Nessunò li indagò. Il giudice che condannò Juárez Lozano era José Chávez Aragón.Per i suoi buoni servizi, ascese a giudice della Seconda Camera Penale e divenne tra il 2004 e il 2007,presidente della Corte Suprema dello Stato di Chihuahua.


La catena di impunità iniziata nel 1993 è arrivata fino al 2010 con il caso di  Rubí Marisol Freyre, una ragazza di 17 anni, assassinata a Chihuahua nel 2008. L'ombra del giudice Chávez Aragón era presente in questo omicidio.


Nel maggio del 2010 i giudici Catalina Ochoa Contreras, Nezahualcóyotl  Zúñiga Vázquez e Rafael Baudib Jurado, quest'ultimo protetto da Chávez Aragón, lasciarono libero il reo confesso dell'assassinio di Rubì,Rafael Barraza Bocanegra.


" E come se avessero ucciso due volte mia figlia" affermò Marisela Escobedo quando ebbe notizia della scarcerazione dell'ex fidanzato della figlia. Marisela Escobedo non fidandosi della Procura di Stato investigò per proprio conto, trovando e dichiarando  l'indirizzo di  Barraza Bocanegra a Fresnillo, Zacatecas.


Accusò la magistratura, la procuratrice statale Patricia González e il governatore César Duarte di far parte di una rete di complicità che protegge i veri colpevoli dei femminicidi.


Diede vita inoltre ad una protesta senza precedenti contro il Palazzo del Governo di Chihuahua. Fu lì che il 17 dicembre del 2010, un uomo le sparò a bruciapelo in testa. Il video dell'esecuzione ha fatto il giro del mondo.


Sei mesi dopo l'assassinio di Marisela, la sua memoria stringe una società castigata dalla paura e dall'impunità. " mai avrei immaginato che avrei dovuto consegnare ai figli, il corpo di una madre. E' stata la prima volta in dieci anni" dichiarò Norma Ledezma, durante l'iniziativa il Dialogo per la Pace, guidata da Javier Sicilia,che sosteneva i familiari delle vittime, davanti a Felipe Calderón, il 23 giugno del 2011, in Castillo de Chapultepec. 


La figlia di Ledezma, Paloma Angélica Escobar Ledezma, scomparve  a soli 16 anni nel marzo del 2002. Lavorava come operaia nella fabbrica ( maquiladora) Aerotec  e studiava alla scuola di informatica,Ecco.


Una settimana dopo, il suo corpo fu trovato in un torrente vicino alla strada di Aldana. Accusarono l'ex fidanzato Vicente Cárdenas Anchondo. Ma le prove sembravano fabbricate per incolparlo.


Gli attivisti dei diritti umani, così come i parenti delle vittime dell'ondata di violenza che affligge il Messico, sanno bene che in due decenni di femminicidi a Ciudad Juárez, l'impunità e la costruzione di colpevoli sono una costante.


Lunedì scorso, Ledezma ha annunciato che " davanti all'indolenza dello Stato e dell'insensibilità di fronte al nostro dolore" il caso della figlia arriverà davanti alla Corte Interamericana dei Diritti Umani.


 Cifre nere e falsi colpevoli.


La fabbricazione di colpevoli va di pari passo con l'aumento dei femminicidi e sparizione di donne. Dal 1° gennaio del 1993 al 30 giugno del 2010 sono 887 le vittime del femminicidio a Ciudad Juárez, secondo il computo della ricercatrice del Collegio della Frontiera Nord, Julia Monárrez, che ha monitorato in modo tempestivo i casi. L'associazione Nuestras Hijas de Regreso a Casa enumera 42 giovani donne scomparse  solo tra il 2008 e il 2009.


Da una ricerca emerografica ,Norma Ledezma, ha dichiarato che nel primo semestre del 2011 sono stati commessi 187 femminicidi nello Stato,di cui 117 a Ciudad Juárez.


Il caso più documentato di fabbricazione di un colpevole è quello di Edgar Alvarez Cruz, un operaio edile, migrante messicano che viveva  a Denver, Colorado e al quale furono attribuiti in un primo momento, più di 100 crimini, poi solo 17 ed ora solo l'omicidio di Mayra Juliana Reyes Solís, una delle vittime del campo Algodonero.


Nel rapporto non v'è alcuna prova concreta che lo colleghi a Reyes Solís, ma solo la testimonianza di Jose Francisco Granados de la Paz, un detenuto con problemi di dipendenza e depressione cronica, rinchiuso ad Almoloya.


Nell'agosto del 2006, l'ambasciatore statunietense Antonio Garza  avallò la versione che Alvarez Cruz fosse il responsabile di oltre cento crimini e coinvolse il governo degli Stati Uniti nella costruzione di un colpevole nei femminicidi di Juárez.


Dal 2006, Alvarez Cruz resta in carcere a Ciudad Juárez, per scontare una pena di 26 anni, pur essendo stato assolto in primo grado dalla giudice Catalina Ochoa Contreras,la stessa del caso di Rubi Marisol. Il pubblico ministero si è appellato e un'altra  giudice Flor Mireya Aguilar l'ha condannato.


" Sono stato condannato per ordine della procuratrice Patricia González”,accusa Alvarez Cruz, intervistato nel carcere di Ciudad Juárez. A sua volta, la moglie María Teresa Peinado Portillo, ha dichiarato che l'ex pm nei casi di femminicidio, Connie Velarde, la psicologa Karina Muriel e il comandante Vidal Barraza minacciarono Edgar Alvarez perché si dichiarasse colpevole.


Intervistata  María Teresa Peinado ha dichiarato: " Nessuna delle madri delle vittime accusa  Edgar. La mamma di Mayra ( una delle donne trovate morte nel campo di Algodero) la signora Gloria Solis, ha dichiarato che non crede alle indagini che hanno portato alla colpevolezza di mio marito". María Teresa sostiene che le accuse contro il marito sono prive di fondamento, perché quando Mayra fu assassinata, Edgar Alvarez viveva a Denver , in Colorado, ed è comprovato dai pagamenti a lui effettuati come muratore.


"Mi hanno molestata l'ex procuratora  Patricia González e la giudice  Flor Rocío Munguía González. Sono stata controllata 24 ore al giorno. L'assistente procuratora,María del Pilar Pérez de la Fuente è arrivata a dirmi che Edgar viaggiava da Denver per tutta la notte per commettere i femminicidi a Ciudad Juárez”,racconta  María Teresa.
L'interesse a tenere Edgar Alvarez in prigione non è un interesse da poco. Il governo di Chihuahua aveva bisogno di attribuire i femminicidi di Campo Algodonero.


Nel novembre del 2001 in questo terreno abbandonato furono ritrovati otto scheletri, lasciati alle intemperie, fuori dall'Associazione delle Maquiladoras, in una delle zone più frequentate di Ciudad Juárez, a pochi metri dal consolato nordamericano. Secondo gli esperti, la scoperta del campo di algodonero  si è trasformata nel caso più emblematico del modus operandi dei femminicidi di almeno 94 donne.


Le autorità coinvolsero come presunti colpevoli alcuni autisti che  soprannominarono la Banda degli Autisti. Nel luglio del 2005 è stato rilasciato Víctor García, El Cerillo, che fu accusato insieme a Gustavo González Meza, La Foca, di essere responsabile dei crimini commessi nel campo di algodonero. Alla fine si è provato che sia El Cerillo che La Foca furono torturati affinché si incolpassero. La Foca è stata ucciso in carcere,mentre Víctor García è tornato libero grazie al sostegno delle madri delle vittime del Campo Algodonero.


Accuse


Per quasi due decenni sono stati costruiti molti " capri espiatori" come l'Egiziano, Gli Autisti ed ora Edgar Alvarez, il quale è accusato di far parte della Banda del Carro Rojo (Macchina Rossa),perché si presume che viaggiasse con questo mezzo per commettere gli omicidi.
Torturati, assassinati o rilasciati tardivamente, alla fine tutti questi casi confermano una costante a Ciudad Juárez.
Tra il 1995 e il 1996, quando si commisero svariati crimini con il maggiore sadismo nella storia degli assassini seriali di Juárez, le autorità si inventarono una storia per coinvolgere un cittadino di origine egiziana.


Uno di questi femminicidi è stato quello di  Silvia Irene Rivera Morales, giovane studentessa di 17 anni scomparsa il 17 luglio del 1995. La madre,Ramona Morales, denunciò la scomparsa al Pubblico Ministero, ma le autorità le dissero che " forse, sua figlia è con il suo ragazzo o sarà con una sua amica".


Il 9 settembre dello stesso anno, il corpo di Silvia fu trovato insieme a quello di  Olga Alicia Carrillo e Rosario García Leal in un  terreno abbandonato del Lotto Bravo. I tre corpi presentavano segni di violenza e tortura. L'autopsia rivelò morsi ed amputazioni della mano sinistra e parziale amputazione del capezzolo.
Nella sua testimonianza davanti all'Alto Commissario per i Diritti Umani dell'ONU, nel novembre del 2003,la madre Ramona Morales dichiarò che " gli investigatori trovarono poi un colpevole. L'Egiziano, Latif Sharif Sharif, che era già detenuto per altri presunti omicidi di donne"  l'Egiziano fu incolpato di più di sei brutali femminicidi avvenuti in quegli anni.
Tuttavia le prove erano molto deboli: si basavano sulla testimonianza di una persona che aveva sentito gridare il nome di Silvia dall'Egiziano; che l'agenda della ragazza riportava una annotazione con la lettera Sha che "presumibilmente" era l'abbreviazione di Sharif, secondo quanto dissero i funzionari ministeriali.


Un altro caso emblematico è quello di  Lilia Alejandra García Andrade. Scomparve il 14 febbraio del 2001 mentre attraversava le strade Ejército Nacional e Carretera Panamericana, una delle zone più frequentate di  Ciudad Juárez. Aveva 17 anni, operaia in una maquiladora ( fabbrica) ed era madre di due bambini.


Il giorno dopo,15 febbraio, Norma Andrade mamma di  Lilia Alejandra presentò una denuncia per scomparsa. Sei giorni dopo il corpo di Lilia fu trovato in un lotto abbandonatovicino al centro commerciale Soriana. Nuda dalla vita in giù, i segni di torture e violenza sessuale erano evidenti. Le autorità respinsero i dati forniti dall'FBI degli Stati Uniti che indicava la possibile presenza dei narcotrafficanti nella zona dove fu ritrovato il corpo.


Le autorità ministeriali hanno "nascosto" o "confuso" corpi, come ad esempio quello di Verónica Martínez, in modo che la costruzione di un qualche colpevole non si alterasse. Per cinque anni la procura sostenne che uno degli scheletri trovatinel campo di algodonero fosse della Martinez.


Tuttavia,l'indagine preliminare 26449/02 rileva che il corpo di questa ragazza fu trovato realmente nell'asse viale Gabriele, davanti alla fabbrica R.K.A. vicino agli uffici della procura speciale per i femminicidi. Neppure la sua famiglia conosceva il luogo dove fu ritrovata Verónica Martínez. Lo scopo di questo occultamento posto dalle autorità era quello di evitare che la colpevolezza di de La Foca de El Cerillo venisse a cadere.


Sentenza del Campo Algodonero


La scoperta di otto scheletri nel terreno abbandonato conosciuto con il nome di Campo Algodonero, il 6 novembre del 2001,scosse l'opinione pubblica nazionale ed internazionale. La cittadinanza di Juarez notò che il terreno era confinante con il ranch di Jaime Bermúdez Cuarón conosciuto come " il padre dell'industria maquiladora di Juarez" uno dei personaggi che hanno sostenuto Francisco Barrio nell'elezione per la presidenza del Comune,appartenente al PAN (il maggior partito della destra messicana)nel 1983. Il Campo si trova davanti agli uffici dell'Associazione Maquiladora di Ciudad Juarez, un emblema dello sviluppo industriale degli anni Ottanta e ad un centinaio di metri dal consolato statunitense.


Nel novembre del 2001 governava l'esponente del PRI (altro partito di destra)Patricio Martínez. All'interno della procura statale si ipotizzò che la scoperta costituiva un "morbido messaggio" del Cartello di Juarez al governo di Martínez. La ragione: avrebbe appoggiato il soggiorno di Joaquín “El Chapo” Guzmán,che si nascondeva tra le montagne di Chihuahua,dopo la sua spettacolare fuga dalla prigione di Puente Grande, Jalisco.




Le indagini della procura di Stato nel caso di campo algodonero sono la grande prova  della negligenza ufficiale e di fabbricazione di colpevoli, secondo il rapporto di Amnesty International,messicana: dieci anni di Sparizioni e Femminicidi a Ciudad Juárez a Chihuahua, pubblicato nell'agosto del 2003.
Questo rapporto è stata la più dura documentazione sulla " inefficienza, negligenza e incapacità delle autorità messicane" nell'investigare le sparizioni e i femminicidi di bambine e giovani donne nella frontiera chihuauense.Il rapporto documentò fino a  370 omicidi di donne di Juarez.


Sei anni più tardi nel novembre del 2009, la Corte Interamericana emise la sentenza " González e le  altre contro gli Stati Uniti del Messico" meglio conosciuta come il caso di Campo Algodonero. La sentenza si è basata su tre degli otto degli scheletri ritrovati:  Laura Berenice Ramos Monárrez, Claudia Ivette González ed Esmeralda Herrera Monreal.


La sentenza ordinò 25 misure in materia di risarcimento alle vittime ed ai suoi familiari e fissò un tempo da sei mesi a tre anni, affinché i diversi livelli dello Stato messicano adottassero le seguenti risoluzioni:


Risoluzione 12: Indagare e punire i responsabili materiali e i mandanti della scomparsa, abusi e privazione della vita delle giovani.


Risoluzione 13: Indagare e punire i funzionari pubblici che commisero irregolarità nelle indagini.


Risoluzione 14: Indagare e punire i funzionari pubblici che minacciarono e vessarono le famiglie Monárrez ed Herrera”.


Risoluzione 24: Lo Stato deve offrire aiuto medico, psicologico o psichiatrico gratuito alle vittime.


Un rapporto preliminare sul rispetto di tale sentenza,elaborato il 30 maggio del 2011 e indirizzato a Pablo Saavedra Alesandri, Segretario della Corte Interamericana dei Diritti Umani avverte che " ad un anno dalla sentenza solo una Risoluzione è stata rispettata: la numero 25 relativa all'indennizzo".
Per quanto riguarda l'indagine e la punizione dei funzionari accusati di irregolarità, il rapporto avverte che la Procura Generale di Chihuahua ha appena iniziato un procedimento per la responsabilità amministrativa contro " sei dipendenti pubblici" e " in due casi gli ufficiali sono stati esonerati, mentre in altri due casi, si è adottata l'interdizione  per un anno dalle pubbliche funzioni e di due anni per una funzionaria".


Il Rapporto al quale ha avuto accesso il quotidiano 'Proceso' accusa: "le autorità statali non hanno un chiaro impegno né intenzione di indagare e punire questi funzionari pubblici che hanno violato i diritti umani delle vittime e dei loro familiari". Ha inoltre chiesto di punire 36 funzionari , ma " nessuno di loro ha o ha avuto relazione con le indagini e le violazioni in questo caso".


Per l'Associazione Nazionale dei Giuristi Democratici,  la Rete Cittadini di No Violenza e Dignità Umana e il Centro per lo Sviluppo Integrale della Donna, organismi che hanno elaborato questo rapporto è importante che la Corte Interamericana " analizzi la reale intenzione dello Stato (messicano) per la conformità " alla sentenza e soprattutto " la superficialità e la mancanza di serietà  con le quali viene presentata l'informazione" legata alla Risoluzione 13.


Peggio ancora, queste associazioni avvertono che " non esiste nessuna diligenza che porti a nuove linee di indagini" in particolare ai veri responsabili dei femminicidi di queste tre ragazze. Sono soltanto un campione dei quasi 900 crimini in due decenni.


Una continua impunità


Lo studio più recente dal titolo " Sistema di Informazione Geografica del Femminicidio" a Ciudad Juárez, realizzato dai ricercator*  Julia Monárrez e Luis Cervera avverte che tra il 2006 e il 2008, la crescita dei femminicidi è stata del 584 per cento: sono passati da 19 del 2006 al 111 nel 2008.


Tra il primo gennaio del 1993 e il 30 giugno del 2010 si contano un totale di 887 vittime di cui è stata possibile la localizzazione solamente per 656  di esse. La maggior parte dei crimini sono stati commessi nel Centro storico di Ciudad Juárez “ che presenta una combinazione e partecipazione di luoghi e persone che sono bersagli di questa violenza generata dalla criminalità organizzata" .


Dal 1993 al 2010, la regione è passata da un tasso di 5,19 femminicidi ogni 100mila abitanti ad un tasso medio di 7,79 femminicidi ogni 100mila abitanti.  Tuttavia, nel 2008, l'anno più violento, si arrivò a 26,68 femminicidi ogni 100mila abitanti.


Una delle scoperte statistiche più inquietanti di questa ricerca è la registrazione dei casi di femminicidi di " bambine al di sotto dei 6 anni", mentre 41 vittime aveva 17 anni un anno prima della maggiore età. L'età media  degli 887 casi è di 26 anni.


Lo studio della Monárrez rileva che 91 vittime " hanno ricevuto 210 diverse aggressioni, tra le quali lo stupro e strangolamenti, così come lo strappo del capezzolo a morsi. Tra il 2008 e il 2010 più del 50.6% dei femminicidi sono stati commessi con armi da fuoco.


Una delle prime conclusioni delle indagini è che dal 2008 si registra a Ciudad Juárez " il maggior numero di omicidi di uomini e donne". Dal 1993 la città " occupa l'attenzione degli organismi internazionali dei diritti umani per la grave e impunita problematica del femminicidio".
Tuttavia, la ricerca sostiene che " esistono altre forme di violenza e altre vittime che rimangono invisibili: le/i giovan* che si trovano coinvolti nella violenza giovanile e le bambine e bambini vittime di abuso emotivo, psicologico, fisico,sessuale ed economico".


E' questo il contesto peggiore della storia dei femminicidi e impunità che lungi dal diminuire, aumentano a Ciudad Juárez.



(traduzione di Lia Di Peri)