Diverse sono state le reazioni all'articolo di Massimo Fini
pubblicato dal Fatto Quotidiano dal titolo “L'ossessione per la donna”.
C'è chi si è dissociato, chi si è sentito offeso, chi l'ha insultato.
D'altra parte non è nuovo Fini a certi discorsi su quello che meno conosce, le donne.
Non
ce ne voglia l'ego del giornalista se non ci dilunghiamo sulla sua
persona, un concentrato di misoginia e teorie strampalate tendenti al
dualismo madre/prostituta con una certa predilezione per quest'ultima
categoria.
Il punto centrale del suo articolo non riguarda lo
sproloquio al quale, a malincuore, siamo abituate ma la responsabilità
di introdurre alla realtà e al suo significato, responsabilità di certo
sua ma anche di un certo giornalismo compiacente.
Non ci vogliono
intellettuali e fior fiori di studiosi per realizzare che i media si
sono affiancati, se non addirittura sovrapposti, alla famiglia e alla
scuola nel veicolare educazione e acculturazione diventando il soggetto
di quella rivoluzione che ha cambiato radicalmente il modo in cui
circolano le idee.
Quali sono, dunque, le idee messe in circolo da
Massimo Fini, Il Fatto Quotidiano e la maggior parte della stampa
attuale quando si parla di donne e di quello che le riguarda
direttamente o indirettamente?
L'articolo “incriminato” affrontava
il tema della violenza mantenendo un registro didattico, analizzandone
le cause e anche osando consigliare rimedi arcaici per arginare la
stessa.
Sono state usate parole banalmente sessiste, “vispe terese” e “sora Carfagna” per citarne alcune.
Ma
il meglio del sessismo è stato espresso nei contenuti portando ad
esempio il massacro della Maiella, scomodando Lawrence, utilizzando il
termine “virile” di cui è stata data una libera interpretazione e,
infine, consigliando saggiamente l'elementare prudenza che si confà alle
donzelle sculettanti.
Se all'articolo fosse stata allegata la
classica immagine della donna vittima di violenza, ovviamente fisica
perchè la psicologica non è neanche contemplata, bella, scosciata e
scollacciata avremmo avuto un riassunto fedelissimo del giornalismo
italiano.
In un periodo, uno dei tanti e troppi, in cui
l'incolumità delle donne è praticamente inesistente ci chiediamo quanto
sia umano e civile perpetrare un certo tipo di idee e opinioni.
E',
infatti, innegabile l'ingiuria alle parlamentari che ha citato nei suoi
articoli (al di là dell'affinità politica e di pensiero) così come è
innegabile l'istigazione al femminicidio nel momento in cui lo stupro di
tre donne con l'uccisione di due delle stesse viene banalizzato
nell'immagine delle donzelle sculettanti e nell'istinto, allo stesso
modo è innegabile la violenza (verbale e di pensiero) di cui è intriso
tutto l'articolo se la guerra e la forza fisica sono l'unico argine alla
virilità maschile ignorando gli stessi militari che, tutt'oggi, si
arrogano il diritto di saccheggiare non solo le città ma anche le donne
(mai sentito parlare di stupri di guerra? Rientrano nel pacchetto
virilità?)
Non volendo ledere la libertà di espressione dietro la
quale si nasconde Massimo Fini ( e quasi tutta la stampa italiana)
dimenticando volontariamente o involontariamente che la sua libertà
finisce dove inizia la nostra ed evitando di essere fascista censurando i
suoi pensieri, i quali però censurano i nostri abiti se non vogliamo
correre il rischio di essere “inchiappettate”, e prima di scomodare
anche noi un uomo, vogliamo ricordare in merito alla tanto richiamata
libertà di espressione, che agli inizi del 2009, L'Unesco, in
collaborazione con la Federazione Internazionale della Stampa,
pubblicarono un Manuale che riprendeva le linee guida emanate alla
Conferenza di Pechino del 1995, la quale riconobbe l'importanza di
stabilire un equilibrio nei mezzi di comunicazione per contribuire al
progresso delle donne e per intraprendere azioni contro la
diseguaglianza nell'accesso agli stessi mezzi di informazione.
Il
manuale dell'Unesco, diviso in quattro aree tematiche è uno strumento di
lotta contro la discriminazione, contro i pregiudizi esistenti
all'interno dei mezzi di comunicazione che rappresentano ancora la donna
come " la sofisticata gattina sex, la madre modello, la strega ... la
inflessibile ambiziosa nell'azienda o in politica" e che limitano
l'accesso al potere nella società.
"Il giornalismo deve darsi una
immagine giusta, usare un linguaggio neutro non sessista, ed evitare di
etichettare le donne con le pagine dedicate allo "stile di vita" o
notizie leggere".
Scriveva Pierre Bourdieu ne “Il dominio maschile”:
“Lungi
dall'affermare che le strutture di dominio sono anistoriche, tenterò
invece di stabilire che esse sono il prodotto di un lavoro incessante
(quindi storico) di riproduzione cui contribuiscono agenti singoli (fra
cui gli uomini, con armi come la violenza fisica e la violenza
simbolica) e istituzioni, famiglie, chiesa, scuola, stato”.
E, aggiungiamo oggi - più di tutti i mezzi di informazione.Nei quali -
nonostante i numerosi richiami e raccomandazioni - la violenza
strutturale contro le donne invece di essere rappresenta per quello che è
-vale a dire - un problema politico e di cultura patriarcale, viene
svuotata di contenuto. Stessa sorte per il Femminicidio
naturalizzato"crimine passionale"se, non addirittura normalizzato, a
causa dei nostri "sculettamenti" quotidiani.
Prime Firmatarie:Angela Addorisio
Elisabetta Apparente
Anita SilvianoFirma qui
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