domenica 28 ottobre 2012

Il Marocco protegge l'Europa dai migranti. Rompendogli ginocchia e caviglie.



Dopo aver tentato senza successo di saltare la recinzione di Melilla diversi migranti, con ferite fresche hanno denunciato che la polizia marocchina ha cercato di rompere loro le ginocchia e le caviglie per " togliergli la voglia di saltare" il muro metallico che separa l'Europa dall'Africa al confine mellilese con il Marocco.

"Hanno sempre colpito,però adesso vogliono romperci le gambe". "Ci picchiano, ci picchiano e ci picchiano.Non parlano,non ti guardano negli occhi, ti colpiscono solamente"  - grida un giovane liberiano  a cui  hanno rotto un dito della mano destra e causato gravi lesioni ad un ginocchio.



 Alba nella frontiera Sud: è  venerdì 26 ottobre, tutto sembra tranquillo. Si distinguono solo due suoni se rimaniamo in silenzio: la chiamata alla preghiera mussulmana del mattino e quello dell'elicottero della Guardia Civile, che sorvola i coseddetti " punti caldi"vicino alla recinzione che separa il Marocco dall'Europa.
Oggi è la Pasqua Grande mussulmana, l'Aid El Kebir. Qui la gente, come da tradizione, si alza  all'alba e viaggia, le famiglie al completo,  al digiuno per le preghiere del mattino prima di preparare il sacrificio dell'agnello e iniziare così tre giorni di festa e di gioia.
Ma non tutti i mussulmani stanno inginocchiati nelle moschee e distesi con gli occhi fissi sul sole del nuovo giorno. Altri rimangono sparsi per le strade che portano al monte Gurugú,in attesa delle ambulanze e dei membri di Medici Senza Frontiere.

"La maggior parte di noi mussulmani sa che giorno è oggi. Ma non abbiamo niente da festeggiare. Siamo ancora vivi, sì. Tuttavia, questa non è vita.Dio non può volere questa vita per nessuno. Ma non  mettiamo di credere in lui. Al-La è buono e misericordioso, Egli ci protegge e lo  benediciamo".
Ieri sera, intorno a 5:30, un gruppo di oltre un centinaio di sub-sahariani, la maggior parte dei quali provenienti da Mali ha cercato di accedere a Melilla superando la doppia recinzione di più di sei metri di altezza, vicino al confine di Barrio Chino ( una delle zone più a sud del perimetro).

Nessuno è riuscito a entrare Melilla, ma i residenti di Altos del Real, il quartiere più vicino a questa parte del recinto- dicono che le urla e le grida di dolore dei giovani subsahariani li hanno fatto  rabbrividire fino ad oltre le sette del mattino.
"E 'stato orribile. Un vero e proprio massacro. I vicini ci hanno chiamati scandalizzati.Siamo venuti appena abbiamo potuto, ma la polizia locale ha impedito il passaggio alla zona. E 'stato terribile. Si sentivano grida e urla che ti mettevano i brividi ", dice José Palazón, segretario e portavoce della Ong Prodein,uno degli attivisti che è stato chiamato " mi hanno svegliato i vicini, con una richiesta di soccorso al cellulare e  si era recato sul luogo  dei fatti, per garantire il rispetto delle leggi ed i diritti umani.




Un gran numero di guardie civili, per lo più appartenenti al corpo antisommossa noto come Modulo di Intervento Rapido (MIR) del cosiddetto Gruppo di Riserva e Sicurezza (GRS) dotato di lunghi bastoni, caschi e attrezzatura antisommossa... questa volta il Marrocco è tornato ad agire con decisione.
I migranti denunciano non solo di essere stati colpiti con proiettili di gomma, manganelli e con il calcio del fucile " come sempre fanno",ma un gran numero di polizia di frontiera e dei  militari li hanno colpiti con pedate e  tirato pietre.
Alcuni  sono stati portati nella provincia di Oujda, al confine del Marroco con l'Algeria, dove le Ong riferiscono che vengono abbandonati nel mezzo del deserto, senza acqua né cibo e, talvolta, ammanettati, dopo essere stati percossi e molestati. Ma non tutti hanno la stessa "fortuna". Perché chi ha ottenuto di rimanere e  furono catturati in seguito alla loro fuga e non deportati sono stati picchiati brutalmente al di là della zona adiacente a Melilla.

" Ci picchiano, ci picchiano e ci picchiano.Non parlano, non ti guardano negli occhi, ti colpiscono solamente"  grida un giovane liberiano  a cui hanno rotto un dito della mano destra e causato gravi lesioni ad un ginocchio. E dicono che l'intenzione delle forze marocchine è quella che queste persone non cerchino più di saltare. ""Ci hanno picchiato con bastoni e pietre alle ginocchia e alle caviglie, ci hanno detto che  con le gambe rotte non ci assale  il desiderio scalare le recinzioni.Ci hanno colpito sempre, però questa volta vogliono romperci le gambe" - dice nervosamente un ragazzo di 19 anni che è fuggito da Mali; assicura che ha chiamato le  organizzazioni difensore dei diritti umani e alle ambulanze, con un telefono cellulare che tiene in mano e continua a guardare per controllare il tempo, ma non viene nessuno. Sono passati quattro ore da quando sono stati massacrati e ancora sdraiato sulle piattaforme della strada a chiedere aiuto.

Mentre ci muoviamo nel campo del Monte Gurugú, da cui si può vedere tutta la città di Melilla, il 'sogno americano' per molti di loro,incontriamo molti giovani di diverse nazionalità:  Mali, Senegal, Liberia, Guinea Conakry, África Centrale. Alcuni di loro sono molto piccoli. In particolare un ragazzo magro che dice di venire da Mali, con la bocca insanguinata. Ha solo 15 anni e gli hanno aperto una ferita nel ginocchio destro e gli hanno fatto cadere alcuni denti con una pietra.
                                                                                                                                                               Sulla crescente violenza, Medici Senza Frontiere ha lanciato l'allarme " negli ultimi mesi, un numero maggiore di pazienti ci hanno detto che le loro ferite erano il risultato dei colpi ricevuti dalle forze di sicurezza".

Ad un certo punto compaiono cinquanta  subsahariani.  Almeno otto hanno la testa letteralmente aperta  e una ventina hanno  ferite profonde sulle ginocchia e caviglie. Una scena che ricorda quella più famosa 1987 dei soldati israeliani che rompevano le braccia dei palestinesi legati a colpi di pietra. Si lamentano che le organizzazioni di difesa dei diritti umani non li aiutano e che agli attivisti spagnoli si preoccupano sempre meno di loro e con meno frequenza.

"Non siamo cattive persone. Vogliamo solo sopravvivere. Non abbiamo cibo, né acqua. Guarda come siamo vestiti. Non siamo persone.Non è vero?  -  protesta energicamente un giovane corpulento di Mali.  E' l'immagine più amara dell'immigrazione. Ci sono centinaia di dure storie.
Migliaia di persone in fuga da fame, milizie, guerra, persecuzioni, che incontrano un muro, che non smettono di attarversare zoppicando o con la testa piena di cicatrici.

Kaos en la rede

(traduzione di Lia Di Peri)

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