giovedì 27 ottobre 2011

Più in là del femminismo, più in là del genere

Un interessante riflessione (critica) delle anarco-femministe sulle derive del/dei femminismo/smi.


Al fine di creare una rivoluzione che ponga fine a questo tipo di dominazione è necessario porre fine  in primo luogo,alle tendenze alle quali siamo tutt* sottomessi. Ciò richiede la consapevolezza del ruolo che la società ci impone, cercando i suoi punti deboli, scoprire i suoi limiti ed oltrepassarli.

La sessualità è un'espressione fondamentale dei desideri e delle passioni individuali, fiamma che può accendere tanto l'amore come la rivolta. Così può essere una importante forza dei desideri di ciascuno/na di noi che può sollevarci al di là della massa come esseri unici ed indomabili. Il genere d'altro canto è un intermediario costruito dall'ordine sociale per inibire l'energia sessuale,opprimerla e limitarla,indirizzandola verso la riproduzione di questo ordine di dominazione e sottomissione. In questo modo diventa un impedimento alla libertà di decidere, di come vogliamo vivere e relazionarci. Nonostante ciò, finora,all'uomo è stata data maggiore libertà per affermare la sua volontà dentro questi ruoli,rispetto alle donne,il che spiega perché abbiamo più anarchici, rivoluzionari e persone che agiscono fuori dalla legalità che sono uomini e non donne. Le donne forti,quelle che si sono ribellate sono state quelle che hanno oltre-passato la loro femminilità.

Purtroppo,il Movimento di Liberazione della Donna (MLD) sorto negli anni '60,non è riuscito a sviluppare un'analisi approfondita della natura della dominazione nella sua interezza e del ruolo giocato dal genere nella sua riproduzione. Un movimento nato dalla necessità di liberarsi dai ruoli di genere per essere così individuale, completo e indipendente, venne trasformato in una specializzazione come la maggior parte delle lotte parziali di quel tempo. Garantendo così l'impossibilità di effettuare un'analisi globale all'interno di questo contesto.

Questa specializzazione è nel femminismo attuale contemporaneo,che iniziò a svilupparsi al di fuori del MLD, alla fine degli anni '60. Il suo obiettivo non era tanto la liberazione della donna come individualità limitata imposta dai ruoli assegnati al suo genere, quanto la liberazione della "donna" come categoria sociale. Insieme alle correnti politiche principali, questa progettualità ebbe la finalità di ottenere diritti, riconoscimento e protezione per le donne come una categoria sociale, riconosciuta dalla legge. In teoria,il femminismo radicale si mosse più in là della legge per liberare le donne, come categoria sociale, dalla dominazione maschile. Dato che questa dominazione (maschile) non è sufficientemente esplorata, come parte della dominazione totale (comprese le anarco-femministe) la retorica del femminismo radicale,assume spesso uno stile simile alle lotte di liberazione nazionale. Per cui nonostante le differenze di metodo e di teoria, la pratica del femminismo liberale (principalmente borghese) e il femminismo radicale coincidono. Ciò non è casuale.

La specializzazione del femminismo radicale consiste nel concentrarsi interamente sulla sofferenza delle donne per colpa dell'uomo. Se questa catalogazione fosse completa, la specializzazione non sarebbe durata più del necessario e sarebbe arrivato il momento di andare al di là della lista delle sofferenze subite, verso un tentativo reale ed attuale di analizzare la natura dell'oppressione della donna in questa società ed intraprendere azioni reali e meditate per porre fine a questa oppressione. Così il mantenimento di questa specializzazione richiede che le femministe amplino questo catalogo all'infinito, fino al punto di dare spiegazioni delle azioni oppressive poste in essere da quelle donne in posizioni di potere,come espressione del potere patrircale,così da liberare queste donne dalla responsabilità delle loro azioni.
Qualsiasi seria analisi delle complesse relazioni di dominazione, come quella che esiste attualmente, viene lasciata fuori a favore di una ideologia in cui l'uomo domina e la donna è la vittima di questo dominio.

Però la creazione di una identità in base della propria oppressione, sulla vittimizzazione sofferta, non fornisce la forza o la indipendenza.  A lungo andare si crea invece un bisogno di protezione e sicurezza che eclissa il desiderio di libertà e di indipendenza. Nel regno del teorico e dello psicologico, un'astratta e universale " sorellanza del femminile" può soddisfare questa necessità, ma allo scopo di fornire un fondamento a questa sorellanza  di "mistica femminile", la quale fu esposta negli anni '60 come una costruzione culturale che appoggiava la dominazione maschile, essa rivive in forma di spiritualità femminile, culto della dea e in una varietà di altre ideologie femministe. Il tentativo di liberare la donna come categoria sociale raggiunge la sua apoteosi nella ri-creazione dei ruoli del genere femminile in nome di un'esclusiva solidarietà di genere. Il fatto che molte femministe radicali si sono rivolte alla polizia, ai tribunali e ad altri programmi statali di protezione delle donne (imitando così il femminismo borghese) serve solo a sottolineare la falsa natura della "sorellanza" proclamata. Anche se ci sono stati tentativi di muoversi al di là di questi limiti, nel contesto del femminismo, questa specializzazione è stata la migliore definizione per tre decenni.Nella forma in cui è stata praticata non è stata capace di presentarsi come una sfida rivoluzionaria tanto contro il genere che contro la dominazione. Il progetto anarchico di liberazione globale ci ha chiamato a muoverci al di là di questi limiti fino al punto di attaccare il genere stesso, con l'obiettivo di diventare esseri completi, definibili non come un agglomerato di identità sociali, ma come unici/che  e completi/te individui.

E' uno stereotipo ed un errore affermare che gli uomini e le donne hanno subito uguale oppressione dentro i loro ruoli di genere. I ruoli del genere maschile hanno lasciato all'uomo una grande libertà di azione per l'affermazione della sua volontà. Pertanto la liberazione della donna dai suoi ruoli di genere non consiste nell'essere più maschile, ma andare oltre la sua femminilità, così per gli uomini la questione non è essre femminile ma andare oltre la propria mascolinità. La questione è scoprire che il centro dell'unicità che c'è in ognuna/uno di noi, va al di là di tutti i ruoli sociali e della forma che ciascun* di noi attua, vive, e pensa nel mondo,sia nel dominio sessuale come in tutti gli altri.

Separare il ruolo di genere in funzione della sessualità,dalla totalità del nostro essere,fissando caratteristiche specifiche secondo il genere di appartenenza, serve a perpetuare l'attuale ordine sociale. Di conseguenza, l'energia sessuale, che potrebbe essere uno straordinario potenziale rivoluzionario viene incanalata verso la ri-produzione delle relazioni di dominio e sottomissione, di dipendenza e disperazione. La miseria sessuale che tutto ciò ha prodotto e lo sfruttamento commerciale  si trova ovunque. La fallace chiamata alle persone di " abbracciare tanto la mascolinità come la femminilità" cade sull'assenza di analisi sopra questi concetti, dato che entrambi sono costruzioni sociali che servono gli interessi del potere.

Così cambiare la natura dei ruoli di genere,aumentare il loro numero o modificare la loro forma è inutile da una prospettiva rivoluzionaria, perché questo serve solamente a regolare meccanicamente la forma dei nostri condotti che canalizzano la nostra energia sessuale. Questo non è un compito terapeutico, ma una rivolta insolente,quella che deriva dalla nostra forza e dal nostro rifiuto a tornare indietro. Se il nostro desiderio è quello di distruggere ogni dominazione,allora è necessario che andiamo oltre tutto ciò che ci reprime, più in là del femminismo, più in là del genere, perché è qui che troviamo la possibilità di creare la nostra irriducibile individualità che ci condurrà contro ogni dominazione senza esitazione. Se desideriamo  distruggere la logica della sottomissione, ciò dovrebbe essere il nostro minimo obiettivo.


portal libertario oaca 

(traduzione di Anita Lia Di Peri Silviano) 




 




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