Chiedo scusa, se in alcuni momenti questo articolo presenterà
passaggi un pò oscuri. Ciò è dovuto alla difficoltà di tradurre con un
sinonimo adeguato il verbo "Essere" che, in spagnolo si traduce in due
modi con 'Ser' nel senso di un status permanente, immutabile, con
'Estar', che indica invece una condizione temporanea, ma anche di stato
in luogo. Mi sembrava riduttivo, se non anche errato usare nel secondo
caso il sinonimo apparenza ,anche perché come noterete (qualora
lo leggerete) l'Estar non è finzione, ma un divenire che, in alcuni
luoghi, diventa un obbligo al cambiamento.
Buona lettura ( mi auguro).
In che modo influisce sulla soggettività il flusso costante di
informazione che arriva quotidianamente attraverso le reti sociali,
l'e-mail, le chat ed altre trame della rete - nella quale tutti e tutte
possiamo essere produttori/tore così come contenitori? Quanto dipende
l'esistenza di ciascuno/na da questa minima approvazione che implica
l'avere " amici" o "fans"? Cosa si mette in gioco nel costruire un "
profilo" con il quale mettersi in contatto con gli altri?
L'antropologa argentina radicata in Brasile, Paula Sibilia, autora tra
gli altri de L'intimità come spettacolo si è posta queste ed altre
domande per rilevare un cambio di asse: si è cancellato non soltanto il
confine tra pubblico e privato, ma anche tra essere come status ed
essere mutevole.La cosa essenziale adesso, sembra essere sempre visibile
ad occhio nudo.
da Marta Dillon
" Il mio cane
ha mangiato il telecomando" " Sono nati gattini sotto il mio letto" "
Romina è ora amica di Alessandra". Frasi come queste popolano le pagine
di facebook, uno dei social network più grandi del mondo. Affermazioni o
descrizioni che vengono sottolineati con un clik su " mi piace" anche
quando si parla di problemi, disagi, depressione e altri " stati" . Da
uno "stato" tanto fugace quanto un battito di ciglia, si passa al post
successivo: a volte fissato dal numero dei " mi piace", conseguente al
numero di "amici" che possiede chi scrive.
Sono passati cinque
anni da quando la mitica rivista Time lo elesse pose come personaggio
dell'anno - nello stesso posto che occupò Hitler nel 1938, per fare un
esempio della lapidaria scelta - che non ha nulla a che vedere con la
simpatia o la gentilezza, realizzando quello che ha significato o
significa questa cosa chiamata Web, che trasforma lo/la utente di
Internet, non solo in consumatori, ma in produttori o co-produttori di
contenuti.
I cambiamenti si succedono vertiginosamente: in questi
cinque anni scrivere nei blogs - che hanno poco a che fare con i vecchi
diari, perché quelli si nascondevano, mentre questi vivono di letture e
commenti, sembra il rifugio della scrittura, mentre la digitazione a
tutta velocità delle opinioni e "stati" in 140 caratteri - e non
necessariamente da un computer - sembra tessere trame che uniscono una
figura presidenziale alla stella del momento, dall'intimità più banale
alla condanna politica.
Come interpretare queste novità? Stiamo
vivendo uno scoppio di megalomania consentita e addirittura incoraggiata
in tutto il mondo? O, viceversa, il nostro pianeta è stato sferzato da
un'alluvione improvvisa di estrema umiltà,libero da ambizioni più alte,
una modesta rivendicazione di tutti noi e di chiunque? Che cosa
significa questo improvviso miglioramento del piccolo e dell'ordinario
quotidiano della gente comune? - si chiede l'antropologa argentina Paula
Sibilia, nel suo libro L'intimità come spettacolo, parafrasando
quattro decenni dopo,La società come spettacolo di Guy Debord - attenta
al periodo di confine nel quale viviamo, per la perplessità che generano
le profonde trasformazioni che si succedono a causa delle nuove forme
di comunicazione e nel modo in cui si utilizza la tecnologia. La
peoccupazione - che emerge in questo lavoro di ricerca di Sibilia-
riguarda il modo in cui queste mutazioni dinamiche influenzano la
soggettività, l'essere e l'essere nel mondo, incarnando un corpo - si
vedrà poi quale corpo e quanto di "incarnazione" - e in relazione alla
cultura.
Una preoccupazione che ha cominciato a delinearsi nel suo
primo libro, L'uomo post-organico, Corpo, soggettività e tecnologia
digitale ( ed.Fondo di Cultura Economica, 2005) nel quale analizzava il
disagio del corpo, in quanto limite alla pretesa faustiniana della
tecnoscienza e continua ora con un lavoro non ancora pubblicato sul
culto del corpo,nel quale affronta non solo la preoccupazione del corpo
perfetto,ma anche certe tecniche di purificazione del corpo che si
mostra, che si pone in gioco non già nella scena amorosa, ma come pura
immagine che può essere manipolata con gli strumenti a disposizione di
chiunque, come il Photoshop.
- Che cosa stiamo diventando?
-
Questo è ciò che mi chiedo anch'io, una domanda che è la spina dorsale
del mio lavoro. Non so se ci sia una risposta, ma la scommessa,
l'ipotesi a partire della quale costruisco gli argomenti è che siamo in
un fase di transizione, stiamo cessando di essere qualcuno, un tipo di
soggetto,un soggetto moderno. Quando dico moderno mi riferisco al tipo
di soggettività che si è formata nel mondo e al tipo di corpo storico
che si è costruito dopo la rivoluzione borghese e la rivoluzione
industriale,nel secolo XIX e in buona parte del XX secolo, almeno fino
agli anni '60 ed è questo che io chiamo soggetto moderno. Tuttavia siamo
ancora nel soggetto moderno;ci sono ancora continuità, viviamo in un
mondo che ha molta continuità con i secoli XIX e XX: è una società
capitalista, industriale. Molti di quei valori persistono: la
democrazia, il sistema politico, ecc. A livello politico, economico
socio-culturale, e morale, l'etica borghese ha molte continuità, anche
se credo però che ci siano differenze importanti che cominciano a
gestirsi a partire dagli anni '60. Penso che in molti modi stiamo
cessando di essere moderni e ci stiamo trasformando in qualcos'altro.
(...)
Quello
che ho individuato sono rotture. Credo che siamo in una transizione
verso qualcos'altro. Se pensiamo il soggetto moderno come quello che
alcuni autori chiamano homo psicologicus, ossia quel soggetto che si
costituisce, si pensa e pensa gli altri come corpo meccanico,una
macchina paragonabile ad un orologio,tanto come desiderio, con il
desiderio di lavorare bene come una macchina, ma anche come paura, paura
di meccanizzarsi, di de-spiritualizzarsi. Il corpo come macchina,
sarebbe un elemento importante nel soggetto moderno, abitato da una
misteriosa entità, che può essere chiamata anima, coscienza, inconscio,
psiche, spirito, in breve, con tutte le definizioni possibili e che una
versione laica e compatibile con i secoli XIX e XX chiama
l'interiorità. Questo è ciò che sta cambiando. Fondamentalmente quello
che vedo è uno spostamento dell'asse intorno alla quale ci costituiamo
come soggetti. Quest'asse che si trova dentro ognuno di noi,si sposta
sempre più verso il visibile, non solamente verso l'aspetto
fisico,l'apparenza, lo stile, la forma del corpo, ma anche verso ciò che
potremmo chiamare performance,ciò che si vede da ciò che siamo, tutto
ciò che si vede definisce ciò che uno è.
Ma bisogna sapere
utilizzare questi strumenti, bisogna avere la capacità di mostrare chi
siamo. Il comportamento visibile e l'apparenza sono due assi che
spiegano il successo dei networking e dei reality show. Rimanere
connessi tutto il tempo,in modo da farci vedere e, con questo,
confermare che esistiamo. Questo sarebbe il segno di uno spostamento
dell'asse attorno alla quale ci costruiamo, questo sarebbe a sua volta,
un'indicazione del fatto che non siamo più quel tipo di soggetto.
(...)
Non si tratta solo di essere qualcuno o di fare qualcosa, ma di
performare ciò che facciamo e ciò che siamo. Ovviamente il contatto con
gli altri è importante ancora oggi, siamo esseri sociali, perché questo
fa parte della definizione antropologica dell'essere umano, tuttavia
l'io del soggetto moderno è così grande, così gonfiato, così in un certo
senso, mostruoso che si poteva sopravvivere anche se avevi il mondo
contro e nessuno lo guardava; oggi, lo sguardo dell'altro è importante
per assicurarmi che esisto: la visibilità è diventata un requisito per
l'esistenza. L' altro deve sostenermi con il suo commento, con il suo "
mi piace" col diventare un fan,col seguirmi in Twitter. In questo senso i
social network sarebbero un indizio di questo cambiamento.
- E'
sintomatico che ci sia solamente la possibilità,almeno su Facebook, di
dire: mi piace e non poter dire,non mi piace. Ha fatto una riflessione
su questo?
- Del pulsante " mi piace" si può
fare un'intera filosofia,perché è anche quantitativo, quante volte si
può premere il pulsante mi piace, a quanta gente è piaciuto, che è la
cosa più importante, molto simile al rating.Non c'è alcuna precisazione:
mi piace per questo, per l'altro,mi piace di meno, di più: è rating.
Twitter in questo senso è meno cinico di Facebook. In Facebook sono
amici, in Twitter sono seguaci, chiaramente è un pubblico, un audience.
C'è
un concetto che uso in L'intimità come spettacolo che è l'idea del
personaggio che si costruisce nelle reti sociali, anche nei reality show
- perché ovviamente è questa logica che passa su Internet. Internet è
chiuso, ma è diventato parte delle regole di gioco nella quotidianità: è
un personaggio.Questa è l'idea del profilo:il personaggio di sé. - Una finzione dell'io?
-
Non attraverso la differenza tra realtà e finzione, tra maschera e
realtà, tra vero o falso. Molto spesso si pongono queste differenze, si
dice su Internet si mente, si costruisce un personaggio che non è reale,
però io non credo che sia così, non mi pare interessante seguire questa
linea, tanto più che l'idea del reality esplora questo : è realtà e
show allo stesso tempo. L'idea del personaggio invece si riferisce a
qualcuno che è sempre in vista, ha molto pubblico, ha molti
lettori/lettrici, è necessario avere sempre qualcuno che guardi perché
nel momento in cui nessuno più guarda il personaggio cessa di esistere,
allora esiste solo quando è guardato. Quando mi avete rivolto la prima
domanda in cosa ci stiamo trasformando, probabilmente in questo, in
personaggi e personaggi audiovisivi, non siamo personaggi da romanzo, di
romanzo ottocentesco, che parla dell'interiorità, un romanzo
psicologico, di sentimenti, di sensazioni, di emozioni, in questo caso
no: il personaggio visibile è un personaggio cinematografico.
- L'essenziale non è più invisibile agli occhi?
-
Uno dei fattori costitutivi della soggettività che si si è
destabilizzata è l'equilibrio tra essenza ed apparenza. L'idea che ci
sia una bellezza interiore,che l'apparenza inganna, ecc.. tutto questo
sarebbe obsoleto e formerebbe parte di quel paradigma che stiamo
abbandonando. Che autenticità è questa che è così diffusa in questi
giorni? Anche nel reality show vince il più autentico.
(...) Mi
pare sia utile pensare l'idea di autenticità legata alla differenza che
abbiamo in castigliano tra essere e stare. Forse, questa autenticità
nuova, dei reality show, della quotidianità e le reti sociali, non è
un'autenticità dell'essenza, dell'essere, ma dello stare e lo stare è
più legato alla performativa: in questo momento io sto con questa
intervista giornalistica e abbiamo viaggiato con molta più facilità tra
le differenti piattaforme di vita, siamo trans-mediatici perché stiamo
su facebook, su Twitter. Penso che la filosofia del Xxi secolo abbia
necessità di questa differenza tra l'essere e lo stare.
E' molto
strano, perché il tedesco non ha questa differenza, il francese e
l'inglese lo stesso e tutta la filosofia moderna è iniziata senza
questa differenza tra l'essere e lo stare, solo pura essenza.
- In più di un'occasione ha parlato degli anni '60 come punto di partenza dei cambiamenti nella soggettività. Perché?
-
Perché
è allora che si comincia a vedere il valore e la possibilità di
cambiare, questa stabilità che ha il soggetto moderno di essere fedele a
se stesso per tutta la vita, che non può mentire, né può fingere.
Fingere non è visto di buon occhio, compreso il trucco, il simulare.
C'era una convinzione nel valore dell'essenza. Ora, negli ultimi
tempi,la nostra morale è cambiata molto in questo senso; non solo
possiamo cambiare ma siamo obbligati a cambiare tutto il tempo, c'è da
aggiornarsi, riciclarsi.
Questi cambiamenti sarebbero considerati
non solo tecnicamente impossibili nell'era moderna, ma moralmente
impossibili, per esempio, il cambiamento di sesso. Non sto parlando di
cambiamento del sesso nel senso di passare dall'uno all'altro. Parlo
della chirurgia plastica,cambiare anche il colore dei capelli e non solo
di modifiche fisiche. In breve una serie di modifiche possibili, che
hanno plasmato, per tutto il tempo il dover cambiare.
(...)
Bisogna
far finta, tra virgolette, abbastanza bene ciò che si sta facendo in
quel momento; non è una menzogna vera e propria è un'autenticità di quel
momento,di continuare ad essere, che non attiene ad una verità,ma a ciò
che sto inventando per continuare ad essere.
Non trova angosciante questa pressione?
Ah,
bhe, questa è un'altra cosa (ride). L'essenza genera sempe
disagio,talvolta disagio è più collegato con l'essenza che con l'essere;
l'essere non genera esattamente disagio, ma ansietà. L'ansia è una
condizione più contemporanea del disagio, perché è un peso enorme,
bisogna essere performati per tutto il tempo,sul lavoro,nell'aspetto
fisico, negli affetti chiedendoti se stai scegliendo ciò che ti rende
felice, cose che prima non erano necessarie. (...)
- E' una enorme offerta del mercato.
- Infatti, ora si può acquistare un kit completo di un modo di essere.
Essere come questo o come quello. Le tribù urbane per esempio, comprano
un modo di essere,interiorizzato, romantico,ma nel giro di sei mesi
possono acquistarne un altro.
- Ma ci sono tuttavia, forti movimenti identitari: popoli indigeni,minoranza sessuali, nazionalismi e così via.
- C'è un'autora brasiliana che si chiama Suely Rolnik che ha fatto un
articolo molto interessante su questo e che si intitola I farmaci
dell'identità. Ciò che spiega è che l'idea di identità, il desiderio e
la domanda di identità si sono polverizzati: sono in crisi da tempo.
Tuttavia, persiste questa illusione di identità,alla quale ci
aggrappiamo, ci afferriamo dinnanzi all'abisso della libertà. L'autora
parla di Kit di un profilo modello, come kit di identità prêt-à-porter,
pronto all'uso, si compra questa identità e la si indossa come un
vestito, per cui è fragile, non assolve alla stessa funzione che svolge
l'identità nel soggetto moderno. Ecco perché il mercato sembra sempre
pronto con una lista di tutti i tipi da usare; ho fatto l'esempio,
piuttosto grossolano delle 'tribù urbane, ma possiamo pensare alle
droghe, non soltanto quelle illecite, ma agli psicofarmaci al Rivotril,
alle droghe per calmare o eccitare, per dormire o non dormire, per
studiare,che appaiono come protesi, come un salva-vita.
- Ed anche come meccanismi di controllo...
- Esattamente, perché mettono in sintonia con il mondo, non sono droghe
per disattivare o per liberare o aprire le porte della percezione,ma
per porre all'altezza delle esigenze contemporanee,in definitiva
perfomative.
- Avverti una qualche forma di resistenza a questo cambio di asse,di fronte alla fine della privacy?
Vi
sono resistenze conservatrici che hanno a che fare con il non
connettersi ad Internet. Però mi risultano banali e non durature. Si
tratta di individuare forza più complesse che stanno agendo qui,
costruendo significati che sono una forma di resistenza. Non si tratta
solo di tutelare la privacy, ma anche di come influenzano il poter
essere le conquiste sociali: i progressi tecnologici, le conquiste di
valori politici, sociali, dentro le quali il più importante è il valore
della donna; credo che questo sia innegabile, la situazione della donna
prima degli anni '60 e la sua condizione di adesso, al livello di
libertà individuale e dei risultati è ovvia, penso che nessuno avrebbe
scelto l'homo psicologicus' perché ne siamo state escluse.
Cito Una stanza tutta per sé di Virgina Woolf proprio per cercare di capire ciò che accade adesso.
Negli
anni '20 la Woolf difese il diritto ad una propria stanza o alla
privacy, per poter essere qualcuna, che le donne avevano diritto alla
soggettività per poter essere un soggetto moderno. Un soggetto dotato di
interiorità, costitutiva della sua essenza, che necessita pertanto, di
silenzio e solitudine per poter interpretarsi, elaborarsi,in ultima
analisi, costruire un'opera, ma anche essere qualcuna, avere il diritto
alla soggettività. Oggi, se ci pensiamo in questi termini, almeno la
maggior parte delle donne,abbiamo già il diritto ad una stanza per sé,
non dobbiamo lottare per essa. Quale sarebbe la domanda paragonabile a
questa, oggi? Nei primi anni del XXI secolo, per poter essere qualcuno
non occorrono mura,silenzio, solitudine, chiusura. Credo che oggi questa
domanda riguardi l'accesso ad Internet, in senso ampio,non solamente
accesso fisico.
- Abbiamo iniziato chiedendo cosa stiamo diventando, ma di chi parliamo al plurale?
Della
classe medio-alta dei centri urbani, alcuni più degli altri. Pensando
alle rivolte e rivoluzioni, per esempio,come nel caso di Londra,in buona
parte questa protesta è stata per non poter far parte di ciò,non poter
far parte di questo mondo variopinto, delle meraviglie del mercato, come
disse Deleuze,che si offre a tutti, ma ovviamente al consumatore e non
al cittadino.
- Hai un blog?
- No.
- Utilizzi i social network?
-
No (ride). Ovviamente questa è la resistenza retrograda alla quale mi
riferivo prima. Ma ho svariati motivi. Uno di essi, il più importante è
il tempo, non ho tempo per la posta.
- Il
tuo primo libro, L'uomo post-organico...parla del corpo virtualizzato,
di una tendenza a pensare che si possa fare a meno. Com'è che questa
volta il tuo lavoro si rivolge al culto del corpo?
L'ipotesi
sulla quale lavoro ora è che in realtà questo culto del corpo non è un
culto della materialità carnale,ma dell'immagine. Un culto all'immagine
del corpo che diventa ogni volta più stilizzata e sempre più eterea
(...)
- Fotoshop...
Sempre
più naturalizzato. Adesso le foto non sono più stampate e chiunque può
lavorare sulle sue foto e costruirsene su facebook. (...) Nel momento in
cui un corpo mostra la sua coerenza e viscosità organica, sia per i
segni di invecchiamento, che per le rughe o i depositi di grasso è un
corpo censurato.
(...) Ci sono molti paradossi: c'è una
stimolazione all'erotismo post anni sessanta e, tuttavia, si mostra un
corpo d-erotizzato, perché un un corpo bi-dimensionalizzato da consumare
visivamente e lo sguardo è nel senso di richiedere più distanza.
Quindi per molti versi non è un corpo erotizzato.
(traduzione di Anita Lia Di Peri Silviano)
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