domenica 27 novembre 2011

'Stato' : Visibile

Chiedo scusa, se in alcuni momenti questo articolo presenterà passaggi un pò oscuri. Ciò è dovuto alla difficoltà di tradurre con un sinonimo adeguato il verbo  "Essere" che, in spagnolo si traduce in due modi con 'Ser' nel senso di un status permanente, immutabile, con 'Estar', che indica invece una condizione temporanea, ma anche di stato in luogo. Mi sembrava riduttivo, se non anche errato  usare nel secondo caso il sinonimo apparenza ,anche perché come noterete (qualora lo leggerete) l'Estar non è finzione, ma un divenire che, in alcuni luoghi, diventa un obbligo al cambiamento.
Buona lettura ( mi auguro).



In che modo  influisce sulla soggettività il flusso costante di informazione che arriva quotidianamente attraverso le reti sociali,  l'e-mail, le chat ed altre trame della rete - nella quale tutti e tutte possiamo essere produttori/tore così come contenitori? Quanto dipende l'esistenza di ciascuno/na  da questa minima approvazione che implica l'avere " amici" o "fans"? Cosa si mette in gioco nel costruire un " profilo" con il quale mettersi in contatto con gli altri?

L'antropologa argentina radicata in Brasile, Paula Sibilia, autora tra gli altri de L'intimità come spettacolo si è posta queste ed altre domande per rilevare un cambio di asse: si è cancellato non soltanto il confine tra pubblico e privato, ma anche tra essere come status ed essere mutevole.La cosa essenziale adesso, sembra essere sempre visibile ad occhio nudo.

da Marta Dillon

" Il mio cane ha mangiato il telecomando" " Sono nati gattini sotto il mio letto" " Romina è ora amica di Alessandra". Frasi come queste popolano le pagine di facebook, uno dei social network più grandi del mondo. Affermazioni o descrizioni che vengono sottolineati con un clik su " mi piace" anche quando si parla di problemi, disagi, depressione e altri " stati" . Da uno "stato" tanto fugace quanto un battito di ciglia, si passa al post successivo: a volte fissato dal numero dei " mi piace", conseguente al numero di "amici" che possiede chi scrive.
Sono passati cinque anni da quando la mitica rivista Time  lo elesse pose come personaggio dell'anno - nello stesso posto che occupò Hitler nel 1938, per fare un esempio della lapidaria scelta - che non ha nulla a che vedere con la simpatia o la gentilezza, realizzando  quello che ha significato o significa questa cosa chiamata Web, che trasforma lo/la utente di Internet, non solo in consumatori, ma in produttori o co-produttori di contenuti.
I cambiamenti si succedono vertiginosamente: in questi cinque anni scrivere nei blogs - che hanno poco a che fare con i vecchi diari, perché quelli si nascondevano, mentre questi vivono di letture e commenti, sembra il rifugio della scrittura, mentre la digitazione a tutta velocità delle opinioni e "stati" in 140 caratteri - e non necessariamente da un computer - sembra tessere trame che uniscono una figura presidenziale alla stella del momento, dall'intimità più banale alla condanna politica.
Come interpretare queste novità? Stiamo vivendo uno scoppio di megalomania consentita e addirittura incoraggiata in tutto il mondo? O, viceversa, il nostro pianeta è stato sferzato da un'alluvione improvvisa di estrema umiltà,libero da ambizioni più alte, una modesta rivendicazione di tutti noi e di chiunque? Che cosa significa questo improvviso miglioramento del piccolo e dell'ordinario quotidiano della gente comune? - si chiede l'antropologa argentina Paula Sibilia, nel suo libro L'intimità come spettacolo, parafrasando  quattro decenni dopo,La società come spettacolo di Guy Debord - attenta al periodo di confine nel quale viviamo, per la perplessità che generano le profonde trasformazioni che si succedono  a causa delle nuove forme di comunicazione e nel modo in cui si utilizza la tecnologia. La peoccupazione  - che emerge in questo lavoro di ricerca di Sibilia- riguarda il modo in cui queste mutazioni dinamiche influenzano la soggettività, l'essere e l'essere nel mondo, incarnando un corpo - si vedrà poi quale corpo e quanto di "incarnazione" - e in relazione alla cultura.
Una preoccupazione che ha cominciato a delinearsi nel suo primo libro, L'uomo post-organico, Corpo, soggettività e tecnologia digitale ( ed.Fondo di Cultura Economica, 2005) nel quale analizzava il disagio del corpo, in quanto  limite alla pretesa faustiniana della tecnoscienza e continua ora con un lavoro non ancora pubblicato sul culto del corpo,nel quale affronta non solo la preoccupazione del corpo perfetto,ma anche certe tecniche di purificazione del corpo che si mostra, che si pone in gioco non  già nella scena amorosa, ma come pura immagine che può essere manipolata con gli strumenti a disposizione di chiunque, come il Photoshop.


- Che cosa stiamo diventando?

 - Questo è ciò che mi chiedo anch'io, una domanda che  è la spina dorsale del mio lavoro. Non so se ci sia una risposta, ma la scommessa, l'ipotesi a partire della quale costruisco gli argomenti è che siamo in un fase di transizione, stiamo cessando di essere qualcuno, un tipo di soggetto,un soggetto moderno. Quando dico moderno mi riferisco al tipo di soggettività che si è formata nel mondo e al tipo di corpo storico che si è costruito dopo la rivoluzione borghese  e la rivoluzione industriale,nel secolo XIX e in buona parte del XX secolo, almeno fino agli anni '60 ed è questo che io chiamo soggetto moderno. Tuttavia siamo ancora nel soggetto moderno;ci sono ancora continuità, viviamo in un mondo che ha molta continuità con i secoli XIX e XX: è una società capitalista, industriale. Molti di quei valori persistono: la democrazia, il sistema politico, ecc. A livello politico, economico socio-culturale, e morale, l'etica borghese ha molte continuità, anche se credo però che ci siano differenze importanti che cominciano a gestirsi a partire dagli anni '60. Penso che in molti modi stiamo cessando di essere moderni e ci stiamo trasformando in qualcos'altro.
(...)
Quello che ho individuato sono rotture. Credo che siamo in una transizione verso qualcos'altro. Se pensiamo il soggetto moderno come quello che alcuni autori chiamano homo psicologicus, ossia quel soggetto che si costituisce, si pensa e pensa gli altri come corpo meccanico,una macchina paragonabile ad un orologio,tanto come desiderio, con il desiderio di lavorare bene come una macchina, ma anche come paura, paura di meccanizzarsi, di de-spiritualizzarsi. Il corpo come macchina, sarebbe un elemento importante nel soggetto moderno, abitato da una misteriosa entità, che può essere chiamata anima, coscienza, inconscio, psiche, spirito, in breve, con tutte le definizioni possibili e che una versione laica  e compatibile con i secoli XIX e XX  chiama l'interiorità. Questo è ciò che sta cambiando.  Fondamentalmente quello che vedo è uno spostamento dell'asse intorno alla quale ci costituiamo come soggetti. Quest'asse che si trova dentro ognuno di noi,si sposta  sempre più verso il visibile, non solamente verso l'aspetto fisico,l'apparenza, lo stile, la forma del corpo, ma anche verso ciò che potremmo chiamare performance,ciò che si vede da ciò che siamo, tutto ciò che si vede definisce ciò che uno è.
Ma bisogna sapere utilizzare questi strumenti, bisogna avere la capacità di mostrare chi siamo. Il comportamento visibile e l'apparenza  sono due assi  che spiegano il successo dei networking e dei reality show. Rimanere connessi tutto il tempo,in modo da farci vedere e, con questo, confermare che esistiamo. Questo sarebbe il segno di uno spostamento dell'asse attorno alla quale ci costruiamo, questo sarebbe a sua volta, un'indicazione del fatto che non siamo più quel tipo di soggetto.

(...) Non si tratta solo di essere qualcuno o di fare qualcosa, ma di performare ciò che facciamo e ciò che siamo. Ovviamente il contatto con gli altri è importante ancora oggi, siamo esseri sociali, perché questo fa parte della definizione antropologica dell'essere umano, tuttavia l'io del soggetto moderno è così grande, così gonfiato, così in un certo senso, mostruoso che si poteva sopravvivere anche se avevi il mondo contro e nessuno lo guardava; oggi, lo sguardo dell'altro è importante per assicurarmi che esisto: la visibilità è diventata un requisito per l'esistenza. L' altro deve sostenermi con il suo commento, con il suo " mi piace" col diventare un fan,col seguirmi in Twitter. In questo senso i social network sarebbero un indizio di questo cambiamento.


 - E' sintomatico che ci sia solamente la possibilità,almeno su Facebook, di dire: mi piace e non poter dire,non mi piace. Ha fatto una riflessione su questo?

 - Del pulsante " mi piace" si può fare un'intera filosofia,perché è anche quantitativo, quante volte si può premere il pulsante mi piace, a quanta gente è piaciuto, che è la cosa più importante, molto simile al rating.Non c'è alcuna precisazione: mi piace per questo, per l'altro,mi piace di meno, di più: è rating. Twitter in questo senso è meno cinico di Facebook. In Facebook sono amici, in Twitter sono seguaci, chiaramente è un pubblico, un audience.
C'è un concetto che uso in L'intimità come spettacolo che è l'idea del personaggio che si costruisce nelle reti sociali, anche nei reality show - perché ovviamente è questa logica che passa su Internet. Internet è chiuso, ma è diventato parte delle regole di gioco nella quotidianità: è un personaggio.Questa è l'idea del profilo:il personaggio di sé. - Una finzione dell'io?
 - Non attraverso la differenza tra realtà e finzione, tra maschera e realtà, tra vero o falso. Molto spesso si pongono queste differenze, si dice su Internet si mente, si costruisce un personaggio che non è reale, però io non credo che sia così, non mi pare interessante seguire questa linea, tanto più che l'idea del reality esplora  questo : è realtà e show allo stesso tempo. L'idea del personaggio invece si riferisce a qualcuno che è sempre in vista, ha molto pubblico, ha molti lettori/lettrici, è necessario avere sempre qualcuno che guardi  perché nel momento in cui  nessuno più guarda il personaggio cessa di esistere, allora esiste solo quando è guardato. Quando mi avete rivolto la prima domanda in cosa ci stiamo trasformando, probabilmente in questo, in personaggi e personaggi audiovisivi, non siamo personaggi da romanzo, di romanzo ottocentesco, che parla dell'interiorità, un romanzo psicologico, di sentimenti, di sensazioni, di emozioni, in questo caso no: il personaggio  visibile è un personaggio cinematografico.

- L'essenziale non è più invisibile agli occhi?

 - Uno dei fattori costitutivi  della soggettività che si si è destabilizzata è l'equilibrio  tra essenza ed apparenza. L'idea che ci sia una bellezza interiore,che l'apparenza inganna, ecc.. tutto questo sarebbe obsoleto e formerebbe parte di quel paradigma che stiamo abbandonando. Che autenticità è questa che è così diffusa  in questi giorni?  Anche nel reality show vince il più autentico.
(...) Mi pare sia utile pensare l'idea di autenticità legata alla differenza  che abbiamo in castigliano tra essere e stare. Forse,  questa autenticità nuova, dei reality show, della quotidianità e le reti sociali, non è un'autenticità dell'essenza, dell'essere, ma dello stare e lo stare è più legato alla performativa:  in questo momento io sto con questa intervista giornalistica e abbiamo viaggiato con molta più facilità tra le differenti piattaforme di vita, siamo trans-mediatici perché stiamo su facebook, su Twitter. Penso che la filosofia del Xxi secolo abbia necessità di questa differenza  tra l'essere e lo stare.
E' molto strano, perché il tedesco non ha questa differenza, il francese e l'inglese  lo stesso e tutta la filosofia moderna è iniziata senza questa differenza tra l'essere e lo stare, solo pura essenza.


 - In più di un'occasione ha parlato degli anni '60 come punto di partenza  dei cambiamenti nella soggettività. Perché?

Perché è allora che si comincia a vedere il valore e la possibilità di cambiare, questa stabilità che ha il soggetto moderno di essere fedele a se stesso per tutta la vita, che non può mentire, né può fingere. Fingere non è visto di buon occhio,  compreso il trucco, il simulare. C'era una convinzione nel valore dell'essenza. Ora, negli ultimi tempi,la nostra morale è cambiata molto in questo senso; non solo possiamo cambiare ma siamo obbligati a cambiare tutto il tempo, c'è da aggiornarsi, riciclarsi.
Questi cambiamenti sarebbero considerati non solo tecnicamente impossibili nell'era moderna, ma moralmente impossibili, per esempio, il cambiamento di sesso. Non sto parlando di cambiamento del sesso  nel senso di passare dall'uno all'altro. Parlo della chirurgia plastica,cambiare anche il colore dei capelli e non solo di modifiche fisiche. In breve una serie di modifiche possibili, che hanno plasmato, per tutto il tempo il dover cambiare.

(...)
Bisogna far finta, tra virgolette, abbastanza bene ciò che si sta facendo in quel momento; non è una menzogna vera e propria è un'autenticità di quel momento,di continuare ad essere, che non attiene ad una verità,ma a ciò che sto inventando per continuare ad essere.

Non trova angosciante questa pressione?

Ah, bhe, questa è un'altra cosa (ride). L'essenza genera sempe disagio,talvolta disagio è più collegato con l'essenza che con l'essere; l'essere non genera esattamente disagio, ma ansietà. L'ansia è una condizione più contemporanea del disagio, perché è un peso enorme, bisogna essere performati per tutto il tempo,sul lavoro,nell'aspetto fisico, negli affetti chiedendoti se stai scegliendo ciò che ti rende felice, cose che prima non erano necessarie. (...)

 - E' una enorme offerta del mercato.

  - Infatti, ora si può acquistare un kit completo di un modo di essere. Essere come questo o come quello. Le tribù urbane per esempio, comprano un modo di essere,interiorizzato, romantico,ma nel giro di sei mesi possono acquistarne un altro.

- Ma ci sono tuttavia, forti movimenti identitari: popoli indigeni,minoranza sessuali, nazionalismi e così via.


  - C'è un'autora brasiliana che si chiama Suely Rolnik che ha fatto un articolo molto interessante su questo e che si intitola I farmaci dell'identità. Ciò che spiega è che l'idea di identità, il desiderio e la domanda di identità si sono polverizzati: sono in crisi da tempo. Tuttavia, persiste questa illusione di identità,alla quale ci aggrappiamo, ci afferriamo dinnanzi all'abisso della libertà. L'autora parla di Kit di un profilo modello, come kit di identità prêt-à-porter, pronto all'uso, si compra questa identità e la si indossa come un vestito, per cui è fragile, non assolve alla stessa funzione che svolge l'identità nel soggetto moderno. Ecco perché il mercato sembra sempre pronto con una lista di tutti i tipi da usare; ho fatto l'esempio, piuttosto grossolano delle 'tribù urbane, ma possiamo pensare alle droghe, non soltanto quelle illecite, ma agli psicofarmaci al Rivotril, alle droghe per calmare o eccitare, per dormire o non dormire, per studiare,che appaiono come protesi, come un salva-vita.

- Ed anche come meccanismi di controllo...

  - Esattamente, perché mettono in sintonia con il mondo, non sono droghe per disattivare o per liberare o aprire le porte della percezione,ma per porre all'altezza delle esigenze contemporanee,in definitiva perfomative.


- Avverti una qualche forma di resistenza a questo cambio di asse,di fronte alla fine della privacy?

Vi sono resistenze conservatrici che hanno a che fare con il non connettersi ad Internet. Però mi risultano banali e non durature. Si tratta di individuare forza più complesse che stanno agendo qui, costruendo significati che sono una forma di resistenza. Non si tratta solo di tutelare la privacy, ma anche di come influenzano il poter essere le conquiste sociali: i progressi tecnologici, le conquiste di valori politici, sociali, dentro le quali il più importante è il valore della donna; credo che questo sia innegabile, la situazione della donna prima degli anni '60 e la sua condizione di adesso, al livello di libertà individuale e dei risultati è ovvia, penso che nessuno avrebbe scelto l'homo psicologicus' perché ne siamo state escluse.
Cito Una stanza  tutta per sé di Virgina Woolf proprio per cercare di capire ciò che accade adesso.
Negli anni '20 la Woolf difese il diritto ad una propria stanza o alla privacy, per poter essere qualcuna, che le donne avevano diritto alla soggettività per poter essere un soggetto moderno. Un soggetto dotato di interiorità, costitutiva della sua essenza, che necessita pertanto, di silenzio e solitudine per poter interpretarsi, elaborarsi,in ultima analisi, costruire un'opera, ma anche essere qualcuna, avere il diritto alla soggettività. Oggi, se ci pensiamo in questi termini, almeno la maggior parte delle donne,abbiamo già il diritto ad una stanza per sé, non dobbiamo lottare per essa. Quale sarebbe la domanda paragonabile a questa, oggi? Nei primi anni del XXI secolo, per poter essere qualcuno non occorrono mura,silenzio, solitudine, chiusura. Credo che oggi questa domanda riguardi l'accesso ad Internet, in senso ampio,non solamente accesso fisico.

- Abbiamo iniziato chiedendo cosa stiamo diventando, ma di chi parliamo al plurale?

Della classe medio-alta dei centri urbani, alcuni più degli altri. Pensando alle rivolte e rivoluzioni, per esempio,come nel caso di Londra,in buona parte questa protesta è stata per non poter far parte di ciò,non poter far parte di questo mondo variopinto, delle meraviglie del mercato, come disse Deleuze,che si offre a tutti, ma ovviamente al consumatore e non al cittadino.

- Hai un blog?
- No.

- Utilizzi i social network?
 - No (ride). Ovviamente questa è la resistenza retrograda alla quale mi riferivo prima. Ma ho svariati motivi. Uno di essi, il più importante è il tempo, non ho tempo per la posta.


- Il tuo primo libro, L'uomo post-organico...parla del corpo virtualizzato, di una tendenza a pensare che si possa fare a meno. Com'è che questa volta il tuo lavoro si rivolge al culto del corpo?


L'ipotesi sulla quale lavoro ora è che in realtà questo culto del corpo non è un culto della materialità carnale,ma dell'immagine. Un culto all'immagine del corpo che diventa ogni volta più stilizzata e sempre più eterea
(...)

 - Fotoshop...

Sempre più naturalizzato. Adesso le foto non sono più stampate e chiunque può lavorare sulle sue foto e costruirsene su facebook. (...) Nel momento in cui un corpo mostra la sua coerenza e viscosità organica,  sia per i segni di invecchiamento, che per le rughe o i depositi di grasso è un corpo censurato.
(...) Ci sono molti paradossi: c'è una stimolazione all'erotismo post anni sessanta e, tuttavia, si mostra un corpo d-erotizzato, perché un un corpo bi-dimensionalizzato da consumare visivamente e lo sguardo è nel senso di richiedere più distanza.
Quindi per molti versi non è un corpo erotizzato.  



(traduzione di Anita  Lia Di Peri Silviano)














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