Uno studio dell'Universidad Complutense de Madrid
Mediante il dialogo tra le geo-politiche critiche femministe, la teoria queer e il pensiero decoloniale analizziamo le finzioni politiche della mascolinità e femminilità come artefatti violenti, manipolatori e creatrici di disuguaglianze.
Le tecnologie della razza, del sesso e del corpo,modellano gli individui nella diseguaglianza e violenza, legittimando le gerarchie spaziali che potenziano l'egemonia occidentale e le forme di circolazione del sapere-potere. Siamo interessati ai processi politici e discorsivi attraverso cui si sono costruiti i corpi e le identità posizionate nel femminile e come agiscono generando violenza nei confronti dei soggetti non uomini (donne , omosessuali , disabili , prostitute, ecc.). Per questo, prestiamo attenzione agli apparati bio-politici che danno avvio a tecnologie e dispositivi soma-politici addomesticanti, frenano e disciplinano la vita delle popolazioni con l'obbiettivo di costruire corpi nazionali docili, forti e riproduttivi a partire dalle finzioni politiche identitarie. Allo stesso modo della genealogia affrontiamo la costruzione dell'artefatto "femminile", la creazione dell'identità omosessuale e le differenti forme di violenza, dal consolidamento degli Stati-nazione europei e le forme dell'imperialismo decimonono.
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revistas.ucm.es
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