“Ci sono tanti stereotipi da dovere abbattere, molta mitologia e la tendenza dei non -gitani europei a considerarsi l’unico modello, le uniche libertà. Le nostre dinamiche sono diverse, vogliamo emanciparci a modo nostro. Perché non può esistere la diversità?” "
Rosa Jimenez, direttore dell'associazione Romi Sinti.
L' ultimo rapporto della Fundación Secretariado Gitano in collaborazione con il Centro Nacional de Innovación e Investigación Educativa (CNIIE), dà alcuni dati scoraggianti: «Solo il 62,7% ha completato al massimo istruzione primaria, il 24,8% ha conseguito la licenza della scuola secondaria obbligatoria (ESO) e solo il 7,4 % ha raggiunto l'istruzione secondaria superiore completa (liceo e formazione professionale) ".
Il primo documento finora conosciuto, in cui si parla dell’arrivo dei gitani in Spagna, risale al 1425 – cioè, stiamo parlando del XV secolo - spiega Canadas. “ Stiamo forse dicendo che, in sei secoli, la comunità gitana, si è dedicata solo a leggere la mano e a delinquere? E’ assurdo. Ci sarà stata una parte della popolazione gitana, che è stata all’università, però i gitani sono invisibili, perché non si vuole mostrare questa realtà”.
“ Ho visto in alcune classi come i /le professor* trattano i bambini e le bambine gitane, dicendo che dormono, che non leggono… perché questa è l’immagine che si ha del popolo gitano. Come se fossero sempre la causa dei problemi in classe, quando in realtà non è così” dice Gina, una studentessa di Lavoro Sociale.
“ Questo è chiamato effetto Pigmalione", dice Patricia Caro, studente di psicologia e membro dell’Associazione femminista per la diversità zingara.
“E’ fascismo. Al sistema è utile che i gitani siano una frangia sociale dalla quale non si può uscire – afferma Pepi Fernandez, lavoratrice sociale.
Soraya Giménez, che lavora presso l'Istituto di Cultura Gitana, rileva l’importanza di apprezzare e lavorare quanto è stato realizzato: "Se i media ci stereotipizzano e ridono di noi […] realizziamo mezzi di comunicazione gitani e lottiamo. E’ davvero un problema di autostima”.
Isabel Jiménez, Responsabile territoriale FSG in Aragona, sottolinea: “ I programmi televisivi ci hanno recato molto danno. Mostrano la parte più folclorica e lontana dalla realtà “,osserva inoltre che “ gli atti come nozze e rituali che insegna la televisione, hanno fatto il loro tempo per la maggior parte delle famiglie, che preferiscono come tutte le altre, qualcosa di più discreto”.
Celia Gabarri, tecnica nella FSG, è la quinta di sei figli e l'unica che ha deciso di studiare. “ Una è libera se può scegliere. Non si può dire che si sceglie liberamente, se si conosce un solo percorso e la formazione è la strada per le pari opportunità”. “ Il cammino tradizionale, era sposarsi a 16 anni, diventando donna, senza un processo di maturazione emotiva. Adesso, questo è cambiato. Le madri vogliono che le loro figlie scelgano, vedano il mondo e studino”.
…” Ho udito un professore dire a una bambina: “Ma tu, perché sei qui, se puoi vendere al mercato? Non sprecare tempo”, se si demoralizza una bambina, ciò si unisce alle sue paure di essere diversa tra i non-gitani” afferma Rosa Jiménez, direttora dell’associazione Sinti Romí.
Uno dei temi ricorrenti quando si parla di sessismo nella comunità romì è il fazzoletto: un simbolo che raffigura la verginità della sposa il giorno delle nozze. Soraya Motos, anch’essa dell’associazione sostiene che è una questione culturale. “ Anche le cattoliche si vestono di bianco per andare all’altare, simbolo della purezza. Non c'è molta differenza. Le cose sono molto più evolute e modernizzate rispetto a ciò che tutti pensano Preserviamo le cose buone che ha la nostra cultura e lasciamo alle spalle quelle che non ci piacciono, che erano negative e limitavano le libertà”.
Jiménez si lamenta delle “scemenze” che si dicono sulle gitane. “ C’è bisogno di contestualizzare. Il machismo è ovunque, non solo tra il popolo zingaro. Quello che accade è che esso è più stereotipato nella nostra cultura. Ci vedono girare in pantofole a casa e ci assegnano l’emarginazione in alcuni o molti casi può anche essere, ma è anche vero che non si rendono visibili altre forme di essere gitane”.
“ Ci seguono nei negozi, al momento di affittarci un appartamento, danno per scontato che lo distruggerai, se vai a cercarti un lavoro, ti guardano in cagnesco, se chiediamo una sovvenzione, siamo indicati come migranti… racconta ridendo. “Quando sento gli stereotipi, mi chiedo dov’è il rispetto della differenza, perché non si può essere diversi, perché per integrarmi, devo diventare te, Nonostante abbia studiato, conquistato spazi, sia uscita da casa, partecipo alla vita pubblica. Non voglio smettere di essere gitana, perché sono orgogliosa di esserlo”.
“ Siamo sempre più visibili, vedono i nostri volti l’8 marzo, lottiamo mano nella mano con le altre donne. “Ci sono tanti stereotipi da dovere abbattere, molta mitologia e la tendenza dei non -gitani europei a considerarsi l’unico modello, le uniche libertà. Le nostre dinamiche sono diverse, vogliamo emanciparci a modo nostro. Perché non può esistere la diversità?”
" Vogliamo che capiscano la formazione delle donne come qualcosa di buono per la famiglia e la comunità. Vogliamo che gli uomini ci accompagnino in questo percorso di lotta. Andiamo lentamente, ma arriveremo” (Nelle nostre dinamiche)prevale la collettività sull’individualismo. Intendiamo la libertà in modo diverso”.
"E ' un patrimonio impressionante che non si apprezza, che non è valorizzato. E’ bello il fatto dell’identità, la famiglia, i riti sui defunti, il rispetto tra i gruppi di età, l’amore per i bambini. Ci sono tantissime cose importanti”, afferma Ana Giménez Adelantado, gitana kalé e Dottora in Antropologia.- . " Un essere umano è in primo luogo, la sua cultura e le sue esperienze. Probabilmente l’antropologia mi aiuta a capire meglio il mio mondo gitano, in cui io vivo e posso analizzare la famiglia, i bambini, la scuola, le relazioni o la quotidiana realtà. Essere, però, una zingara è una condizione assolutamente differente. Viviamo in una società pluralistica e multiculturale in molti sensi. A questo proposito, l’astrazione che facciamo della donna zingara è falsa, è teorica, perché non ha nulla a che fare con la vita quotidiana di molte donne. C’è da fare quest’astrazione, ma deve essere spiegata attraverso le esperienze di differenti donne e permettere che esse la spieghino”.
una antropologa en la luna
(traduzione di Lia Di Peri)
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