Beatriz Gimeno, lesbica, femminista, scrittrice.
Assistiamo costantemente a scene di violenza contro le
donne: reali e romanzate. Abbiamo visto video o immagini di fustigazioni, lapidazioni, abusi
fisici e abbiamo visto le donne camminare per le strade in alcuni paesi sotto
un burka. Ogni pochi giorni, in questo paese, una donna è uccisa da un uomo e
spesso vediamo donne reali con ematomi veri. Vediamo anche molte immagini
romanzate di stupro, pestaggi e omicidi, in film o telefilm. Nella nostra
cultura globale il maltrattamento delle donne è molto comune ed è completamente
esteso. La violenza contro le donne non può sorprenderci, conviviamo con essa, è
un'immagine quotidiana e reale; ci accompagna costantemente. Nonostante ciò,
questa campagna mi ha colpito, mi ha impressionato, mi ha fatto male. E mi ha
fatto, ancora una volta, sorgere una domanda che mi faccio spesso: Perché le
donne non si sono mai organizzate violentemente per difendersi dalla violenza perpetrata
contro di loro? E perché non si difendono violentemente contro i loro
aggressori? Perché ci sono così pochi omicidi per legittima difesa?
Sì, sappiamo che le donne siamo state educate alla non
violenza fisica e che non siamo state storicamente parte di eserciti o
istituzioni che fanno uso della forza; che da bambine non giocavamo a giochi
che implicavano violenza, che siamo state educate alla cura e sopportazione,
per non rispondere alla violenza con la violenza, ma con le lacrime e le
suppliche. Tutto questo è un enorme freno fisico e psicologico contro la
possibilità di utilizzare la violenza in alcune circostanze ma, tuttavia, sono
numerose le occasioni in cui le donne hanno saltato questa barriera.
Le donne spesso prendono le armi; le donne partecipano
e hanno sempre partecipato a sommosse, guerre o rivoluzioni. Le donne oggi sono
militari, terroriste o guerrigliere; mettono bombe, dirottano gli aerei,
partecipano negli eserciti con naturalezza. Meno che gli uomini, sì, perché i
ruoli di genere li pongono a lato di essi in guerra, ancora questa barriera non
è stata infranta. Le donne hanno preso le armi per difendere le loro famiglie,
i loro paesi, le loro divinità o le loro idee. Le donne muoiono e combattono
contro il capitalismo, contro l'invasione, contro il colonialismo, il razzismo,
la povertà, contro il comunismo o contro l'influenza straniera. E, tuttavia, non
hanno mai preso le armi per difendersi dal patriarcato. Le donne muoiono e
uccidono, ma mai per se stesse. Se è il caso contro il patriarcato, si uccidono.
Perché? Perché l'idea ci suona completamente folle? Mi riferisco ai patriarcati
più barbari; mi riferisco all'obbligo di chiusura sotto un burqa, il divieto di
uscire da casa, i matrimoni forzati, lapidazioni stupri, il divieto di studiare ... E mi
riferisco specificamente quando queste circostanze sono “nuove” cioè, quando si
danno dopo periodi di patriarcati " normalizzati "; il caso
dell’Afghanistan è il più noto, nonostante non sia l’unico. La domanda che mi
faccio sempre è: Perché donne che hanno studiato all'università, che si sono
sposate con chi hanno voluto, che siano state imprenditrici o lavoratrici, che
hanno viaggiato e camminato per le strade normalmente, non si siano organizzate
in gruppo armato prima dell'arrivo dei talebani? Perché per noi è molto più
facile scegliere il suicidio, che l’aggressione agli altri anche in circostanze
come quelle menzionate? E anche conoscendo le risposte che spesso si danno a
questa domanda, per me non valgono; conosco le barriere, i freni psicologici … ma,
mai? Nemmeno in questi casi?
Se ci riferiamo alla possibilità di esercitare
violenza individuale per rispondere alla violenza individuale, gli stessi dubbi
mi assalgono. Recentemente ho
discusso con qualcuno sul fatto che il patriarcato è stato istituito a causa
della maggiore forza fisica degli uomini. Sebbene qualsiasi sistema di dominio usi
la forza come strumento, questa non è indispensabile. Il nucleo del potere
consolidato è sempre simbolico e s’infiltra nella costruzione personale, perché
viceversa, la resistenza crescerebbe subito. Per esempio, ci sono e ci sono stati
– gruppi umani nei quali il potere era in mano agli anziani che sono
fisicamente più deboli.
Inoltre, l'intelligenza, l'organizzazione o le armi
possono anche supplire la forza fisica. La forza fisica non è fondamentale
quando si può prendere un’arma, e vi sono paesi in cui le armi sono a
disposizione in modo uguale di uomini e donne. La forza proviene dal potere
simbolico e questo stesso potere serve anche per togliere potere. Nel caso del
patriarcato, la forza fisica si riferisce al potere simbolico genderizzato che
fa che tutti gli uomini siano rivestiti con molta più forza fisica che tutte le
donne, anche se questo non è così in molti casi specifici o non sempre è così. E
che il potere simbolico si converte in forza reale, di potere, mentre
indebolisce le donne e le sommerge nell’assoluta impotenza fisica e psicologica.
Per combattere la violenza maschile, le femministe usano
la forza simbolica e reale, della legge. E 'vero che se la legge condannasse e
perseguisse in modo adeguato questa violenza, se si utilizzassero le risorse per l'educazione contro la stessa, se la
condanna sociale fosse assoluta, lentamente saremmo andati avanti. Tuttavia, nel caso del dominio
patriarcale, la legge è solo uno degli strumenti ma non l'unico, perché anche
se persegue e punisce la violenza contro
le donne, se lasciamo il sistema di dominio simbolico intatto, ci sarà sempre violenza,
anche se è punita e perseguita. Questo sistema è perversamente perfetto: mentre
castiga da un lato, incoraggia la violenza simbolica dall’altro. Mentre
legifera a favore dell’uguaglianza, si approvano, si promuovono o semplicemente
si mantengono comportamenti abitudini, rappresentazioni, leggi o istituzioni chiaramente
ineguali.
Così, la lotta contro la violenza di genere passa
dalle leggi, attraverso la parità d’istruzione, ma anche per qualcosa di molto
più complicato, come lo è il simbolico, il culturale. Nell'ambito culturale,
l'emancipazione delle donne deve essere anche fisica, perché le ragazzine sono
istruiti nella convinzione che tutti gli uomini siano più forti di loro e che agli
attacchi non possono che avere il ruolo di vittime. Tutti i giochi femminili, l’esercizio
fisico che (non) fanno, l’abbigliamento, le calzature, i movimenti, il
linguaggio del corpo e persino il vocabolario che usiamo, tutto è nel senso di
togliere potere fisico alle donne. I ragazzi, però, non sono stati educati nel
timore dei ragazzi più forti, ma nella coscienza di uguaglianza. Le donne
possono anche essere forti, ma, soprattutto, possono sentirsi anche fisicamente,
uguali. Non si tratta di promuovere l’uso della violenza, ma di non sentire
barriere, blocchi, paure o
sentimenti d’impotenza per altre presenze fisiche e anche riguardo al proprio
corpo.
In questa direzione vi racconto qualcosa del mio particolare
rapporto con la forza fisica. Quando sono stata colpita dalla poliomelite,
la mia famiglia decise che fosse molto importante, che
fortificassi il resto del mio corpo, per compensare. Mi hanno fatto fare
ginnastica dall’età di tre o quattro anni. Ho fatto ginnastica per rafforzare
il corpo in generale, particolarmente i muscoli delle braccia, tutti i giorni
della mia infanzia e adolescenza. Ogni pomeriggio dopo la scuola, trascorrevo
due ore con un’allenatrice facendo le parallele, arrampicandomi per la corda, facendo
addominali e sollevamento pesi. A causa di ciò, ero una ragazza molto forte,
insolitamente forte per quello che di solito sono le ragazze e, anche, i ragazzi.
Ero in realtà, la piccolina più forte della mia classe e ciò mi ha fatto avere
un rapporto diverso con il mio corpo da quello che solitamente hanno le
ragazze. Se c’era da arrampicarsi su un albero, scalare una parete o trasportare qualcosa, chiamavano me. Se giocavamo a
qualcosa in cui contava la forza, tutti mi volevano in squadra. I bambini a volte combattono, si spingono,
hanno rapporti mediati dal fisico, senza che debba finire per forza in lotta. Queste
relazioni sono state per me una forma di linguaggio naturale e tutto ciò ha
avuto conseguenze, ha determinato il mio inserimento nel gruppo dei bambini e
non delle bambine. Non si comparava se fossi più forte o più debole dei più o
dei pochi. La cosa più importante non era la concreta forza misurabile, ma l’uso
che facevo del mio corpo, della mia forza fisica, la sensazione di essere
uguale ad altri bambini.
Gli uomini che picchiano le donne non lo fanno perché
sono più forti e sono sicuri di vincere la lotta. Picchiano, perché sanno che
in nessun caso, la vittima reagirà. Ricordiamoci che la violenza machista nella
coppia, è una scalata che comincia con un insulto o uno schiaffo cui lei non
risponde mai. Sia chiaro che non voglio banalizzare assolutamente la violenza
machista né suggerire che la risposta alla stessa sia rendere i colpi. Credo,
però, che molti degli uomini che picchiano le loro mogli non siano
particolarmente forti, né coraggiosi, né avrebbe colpito chiunque se pensassero
che questo qualcuno reagirebbe. Colpiscono una donna, perché sanno che possono,
perché lei è totalmente de-potenziata, anche
fisicamente.
Conosco bene i meccanismi psicologici che portano a
molte di queste donne non lasciare i loro aguzzini, a non denunciare, a non
rendere i colpi; so che cosa fa l’amore romantico, la dipendenza affettiva,
materiale, ecc. Capisco che parliamo di un sistema naturalizzato, che si fa
invisibile, che si manifesta nel
simbolico, psicologico, nell’auto-costruzione personale, che spesso non percepiamo come un sistema di
oppressione; che si manifesta in molti piccoli atti quotidiani, contro di cui è difficile ribellarsi, che coinvolgono
la famiglia, le persone care, i figli e le figlie. Comprendo che la repressione
che si esercita sulle donne che rispondono alle aggressioni è stata
storicamente terribile, ed è ancora oggi, orribile in molte parti del mondo. E
il femminismo fa molto per combattere tutto questo. Affermo soltanto che, come
parte della nostra lotta femminista, dobbiamo imparare a metterci nel mondo con una corporalità potenziata, forte,
coraggiosa e consapevole, che questo contribuirà – solo contribuirà - a
cambiare alcune cose.
E, comunque, tornando alla domanda dell’inizio: di là della
particolare violenza machista, per quale motivo le donne, mai si sono organizzate
e prese le armi, per difendersi, almeno in situazioni di emergenza ? Questa
domanda mi frulla in testa, senza trovare risposta.. Mai?
Pikaramagazine.com
(traduz. Lia Di Peri)
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