Che cosa fare con la prostituzione?
Il dibattito politico sulla prostituzione appare
intermittente nei Media, di solito legati alle notizie che suggeriscono l'inevitabilità
della sua legalizzazione. L’ultima in ordine di tempo è l'incorporazione di quest’attività,
nel PIL. L'argomento che sembra avere più peso in questa discussione è la
spiegazione che la legittimità della prostituzione debba essere cercata nel
libero consenso delle donne prostituite. Mi concentrerò, quindi, esclusivamente
su quest’aspetto del dibattito.
Tuttavia, occorre porre due questioni, prima di
approcciare il dibattito: la prima è che dobbiamo distinguere nella
prostituzione, il gruppo concreto delle donne prostituite in modo da poter
contestare criticamente questa istituzione e, al contempo, agire politiche
pubbliche per le donne prostituite. Il secondo elemento è la naturalizzazione
della prostituzione, nonostante tutto ciò che questa implica: il carattere non
politico del commercio sessuale.
La prostituzione è una complessa realtà sociale, sia
per il crescente numero di attori e processi coinvolti intorno a questa
istituzione patriarcale sia per i significati ideologici che derivano dalla sua esistenza. Infatti, la
prostituzione è oggi un'azienda globale legata all’economia criminale, e nella
quale intervengono molti attori, che beneficiano di tale attività. Tanto che
nel 2010, secondo le statistiche, la prostituzione ha generato 0,35% del PIL. Non
si può negare che l’affare prostituzione si è moltiplicato nel contesto delle
politiche economiche neoliberiste. Probabilmente, l’interesse collettore degli Stati
patriarcali è all'origine di questa proposta. Tuttavia, i principali attori in
primo luogo, sono le donne che esercitano la prostituzione e gli
uomini che utilizzano i servizi di queste donne. Nell'immaginario collettivo la
prostituzione è associata con l'immagine della puttana. Eppure, non c'è donna prostituita
senza un uomo prostitutore. Perché il prostitutore è invisibile
nell'immaginario della prostituzione? Dobbiamo riflettere sulle ragioni per cui
la figura del richiedente è stata zittita, come se si trattasse di un elemento
del tutto secondario in quest’opera da teatro, perché questo fatto è un chiaro
indicatore del permissivismo sociale che esiste verso questi uomini. Per questo
è necessario re-significare l’immaginario della prostituzione e mettere i prostitutori
al loro giusto posto, vale a dire, come beneficiari e responsabili di questa
pratica sociale. Dobbiamo anche far notare che, la prostituzione non è un’istituzione
innocua, ma come tutte le altre, non può essere separata dalle
relazioni di potere che strutturano una società.
Inoltre, questa realtà sociale non può essere intesa senza
prendere in considerazione la notevole disparità economica tra la popolazione prostituita
e la popolazione richiedente poiché questa disuguaglianza è essenziale per
calibrare il grado di accordo che esiste in questi rapporti. Oltre il 90% delle
donne prostituite, sono migranti e il traffico illegale di donne per
l'industria del sesso è in aumento come una fonte di reddito per i maschi. Tuttavia,
le donne occupano la quasi totalità del settore, fino al punto di diventare un
gruppo maggioritario nella migrazione orientata alla ricerca di lavoro. Saskia
Sassen sottolinea che la nuova economia capitalistica con le sue politiche
neoliberiste favorisce l'emergere di una nuova classe di servitù. Donne
emigranti, comprese le donne che si prostituiscono, formano il duro nucleo di
queste nuove schiavitù. In effetti, le donne prostituite appartengono ai settori
sociali più poveri e con estreme necessità economiche che cercano di migliorare
la loro situazione mediante l'ottenimento di denaro facile che la prostituzione
può fornire. Inoltre, per alcune donne migranti irregolari la prostituzione è
vista come una delle poche uscite economiche disponibili.
La questione, quindi, ruota attorno al grado di consenso
delle donne prostituite nel commercio del sesso. Qui si può già sottolineare
che la libertà e il consenso delle donne che arrivano alla prostituzione sono
ridotti, perché sono limitati dalla povertà, dalla mancanza
di risorse culturali, dalla mancanza di autonomia e nella maggior parte dei
casi dall’abuso sessuale nell’infanzia. E se ciò non bastasse, queste realtà
sociali si formano all'interno delle società patriarcali, dove gli uomini hanno
una posizione di dominio sulle donne.
Un contratto firmato da entrambe le parti in cui uno di
esse è dominata dalle necessità, non è un contratto legittimo. Non può darsi
libertà contrattuale assoluta nei sistemi sociali fondati sul dominio, perché la
necessità e lo svantaggio sociale, inficiano il consenso. Pertanto, si deve
rilevare che l’illimitata libertà contrattuale è parte del nucleo ideologico,
più duro del liberalismo e la messa in discussione di questa libertà assoluta è
uno dei tratti distintivi del pensiero critico. Le analisi che tentano di
giustificare la prostituzione, come un contratto legittimo si basano su argomentazioni
tipiche del neoliberismo, per la cui ideologia i contratti non dovrebbero
avere limiti. Coloro che difendono la legittimità del contratto basandosi sulla
volontà dell'individuo, dimenticano che libertà e volontà non sempre
coincidono. Legittimare la prostituzione con quest’argomento è sottrarsi al pensiero critico.
Se si considera la prostituzione, una forma
inaccettabile di vita, risultato del sistema di egemonia maschile, che viola i
diritti umani delle donne per trasformare il loro corpo in una merce e in un
oggetto per il piacere sessuale di altri, allora, si finirà in direzione dell’impossibilità
della sua legalizzazione. In altre parole, legalizzare la prostituzione è
inviare alla società il messaggio che lo sfruttamento sessuale delle donne è
eticamente accettabile. E questo contribuisce a installare nell'immaginario
collettivo l'idea che gli uomini hanno un diritto naturale di accedere sessualmente
al corpo delle donne.
eldiario.es
(traduzione di Lia Di Peri)
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