Il vittimismo è una strategia per dominare le persone
intorno a noi, per manipolare gli altri, per modificare la realtà, per raggiungere
i nostri obiettivi.
Il romanticismo del XIX ha usato molto questa strategia
e l’ha portata all’estremo: i geni romantici arrivarono ad auto lesionarsi e a
suicidarsi al fine di diventare martiri dell'amore. Non solo volevano procurare
dolore o passare alla posterità ma anche far sentire colpevoli l’amata o l’amato
che non corrispondeva il loro amore.
Il vittimista o la vittimista romantica soffrono ma non
in silenzio. Moltiplicano sempre la sofferenza e la diffondono affinché soffra
anche la persona amata. Con questa
perversa idea: “. "Se non fai quello che voglio, io soffro. E se io soffro,
anche tu devi offrire”, il suo scopo è far sentire l’altro responsabile del suo
dolore e tristezza.
Che cosa vuole ottenere il vittimista dando dolore? Che tu ti senta colpevole , che tu ti faccia responsabile del suo benessere o della sua felicità. Che non te ne vada, che tu t’innamori di lui, che non ti disinnamori,
che lo pensi, che gli dedichi più tempo, che non lo lasci.
Le vittime romantiche sembrano più sensibili e
premurose ma possono arrivare a essere molto violente. Vanno dall’amore all’odio
in un secondo, elemosinano amore, se non lo ottengono, esigono amore e se non
raggiungono il loro obiettivo, hanno un'altra causa per cui combattere:
distruggere psicologicamente ed emotivamente il colpevole delle loro disgrazie.
Nelle guerre romantiche usano tutti i tipi di strategie: rimproveri, umiliazioni, accuse, insulti, ma le loro armi migliori sono i ricatti e le minacce.
Nelle guerre romantiche usano tutti i tipi di strategie: rimproveri, umiliazioni, accuse, insulti, ma le loro armi migliori sono i ricatti e le minacce.
Alcuni dei ricatti più comuni sono: “ Sono triste
perché non mi ami”, “Senza di te non sono niente”, “La mia felicità dipende da
te”, “ Voglio che tu mi pensi, la mia vita non ha senso senza il tuo amore”, “Ho
bisogno che tu ti prenda cura di me”, “Tu sei colpevole di tutte le mie sofferenze”,
“Sono giorni che non mangio e non dormo per colpa tua”, “Non posso vivere senza
di te”.
Se i ricatti non funzionano, iniziano le minacce:
"Se mi lasci, nessuno ti amerà come ti amo, io/ti vorrò per sempre/non
vedrai più i tuoi figli/ti rovinerò economicamente/ resterai senza amici/ti distruggerò
la vita.
La peggiore minaccia è: “ Se mi lasci, mi uccido”. Ed è
una minaccia reale: ogni anno si suicidano persone in tutti i paesi che
lasciano lettere in cui spiegano che lo fanno "per amore", o meglio,
per mancato amore. E molti e molte
colpevolizzano direttamente i loro partner, ex partner o le persone delle quali
si erano innamorate e che non li avevano corrisposti.
I vittimisti che si uccidono responsabilizzano l’altro
del loro atto violento. Non si assumono i loro sbagli, la chiave della loro
violenza è sempre negli altri , così prima di agire, minacciano sempre: “ Se mi
suicido, non ti potrai mai perdonarti/mai dimenticarmi/ti rammaricherai tutta
la vita/ ti sentirai in colpa fino al giorno della tua morte/ rimarrà per
sempre nella tua coscienza”.
Ci sono poi quelli che invece di suicidarsi,
preferiscono ammazzare chi dicono di amare.
Questo è molto comune nei processi per femminicidio, dove gli assassini
delle donne fanno cadere sempre la colpa della loro violenza sull’assassinata: “ Lei mi ha lasciato, lei se n’è andata con un altro,lei mi ha fatto male, lei mi
ha fatto uscire pazzo”. Nella nostra cultura patriarcale, le uniche colpevoli
della violenza che subiscono sono le donne “ perché qualcosa avranno fatto”. Per
questo, quando si commettono stupri, si sospetta che la colpa è nostra per
camminare da sola in strada di notte o per vestire in questo o quel modo.
Perché le vittime romantiche siano “ i buoni”, gli
altri devono apparire “ cattivi”. Ogni volta che c'è una vittima, ci deve essere un colpevole e con questa logica patriarcale della dicotomia, si costruisce la loro versione della realtà. Lo scopo finale è modificare sempre la realtà che non ci piace : la vittima romantica non sopporta di sentirsi dire di no, non accetta il rifiuto, o la rottura, né la fine.
Ciò significa che se non corrispondi alla tipologia del
romantico o della romantica diventi cattivo o cattiva. I cattivi sono tutte quelle
persone che non ti amano o che hanno smesso di amarti o quelli che si stanno
disinnamorando. Sono malvagi anche gli infedeli e i traditori insomma, tutti quelli
che ti fanno male e devono pagarla cara.
In questa logica, i cattivi sono persone egoiste. insensibili
e crudeli, mentre i buoni sono persone sensibili, amorevoli, premurose e molto
vulnerabili. Tuttavia, i buoni sono molto superbi, orgogliosi e molto
vendicativi: il loro più grande desiderio è punire l’oggetto del loro “amore”,
che dal giorno alla notte è diventato il nemico, la nemica.
Molti romantici vittimisti sono ossessionati dalla
punizione o dalla vendetta, così fanno le loro campagne in modo che l’ambiente
circostante alla coppia collabori nel difficile compito di far sentire
colpevole: famiglia, amici e amiche, vicini e vicine di casa. Quanto più persone
solidarizzano con il sofferente o la sofferente, meglio è: da qui ci sono
persone che sono solidali a suo favore, contro il colpevole che gli ha spezzato
il cuore.
Se il cattivo o la cattiva vogliono separarsi, per
esempio, si parlerà di “ abbandono del tetto coniugale”: la vittima non riconosce
la libertà dell’altro coniuge di andare, lasciare, di prendere le sue
decisioni. In questo senso, la vittima non ammette realtà che non lo beneficiano.
La vittima romantica espone la sua tristezza per
suscitare il senso di colpa nell’altro e la compassione negli altri. La sua
tristezza romantica è toccante, perché appare come un essere fragile, il cui
unico scopo nella vita è di amare ed essere amata. Sembra che abbia sempre
ragione per l'ingiustizia di cui è soggetto, soprattutto perché tutti danno per
scontato che il vero amore è per sempre e che i contratti romantici sono eterni
e non possono essere spezzati. La tirannia della vittima consiste nella
mancanza di scrupoli nel momento della vendetta e di costringere l'altro a
pentirsi e correggere.
Storicamente, la manipolazione vittimista è una
strategia che abbiamo adottato più le donne degli uomini: le bambine apprendono
fin da piccole a risvegliare la tenerezza degli altri e sappiamo che il pianto
può realizzare tutto ciò che ci proponiamo. Gli adulti non sopportano di vederci
piangere e danno accesso ai nostri capricci finché cancelliamo la faccia
triste: per questo da grandi continuiamo a fare lo stesso.
In quasi tutti i film, cartoni animati, serie TV, le
donne piangono e piangono. Piangere e soffrire sono dimostrazioni di
femminilità nella nostra cultura, una vera donna è quella che si commuove fino
alle lacrime, a tutto ciò che è collegato con l’amore, la maternità, i fiori e
un sacco di cose stupide.
Le ragazze imparano presto che se ti presenti debole,
gli uomini reagiscono sempre dando accesso ai tuoi desideri , perché si sentono
responsabili del loro benessere: essi sono i protettori, i realizzatori,essi
sono i forti e gli intelligenti, esso sono i guerrieri. Noi siamo quelle dolci,
le emotive, le bamboline carine che aspettano e chiedono cose. Sono uomini
d'azione, sono i cavalieri che salvano le principesse.
Ai bambini s’insegna, che gli uomini sono il
contrario delle donne. Gli uomini non
piangono, gli uomini agiscono, e l'unico modo per raggiungere i loro obiettivi
o risolvere il loro conflitto è con la violenza.
Utilizzando i pugni, un arco e frecce, una
mitragliatrice, una pistola, un bazooka, un'ascia, un martello, una granata, un
cacciabombardiere , un carro armato, un fucile, machete ... in tutte le
produzioni culturali, gli eroi usano la violenza per salvare l'umanità, per
risolvere un problema, o per ottenere un tesoro.
Il maschio violento e la marmocchia piagnucolosa,
questi sono i modelli di femminilità e mascolinità che ci vendono. La femminilità
consiste nell’essere una bambina capricciosa, despota, un poco tonta, egoista,
però, molto bella. Gli uomini cedono al suo fascino e si commuovono con le sue
lacrime, per questo rischiano la vita per salvarla dalla sua prigionia, per
salvarla dalle grinfie del drago o per tirarla fuori dalla povertà e dallo
sfruttamento.
Questo modello di femminilità basata sul vittimismo
romantico ha recato molto danno a noi donne, perché ci fa credere che l’unico
modo per ottenere ciò che vogliamo o desideriamo è il ricatto emotivo e
minacciando gli altri. Non solo in campo amoroso, ma in qualunque circostanza,
noi donne usiamo quest’arte della manipolazione: diventiamo povere indifese
davanti alla polizia che ci vuole multare per eccesso di velocità, all’insegnante
che ci vuole sospendere l’esame di matematica, al capo che ci vuole assumere
per lavorare. Usiamo il vittimismo in ogni occasione perché funziona nella
maggior parte dei casi ... tranne che nell'amore.
Anche se ci fanno credere il contrario, non c’è modo di
costringere qualcuno ad amarti se non ti ama. Può darsi che il tuo amato
rimanga un po’ più a lungo con voi, ma non si può pretendere che torni a
innamorarsi di te. Non vi è alcun modo per risvegliare l'amore attraverso il
vittimismo: quando qualcuno ti fa compassione, è molto difficile sentire
ammirazione, desiderio o passione per qualcuno.
Eppure, nei film
continuano ancora a convincerci che, le donne che piangono sempre, otterranno
di risvegliare la tenerezza nell’amato. Così le principesse Disney sono sempre
sole e indifese: se si alleassero con altre donne per unire le forze,
l'esistenza del principe non avrebbe senso. I principi azzurri hanno bisogno di
donne fragili senza iniziativa proprio per uscire dalla loro situazione: hanno
bisogno di donne vergini, innocenti, sensibili e delicate capaci di commuoversi
con qualsiasi regalo del loro principe.
Donne che poiché non hanno amiche, sorelle, zie,
cugine, madri né vicine parlano con gli animali della foresta e raccolgono
fiori, mentre sospirano sognando il Salvatore.
Ed è così che noi donne impariamo presto che ci ameranno se sfruttiamo il nostro ruolo di vittime. Cenerentola era vittima
della matrigna e delle sorellastre. Biancaneve della strega cattiva. La Bella
Addormentata dell’incantesimo che l’ha fatta dormire per cento anni, la Bella
rapita dal suo stesso Salvatore, e tutte le donne che non poterono uscire
dalla loro situazione fino a quando qualcuno ebbe pietà e andò a salvarle.
E da qui viene tutto il resto: il cristianesimo e il
romanticismo esaltano e mitizzano la donna che soffre. La Vergine Maria soffre,
la principessa chiusa nel castello soffre, la poeta tormentata soffre... tutte
soffrono per amore di un uomo, il che le trasforma nelle eroine della nostra
cultura.
Alcune delle eroine si uccidono per mostrarci che il loro regno non è di questo mondo. Le donne che non si adattano alla cruda realtà
soccombono a essa: le ribelle, le anticonformiste, le disobbedienti, tutte
finiscono malamente, quelle delle finzioni e quelle in carne e ossa. Così la
maggior parte di loro si consegna all’autodistruzione (quanto più drogate e
alcoliste, più sexy si sentono) o si ammazzano: il patriarcato non ha bisogno
di finirle, s’incaricano esse stesse di sparire.
La lista delle donne che soffrono nella nostra cultura
è infinita: Virginia Woolf, Sylvia Plath, Marilyn Monroe, Frida Kahlo,
Alfonsina Storni, Janis Joplin, Amy Whinehouse. E ci sono anche molti
personaggi di fantasia che si auto-mutilano, si autodistruggono o si suicidano:
Ana Karenina, Emma Bovary.
Il suicidio femminile è romantico e lo idealizziamo perché
crediamo che ci rende eterne, speciali, divine. E sono molte le adolescenti che
imitano queste stelle per vendicarsi del loro ambiente: si tolgono la vita per
rimproverare i loro cari di non aver ricevuto amore o la comprensione di cui
avevano bisogno, ma anche per punire i loro amati.
Per terminare con tutto questo vittimismo e così tanta
violenza contro di noi, dobbiamo smetterla di idealizzare l’autodistruzione
delle donne, eliminare le lotte di potere in amore, demistificare la violenza
romantica, potenziare tutte e rivendicare la figura di donne felici, allegre,
combattive e di successo: molto meglio Madonna che la Whinehouse. Perché la prima è viva, la seconda, no.
Dobbiamo abbattere questi miti romantici che legittimano
la violenza romantica e costruire altre eroine che raggiungono i loro obiettivi
grazie alle loro capacità, alla loro forza, intelligenza, la loro empatia, la
loro capacità di solidarizzare e lavorare con altre donne.
Protagoniste che si amano come adulte che sono
responsabili per i loro sentimenti e le emozioni, in grado di costruire
relazioni amorose senza dipendere da nessuno, dalla libertà e autonomia personale.
Abbiamo bisogno di altri modelli di femminilità nella nostra
cultura donne allegre, coraggiose, attive, sensibili e amorevoli che siano in
grado di unirsi e separarsi, senza drammi e senza guerre romantiche. Altre
storie, altri finali e altre forme di amare sono possibili ...
(traduzione a cura di Lia Di Peri)
http://haikita.blogspot.it
(traduzione a cura di Lia Di Peri)
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