lunedì 11 aprile 2016

Il vittimismo femminile e la violenza romantica.

Coral Herrera Gómez, scrittrice e ricercatrice. Dottore in Teoria di genere.




Il vittimismo è una strategia per dominare le persone intorno a noi, per manipolare gli altri, per modificare la realtà, per raggiungere i nostri obiettivi.
Il romanticismo del XIX ha usato molto questa strategia e l’ha portata all’estremo: i geni romantici arrivarono ad auto lesionarsi e a suicidarsi al fine di diventare martiri dell'amore. Non solo volevano procurare dolore o passare alla posterità ma anche far sentire colpevoli l’amata o l’amato che non corrispondeva il loro amore.

Il vittimista o la vittimista romantica soffrono ma non in silenzio. Moltiplicano sempre la sofferenza e la diffondono affinché soffra anche la persona amata.  Con questa perversa idea: “. "Se non fai quello che voglio, io soffro. E se io soffro, anche tu devi offrire”, il suo scopo è far sentire l’altro responsabile del suo dolore e tristezza.
Che cosa vuole ottenere il vittimista dando dolore?  Che tu ti senta colpevole , che tu ti faccia responsabile del suo benessere o della sua felicità. Che non te ne vada, che tu t’innamori di lui, che non ti disinnamori, che lo pensi, che gli dedichi più tempo, che non lo lasci.

Le vittime romantiche sembrano più sensibili e premurose ma possono arrivare a essere molto violente. Vanno dall’amore all’odio in un secondo, elemosinano amore, se non lo ottengono, esigono amore e se non raggiungono il loro obiettivo, hanno un'altra causa per cui combattere: distruggere psicologicamente ed emotivamente il colpevole delle loro disgrazie.

Nelle guerre romantiche usano tutti i tipi di strategie: rimproveri, umiliazioni, accuse, insulti, ma le loro armi migliori sono i ricatti e le minacce.
Alcuni dei ricatti più comuni sono: “ Sono triste perché non mi ami”, “Senza di te non sono niente”, “La mia felicità dipende da te”, “ Voglio che tu mi pensi, la mia vita non ha senso senza il tuo amore”, “Ho bisogno che tu ti prenda cura di me”, “Tu sei colpevole di tutte le mie sofferenze”, “Sono giorni che non mangio e non dormo per colpa tua”, “Non posso vivere senza di te”.

Se i ricatti non funzionano, iniziano le minacce: "Se mi lasci, nessuno ti amerà come ti amo, io/ti vorrò per sempre/non vedrai più i tuoi figli/ti rovinerò economicamente/ resterai senza amici/ti distruggerò la vita.
La peggiore minaccia è: “ Se mi lasci, mi uccido”. Ed è una minaccia reale: ogni anno si suicidano persone in tutti i paesi che lasciano lettere in cui spiegano che lo fanno "per amore", o meglio, per mancato amore.  E molti e molte colpevolizzano direttamente i loro partner, ex partner o le persone delle quali si erano innamorate e che non li avevano corrisposti.

I vittimisti che si uccidono responsabilizzano l’altro del loro atto violento. Non si assumono i loro sbagli, la chiave della loro violenza è sempre negli altri , così prima di agire, minacciano sempre: “ Se mi suicido, non ti potrai mai perdonarti/mai dimenticarmi/ti rammaricherai tutta la vita/ ti sentirai in colpa fino al giorno della tua morte/ rimarrà per sempre nella tua coscienza”.

Ci sono poi quelli che invece di suicidarsi, preferiscono ammazzare chi dicono di amare.  Questo è molto comune nei processi per femminicidio, dove gli assassini delle donne fanno cadere sempre la colpa della loro violenza sull’assassinata: “ Lei mi ha lasciato, lei se n’è andata con un altro,lei mi ha fatto male, lei mi ha fatto uscire pazzo”. Nella nostra cultura patriarcale, le uniche colpevoli della violenza che subiscono sono le donne  “ perché qualcosa avranno fatto”. Per questo, quando si commettono stupri, si sospetta che la colpa è nostra per camminare da sola in strada di notte o per vestire in questo o quel modo.

Perché le vittime romantiche siano “ i buoni”, gli altri devono apparire “ cattivi”Ogni volta che c'è una vittima, ci deve essere un colpevole e con questa logica patriarcale della dicotomia, si costruisce la loro versione della realtà. Lo scopo finale è modificare sempre la realtà che non ci piace : la vittima romantica non sopporta di sentirsi dire di no, non accetta il rifiuto, o la rottura, né la fine.
Ciò significa che se non corrispondi alla tipologia del romantico o della romantica diventi cattivo o cattiva. I cattivi sono tutte quelle persone che non ti amano o che hanno smesso di amarti o quelli che si stanno disinnamorando. Sono malvagi anche gli infedeli e i traditori insomma, tutti quelli che ti fanno male e devono pagarla  cara.
In questa logica, i cattivi sono persone egoiste. insensibili e crudeli, mentre i buoni sono persone sensibili, amorevoli, premurose e molto vulnerabili. Tuttavia, i buoni sono molto superbi, orgogliosi e molto vendicativi: il loro più grande desiderio è punire l’oggetto del loro “amore”, che dal giorno alla notte è diventato il nemico, la nemica.
Molti romantici vittimisti sono ossessionati dalla punizione o dalla vendetta, così fanno le loro campagne in modo che l’ambiente circostante alla coppia collabori nel difficile compito di far sentire colpevole: famiglia, amici e amiche, vicini e vicine di casa. Quanto più persone solidarizzano con il sofferente o la sofferente, meglio è: da qui ci sono persone che sono solidali a suo favore, contro il colpevole che gli ha spezzato il cuore.
Se il cattivo o la cattiva vogliono separarsi, per esempio, si parlerà di “ abbandono del tetto coniugale”: la vittima non riconosce la libertà dell’altro coniuge di andare, lasciare, di prendere le sue decisioni. In questo senso, la vittima non ammette realtà che non lo beneficiano.

La vittima romantica espone la sua tristezza per suscitare il senso di colpa nell’altro e la compassione negli altri. La sua tristezza romantica è toccante, perché appare come un essere fragile, il cui unico scopo nella vita è di amare ed essere amata. Sembra che abbia sempre ragione per l'ingiustizia di cui è soggetto, soprattutto perché tutti danno per scontato che il vero amore è per sempre e che i contratti romantici sono eterni e non possono essere spezzati. La tirannia della vittima consiste nella mancanza di scrupoli nel momento della vendetta e di costringere l'altro a pentirsi e correggere.

Storicamente, la manipolazione vittimista è una strategia che abbiamo adottato più le donne degli uomini: le bambine apprendono fin da piccole a risvegliare la tenerezza degli altri e sappiamo che il pianto può realizzare tutto ciò che ci proponiamo. Gli adulti non sopportano di vederci piangere e danno accesso ai nostri capricci finché cancelliamo la faccia triste: per questo da grandi continuiamo a fare lo stesso.

In quasi tutti i film, cartoni animati, serie TV, le donne piangono e piangono. Piangere e soffrire sono dimostrazioni di femminilità nella nostra cultura, una vera donna è quella che si commuove fino alle lacrime, a tutto ciò che è collegato con l’amore, la maternità, i fiori e un sacco di cose stupide.
Le ragazze imparano presto che se ti presenti debole, gli uomini reagiscono sempre dando accesso ai tuoi desideri , perché si sentono responsabili del loro benessere: essi sono i protettori, i realizzatori,essi sono i forti e gli intelligenti, esso sono i guerrieri. Noi siamo quelle dolci, le emotive, le bamboline carine che aspettano e chiedono cose. Sono uomini d'azione, sono i cavalieri che salvano le principesse.

Ai bambini s’insegna, che gli uomini sono il contrario delle donne.  Gli uomini non piangono, gli uomini agiscono, e l'unico modo per raggiungere i loro obiettivi o risolvere il loro conflitto è con la violenza.
Utilizzando i pugni, un arco e frecce, una mitragliatrice, una pistola, un bazooka, un'ascia, un martello, una granata, un cacciabombardiere , un carro armato, un fucile, machete ... in tutte le produzioni culturali, gli eroi usano la violenza per salvare l'umanità, per risolvere un problema, o per ottenere un tesoro.

Il maschio violento e la marmocchia piagnucolosa, questi sono i modelli di femminilità e mascolinità che ci vendono. La femminilità consiste nell’essere una bambina capricciosa, despota, un poco tonta, egoista, però, molto bella. Gli uomini cedono al suo fascino e si commuovono con le sue lacrime, per questo rischiano la vita per salvarla dalla sua prigionia, per salvarla dalle grinfie del drago o per tirarla fuori dalla povertà e dallo sfruttamento.
Questo modello di femminilità basata sul vittimismo romantico ha recato molto danno a noi donne, perché ci fa credere che l’unico modo per ottenere ciò che vogliamo o desideriamo è il ricatto emotivo e minacciando gli altri. Non solo in campo amoroso, ma in qualunque circostanza, noi donne usiamo quest’arte della manipolazione: diventiamo povere indifese davanti alla polizia che ci vuole multare per eccesso di velocità, all’insegnante che ci vuole sospendere l’esame di matematica, al capo che ci vuole assumere per lavorare. Usiamo il vittimismo in ogni occasione perché funziona nella maggior parte dei casi ... tranne che nell'amore.

Anche se ci fanno credere il contrario, non c’è modo di costringere qualcuno ad amarti se non ti ama. Può darsi che il tuo amato rimanga un po’ più a lungo con voi, ma non si può pretendere che torni a innamorarsi di te. Non vi è alcun modo per risvegliare l'amore attraverso il vittimismo: quando qualcuno ti fa compassione, è molto difficile sentire ammirazione, desiderio o passione per qualcuno.

 Eppure, nei film continuano ancora a convincerci che, le donne che piangono sempre, otterranno di risvegliare la tenerezza nell’amato. Così le principesse Disney sono sempre sole e indifese: se si alleassero con altre donne per unire le forze, l'esistenza del principe non avrebbe senso. I principi azzurri hanno bisogno di donne fragili senza iniziativa proprio per uscire dalla loro situazione: hanno bisogno di donne vergini, innocenti, sensibili e delicate capaci di commuoversi con qualsiasi regalo del loro principe.
Donne che poiché non hanno amiche, sorelle, zie, cugine, madri né vicine parlano con gli animali della foresta e raccolgono fiori, mentre sospirano sognando il Salvatore.
Ed è così che noi donne impariamo presto che ci ameranno se sfruttiamo il nostro ruolo di vittime. Cenerentola era vittima della matrigna e delle sorellastre. Biancaneve della strega cattiva. La Bella Addormentata dell’incantesimo che l’ha fatta dormire per cento anni, la Bella rapita dal suo stesso Salvatore, e  tutte le donne che non poterono uscire dalla loro situazione fino a quando qualcuno ebbe pietà e andò a salvarle.
E da qui viene tutto il resto: il cristianesimo e il romanticismo esaltano e mitizzano la donna che soffre. La Vergine Maria soffre, la principessa chiusa nel castello soffre, la poeta tormentata soffre... tutte soffrono per amore di un uomo, il che le trasforma nelle eroine della nostra cultura.
Alcune delle eroine si uccidono per mostrarci che il loro regno non è di questo mondo. Le donne che non si adattano alla cruda realtà soccombono a essa: le ribelle, le anticonformiste, le disobbedienti, tutte finiscono malamente, quelle delle finzioni e quelle in carne e ossa. Così la maggior parte di loro si consegna all’autodistruzione (quanto più drogate e alcoliste, più sexy si sentono) o si ammazzano: il patriarcato non ha bisogno di finirle, s’incaricano esse stesse di sparire.
La lista delle donne che soffrono nella nostra cultura è infinita: Virginia Woolf, Sylvia Plath, Marilyn Monroe, Frida Kahlo, Alfonsina Storni, Janis Joplin, Amy Whinehouse. E ci sono anche molti personaggi di fantasia che si auto-mutilano, si autodistruggono o si suicidano: Ana Karenina, Emma Bovary.

Il suicidio femminile è romantico e lo idealizziamo perché crediamo che ci rende eterne, speciali, divine. E sono molte le adolescenti che imitano queste stelle per vendicarsi del loro ambiente: si tolgono la vita per rimproverare i loro cari di non aver ricevuto amore o la comprensione di cui avevano bisogno, ma anche per punire i loro amati.

Per terminare con tutto questo vittimismo e così tanta violenza contro di noi, dobbiamo smetterla di idealizzare l’autodistruzione delle donne, eliminare le lotte di potere in amore, demistificare la violenza romantica, potenziare tutte e rivendicare la figura di donne felici, allegre, combattive e di successo: molto meglio Madonna che la Whinehouse.  Perché la prima è viva, la seconda, no.
Dobbiamo abbattere questi miti romantici che legittimano la violenza romantica e costruire altre eroine che raggiungono i loro obiettivi grazie alle loro capacità, alla loro forza, intelligenza, la loro empatia, la loro capacità di solidarizzare e lavorare con altre donne.
Protagoniste che si amano come adulte che sono responsabili per i loro sentimenti e le emozioni, in grado di costruire relazioni amorose senza dipendere da nessuno, dalla libertà e autonomia personale.
Abbiamo bisogno di altri modelli di femminilità nella nostra cultura donne allegre, coraggiose, attive, sensibili e amorevoli che siano in grado di unirsi e separarsi, senza drammi e senza guerre romantiche. Altre storie, altri finali e altre forme di amare sono possibili ...

(traduzione a cura di Lia Di Peri)



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