martedì 20 giugno 2017

A letto con il nemico

di Andrea Momoitio*




Leda and the Swan | Pintura erotica attribuida a Francois Boucher | 1703 – 1770


In questi giorni sta girando molto sulle reti sociali un articolo di Pilar Aguilar pubblicato dalla rivista Tribuna Feminista, che ha come titolo “ Addolcire il patriarcato chiamandolo eteropatriarcato?” in cui la compagna critica l’uso del termine etero - patriarcato in quanto, a suo avviso, con il suo utilizzo si “ignorano, diluiscono e si sfocano i volti della selvaggia sottomissione che il patriarcato pratica sulle donne”.
Lei allude nel suo argomentare che, le oppressioni sofferte dalle donne e dalle bambine di tutto il mondo vanno ben oltre, che non si hanno “ solamente nella sfera sessuale e non solo ci obbligano a essere etero-sessuali”. Questo è innegabile, ma per me ci sono due argomenti che mi fanno scontrare con l’impianto di Aguilar. Da un lato, il femminismo deve imparare ad adattarsi a ogni contesto. Le comunicatrici femministe sanno (sappiamo) che non sempre è utile parlare di “patriarcato”, perché un requisito indispensabile per la comunicazione è saper adattare il messaggio alle persone che devono riceverlo. Il pensiero femminista come ogni ideologia con la quale vogliamo influenzare il pensiero della società, deve sapersi adattare ai diversi contesti nella sua lingua. Naturalmente non possiamo predicare come Butler. Questo, tuttavia, non può essere la ragione per cui il femminismo continui a dimenticare come l'eterosessualità influenza direttamente le violenze che noi donne subiamo. Una cosa è che non sempre sia utile parlare di etero-patriarcato e, altra cosa, è non riconoscere che sia un termine più preciso e completo.
In secondo luogo, e questo è per me il punto principale, parliamo di etero-patriarcato, perché l’etero-sessualità è lo strumento principale che il patriarcato possiede per perpetuarsi. Brucia, ovviamente, perché significa che, forse, dobbiamo additare gli uomini della nostra cerchia come i colpevoli delle violenze che subiamo, però, l’etero-patriarcato s’incarna in mio padre, in mio fratello e in tutti i vostri mariti. Questi sono nell’ingranaggio, nel meccanismo. Possono esserlo, anche perché,li vogliamo.
Se non siamo riusciti a rovesciare il patriarcato, è anche perché si basa sui legami più intimi. Si tratta di una struttura sociale, ovvio, ma i suoi pilastri si stabiliscono in casa. Se fossero solamente disuguaglianze a livello politico, economico e sociale, saremmo più vicini a rovesciarlo. Se continua a rimanere impiantato nella nostra vita, è perché questa disuguaglianza nasce e scorre nella nostra vita più personale. E siamo fottute, molto fottute, perché quelli che ci uccidono, ci aggrediscono, ci ignorano o ci rendono invisibili, sono gli uomini del nostro ambiente più vicino. Alcune scopano con il nemico. Le disuguaglianze salariali rimangono essendo pane quotidiano perché, con la premessa dell’etero-sessualità, il salario della donna resta il salario secondario.
Continuiamo a non stare in prima linea nellapolitica e negli affari, perché sotto la logica eterosessuale non siamo educate a fare carriera ma a formare le famiglie; migliaia di donne sono ancora vittime di ablazione per preservare una purezza che, culturalmente, le vuole, destinate a loro; il dibattito sulla maternità surrogata è sul tavolo, perché uno dei principali mandati del patriarcato, che s’incarna particolarmente nell’eterosessualità, è ancora formare una famiglia. L’autonomia delle donne e la nostra liberazione è incompatibile con l’eterosessualità. Solo quando siamo completamente indipendenti dagli uomini a livello emotivo, smetteranno di ammazzarci e non mi riferisco al raggiungimento di un’autonomia individuale ma come classe.
Il prefisso etero del patriarcato non solo prova ciò ma rende palpabile che l'eterosessualità è uno dei motivi principali per cui il sistema patriarcale rimane indenne. Indenne perché c’è un carceriere in ogni casa, un carceriere per ogni donna. Trovo incredibile che dal movimento femminista in cui abbiamo sempre detto che ciò che non si nomina non esiste, ora si neghi l’importanza di sfumare questo concetto, di puntare non soltanto il sistema ma anche gli strumenti che lo sostentano. Parlare di etero-patriarcato sottolinea la struttura e lo strumento.

E’ un concetto, inoltre, poliedrico che facilita il fatto che si possa parlare delle oppressioni che subiamo. Oppressioni che sono mediate dalla logica eterosessuale.
La lesbofobia è una brutta bestia perché le lesbiche hanno osato mettere in discussione lo strumento con cui il patriarcato pretende di sottometterci. Sottolineare che è importante parlare di etero patriarcato, dimostra che un certo settore del femminismo continua a non riconoscere i contributi del femminismo lesbico e il valore sovversivo e politico di non scoparsi il nemico e, soprattutto, portare il pensiero femminista a tutte le aree della nostra vita, senza sfumature, dalla più pura rabbia e radicalità.

Froci, frocie e trans, da diversi punti di vista e in diversi momenti storici abbiamo messo in dubbio le nostre identità e desideri per seguire, articolandolo, il pensiero femminista. Abbiamo assunto che il nostro modo di scopare e la maniera in cui ci siamo istruite socialmente, risponde a una tema che trascende il mero orientamento sessuale. E’ tempo, compagne eterosessuali, che facciate lo stesso.
La eterosessualità è anche un regime politico.

*giornalista, collaboratrice della rivista Pikara Magazine.

(traduzione di Lia Di Peri)

andrea momoitio



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