di Riccardo Venturi
La strada, anzi il vialone, è di quelle che sembrano effettivamente
costruite per le puttane; larghissima, poco illuminata, in un punto di
uscita dalla città. Parallela ad un'antichissima strada suburbana che
reca il nome dell'altra città verso cui si dirige; estremo tratto di un
asse viario rivierasco che inizia col grande navigatore, prosegue prima
con lo statista rapito e ucciso e poi con lo storico presidente della
repubblica, e termina col generale -pure ammazzato- delle leggi
speciali. Generale che, almeno in questa città, si è ritrovato con una
delle massime concentrazioni di prostitute del circondario;
l'odonomastica riserva a volte delle curiose sorprese.
In quella strada, puttane a parte, fino a qualche tempo fa non c'era assolutamente niente. Non vi si affacciava una casa; numeri civici, zero. Poi, sul lato destro in uscita, hanno cominciato a sistemare qualcosa; a dire il vero, più che altro in una propaggine prontamente dedicata all'eroe borghese, l'avvocato liquidatore di una banca privata che fu regolarmente ammazzato non appena scoperte certe piccole irregolarità. Quella zona deve avere un debole per i morti ammazzati, anche se ancora si attende non dico un viale, ma una viuzza, un vicolo, un angiporto dedicato a Giorgiana Masi (nome a caso fra i tanti). La concessionaria automobilistica, l'emporio di vestiti (ora si dice outlet, che fino a dieci anni fa significava presa elettrica oppure valvola di scarico), il magazzino di non so cosa e, infine, la discoteca. Grossa, alla moda, situata in un punto dove proprio non si sentirebbe mai la musica sparata a ventimila decibel. Il posto perfetto.
In una notte d'estate, un paio di giorni fa, due ragazze qualsiasi escono da quella discoteca; sono quasi le tre di notte. Sono vestite da discoteca, sono allegre, magari hanno pure trincato un po' e si preparano a tornarsene a casa. Sono di nazionalità rumena, ma parlano perfettamente la lingua del Vítelíú che le ospita per fare chissà quale badanza, o commissione, o precarietà, o sgobbo qualunque in modo analogo a tanti di voi, di loro, di noi. Dal coreodromo escono sul vialone dedicato al generale; si avvicina un'automobile. Una Mercedes scura.
Poiché quel vialone è adibito alle puttane, due ragazze alle tre di notte non possono essere altro; questo dev'essere passato per la testa del gentile signore alla guida del macchinone di lusso. Quanto volete, belle fiche? Davanti e dietro? Le due ragazze non ci stanno proprio, e si incazzano un poco. Fanno animatamente presente di non essere puttane. Al che, il gentile conducente della Mercedes scende, e comincia a prenderle a ceffoni. Tutte e due. Così, come se niente fosse. Come se il loro non essere puttane fosse una colpa da lavare con il sangue, in quel posto. Così come il maschio puttaniere si sentisse defraudato di un diritto. Ne prende una e la sbatte per terra; la trascina sul marciapiede per qualche metro mentre l'altra si mette a urlare. Rimonta in macchina, sgomma e se ne va.
Qualcuno chiama la polizia e il 118; e a guidare l'ambulanza c'è uno che si fa intendere in lingua rumena. Gli viene raccontata la storia. La ragazza stesa sulla barella, fortunatamente, ha soltanto delle ecchimosi sul volto e delle escoriazioni sul resto del corpo, derivate dal trascinamento sul marciapiede. Ultimamente si deve parlare in questi termini: cavarsela così è una fortuna, forse perché il luogo non è abbastanza buio e isolato per proseguire nella virile opera di massacrare due ragazze perché non la danno, per giunta rumene. Si sa che i rumeni sono tutti stupratori e le rumene tutte puttane; fa parte della loro cultura (frase standard). Ospedale. Referto. L'autista ha dei pensieri neri. La cosa non finirà sui giornali; per diventare notizia ha troppo poco sangue. Un po' di disinfettante e qualche garza, dato che il male profondo, quello vero che è stato fatto a quelle ragazze, non si vede all'esterno. Il principe azzurro è scappato via nella notte; le due ragazze ci ripenseranno bene prima di concedersi un'altra mezza nottata di svago. Devono solo lavorare, oppure magari recarsi in quel viale come le altre. Altro non è dato; sia consegnata al nulla la loro storia in una notte, qualunque, d'estate.
In quella strada, puttane a parte, fino a qualche tempo fa non c'era assolutamente niente. Non vi si affacciava una casa; numeri civici, zero. Poi, sul lato destro in uscita, hanno cominciato a sistemare qualcosa; a dire il vero, più che altro in una propaggine prontamente dedicata all'eroe borghese, l'avvocato liquidatore di una banca privata che fu regolarmente ammazzato non appena scoperte certe piccole irregolarità. Quella zona deve avere un debole per i morti ammazzati, anche se ancora si attende non dico un viale, ma una viuzza, un vicolo, un angiporto dedicato a Giorgiana Masi (nome a caso fra i tanti). La concessionaria automobilistica, l'emporio di vestiti (ora si dice outlet, che fino a dieci anni fa significava presa elettrica oppure valvola di scarico), il magazzino di non so cosa e, infine, la discoteca. Grossa, alla moda, situata in un punto dove proprio non si sentirebbe mai la musica sparata a ventimila decibel. Il posto perfetto.
In una notte d'estate, un paio di giorni fa, due ragazze qualsiasi escono da quella discoteca; sono quasi le tre di notte. Sono vestite da discoteca, sono allegre, magari hanno pure trincato un po' e si preparano a tornarsene a casa. Sono di nazionalità rumena, ma parlano perfettamente la lingua del Vítelíú che le ospita per fare chissà quale badanza, o commissione, o precarietà, o sgobbo qualunque in modo analogo a tanti di voi, di loro, di noi. Dal coreodromo escono sul vialone dedicato al generale; si avvicina un'automobile. Una Mercedes scura.
Poiché quel vialone è adibito alle puttane, due ragazze alle tre di notte non possono essere altro; questo dev'essere passato per la testa del gentile signore alla guida del macchinone di lusso. Quanto volete, belle fiche? Davanti e dietro? Le due ragazze non ci stanno proprio, e si incazzano un poco. Fanno animatamente presente di non essere puttane. Al che, il gentile conducente della Mercedes scende, e comincia a prenderle a ceffoni. Tutte e due. Così, come se niente fosse. Come se il loro non essere puttane fosse una colpa da lavare con il sangue, in quel posto. Così come il maschio puttaniere si sentisse defraudato di un diritto. Ne prende una e la sbatte per terra; la trascina sul marciapiede per qualche metro mentre l'altra si mette a urlare. Rimonta in macchina, sgomma e se ne va.
Qualcuno chiama la polizia e il 118; e a guidare l'ambulanza c'è uno che si fa intendere in lingua rumena. Gli viene raccontata la storia. La ragazza stesa sulla barella, fortunatamente, ha soltanto delle ecchimosi sul volto e delle escoriazioni sul resto del corpo, derivate dal trascinamento sul marciapiede. Ultimamente si deve parlare in questi termini: cavarsela così è una fortuna, forse perché il luogo non è abbastanza buio e isolato per proseguire nella virile opera di massacrare due ragazze perché non la danno, per giunta rumene. Si sa che i rumeni sono tutti stupratori e le rumene tutte puttane; fa parte della loro cultura (frase standard). Ospedale. Referto. L'autista ha dei pensieri neri. La cosa non finirà sui giornali; per diventare notizia ha troppo poco sangue. Un po' di disinfettante e qualche garza, dato che il male profondo, quello vero che è stato fatto a quelle ragazze, non si vede all'esterno. Il principe azzurro è scappato via nella notte; le due ragazze ci ripenseranno bene prima di concedersi un'altra mezza nottata di svago. Devono solo lavorare, oppure magari recarsi in quel viale come le altre. Altro non è dato; sia consegnata al nulla la loro storia in una notte, qualunque, d'estate.
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