di Mercedes Hernandez
Maria Isabel Veliz Franco
di 15 anni fu rapita e assassinata nel dicembre del 2001.Il suo corpo
martoriato da stupri e torture multipli venne abbandonato in un terreno.
Questo non è un caso isolato. Rientra tra i cinquemila casi di
femminicidi commessi in meno di un decennio in Guatemala,un paese nel
quale l'impunità raggiunge il tasso del 98% secondo la Commissione
Internazionale contro l'Impunità in Guatemala.
Questa
realtà solitamente taciuta e occultata nel panorama della violenza
quotidiana, rivela l'enorme misoginia e capacità operativa degli
assassini che hanno la sicurezza di non essere sottoposti a giudizio o
di essere puniti.
Tuttavia sempre più, grazie alle voci di centinaia di attivist* una domanda comincia a porsi: perché
questi uomini si organizzano per torturare e uccidere donne nella forma
più spietata possibile per poi esporre i loro corpi in determinate
zone?
Le risposte cominciano ad esserci in
seguito alle analisi cronologiche determinate da due punti essenziali:
il primo è descritto dal termine stesso di femminicidio che la sua
autora Marcela Lagarde definisce come " una frattura dello Stato di diritto che favorisce l'impunità".
Il
secondo punto è che qualsiasi sistema ideologico-autoritario e
patriarcale necessita di imporre i suoi principi come verità
indiscutibili.
Secondo Walda Barrios, accademica ed attivista per i diritti delle donne in Guatemala, tradizionalmente, la maggior parte delle donne sono state considerate proprietà di un uomo,
padre, marito, fratello, fidanzato, autorità religiosa o qualunque uomo
al quale è stata delegata la sua tutela. Questi guardiani sono
legittimati socialmente e -in alcune occasioni - legalmente a decidere
sul comportamento produttivo e ri-produttivo, sull'accesso sessuale e ad
altri ruoli di controllo sulle donne che considerano di loro proprietà.
Questo senso di proprietà ha fatto sì che in tutto il mondo " la casa è il luogo più pericoloso per le donne",
perché a porte chiuse si decide sulla sua vita e sulla sua morte. Negli
ultimi anni la violenza contro le donne è stata utilizzata come arma di
terrore dai gruppi criminali per intimidire la popolazione.
Sui
corpi delle donne si sono sugellati patti di sangue e si sono mandati
molteplici messaggi ai gruppi avversari e agli abitanti dei territori
contesi.
In questi casi il legame tra gli aggressosri e
le loro vittime era inesistente (...) Storicamente questi crimini e il
loro utilizzo come strategia di guerra hanno un importante precedente
nel conflitto armato interno che ha devastato il Guatemala per
quarant'anni,dove fu proprio lo Stato che definì le donne come un nemico
interno.
Sui corpi delle donne indigene venne firmato il discorso dei gruppi di potere, si stabilì la sconfitta e il genocidio del popolo Maya,ordinato dalle più alte cariche dello Stato. Il passato non è svincolato dal presente.
Malgrado
gli allarmanti dati di oggi, i femminicidi sono stati una costante in
Guatemala. L'oggettivizzazione dei corpi delle donne è stata la regola e non l'eccezione storica,
come afferma l'antropologa Marcela Gereda : " Prima i loro corpi sono
stati invasi e ingravidati dalla pelle bianca ed europea. Poi furono
trasportati in camion come bestiame e sfruttati per tagliare il caffé
nella grandi cascine (...) Negli anni ottanta i loro corpi furono in
molti casi, massacrati, bruciati o fatti sparire dall'esercito".
Come spiega Caterina Mackinnon - non c'è mai stato un tempo di pace per le donne.
Al patriarcato centroamericano pre-colombiano hanno fatto seguito le
forme di subordinazione fondate sulla dominazione razziale imposta
dall'invasione spagnola.
Durante il conflitto armato interno le
forze dello Stato usarono la violenza sessuale come una pratica di
sterminio individuale e collettivo. Come in altri genocidi, la
violenza sessuale divenne prassi ricorrente per sottomettere i popoli e
forze avversarie mediante il corpo delle donne con la complicità della
leadership del Governo.
La
ricerca Breaking the Silence( Rompendo il silenzio) del 2006, del
Consorzio Actoras de cambio ( Agenti del cambiamento) rilevò che in
molte comunità i soldati violentarono le sopravvissute dopo il massacro
degli uomini, mentre in altre, le donne furono violentate e torturate
pubblicamente davanti ai familiari e alla popolazione, prima di essere
assassinate. Nelle comunità dove gli uomini erano fuggiti o erano stati
uccisi, alcune vedove e orfani rimasero per anni come schiave sessuali
dei comandanti dell'Esercito e delle Pattuglie di Autodifesa Civile
(PAC) " Essi non solo arrivarono,ma istallarono degli avamposti e a noi
vedove, perché avevano ucciso o giustiziato i nostri mariti, ci
costrinsero a preparargli da mangiare. Siamo state messe in gruppi con
turni per preparare il pranzo e dopo aver assolto a tutto ciò che
ordinavano ci hanno violentate una ad una" ( Testimonianza di una delle
sopravvissute dinnanzi al Tribunale della Coscienza contro la violenza
sessuale durante il conflitto armato. Marzo, 2010).
La violenza
sessuale fu una pratica di massa, sistematica e pianificata dentro la
strategia contro-insurrezione dello Stato, diretta in modo particolare
contro la popolazione indigena durante la politica della terra bruciata
(1982-1983). Secondo la Commissione del Chiarimento Storico (CEH) il 99% delle vittime furono donne e di esse l'88,7% erano maya.
Sui
loro corpi furono praticati ogni tipo di umiliazioni sessuali destinate
"ad alzare il morale della truppa". Come ha rilevato Kate Doyle nella
sua analisi sill'Operazione Sofia,un'offensiva militare dell'esercito
guatemalteco nell'Area Ixil (formata da tre Comuni, Nebai, Cotzal e
Chajul nel dipartimento di Quiché) tra luglio e agosto del 1982, con
l'obiettivo di sterminare gli/le indigeni/ne considerati sovversivi : "
le operazioni dei soldati sul campo furono una conseguenza diretta degli
ordini degli ufficiali superiori che quelli eseguirono molto
accuratamente..." Nelle conclusioni della Corte di Coscienza si legge
"La violenza sessuale fu commessa in combinazione con altri gravissimi
delitti, come il genocidio e altri crimini contro i doveri di umanità"
Si tratta di fatti imputabili direttamente allo Stato ,
perché furono commessi da funzionari o dipendenti pubblici e da
organismi statali, militari e civili ai quali si delegò di fatto e di
diritto, il potere di agire in suo nome.
Tuttavia, la violenza
sessuale è stata una politica di Stato che la maggior parte delle
analisi ha minimizzato e travisato come una pratica isolata commessa da
ufficiali militari in cerca di piacere.
Dopo trentasei
anni di conflitto armato che ha causato oltre 200.000 vittime e che
generato la diaspora di più di mezzo milione di persone, arrivò la firma
tanto attesa degli accordi di pace nel 1996. Purtroppo i carnefici hanno beneficiato di norme giuridiche e sociali che possono essere considerate il punto finale che ha permesso che neanche uno degli autori intellettuali o materiali di questi delitti siano stato processato o punito.
Le vecchie forme di femminicidio sono alimentate da nuove modalità e motivazioni.
Se
nel passato la capacità produttiva delle donne fu sfruttata nei
latifondi dei coloni e dei criollos(?) insediatisi in Guatemala, oggi
non lo è meno per gli eredi di questi, né per i nuovi offerenti di
lavoro nelle fabbriche e domestico, dove le donne sono pezzi
intercambiabili e corpi ai quali si può accedere sessualmente con
facilità, sempre sostituibili e con caratteristiche simili. Allo stesso
tempo l'economia criminale trasforma le donne in prodotti vendibili,
così come le si usano per manodopera a basso costo. Migliaia di donne
sono trasformate ogni anno in merce del mercato della prostituzione, in
esattore delle tasse di guerra stabilite dalle bande,in corriere della
droga,in uteri produttori di bambini/ne per l'adozione(la maggior parte
illegale), in tratta, così come fornitrici dei propri e altrui organi.
Attualmente
queste corporazioni nazionali ed internazionali sono formate da gruppi
della criminalità organizzata, da certi settori dell'oligarchia
tradizionale guatemalteca, dalla polizia e dell'esercito,compresi alcuni
membri dei partiti politici. I corpi delle donne sono distrutti
ed esibiti come un meccanismo di dialogo tra i destinatari - diretti e
indiretti - delle zone in contesa, messaggi letali carichi di
misoginia dimostrata dall'autore o dagli autori di questi crimini contro
le donne. Torture che sono iniziate in forma pubblica durante il
conflitto armato e che non terminavano con la morte,perché si proibiva
di seppellire i cadaveri, esibendoli a tutta la comunità e oggi pratiche
utilizzate nelle stesse forme dalle bande ed altri gruppi criminali.
Oggi i ricavi ottenuti mediante il terrorismo sessuale sono la conquista del territorio,la
sconfitta morale del nemico attraverso la depositaria dell'onore della
famiglia o del gruppo, il dialogo e la coesione delle fratrie
criminali,mediante i patti di sangue con i quali si uccidono donne
giovani e lavoratrici e le donne che hanno il coraggio di uscire di casa
ed occupare lo spazio pubblico, donne come Maria Isabel sono
sacrificate tutti i giorni. Il silenzio e l'impunità percorrono i tempi
come guardiani dello status quo.
La trasmissione e il
dominio della conoscenza sui loro corpi e sulla loro sessualità sono
state storicamente negate alle donne con l'imposizione del silenzio come
garanzia del non sapere (Consorcio Actoras del cambio, 2010).
(...)
Per questa ragione, rompere il silenzio è estremamente pericoloso per
lo status quo, dato che come sostiene Ana Carcedo: "può sovvertire il
rapporto di dipendenza che pianifica la sottomissione e l'obbedienza al
potere supremo".
L'impunità fomentata dallo
Stato,utilizzando il silenzio e l'occultamento di informazioni
essenziali per l'approccio e il trattamento del femminicidio rimane una
costante.
Non ci sono informazioni attendibili,neanche sulla
quantità di donne assassinate ogni anno. Secondo l'esperta Hilda Morales
direttora dell'Ufficio Assistenza alla Vittime del Ministero Pubblico :
" c'è irresponsabilità dello Stato nel fornire dati statistici affidabili"
(...)
Carlos
Castresana, ex direttore della Commissione Internazionale contro
l'Impunità in Guatemala (CICIG) dichiarò nel suo intervento davanti al
Tribunale della Coscienza: " L'impunità è un invito alla ripetizione dei reati. I
crimini che non si puniscono sono crimini che prima o poi si ripetono
(...) Con i crimini del conflitto armato succede la stessa cosa. Se le
persone che hanno commesso questi abusi durante il conflitto armato non
sono stati puniti sono liberi e continuano con gli abusi".
Politica femminicida: istituzionalizzare la misoginia per atto od omissione.
...
Nell'informazione occultata dallo Stato del Guatemala si nasconde un
sottotesto comuni a molti paesi, che rivela che l'egemonia del potere
maschile si sta sgretolando perché le donne occupano ogni volta di più e
in modi diversi, lo spazio pubblico.
Secondo Giovanna Lemus,
directora del Grupo Guatemalteco de Mujeres: " Queste resistenze statali
sono evidenti quando esiste un rifiuto diretto a porre l'eguaglianza di
genere come uno degli elementi centrali del programma politico" Questo
programma incompiuto, volontariamente pendente, istituzionalizza la
misoginia nei settori del potere.
(...)
La
violenza contro le donne aumenta in scenari dove lo Stato è debole. In
Guatemala una delle grandi cause di questo declino risiede nella
privatizzazione. Molte delle obbligazioni statali sono state spostate,
tacitamente o esplicitamente e formalmente ad individui e gruppi di
persone estranei ai settori ufficiali. Come spiega Naomi Klein,con gli attacchi strutturali si sono eliminati o limitati determinate funzioni, adempiute storicamente dagli Stati, tra queste possedere il monopolio della violenza e la protezionere dei suoi membri.
Una buona parte di funzionari statali, allo stesso tempo, costituiscono
una risosrsa integrata nello Stato al servizio dei gruppi criminali
privati. "La polizia nazionale civile è considerata oggi la principale
fonte delle violazioni dei diritti umani" ( Yakin Erturk, 2006).
La
privatizzazione funge anche da scudo ai femminicidi quando permette che
vengano messi a tacere - con ciò li depoliticizzandoli - e
trasformandoli in crimini sessuali. Questo spostamento delle funzioni
statali ha contribuito a creare l'emergenza e la proliferazione delle
mafie e del mercato privato della sicurezza nazionale.
A
questa privatizzazione si unisce il cerchio dei familiari delle vittime e
della società in generale, che si aspettano che si parli il meno
possibile delle vessazioni sessuali e preferiscono mantenere questa
informazione nella più stretta intimità per evitare una sanzione sociale
che continua ad infierire sulla vittima anche dopo la sua morte.
"
Niente è più difficile quanto parlare della violenza commessa su una
figlia. Solo la sua assenza e l'impunità della sua morte sono un dolore
più grande", ha dichiarato Rosa Franco, madre di Maria Isabel.
Le
politiche femminicide consentono il collasso istituzionale dove lo
Stato è responsabile per i crimini misogini : per azione, quando i suoi
agenti eseguono femminicidi e per omissione quando non si implementano
politiche di prevenzione, punizione ed eliminazione della violenza
contro le donne. La politica femminicida è rinuncia costante alla volontà di verità e di obiettività che devono guidare le indagini.
Porre
fine all'impunità generata dalle politiche femminicide richiede lo
smantellamento dei meccanismi del silenzio: devono aprirsi dibattiti
circa l'utilizzo del corpo delle donne, ciò che Rita Segato ha definito "
il linguaggio del femminicidio" o che Victoria Sanford definisce come
le minacce dirette ad un individuo o ad un gruppo mediante i corpi delle
donne nel loro ambiente.
Per combattere
l'impunità del femminicidio è necessario capire che la violenza
esercitata sul corpo delle donne "soprattutto nelle zone di guerra non è
violenza sessuale, ma violenza mediante mezzi sessuali.
Julia
Monàrrez che si dedica ad analizzare i femminicidi da oltre dieci anni,
afferma: " Per capire come nascono i femminicidi è indispensabile
comprendere come funziona la politica della sessualità nel sistema
patriarcale" i quali sono meccanismi che generano queste forme
sessualizzate di aggressione, che devono essere deprivatizzate per
svelare le identità delle fazioni che dominano le giurisdizioni in
contesa, la cui superiorità si afferma mediante la combinazione dei
crimini di lesa umanità con l'uccisione di bambine e donne - che come
Maria Isabel - sono state utilizzate per inviare un messaggio che, dopo
nove anni, la giustizia guatemalteca non riesce ancora a decifrare,né
tanto meno punire chi lo ha emesso attraverso la distruzione del corpo
di Isabel e del suo femminicidio.
(traduzione di Anita Lia Di Peri Silviano)
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