Lupita ha trent'anni e lavora come lavandaia in diverse
case di Città del Messico. Ricorda ancora la prima volta che vide come portarono
via una bambina dalla sua città. “Era molto carina” – dice. “ Era lentigginosa".
"Aveva 11 anni”.
A quel tempo, Lupita aveva 20 anni. Cinque uomini arrivarono
con i loro veicoli in un piccolo quartiere vicino a Dos Bocas, appena fuori il
porto di Veracruz. “ Quando uscirono dal
furgoncino, tutto quello che potemmo vedere, furono le mitragliatrici che
impugnavano. Volevano sapere, dove era la più bella, la bambina con le
lentiggini”. Tutti sapevamo chi fosse. Se la portarono. Lei aveva ancora la sua
bambola sottobraccio, quando la caricarono in un furgone come un sacco di mele.
Questo è successo più di 12 anni fa. Non abbiamo più saputo nulla di lei”.
Il nome della bambina era Ruth, racconta Lupita. “ E’
stata la prima che hanno rubato. Poi udimmo che questo era successo anche in
altre città” aggiunge. Gli uomini che vagavano per i villaggi, lavoravano per i
cartelli della droga locali, sequestrando bambine, che diventano vittime della Tratta
a scopo di prostituzione. “ Non avevano nelle nostre comunità, nessun luogo
dove potersi nascondere”, spiega Lupita. “ Così scavavamo buche nella terra e
se sentivamo che i narcos erano vicini, dicevamo alle bambine che entrassero
nel buco, che stessero in silenzio, per qualche ora, fino a quando gli uomini
si allontanassero”. Ricorda come una madre lasciò carta e penna in un buco per
la figlia. “ Questo funzionò per un po’ fino a quando anche i narcos hanno
cominciato a trovare le buche”, continua.
Lupita andò via dalla comunità, dirigendosi a Città del Messico in cerca
di lavoro.
Negli elenchi preparati dalle agenzie governative e
dalle Ong, sulle bambine scomparse in Messico, si possono leggere cose come queste:
Karen
Juarez Fuentes, 10 anni. Sesso femminile. Scomparsa mentre andava a scuola ad
Acapulco. Pelle bruna. Capelli castani. Occhi marrone.
Morena-Ixel
Rivas, 13anni. Sesso femminile.
Scomparsa in Xalapa. Un metro e mezzo di altezza. Peso, 50 chili. Bruna. Viso ovale. Lacerato il lobo dell’orecchio
sinistro.
Rosa
Mendoza-Jimenez, 14 anni. Sesso femminile.
Scomparsa. Magra. Pelle scura. Capelli castani scuri. Non ci sono altri dati.
Le liste si sommano e continuano. Secondo le cifre
ufficiali, i rapimenti sono aumentati nel paese del 31% rispetto allo scorso
anno. Queste statistiche si riferiscono alle vittime che sono stati rapite in
cambio di un riscatto, poiché la gente è più propensa a denunciare il reato
quando è richiesto il denaro.
Tuttavia, c’è un altro tipo di violenza che non si
denuncia. Quando una bambina è oggetto di “furto”. Così è chiamato questo tipo
di sequestro; la catturano in strada, quando si dirige a scuola, quando esce
dal cinema, ma anche nella propria casa. Nessuna richiesta di riscatto per lei.
Quello che i delinquenti vogliono è il suo corpo. I cartelli della droga sanno
che mentre possono vendere un sacchetto di droga solamente una volta, possono
invece prostituire una bambina più volte in un solo giorno.
Per ingannare i trafficanti, le famiglie stanno
ricorrendo a misure estreme. Alcune donne si nascondono in rifugi e case
segrete e mascherano le facciate degli edifici perché somiglino a vetrine di un
negozio. Molte famiglie di contadini
poveri hanno nelle loro capanne nascondigli segreti, dove occultare le sorelle
e le figlie dalle costanti incursioni dei trafficanti. Una donna che vende
collane di perline sulla spiaggia di Acapulco mi racconta di come i suoi
genitori siano riusciti ad allargare un piccolo angolo, che esisteva tra la
parete e il frigorifero di casa, dove avevano pensato di nasconderla, qualora i
trafficanti avessero battuto la zona con i loro enormi SUV o moto. “ Ci sono
state sparatorie e rapimenti, per tutto il tempo”- dichiara. “ Non viviamo più là. Nessuno può vivere in
questo paese”- finisce.
Un altro modo che hanno le donne di evitare l’attenzione
dei narcos è di essere poco attraenti. Più volte ho udito madri che spiegano
perché non permettano alle loro figlie di acconciarsi, truccarsi o profumarsi.
Alcune aree rurali che ho conosciute durante manifestazioni e proteste a Città
del Messico, deformano le loro figlie tagliandole i capelli o travestendole da
maschietto.
“ Avevo detto a mi figlia, di non uscire molto”- mi
racconta Sarita, di Chilpancingo, una grande città nello Stato di Guerrero “ mi
ha ignorata”. Le lacrime rotolano giù per le guance di Sarita e le pulisce come
se volesse cacciarle indietro. “ Abbiamo combattuto tutto il tempo, perché non
si truccasse le labbra” “ Non so se sia scappata da casa volontariamente con un
uomo o se l’hanno rubata". Non lo so. Andò a scuola una mattina e non è
più tornata”, dice singhiozzando.
In una città del sud del paese, visito un convento del
XVII
secolo, dove si è stabilito uno dei pochi gruppi esistenti nel paese, che
lavora in segreto per aiutare le donne a uscire da situazioni pericolose. Qui,
le suore, quasi tutte settantacinquenni, tengono nascoste 20 donne con i loro
figli scappate dai mariti e fidanzati.
Domando alle religiose, cosa succederebbe se qualcuno
di questi uomini apparisse alla porta, con la loro banda, imbracciando fucili d'assalto
AK-47. Mi rispondono senza esitazione che, tutte insieme, con i loro corpi
formerebbero un muro e che morirebbero per le donne e i bambini che proteggono.
Nel monastero c'è una ragazza abbastanza sottile con i
capelli castani, deve avere circa 18 anni, non di più. Il suo nome è Maria e
vive lì da più di un anno. Il marito la stuprò, la prima volta, a una festa. “Rimase
a guardarmi e, allora, capì che ero perduta”, racconta Maria. “ Mi nascosi in
bagno per tutta la notte, mentre lui restò in piedi dietro la porta per ore e
ore… Una donna non può dire di no. Infine, lasciai il bagno e lui era lì. Mi ha
violentata per diversi giorni”.
Maria spiega come riuscì a scivolare attraverso una
finestra mentre l'uomo dormiva e tornare a casa dalla famiglia. “ Quando mia
madre mi vide entrare dalla porta, ho pensato che venisse ad abbracciarmi,
invece ha preso il telefono e ha chiamato l’uomo per rivelargli dove mi
trovavo. Mi ha detto che non voleva morire per causa mia. Quando, lui venne a
prendermi mi picchiò selvaggiamente. Mesi dopo, una notte, mi portò nel bosco,
perché lo aiutassi a disfarsi di un barile di acido cloridrico, dove era stato
sciolto un corpo umano. Voleva essere sicuro che fossi sua complice”.
Non ci sono cifre esatte sul numero di donne e ragazze
rubate e vittime della tratta in Messico. Nelle zone rurali, pochi confidano
nella polizia, poiché spesso sono in combutta con le mafie locali, per questo
molti casi di sparizione non sono registrati.
Una cosa su cui tutti concordano, organismi governativi
e Ong, è che i casi di lavoro forzato, schiavitù per debiti e traffico
sessuale, stanno crescendo a ritmi allarmanti. Il Governo si è impegnato a
trovare metodi più efficaci contro la violenza (lo scontro diretto con i
cartelli della droga, ha provocato la morte di 70.000 negli ultimi sei anni),
ma deve ancora presentare un piano, qualunque sia, in questa direzione.
Lo scorso novembre, il presidente Enrique Peña Prieto
ha accompagnato Rosario Robles, Ministro dello Sviluppo Sociale, in occasione
dell'apertura di un centro per donne nella remota e poverissima comunità di
Tlapa de Comonfort (Guerrero). “ In Messico, nel XXI secolo la peggiore
espressione di discriminazione contro le donne è la violenza” ha affermato
Rombles. "In questo moderno Messico ci sono tuttavia Stati dove il castigo
è maggiore per aver rubato una mucca, che per aver rubato una donna”.
Nel frattempo, le famiglie continuano a chiedere
giustizia con tutti i mezzi disponibili. Nella cattedrale di Xalapa, Veracruz,
hanno organizzato lo scorso anno, proteste nella Giornata Internazionale della
Donna. Una delle azioni è stato quella di mettere sui gradini della Cattedrale
le scarpe delle scomparse con scritto i loro nomi. Accanto a un paio di sandali,
35 di piede, si poteva leggere” ce l’avete levata in vita, la rivogliamo in
vita”.
“ Abbiamo smesso di portare le nostre figlie al mercato” mi dice una madre. “ Era troppo pericoloso. Lasci un attimo la mano di tua figlia per prendere una papaya e, in un secondo, lei svanisce”. “ E’ successo a mia cugina. Si sono portati via la figlia. Ha sentito un movimento, una spinta ed è caduta a terra. L’hanno allontanata con uno spintone e hanno afferrato la bambina. Non aveva più di sette anni. Quando mia cugina ha parlato con la polizia, che si presume, dovrebbe tutelarci, un agente le disse che solo a un idiota potrebbe succedere che si portino via la figlia così”. “ Puoi averne un’altra, sei ancora giovane”.
“ Abbiamo smesso di portare le nostre figlie al mercato” mi dice una madre. “ Era troppo pericoloso. Lasci un attimo la mano di tua figlia per prendere una papaya e, in un secondo, lei svanisce”. “ E’ successo a mia cugina. Si sono portati via la figlia. Ha sentito un movimento, una spinta ed è caduta a terra. L’hanno allontanata con uno spintone e hanno afferrato la bambina. Non aveva più di sette anni. Quando mia cugina ha parlato con la polizia, che si presume, dovrebbe tutelarci, un agente le disse che solo a un idiota potrebbe succedere che si portino via la figlia così”. “ Puoi averne un’altra, sei ancora giovane”.
Nel
carcere femminile di Città del Messico, Santa Marta Acatitla, le carcerate
vanno vestite con uno di questi due colori: quelle già condannate di celeste,
quelle in attesa di giudizio di beige. Il penitenziario si trova di fronte a
quello degli uomini e i prigionieri si vedono attraverso le fessure delle
pareti di cemento. Intravedono un pezzo di pelle, l’ombra di un volto, un bacio
che vola attraverso un cortile di cemento e filo spinato. Agitano fazzoletti
per salutarsi.
L'artista Luis Manuel Serrano organizza da oltre dieci
anni, seminari di collage in carcere, aiutando le donne a raccontare le loro
storie sulla base d’immagini ritagliate dalle riviste e incollarle su grandi
pezzi di cartone. Serrano, spiega che la tecnica permette di esprimersi senza
bisogno di specifiche conoscenze. Le opere
narrano una straordinaria quantità di racconti di donne che furono rubate e,
successivamente, usate o vendute come prostitute e infine incarcerate per
questo.
Racconta Serrano che il collage più spaventoso che
avesse mai visto era di una giovane donna chiamata Marcela. Questa donna era di
Tijuana e stava camminando dalla scuola alla fermata dell’autobus per tornare a
casa, quando fu catturata e gettata dentro una macchina. Aveva 14 anni. Divenne
una “ paradità” (prostituta di strada, letteralmente, colei che sta in piedi), in
una rinomata zona di Tijuana, chiamata Callejón de Coahuila, dove le donne
aspettano i clienti appoggiate alle pareti.
“ Eravamo tutte
piccoline”, raccontò a Serrano. “ Come lo sapevamo?” “ Bastava che ci
guardassimo le une con le altre, minuscole, minuscoli seni”. Serrano mi spiega
che il collage di quella donna era in bianco e nero ed era pieno di teschi. “ E’
stata l’unica volta che uno di questi lavori, mi ha messo paura”, conclude.
Quasi tutte le donne che hanno la possibilità di
parlare in carcere testimoniano che la vita qui è migliore di quanto non fosse fuori.
Prova di ciò è che le autorità carcerarie non rivelano alle internate quando
usciranno. (…) Serrano mi dice che le
donne rimesse in libertà, spesso commettono reati per rientrare in carcere. "Qui,
per la prima volta nella loro vita, molti si sentono sicure e assistite."
“L’attività principale in carcere è di farsi belle. A
volte sembra quasi il maggiore salone di bellezza in Messico” aggiunge. “ Lì
dentro senti l’odore della lacca, quello del solvente per le unghie e profumi;
le prigioniere passano la maggior parte del tempo laccandosi le unghie,
tingendosi i capelli con ogni tipo di colore e mettendosi ciglia finte. Un paio di anni fa, alcuni membri del
personale furono licenziati per avere organizzato una festa di botox in infermeria.
Forse, essere belle in carcere, sembra abbastanza sicuro per le donne”.
El Mundo.es
( traduzione Lia Di Peri)
El Mundo.es
( traduzione Lia Di Peri)
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