domenica 6 marzo 2016

Billy el Niño, mentre torturava Lidia Falcón: “ Non partorirai più puttana”.

"C'è da recuperare, mantenere e trasmettere la memoria storica, perché si comincia con l'oblio e si finisce con l'indifferenza"
José Saramago



Lidia Falcón fu torturata più e più volte nell'autunno del 1974. Fu picchiata, insultata e umiliata. Ma non solo in carcere. Anche dai media del regime. Il giornale ABC non esitò a pubblicare la foto in copertina e collegarla all’attentato che l'ETA aveva commesso nella caffetteria Rolando, nella via Correo molto vicina alla Puerta del Sol, il 13 settembre 1974. Lidia Falcon non aveva nulla a che fare con quel massacro. Per la polizia, per il regime e i suoi seguaci, però, tutto era lo stesso. Fu arrestata a Barcellona e trasferita a Madrid tre giorni dopo l’attentato. Si convinse che non sarebbe più uscita dal carcere. Che l’avrebbero ammazzata prima. Franco stava per morire e l'odio della sua Brigata Politico Sociale si diffondeva in ogni angolo dello Stato.
L’avvocata, scrittrice e fondatrice del Partito Femminista ha tardato 40 anni per recuperare quel drammatico episodio della sua vita. Quei nove mesi, che passò in prigione e ai nove giorni che subì d’interrogatori da parte di Billy el Niño e Roberto Conesa.  Ha nascosto l’episodio, il più possibile, ma non sa bene il perché - dichiara. Ogni vittima gestisce come può il trauma della tortura. Ogni persona ha un meccanismo di difesa. Il silenzio e la dissimulazione è stato il metodo scelto da Falcon.
Ora, quarant'anni dopo, si è decisa a mettere per iscritto queste torture e presentare una denuncia all’Ambasciata Argentina a Madrid per partecipare alla cosiddetta Querella Argentina, l’unica causa giudiziale che sta indagando, in questo momento, i crimini della dittatura franchista e della Guerra Civile.
"Sono stato arrestata sette volte tra il 1960 e il 1974, ma quello che ho vissuto durante la detenzione, non l’ho raccontato mai a nessuno. Perché? Non lo so", ha detto al quotidiano Publico Lidia Falcon, che rileva infine la decisione di dare il passo e presentare denuncia per "aiutare i compagni che tanti sforzi stanno facendo per porre fine all'impunità del franchismo".

Il 16 settembre, del 1974, tre giorni dopo l'attacco dell'Eta, la Brigata Politico Sociale (BPS), d’ufficio la arrestò e la trasferì a Madrid, con l’accusa di aver partecipato all'attacco effettuato con una carica esplosiva nella caffetteria Rolando nella via del Correo di Madrid, luogo frequentato dalla polizia della Brigata di Madrid. Non avevano prove. Probabilmente anche loro sapevano che Falcon non era coinvolta. Ma non aveva importanza. La fecero salire in macchina e trasferita a Madrid. Compresa la figlia e il compagno, Eliseo Bayo. Non le permisero di andare in bagno durante le 12 ore di viaggio.
Il peggio, però, doveva ancora arrivare.  Falcon passò nove giorni in quelle unità del terrore franchista. Lì gettarono Grimau dalla finestra. Hanno torturato fino alla disabilità “ Uno pensa che non potrà raccontarlo, che non ne uscirà” dice Falcón davanti all’Ambasciata Argentina a Madrid. "Erano furiosi e desiderosi di vendetta. Non bisogna dimenticare che hanno messo fine alla vita di 13 persone e ne hanno ferite 48”, continua Falcon.
Un medico la ascoltò prima di arrivare "Lei soffre di qualche malattia?", le chiese. “ Ho appena curato l’epatite” rispose la donna. Billy del Niño e Conesa avevano trovato il bersaglio perfetto per distruggere la loro vittima: “ Mi hanno colpita allo stomaco e al fegato e mi hanno tirato le braccia, che sembrava volessero strapparmele” ." Così per tre giorni. Senza dormire né mangiare né bere. Tra colpi e colpi e parlandole di sua figlia: E’ rinchiusa in carcere. Forse, si è fatta un fidanzato”.
Trascorse le 72 ore di detenzione fu trasferita in una cella dove c’era il Gip, il comandante del Tribunale Militare e dopo un lungo interrogatorio, Falcon firmò una dichiarazione in cui non riconosceva il suo coinvolgimento nell’attentato e qualsiasi collegamento ai terroristi. “ Sono arrivati a domandarmi sul coinvolgimento della CIA nell’attentato, ricorda Falcon, che descrive come il giudice si colpiva al petto, mentre esclamava: «Non accetto tradimento a quest’uniforme”. Dopo, fu riporta in cella. E il giorno seguente i suoi aguzzini si ripresentarono. Billy el Niño e Conesa la appesero con delle manette a due ganci sul soffitto ma i polsi di Falcon erano troppo piccoli. I suoi 50 chili di peso non riuscivano a riempire le manette. Falcon cade una volta e un’altra ancora. Infine, la legarono con delle corde e cominciarono a darle pugni all'addome, stomaco e fegato.
Gli occhi di Billy el Niño.
“ Ricorda qualche frase che le diceva Billy el Niño durante gli interrogatori?", le chiede il giornalista. “ Sì, certo.  C’è una cosa che non dimenticherò. Mai. Mentre mi colpiva allo stomaco, mi diceva: “ Adesso non partorirai più puttana”, risponde Falcon, ricordando che dopo quegli interrogatori ha dovuto subire 5 interventi chirurgici per cercare di alleviare le conseguenze di torture su quelle spalle, stomaco e utero.
Come altre vittime di Antonio González Pacheco, alias Billy el Niño, Falcon ricorda bene quella faccia. Quegli occhi che brillano davanti al dolore degli altri, infondendo terrore ed esercitando la superiorità che otteneva legando le vittime e torturandole. "Era un sadico. Gli piaceva. Si vedeva che godeva di quei momenti”, continua Falcon, che riconosce che la maggior parte delle sessioni finivano con il suo svenimento. Quando sveniva, la tiravano giù e la lasciavano al suolo. La svegliavano con un secchio d’acqua. Dopo il medico la visitava, guardava il bianco degli occhi e ritornava la tensione “ Lasciatela riposare”, raccomandava. La lasciavano a terra, bagnata ore e ore, fino a quando la riportavano in cella. Il giorno seguente le torture continuavano. Al sesto giorno i torturatori non poterono continuare con la stessa sessione. E non poterono più appenderla al soffitto, perché perdeva continuamente i sensi. Così quando si risvegliava, continuava a ricevere pugni e calci per terra.
Patto del silenzio

Il nono giorno fu trasferita al Carcere delle Donne di Yeserías a Madrid. Aveva i tendini del sovra spinato rotti di entrambe le braccia e strappati l’utero e i muscoli dell’addome. Ha trascorso nove mesi in quel carcere. Fino all’11 giugno 1975, quando le fu concessa la libertà provvisoria su cauzione di 30.000 pesetas. Nonostante sia stata accusata,non è mai stata giudicata. In realtà, nessuno è stato giudicato. Né lei né gli altri 21 imputati.
Anni dopo Falcon si è recata presso l’Archivio Storico per cercare quelle prove. Il soggiorno in quella prigione, gli arresti precedenti e le sette detenzioni. Non esistono. Il suo nome appare solo nel documento che riflette una conversazione da due poliziotti. "Tutto è stato rimosso. Fa parte del patto del silenzio di Transizione. Tutto lasciato alle spalle. Senza colpevoli. Senza dannati. Nessuna indagine.
La Spagna è un paese unico e il bipartitismo ha gran parte della colpa", afferma Falcon.


(traduzione a cura di Lia Di Peri)


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