José Saramago
Lidia Falcón fu torturata più e
più volte nell'autunno del 1974. Fu picchiata, insultata e umiliata. Ma non
solo in carcere. Anche dai media del regime. Il giornale ABC non esitò a
pubblicare la foto in copertina e collegarla all’attentato che l'ETA aveva
commesso nella caffetteria Rolando, nella via Correo molto vicina alla Puerta
del Sol, il 13 settembre 1974. Lidia Falcon non aveva nulla a che fare con quel
massacro. Per la polizia, per il regime e i suoi seguaci, però, tutto era lo
stesso. Fu arrestata a Barcellona e trasferita a Madrid tre giorni dopo l’attentato.
Si convinse che non sarebbe più uscita dal carcere. Che l’avrebbero ammazzata
prima. Franco stava per morire e l'odio della sua Brigata Politico Sociale si
diffondeva in ogni angolo dello Stato.
L’avvocata, scrittrice e
fondatrice del Partito Femminista ha tardato 40 anni per recuperare quel drammatico
episodio della sua vita. Quei nove mesi, che passò in prigione e ai nove
giorni che subì d’interrogatori da parte di Billy el Niño e Roberto Conesa. Ha nascosto l’episodio, il più possibile, ma
non sa bene il perché - dichiara. Ogni vittima gestisce come può il trauma
della tortura. Ogni persona ha un meccanismo di difesa. Il silenzio e la
dissimulazione è stato il metodo scelto da Falcon.
Ora, quarant'anni dopo, si è
decisa a mettere per iscritto queste torture e presentare una denuncia all’Ambasciata
Argentina a Madrid per partecipare alla cosiddetta Querella Argentina, l’unica causa
giudiziale che sta indagando, in questo momento, i crimini della dittatura
franchista e della Guerra Civile.
"Sono stato arrestata sette
volte tra il 1960 e il 1974, ma quello che ho vissuto durante la detenzione,
non l’ho raccontato mai a nessuno. Perché? Non lo so", ha detto al
quotidiano Publico Lidia Falcon, che rileva infine la decisione di dare il passo
e presentare denuncia per "aiutare i compagni che tanti sforzi stanno
facendo per porre fine all'impunità del franchismo".
Il 16 settembre, del 1974, tre giorni dopo l'attacco
dell'Eta, la Brigata Politico Sociale (BPS), d’ufficio la arrestò e la trasferì a
Madrid, con l’accusa di aver partecipato all'attacco effettuato con una carica
esplosiva nella caffetteria Rolando nella via del Correo di Madrid, luogo
frequentato dalla polizia della Brigata di Madrid. Non avevano prove. Probabilmente
anche loro sapevano che Falcon non era coinvolta. Ma non aveva importanza. La
fecero salire in macchina e trasferita a Madrid. Compresa la figlia e il
compagno, Eliseo Bayo. Non le permisero di andare in bagno durante le 12 ore di
viaggio.
Il peggio, però, doveva ancora arrivare. Falcon passò nove giorni in quelle unità del
terrore franchista. Lì gettarono Grimau dalla finestra. Hanno torturato fino
alla disabilità “ Uno pensa che non potrà raccontarlo, che non ne uscirà” dice Falcón
davanti all’Ambasciata Argentina a Madrid. "Erano furiosi e desiderosi di
vendetta. Non bisogna dimenticare che hanno messo fine alla vita di 13 persone
e ne hanno ferite 48”, continua Falcon.
Un medico la ascoltò prima di arrivare "Lei soffre di qualche
malattia?", le chiese. “ Ho appena curato l’epatite” rispose la donna.
Billy del Niño e Conesa avevano trovato il bersaglio perfetto per distruggere
la loro vittima: “ Mi hanno colpita allo stomaco e al fegato e mi hanno tirato
le braccia, che sembrava volessero strapparmele” ." Così per tre giorni.
Senza dormire né mangiare né bere. Tra colpi e colpi e parlandole di sua
figlia: E’ rinchiusa in carcere. Forse, si è fatta un fidanzato”.
Trascorse le 72 ore di detenzione fu trasferita in una cella
dove c’era il Gip, il comandante del Tribunale Militare e dopo un lungo
interrogatorio, Falcon firmò una dichiarazione in cui non riconosceva il suo
coinvolgimento nell’attentato e qualsiasi collegamento ai terroristi. “ Sono
arrivati a domandarmi sul coinvolgimento della CIA nell’attentato, ricorda
Falcon, che descrive come il giudice si colpiva al petto, mentre esclamava:
«Non accetto tradimento a quest’uniforme”. Dopo, fu riporta in cella. E il
giorno seguente i suoi aguzzini si ripresentarono. Billy el Niño e Conesa la appesero
con delle manette a due ganci sul soffitto ma i polsi di Falcon erano troppo
piccoli. I suoi 50 chili di peso non riuscivano a riempire le manette. Falcon
cade una volta e un’altra ancora. Infine, la legarono con delle corde e cominciarono a darle pugni all'addome, stomaco e fegato.
Gli occhi di Billy el Niño.
Gli occhi di Billy el Niño.
“ Ricorda qualche frase che le diceva Billy el Niño durante
gli interrogatori?", le chiede il giornalista. “ Sì, certo. C’è una cosa che non dimenticherò. Mai.
Mentre mi colpiva allo stomaco, mi diceva: “ Adesso non partorirai più puttana”,
risponde Falcon, ricordando che dopo quegli interrogatori ha dovuto subire 5
interventi chirurgici per cercare di alleviare le conseguenze di torture su
quelle spalle, stomaco e utero.
Come altre vittime di Antonio González Pacheco, alias Billy
el Niño, Falcon ricorda bene quella faccia. Quegli occhi che brillano davanti
al dolore degli altri, infondendo terrore ed esercitando la superiorità che
otteneva legando le vittime e torturandole. "Era un sadico. Gli piaceva.
Si vedeva che godeva di quei momenti”, continua Falcon, che riconosce che la
maggior parte delle sessioni finivano con il suo svenimento. Quando sveniva, la
tiravano giù e la lasciavano al suolo. La svegliavano con un secchio d’acqua.
Dopo il medico la visitava, guardava il bianco degli occhi e ritornava la
tensione “ Lasciatela riposare”, raccomandava. La lasciavano a terra, bagnata ore
e ore, fino a quando la riportavano in cella. Il giorno seguente le torture
continuavano. Al sesto giorno i torturatori non poterono continuare con la
stessa sessione. E non poterono più appenderla al soffitto, perché perdeva
continuamente i sensi. Così quando si risvegliava, continuava a ricevere pugni
e calci per terra.
Patto del silenzio
Il nono giorno fu trasferita al Carcere delle Donne di
Yeserías a Madrid. Aveva i tendini del sovra spinato rotti di entrambe le
braccia e strappati l’utero e i muscoli dell’addome. Ha trascorso nove mesi in
quel carcere. Fino all’11 giugno 1975, quando le fu concessa la libertà provvisoria
su cauzione di 30.000 pesetas. Nonostante sia stata accusata,non è mai stata
giudicata. In realtà, nessuno è stato giudicato. Né lei né gli altri 21
imputati.
Anni dopo Falcon si è recata presso l’Archivio Storico per
cercare quelle prove. Il soggiorno in quella prigione, gli arresti precedenti e
le sette detenzioni. Non esistono. Il suo nome appare solo nel documento che
riflette una conversazione da due poliziotti. "Tutto è stato rimosso. Fa parte
del patto del silenzio di Transizione. Tutto lasciato alle spalle.
Senza colpevoli. Senza dannati. Nessuna indagine.
La Spagna è un paese unico e il bipartitismo ha gran parte della colpa", afferma Falcon.
La Spagna è un paese unico e il bipartitismo ha gran parte della colpa", afferma Falcon.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.