mercoledì 22 febbraio 2017

La schiavitù dei Rom, la “grande vergogna” della Romania.


di Marine Leduc
 
Tutti gli anni, il 20 febbraio, la Romania celebra l’abolizione dalla schiavitù dei Rom. Solo che in questi cinque secoli della storia del paese, essi non sono ancora inclusi nei programmi scolastici.  Questo 20 febbraio  2017, una pièce teatrale sulla schiavitù creata dall’attrice rom Alina Șerban è stata rappresentata al Teatro Nazionale di Bucarest. Una prima nel paese.






Quando la storia è stata dimenticata, l’arte la tira fuori dai cassetti. Con lo spettacolo «Marea Rușine» ("La Grande Vergogna"), ricompaiono sulla scena 500 anni di schiavitù Rom. Magda, una giovane dottoranda rom, decide di scrivere una tesi sull’argomento ma deve far fronte alle critiche dei parenti e alle sue domande interiori: Che cos’è essere una donna rom oggi in Romania e in Europa? Com’è che un tale passato è stato ignorato?

«Magda: Io propongo di descrivere le principali caratteristiche della schiavitù dei Rom in Romania.
Professore: Vi chiedo di nuovo, perché è così importante questo problema?
Magda: perché c'è ancora poca ricerca su questo argomento ed io posso contribuire a sviluppare questo settore di studio.
Professore: La tesi che lei propone è troppo militante. Dovete decidere se volete essere un’accademica o un’attivista. »



Attraverso questo personaggio, l'attrice rom Alina Șerban, intende riportare il passato nel presente e interrogare l’identità e la storia dei Rom rumeni. Secondo lei, è fondamentale conoscere il passato per meglio capire la situazione attuale.  "Tutti i discorsi sui Rom si costruiscono al presente ma non ci si chiede mai il motivo per cui esiste una tale situazione. Perché non hanno avuto la stessa opportunità degli altri? E 'importante che la Romania e il resto d'Europa capisca che gli antenati dei Rom romeni erano schiavi, e le conseguenze sono ancora oggi visibili. La Grande Vergogna non è soltanto questo passato schiavista. La Grande Vergogna è la dimenticanza di questo passato.”.

Chi scrive la storia?

La prima parte della pièce è dedicata allo sviluppo della tesi di Magda e al dialogo con il fratello - prete ortodosso – il suo piccolo amico e i suoi professori. Nella seconda parte, la giovane donna e gli altri personaggi interpretano la difesa sotto forma di declamazione e ripercorrono la storia della schiavitù dei Rom fino alla sua abolizione. Alla fine, le immagini del XXI secolo rivelano le case dei Rom distrutte e i loro abitanti espulsi.
Queste situazioni, Alina le ha personalmente sperimentate. Da adolescente, la sua famiglia è stata evacuata dallo “spazio rom” in cui abitavano. Lei ha beneficiato allora di un aiuto sociale alla infanzia che le ha permesso di vivere in un appartamento con altre giovani della sua età. Dopo il diploma entra alla UNATC, l’accademia di teatro e cinema di Bucarest. Nel 2010, la consacrazione: Alina ottiene una borsa di studio a New York e, dopo, alla Royal Academy di Londra. “ Mi sono resa conto a quel punto di avere chance per essere europea, racconta.  Non potevo lavorare, all’epoca, per i rumeni, non avendo il diritto ma a differenza del mio amico somalo, ho avuto un buon passaporto. Ho potuto studiare e vivere altrove. E’ liberatorio.
Durante il suo soggiorno a New York, ha fatto amicizia con gli afro-americani che le hanno parlato dei loro antenati, della schiavitù e del “privilegio bianco”.  Per loro era normale parlare di questo. Hanno messo in parole i miei pensieri, parole che non avevano espresso fino ad allora – spiega. I Rom rumeni non hanno ancora acquisito questo tipo di discorso, nonostante abbiano una storia simile. Sorge allora una domanda: chi scrive la Storia?”.
Lei si informa sui suoi antenati, sulla generazione di rom Spoitori e vuole recuperare la loro storia, la sua storia. Alla immagine degli afro-americani, Alina, vuole far parte degli artisti rom che rammentano alla Romania il suo passato schiavista e che diedero voce al gruppo etnico più discriminato dell’ Europa.


Amnesia generale

Molti storici hanno anche comparato la schiavitù dei Rom a quella degli afro-americani negli Stati Uniti. Se le condizioni e i contesti sono diversi, alcune somiglianze sono degne di nota. Dal 14esimo al 19esimo secolo, i principati di Valacchia e Moldavia praticano la schiavitù dei Rom. Questo sistema sarà istituzionalizzato e codificato con un Drept Tigan, una sorta di "codice nero". L'abolizione della schiavitù sarà dichiarata nel 1864. Da allora, le memorie ricordano il periodo, tuttora, ancora sconosciuto. La parola "zingaro", allora soprannome dei Rom, è diventato il termine usato per designare tutti gli schiavi. Come la parola “nigger”, questa parola peggiorativa in Romania è ancora usata per riferirsi ai Rom. Tutti gli schiavi non erano necessariamente Rom ma tutti i Rom - ad eccezione degli affrancati o di chi era fuggiti - erano schiavi, proprietà del Principe, dei monasteri o dei boiardi, i famosi aristocratici ortodossi dell'Europa dell'est.
Oggi, la scala della schiavitù sembra minimizzata. Anche la lingua romena parla di una forma di asservimento (robie) come una forma di schiavitù (sclavie). La Storia in sé non include nessun equivoco. Quando Mihail Kogalniceanu, futuro primo ministro della Romania, cercando di avvisare i suoi vicini nel 1837, fa luce su una parte di ombra dell’epoca: "Gli europei organizzano società filantropiche per l'abolizione della schiavitù in America mentre sul loro continente 400.000 zingari sono tenuti in schiavitù ".
I libri di testo rumeni non contengono paragrafo sulla schiavitù dei Rom e il periodo abolizionista. Solo poche righe parlare della riduzione in schiavitù dei Rom e il periodo abolizionista. Tuttavia, i principali proprietari di schiavi, rappresentati dalla Chiesa e lo Stato, a poco a poco si assumono le loro responsabilità. Nel 2011, il 20 febbraio (data della prima abrogazione nel 1856, ndr) è dichiarato "giorno della commemorazione della liberazione Rom”.  Il 19 febbraio  2016, l'ex primo ministro Dacian Ciolos ha riconosciuto ufficialmente la schiavitù e la situazione marginale dei Rom. Il giorno dopo, una targa è affissa al Monastero Tismana, uno dei primi ad avere posseduto degli schiavi.
Non conoscere il passato non permette di osservare le conseguenze. Dei ricercatori attestano dei luoghi occupati dai Rom, risalente al periodo della schiavitù, come il quartiere Simileasca a Buzau. Nel suo saggio rom the Gypsies to the African-America, la docente di letteratura Mihaela Mudure, scrive che il periodo post – abolizione è stato fatale: “Gli schiavi formavano una nicchia economica ma non avevano nessuna personalità politica e giuridica. Gli schiavi liberati possedevano una personalità politica e giuridica, ma si trovarono gettati alla periferia della vita economica moderna”.  Lei spiega anche che a differenza degli afroamericani, i Rom non hanno avuto i mezzi per far conoscere la loro cultura e la loro storia. Fino ad oggi.

Senza arte non c’è memoria


Il problema è tornato al centro del dibattito pubblico nel 2015, quando esce il film Aferim, diretto da Radu Jude.  Premiato a Berlino, questo western rumeno si svolge nei primi anni del XIX secolo e mette in scena due poliziotti alla ricerca di uno schiavo che è scappato. Per molti spettatori, la rivelazione di questo passato è l'effetto di uno schiaffo. Secondo Alina, "il dialogo inizia, " ma i progressi sono ancora rischiosi .
[...] Alina non si abbatte. Per lei non è una questione di posare come vittima.“ O ci rifiutiamo o vittimizziamo i Rom. Bisogna far passare altre cose. E 'stata una necessità per me parlare di storie dolorose, ma per creare qualcosa di positivo per provocare il cambiamento. E il teatro e l'arte in generale, devono essere capaci di creare questo cambiamento.”
“Qualche anno fa non avrei avuto il coraggio di fare un tale progetto:" Come donna e rom non avevo l’abitudine di occupare spazio. Alcune persone lo fanno facilmente; esse affermano che è quello che vogliono e lo ottengono. Voglio dimostrare ora che ho anche il diritto di avere il mio posto. " Ed evitare che 500 anni di schiavitù siano rifiutati o dimenticati”.



 (traduzione di Lia Di Peri)

CafeBabel.

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