E’ diventata una moda
trasformare i malati in gladiatori. Una specie di atleti olimpionici dai quali
si pretende che lottino per curarsi. Questa moda che è pura ideologia
neo-liberista portata nel mondo della salute, è trasferita alla filosofia da
mercatino di Paulo Coelho riguardo alla malattia. Si vede che il mondo imprenditoriale
non riesce a dare di più che questa filosofia che vede la vita divisa tra
vincitori e vinti. Paolo Raez non era un combattente perché era un paziente,
una vittima arbitraria di qualcosa di ingiusto come soffrire di leucemia.
Trasformandolo in
lottatore cade su di lui tutta la responsabilità di guarire, nascondendo che
per curarsi da una malattia nulla è più efficace dell’investimento pubblico
nella ricerca medica e nella qualità del sistema pubblico sanitario. E, come se non fosse sufficiente, quando la
persona ammalata muore, la perversione consiste nel dire che non si è curato
che, nel linguaggio neo-liberista, vuole dire che non ha lottato abbastanza: il
responsabile di aver perso la battaglia diventa il malato. Una perversione
mostruosa.
Una malattia come la
leucemia è arbitraria, nessuno la sceglie, è disgraziatamente aleatoria. Pertanto,
nessuno sceglie di combattere la leucemia o qualsiasi altra malattia. Gli
ammalati sono dei pazienti, vittime che soffrono e il successo della guarigione
dipende da una diagnosi tempestiva, da un buon trattamento, dall’investimento
del denaro pubblico nella ricerca e che siano attenzionati da una buona equipe
medica.
Questo sistema
ossessionato dal trasformare tutto in successo/fallimento che converte gli
imprenditori in una sorta di eroi che lottano per uscire dalla disoccupazione
da soli, senza dire che la cosa più importante perché un imprenditore abbia
successo è il denaro di partenza che gli prestano i suoi famigliari per
iniziare, così ora si lancia anche l’idea di isolare la malattia e a convincere
che lottare è sufficiente per guarire. Ugualmente se si vive in Senegal o in
Svezia, che si lotti in una baracca o in uno chalet della Moraleja, che si
abbia accesso alla salute pubblica di qualità o che chiedano la carta di
credito se si entra in un ospedale.
Nessuna questione importante
si risolve combattendo in solitudine né citando frasi celebri di Paulo Coelho. Nessuno
esce indenne da un cancro combattendo come un atleta olimpico. Nessuno diventa
un imprenditore di successo solo possedendo una buona idea di business. Nessuno
ottiene i suoi obiettivi soli sognandoli. Nessuno lascia l'esclusione sociale solo ridendo alla vita. Nulla
assolutamente nulla si risolve con una frase zuccherosa.
Questo è sufficiente per
trasformare qualsiasi aspetto della nostra vita in un fatto individuale,
dipendendo solo da noi stessi. Nessuno si fa da se stesso che è la tipica frase
di assenza di solidarietà dell’individualismo e la mancanza di empatia. Ci
realizziamo gli uni con gli altri in salute e nella malattia. Invece di
richiedere alle persone malate di lottare, sarebbe più utile che lottassimo noi
per loro, per noi stessi e per tutti e che almeno smettessimo di votare
opzioni politiche che tagliano in modo criminale la ricerca scientifica e il
sistema di salute pubblica.
(traduzione di Lia Di Peri)
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